IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 
 
    Ha pronunciato la  presente  ordinanza  sul  ricorso  in  appello
iscritto al numero di registro generale 3519 del  2019,  proposto  da
Daunia Serracapriola S.r.l.,  Daunia  Wind  S.r.l.,  in  persona  del
legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentate  e  difese  dagli
avvocati Franco Gaetano Scoca, Francesco Saverio Marini,  Pier  Luigi
Pellegrino, con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da  Registri  di
Giustizia e domicilio eletto presso lo  studio  dell'avvocato  Franco
Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55; 
    Contro Comune  di  Serracapriola,  in  persona  del  Sindaco  pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giacinto Lombardi,  con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia  e  domicilio
eletto presso lo studio dell'avvocato Michele Di Carlo in  Roma,  via
Raffaele Caverni 6; 
    Per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per la Puglia - Sede di Bari (Sezione Prima) n. 00410/2019,
resa tra le parti, concernente l'accertamento  della  nullita'  della
convenzione rep.n. 1833 del 24 maggio 2006, stipulata tra  il  Comune
di Serracapriola e la Daunia Wind S.r.l.; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio   del   Comune   di
Serracapriola; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  21  novembre  2019  il
consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Scoca,
Marini, Pellegrino e Lombardi; 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Il Comune di Serracapriola e la Daunia Wind S.r.l. stipulavano in
data 24 maggio 2006 una «convenzione regolante la concessione di aree
in favore della societa' per la costruzione, il  funzionamento  e  la
manutenzione di un impianto eolico», da realizzarsi  da  parte  della
Daunia Wind su aree a destinazione agricola comprese  nel  territorio
comunale; 
    Richiamata in premessa la legge del 9 gennaio 1991, n. 10 («Norme
per l'attuazione del Piano energetico nazionale  in  materia  di  uso
razionale dell'energia, di risparmio energetico e di  sviluppo  delle
fonti  rinnovabili  di  energia»),  che  «incentiva  lo  sviluppo   e
l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, considerando come
tale  anche  il  vento»  e  rilevato  che  detta  utilizzazione   «e'
considerata di pubblico interesse e di pubblica utilita'» e  che  «le
opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili ed
urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche»,
nella convenzione, stipulata ai sensi degli articoli 11 della legge 7
agosto 1990, n. 241 e 1, comma 5 della legge 23 agosto 2004,  n.  239
(«Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo  per  il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di  energia»),  erano
previsti i seguenti patti: 
        oggetto della  convenzione  (definito  all'art.  1)  era  «la
concessione in favore della societa' Daunia Wind dei diritti, facenti
capo al Comune di Serracapriola, necessari a realizzare  ed  esercire
impianti eolici  costituiti  da  aerogeneratori  ubicati  nelle  aree
identificate nelle  planimetrie  allegate,  e  completi  delle  opere
accessorie, di collegamento e di accesso eventualmente  anche  al  di
fuori di dette aree», precisandosi che con la  detta  convenzione  si
intendeva altresi' «trasmettere alla societa' tutti i  diritti  e  le
facolta'   nascenti   o   comunque   connessi   alla   qualita'    di
concessionario, nessuno escluso», ivi compresi «ogni diritto, ragione
o facolta' derivante dall'esercizio di servitu'  insorte,  anche  non
apparenti, esercitate dal comune proprietario ovvero in sua vece  dal
titolare della concessione»; 
    Il Comune di Serracapriola si impegnava a «provvedere per  quanto
di sua competenza all'ottenimento,  al  rilascio  e  all'adozione  di
tutti  gli  atti  ed  i  provvedimenti  necessari  ed  opportuni   al
raggiungimento   delle   finalita'   della   presente    Convenzione,
assumendosi l'onere di utilizzare tutte le vigenti leggi al  fine  di
rendere  possibile  con  la  massima   diligenza   e   rapidita'   la
realizzazione  del  parco  eolico»  e,  quindi,  «ad   adottare   e/o
richiedere ogni atto, parere e provvedimento amministrativo  comunque
necessari ed utili per l'esecuzione dei  lavori  e  opere  occorrenti
alla  realizzazione,  alla   manutenzione,   alla   gestione   e   al
funzionamento dell'impianto»; il comune si obbligava, inoltre, a «non
compiere alcuna  attivita'  che  possa  ostacolare  l'esecuzione  dei
lavori e delle opere» e ad astenersi «dal porre  in  essere  fatti  o
atti che possano risultare di pericolo per l'impianto  stesso  ovvero
che ne ostacolino il normale uso ovvero ancora che ne diminuiscano  o
rendano piu' scomodo l'esercizio dei diritti»  concessi  alla  Daunia
Wind, autorizzandola ad occupare per tutto il tempo occorrente l'area
necessaria alla realizzazione dei lavori e  consentendole  il  libero
accesso   all'impianto   per   l'esecuzione   degli   interventi   di
manutenzione e delle opere accessorie, fermo restando  l'esonero  del
comune da ogni responsabilita' connessa  alla  realizzazione  e  alla
gestione della centrale eolica (salvo il suo concorso, con il proprio
comportamento, al verificarsi di accadimenti dannosi); 
    La Daunia Wind, a sua volta, all'art. 4 (rubricato «Corrispettivo
economico») assumeva l'obbligo  di  pagare  all'Amministrazione,  per
l'intera  durata  della  convenzione,  un  «canone   di   concessione
complessivo», da corrispondere «a  titolo  di  corrispettivo  per  le
obbligazioni   assunte   dall'Amministrazione»   (ivi   compresi   la
concessione dei terreni e la costituzione di ogni  ulteriore  diritto
afferente  la  realizzazione,  la  manutenzione  e  il  funzionamento
dell'impianto e delle relative opere accessorie e di collegamento)  e
di «indennita' per la costituzione di diritti di servitu' (...) e  di
ogni altro onere o disagio»; 
    Detto canone di concessione era determinato, in misura variabile,
nell'importo pari alla percentuale del 2,5 per  cento  sul  fatturato
derivante dall'energia ceduta e sui proventi derivanti  dal  possesso
dei certificati verdi e/o altre forme di incentivazione, al netto  di
IVA, con un minimo garantito di euro 3.500,00 annui per MW installato
(importi  che  avrebbero  dovuto  essere   anticipati   mediante   il
versamento di euro 100.000,00 all'avvio dei lavori,  da  imputare  ad
acconto sui canoni dovuti); 
    La Daunia  Wind  si  impegnava  altresi'  a  realizzare  un'opera
pubblica indicata dall'Amministrazione, per  un  importo  massimo  di
euro 320.000,00 e a versare ogni anno al  comune  la  somma  di  euro
10.000,00  «per  attivita'  e  manifestazioni  culturali,  sociali  e
sportive» da svolgersi nell'ambito del territorio comunale; 
    La proponente si impegnava, inoltre, a  porre  in  essere  misure
idonee a consentire  la  concreta  partecipazione  dell'imprenditoria
locale ai lavori che per entita' e caratteristiche  tecniche  fossero
compatibili   con   la   relativa   specializzazione   e    capacita'
imprenditoriale (art. 4), assumendo l'impegno, in caso di subappalto,
a coinvolgerla e preferirla, a parita' di condizioni, nell'esecuzione
delle commesse; 
    Era fissata una durata della  convenzione  pari  a  trent'anni  a
decorrere dalla data di entrata in  produzione  dell'impianto,  salvo
eventuale rinnovazione espressa  per  la  durata  di  ulteriori  anni
ventinove  (art.  3),  con  obbligo  alla  scadenza  del  termine  di
restituzione delle aree al comune  ovvero  agli  aventi  causa  nello
stesso stato in cui erano state consegnate; 
    Al comune era riservata la facolta' di  revocare  la  concessione
dell'area anche prima del termine stabilito nel caso di utilizzo  per
una destinazione diversa da quella convenuta e alla  Daunia  Wind  la
facolta' di recedere dalla  convenzione  per  le  ipotesi  (anche  di
alternativa verificazione) di impedimento della realizzazione,  anche
parziale,  ovvero  del  finanziamento  o  del  funzionamento,   della
gestione o della manutenzione dell'impianto eolico, «con salvezza dei
canoni e corrispettivi gia' versati in favore del Comune» (art. 6); 
    Successivamente la Regione Puglia  rilasciava  alla  Daunia  Wind
l'autorizzazione unica ex art. 12 del decreto legislativo n. 387  del
2003 per la costruzione e l'esercizio dell'impianto eolico progettato
(con determina dirigenziale  n.  103  del  1°  febbraio  2007),  gia'
richiesta dalla societa' anteriormente alla convenzione, con  domanda
presentata al settore Energia della regione in data 23 marzo 2005; 
    A seguito  della  realizzazione   dell'impianto   eolico   e   in
esecuzione della convenzione stipulata tra le parti, la Daunia Wind e
la  Daunia  Serracapriola  S.r.l.  (societa'  alla  quale  e'   stato
conferito con atto notarile del 26  giugno  2007  il  ramo  d'azienda
contenente la centrale eolica e che e'  pertanto  subentrata,  previa
voltura,  nei  diritti  e  obblighi  derivanti  dalla   su   indicata
autorizzazione unica) versavano al comune le somme convenute a titolo
di  canone  annuo  sino  a  quando,  nel  2016,   ne   interrompevano
definitivamente la dazione, contestando che  l'obbligo  previsto  nel
citato art. 4 della convenzione fosse legittimo; 
    Ed infatti, con ricorso ritualmente proposto dinanzi al Tribunale
amministrativo per la Puglia - sede di Bari la Daunia Wind e  la  sua
avente causa Daunia  Serracapriola  domandavano  la  declaratoria  di
nullita' della citata convenzione nella parte in cui era previsto per
la mera localizzazione sul territorio comunale di un impianto  eolico
il pagamento di un «corrispettivo economico», suddiviso in un «canone
variabile»  annuo  e  nel   versamento   di   somme   da   destinarsi
rispettivamente alla realizzazione di un'opera pubblica  e  in  varie
attivita', come indicate dal Comune, e la  condanna  di  quest'ultimo
alla restituzione delle somme percepite in adempimento alla  medesima
convenzione,  pari  ad   euro   1.707.290,00,   oltre   interessi   e
rivalutazione come per legge; 
    In  particolare,  le  ricorrenti,  richiamata  la  giurisprudenza
costituzionale  che  ha  precisato  la   natura   delle   misure   di
compensazione e l'illegittimita' di prestazioni a carattere meramente
patrimoniale, hanno dedotto la  nullita'  dell'impugnata  convenzione
per contrarieta' a norme  imperative  e  violazione  della  direttiva
1996/92/CE (recepita  con  decreto  legislativo  n.  79/1999),  della
direttiva 2003/54/CE (recepita con legge n. 62/2005), della direttiva
2009/28/CE (recepita  con  decreto  legislativo  n.  28/2011),  degli
articoli 23, 41 e 117 della Costituzione, della  legge  n.  239/2004,
del decreto legislativo n.  387/2003,  del  decreto  ministeriale  10
settembre 2010, del principio  di  liberalizzazione  del  mercato  di
produzione di energia  elettrica  e  del  principio  di  liberta'  di
produzione di energia eolica; 
    Nella  memoria  conclusionale,  le  ricorrenti  hanno  richiamato
alcune recenti pronunce della  stessa  Sezione  dell'adito  Tribunale
amministrativo (n. 737 del 24 maggio 2018 e n. 830 del 7 giugno  2018
le quali hanno dato luogo ad ordinanze di sospensione del giudizio  e
rimessione  in  relazione  ad  analoghe  questioni  di   legittimita'
costituzionale sollevate da questo giudice  di  appello),  che  hanno
accolto ricorsi in fattispecie del tutto analoghe alla  presente,  ed
inoltre - quale sopravvenienza normativa - l'art. 1, comma 953, della
legge 30 dicembre 2018 n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per
l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2019-2021), assumendo che detta disciplina  avrebbe  «definitivamente
preso  atto   dell'ormai   consolidato   orientamento   normativo   e
giurisprudenziale» sulla contrarieta' di simili convenzioni  a  norme
imperative;  ne  hanno  tuttavia  dedotto,  seppur  in  via  gradata,
l'illegittimita'  costituzionale  (se   e   ove   tale   sopravvenuta
disposizione, invocata anche dal comune a fondamento della  validita'
ed efficacia della convenzione impugnata e della conseguente  assenza
di un obbligo di restituzione a suo carico  delle  somme  corrisposte
negli  anni  dalla  societa'  in  sua  esecuzione,   fosse   ritenuta
applicabile   al   caso   oggetto    di    giudizio),    oltre    che
l'inapplicabilita' nella fattispecie; 
    Il Comune di Serracapriola ha infatti richiesto, a sua volta,  di
rigettare il  ricorso  proprio  per  effetto  dell'applicazione  alla
fattispecie controversa della normativa sopravvenuta di cui  all'art.
1,  comma  953,  della  citata  legge  n.  145  del  2018,  il  quale
testualmente prevede che: «Ferma  restando  la  natura  giuridica  di
libera   attivita'   d'impresa    dell'attivita'    di    produzione,
importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia  elettrica,
i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore
con gli enti locali, nel cui territorio insistono impianti alimentati
da fonti rinnovabili, sulla base di accordi  bilaterali  sottoscritti
prima del 3 ottobre 2010, data di entrata in vigore delle linee guida
nazionali in  materia,  restano  acquisiti  nei  bilanci  degli  enti
locali, mantenendo detti  accordi  piena  efficacia.  Dalla  data  di
entrata in vigore della  presente  legge,  fatta  salva  la  liberta'
negoziale delle parti, gli accordi medesimi sono  rivisti  alla  luce
del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre  2010,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre  2010,  e
segnatamente  dei  criteri  contenuti  nell'allegato  2  al  medesimo
decreto. Gli importi gia' erogati e da erogare in favore  degli  enti
locali concorrono alla formazione del reddito d'impresa del  titolare
dell'impianto alimentato da fonti rinnovabili»; 
    Con la sentenza di estremi indicati  in  epigrafe,  il  Tribunale
amministrativo ha ritenuto infondato il ricorso delle societa'  e  lo
ha respinto, sull'assunto dell'applicabilita' alla fattispecie  della
sopravvenuta disposizione di cui all'art. 1, comma 953,  della  legge
n. 145 del 2018; 
    In   sintesi,   il   Tribunale   ha,   infatti,   ritenuto    che
sussisterebbero nella specie tutti i presupposti  per  l'applicazione
della norma in questione, quali in particolare: a)  in  primo  luogo,
l'esistenza di un accordo «liberamente» pattuito tra le parti, tenuto
conto che era stata la stessa Daunia Wind a proporre al  comune,  con
nota del 14 maggio 2004, la realizzazione dell'impianto in oggetto  e
che  le  parti  avevano  preventivamente  elaborato  uno  schema   di
convenzione (approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 19
del  10  maggio  2006  e  richiamato   anche   nella   determinazione
dirigenziale  di  rilascio   dell'autorizzazione   unica);   il   che
escludeva,  ad  avviso  del  Tribunale,  «un  assetto  negoziale  dei
reciproci  interessi  connotato  da  coercizione»  ovvero   da   dolo
contrattuale o da una condotta sleale da parte del  Comune,  si'  che
poteva ritenersi pienamente integrata l'ipotesi  di  cui  alla  norma
sopravvenuta di «proventi  economici  ...liberamente  pattuiti  dagli
operatori del  settore  con  gli  enti  locali»  ed  inoltre  di  una
regolazione, sempre secondo la sentenza, «sostanziata da una base  di
diritto positivo, ossia l'art. 1, comma  5,  della  legge  239/2004»,
norma quest'ultima in  ordine  alla  cui  legittima  applicazione  le
ricorrenti  nulla  avrebbero  dedotto;  b)  in  secondo   luogo,   la
sussistenza dei presupposti temporali  previsti  dall'art.  1,  comma
953, della legge n. 145/2018,  in  quanto  la  convenzione  e'  stata
sottoscritta «prima del 3 ottobre 2010, data  di  entrata  in  vigore
delle  linee  guida  nazionali  in  materia»  di   cui   al   decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e risaliva ad un'epoca in cui, secondo
la sentenza di prime cure, «non esisteva nell'ordinamento di  settore
alcuna  norma  che  definisse  in  maniera  puntuale  le  misure   di
compensazione  ambientale»  (definite,  nella  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 119 del 26 marzo 2010, sempre anteriore alle citate
Linee  Guida,  «una  monetizzazione  degli  effetti   deteriori   che
l'impatto ambientale determina», conseguente all'installazione di  un
determinato impianto); c) infine, la mancata prova, incombente  sulle
ricorrenti secondo le regole generali in materia  di  ripetizione  di
indebito, che le  somme  erogate  o  da  erogare  dalle  societa'  in
adempimento alla convenzione impugnata non fossero state  debitamente
«acquisite nei bilanci» dell'ente locale, come  e'  prescritto  dalla
sopravvenuta disposizione invocata dall'amministrazione resistente; 
    Le societa' originarie ricorrenti hanno proposto appello  avverso
la sentenza di primo grado; 
    Nell'atto  di  appello,   le   ricorrenti   hanno   ribadito   la
prospettazione,  sostenuta  nel  primo  giudizio  e  disattesa  dalla
sentenza impugnata, secondo cui la convenzione  del  24  maggio  2006
stipulata con il Comune di  Serracapriola  sarebbe  nulla,  ai  sensi
dell'art. 1418, comma 1 del  codice  civile,  per  contrarieta'  alle
norme  imperative  di  cui  agli  articoli  12,  comma   6,   decreto
legislativo n. 387 del 2003, e 1, comma 5, legge n. 239 del 2004, per
avere previsto un corrispettivo  pecuniario  per  l'autorizzazione  a
realizzare e gestire l'impianto di  produzione  energetica  da  fonti
rinnovabili, oltre che  per  impossibilita'  giuridica  e  illiceita'
dell'oggetto (ai sensi del combinato disposto degli articoli  1418  e
1346 del codice civile, sull'assunto che l'invocata  normativa  sulla
liberalizzazione degli impianti di produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili, in conformita' al principio di  liberta'  di  iniziativa
economica,  precluderebbe  sul  piano  giuridico  l'esecuzione  delle
prestazioni dedotte in convenzione, le quali  peraltro  sono  vietate
dalla legge perche' violano  i  principi  e  la  ratio  sottesi  alla
disciplina normativa, comunitaria e nazionale, inderogabile), nonche'
per  illiceita'  della  causa,  anche  sotto  il  profilo  della  sua
contrarieta' all'ordine pubblico  (in  quanto  in  contrasto  con  il
complesso  dei  principi  e  valori  immanenti  alla  materia   della
produzione di energia da fonti rinnovabili) e per  frode  alla  legge
(laddove la convenzione persegue finalita' vietate in  modo  assoluto
dall'ordinamento);  tanto  piu'  che  tale  illegittima   misura   di
compensazione, a  carattere  meramente  patrimoniale,  non  e'  stata
neppure disposta nell'ambito della Conferenza di servizi  svolta  per
il  rilascio  dell'autorizzazione  unica  ex  art.  12  del   decreto
legislativo n.  387/2003  (bensi'  nell'ambito  di  una  convenzione,
avente natura negoziale e di accordo  ai  sensi  dell'art.  11  della
legge 7 agosto 1990, n. 241, intercorsa  con  il  solo  comune,  ente
destinatario dei proventi economici, asseritamente privo di  potesta'
amministrative riconosciute  ex  lege  in  una  materia  relativa  ad
un'attivita'  pienamente  liberalizzata,   suscettibile   di   essere
realizzata  da  chiunque  sulla  base  di   un'autorizzazione   unica
rilasciata dalla regione, previa conferenza di servizi)  e  prescinde
sia dalle concrete e specifiche caratteristiche del parco eolico, sia
da  qualsivoglia  valutazione  in  ordine  al   conseguente   impatto
ambientale e territoriale; 
    Nei  loro  scritti  difensivi  le   appellanti   hanno,   dunque,
argomentato  l'erroneita'   delle   tesi   recepite   dal   Tribunale
amministrativo che ha ritenuto applicabile, nel  caso  in  esame,  la
sopravvenuta disposizione dell'art. 1, comma 953, della legge n.  145
del 2018 e su di essa ha fondato la  legittimita'  della  convenzione
contestata e dei pagamenti in forza  di  essa  riscossi,  nonche'  di
quelli ancora asseritamente dovuti dalle ricorrenti: hanno,  infatti,
sostenuto che difetterebbero i presupposti per l'applicazione di tale
norma  (in  ragione  del  contenuto  meramente  patrimoniale   e   di
corrispettivo economico delle misure compensative ivi previste per la
realizzazione e l'esercizio dell'impianto) e che, in  ogni  caso,  il
comune non ne ha dimostrato la sussistenza, non  avendo  provato,  in
particolare, l'avvenuta iscrizione nel bilancio comunale  dei  canoni
previsti  dalla  convenzione,  come  richiesto  dalla  lettera  della
disposizione  sopravvenuta   secondo   cui   i   proventi   economici
liberamente  pattuiti  tra  le  parti  in  forza  delle   convenzioni
controverse «restano acquisiti ai bilanci degli enti locali»; 
    Le appellanti hanno poi censurato i capi della sentenza che hanno
ritenuto  insussistenti  i  presupposti  per  una  rimessione   della
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  953,
della  legge  n.  145  del  2018,  e  hanno  nuovamente   prospettato
l'illegittimita' costituzionale di tale disposizione, qualora dovesse
ritenersi applicabile nel presente giudizio, deducendone la rilevanza
e la non manifesta infondatezza sotto plurimi  e  articolati  profili
(oltre ad assumere il contrasto della norma della legge  di  bilancio
con  il  diritto  eurounitario,  in  particolare  con  la   direttiva
2003/54/CE, la direttiva 2009/72/CE e la direttiva 2001/77/CE, le cui
previsioni sono  improntate  alla  valorizzazione  dell'apertura  del
mercato dell'energia, all'assenza di  restrizioni  e  alla  riduzione
degli ostacoli normativi all'aumento della produzione di  energia  da
fonti rinnovabili); 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Secondo la sentenza di primo grado, la norma sopravvenuta di  cui
all'art.  1,  comma  953,  della  legge  n.  145  del  2018   avrebbe
«cristallizzato, senza riferimento alcuno  a  pendenti  controversie,
l'incertezza  del  previgente  quadro  legislativo  sulle  misure  di
compensazione ambientale»,  tradottesi  nell'erogazione  di  proventi
economici «liberamente pattuiti dagli operatori di  settore  con  gli
enti locali» in virtu'  «di  accordi  previsti  (se  non  addirittura
incentivati) dalla legge n. 239/2014»,  ma  in  difetto,  al  momento
dell'emanazione  della  legge,  di  una  disciplina   normativa   che
definisse il contenuto delle misure compensazione; 
    Cio' avrebbe dato luogo a criticita' nella gestione degli accordi
tra  operatori  del  settore   e   Amministrazioni,   che   risultano
esemplificate nella fattispecie controversa, cui l'art. 1, comma 953,
della legge n. 145  del  2018,  «norma  con  efficacia  retroattiva»,
avrebbe inteso porre rimedio; 
    Nel censurare le statuizioni di prime cure,  che  hanno  ritenuto
applicabile alla fattispecie la norma in questione e non  fondata  la
questione di  legittimita'  costituzionale  prospettata  nel  ricorso
introduttivo, le appellanti hanno, invece, ribadito che,  per  quanto
rileva,   la   normativa   di   settore   vigente   all'epoca   della
sottoscrizione della  convenzione  di  cui  si  assume  l'invalidita'
stabiliva limpidamente il divieto assoluto di  introdurre  misure  di
compensazione a carattere patrimoniale: ed  infatti,  l'art.  12  del
decreto  legislativo   n.   387   del   2003   gia'   prevedeva   che
«l'autorizzazione non puo' essere subordinata ne' prevedere misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province»  e  l'art.  1,
comma 5, della legge n. 239 del 2004,  applicabile  alla  convenzione
stipulata  tra  le   parti,   contemplava   unicamente   «misure   di
compensazione e riequilibrio ambientale»; 
    Secondo le appellanti, non sarebbe pertanto revocabile in  dubbio
che tanto la disciplina in tema di liberalizzazione della  produzione
di energia elettrica quanto quella di  promozione  e  sostegno  delle
iniziative economiche volte alla produzione  di  energia  rinnovabile
prevedessero gia' all'epoca della sottoscrizione  della  convenzione,
in modo chiaro, il divieto  di  imporre  misure  di  compensazione  a
carattere meramente patrimoniale: la produzione di energia  elettrica
costituisce, infatti, un'attivita' libera soggetta unicamente ad  una
preventiva autorizzazione generale  e  il  legislatore,  per  effetto
della normativa euro-unitaria, ha introdotto meccanismi  di  sostegno
all'installazione di impianti  di  produzione  di  energia  da  fonte
rinnovabile (la cui costruzione  e  il  cui  esercizio  costituiscono
libere  attivita'  di  impresa  soggetta  alla  sola   autorizzazione
amministrativa della  regione  ex  art.  12,  comma  6,  del  decreto
legislativo n. 387  del  2003),  al  fine  del  raggiungimento  degli
obiettivi stabiliti in  sede  comunitaria,  che  non  possono  essere
vanificati dall'introduzione di misure  di  compensazione  di  misure
meramente patrimoniali, costituenti un disincentivo  all'investimento
nel settore in questione da parte degli operatori interessati; 
    Peraltro, anche la giurisprudenza costituzionale ha da  sempre  a
piu' riprese (ed anche in sentenze  pronunziate  in  epoca  anteriore
alla  convenzione  oggetto  del   giudizio)   affermato   l'esistenza
nell'ordinamento del suddetto divieto di imporre misure  compensative
a carattere meramente patrimoniale in relazione  alla  costruzione  e
all'esercizio di impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  e  quale
condizione per il rilascio dei  relativi  titoli  abilitativi  (Corte
Costituzionale 14 ottobre 2005, n. 383; 28 giugno 2006,  n.  248,  1°
aprile 2010, n. 124; 26 marzo 2010, n. 119); 
    A tali  principi  affermati  dalla  Corte  costituzionale   nelle
pronunce  richiamate  si  e'   conformata   in   modo   costante   la
giurisprudenza amministrativa, anche di questo Consiglio, la quale ha
statuito  che  «non  da'  luogo  a  misura  compensativa,   in   modo
automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un  impianto
di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da  ogni
considerazione sulle sue  caratteristiche  e  dimensione  e  dal  suo
impatto sull'ambiente», chiarendo, pertanto, che tali  misure,  oltre
ad essere solo «eventuali» e «correlate alla circostanza che esigenze
connesse   agli    indirizzi    strategici    nazionali    richiedano
concentrazioni territoriali di attivita', impianti ed  infrastrutture
ad  elevato  impatto  territoriale»,  devono   essere   ڮconcrete   e
realistiche» (id est:  determinate  tenendo  conto  delle  specifiche
caratteristiche del parco eolico e del suo impatto)  e  «non  possono
essere unilateralmente stabilite da un singolo comune» (Consiglio  di
Stato, Sezione III, 14 ottobre 2008, n. 2849); 
    Tali fondamentali principi nella materia in  oggetto  sono  stati
recepiti e ulteriormente confermati  con  l'emanazione  delle  «Linee
guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti  alimentati  da   fonti
rinnovabili», approvate con decreto ministeriale 10  settembre  2010,
che nel regolare il procedimento  di  cui  all'art.  12  del  decreto
legislativo  n.  387  del  2003  per  l'autorizzazione   unica   alla
realizzazione e all'esercizio di  detti  impianti  ha,  tra  l'altro,
previsto che  trattasi  di  «attivita'  libera,  nel  rispetto  degli
obblighi di servizio pubblico» (punto 1.1.); che  «le  regioni  o  le
province  delegate  non  possono  subordinare  la  ricevibilita',  la
procedibilita' dell'istanza o la conclusione  del  procedimento  alla
presentazione  di  previe  convenzioni  ovvero  atti  di  assenso   o
gradimento, da parte dei comuni il cui territorio e' interessato  dal
progetto» (punto 13.4); e che «eventuali misure  di  compensazione  a
favore dei comuni, di  carattere  ambientale  e  territoriale  e  non
meramente patrimoniali o economiche» possono essere determinate dalle
amministrazioni competenti in  sede  di  riunione  di  conferenza  di
servizi nel rispetto dei puntuali criteri di cui all'Allegato  2  del
decreto ministeriale (tra i quali quello della ricorrenza di «tutti i
presupposti indicati nell'art. 1, comma 4, lettera f) della legge  n.
239 del 2004»); 
    In definitiva, alla luce della normativa di  settore  applicabile
come   interpretata   dalla    giurisprudenza    costituzionale    ed
amministrativa, soltanto lo Stato e le regioni in sede di  conferenza
di servizi (e non anche  i  Comuni)  potrebbero  prevedere  eventuali
misure di compensazione e di riequilibrio ambientale a carattere  non
meramente patrimoniale, posto che «per  misure  di  compensazione  si
intende, in genere, la  monetizzazione  degli  effetti  negativi  che
l'impatto ambientale determina, per cui chi  propone  l'installazione
di un determinato impianto s'impegna a devolvere, all'ente locale cui
compete l'autorizzazione, determinate prestazioni e servizi» e che la
legge  statale  vieta  tassativamente  che  il  rilascio  dei  titoli
abilitativi per la costruzione  e  l'esercizio  di  impianti  per  la
produzione di  energia  eolica  sia  subordinata  all'imposizione  di
corrispettivi soltanto economici (Corte  Costituzionale,  numeri  124
del 2010 e 119 del 2010); 
    L'art. 1, comma 953, della legge n. 145 del  2018  si  inserisce,
dunque,  in  tale  contesto  normativo  e  giurisprudenziale,   cosi'
sinteticamente   ricostruito,   nel   quale   erano   gia'   vigenti,
anteriormente  all'emanazione  delle  citate   Linee   guida,   norme
imperative  che  vietavano  l'adozione  di  misure  compensative   di
carattere patrimoniale quali condizioni per  il  rilascio  di  titoli
abilitativi per la costruzione e l'esercizio di  centrali  eoliche  e
numerose  pronunzie  dei  Tribunali   amministrativi,   conformandosi
all'orientamento del giudice di appello sopra richiamato, avevano  di
conseguenza dichiarato la  radicale  nullita'  di  siffatte  clausole
contenute nelle  convenzioni  stipulate  dai  produttori  di  energia
rinnovabile con i Comuni, ritenendo che si trattasse  di  prestazioni
patrimoniali prive di causa per la realizzazione e gestione  di  tali
impianti costituente libera attivita' di impresa e che fossero invece
legittimi solo gli accordi che contemplavano misure di  compensazione
e  riequilibrio  del  pregiudizio  subito   dall'ambiente   a   causa
dell'impatto del  nuovo  impianto  oggetto  di  autorizzazione  (cfr.
Tribunale amministrativo regionale Lazio - Roma, 7 febbraio 2019, nn.
1595, 1591, 1590, 1588 e  1587;  Tribunale  amministrativo  regionale
Puglia - Lecce, 15 novembre 2016, n. 1737;  Tribunale  amministrativo
regionale Puglia - Lecce, 7 giugno 2013, n. 1361  e  1347;  Tribunale
amministrativo regionale Puglia - Bari, I, 24 maggio 2018, n. 737,  e
7 giugno 2018, n. 830); 
    Secondo le appellanti, con l'emanazione di tale norma di bilancio
il legislatore  avrebbe,  pertanto,  preso  atto  del  chiaro  quadro
normativo e del consolidato orientamento  giurisprudenziale  i  quali
affermavano la radicale nullita'  delle  clausole  convenzionali  che
prevedono misure di compensazione a carattere meramente  patrimoniale
a favore dei Comuni, non potendo essere  oggetto  di  «negoziazione»,
«remunerazione» o «pretesa di denaro», cui condizionare l'espressione
di un  parere  favorevole,  da  parte  dei  soggetti  preposti,  alla
realizzazione e  all'esercizio  dell'impianto  eolico,  la  posizione
dell'amministrazione comunale in seno  alla  Conferenza  dei  servizi
convocata per il rilascio dell'autorizzazione unica alla  costruzione
ed esercizio del parco eolico; 
    Tale prospettazione  troverebbe  conferma  negli  atti  ufficiali
relativi ai lavori parlamentari di approvazione della norma,  versati
dalle ricorrenti in giudizio (cfr. dossier 7 dicembre  2018,  recante
la «Sintesi degli emendamenti approvati dalla V Commissione Bilancio»
e dossier 10 dicembre 2018, recante le «Schede di lettura») dai quali
emergerebbe che la ratio della disposizione in oggetto sarebbe quella
di definire in via legislativa una pluralita' di contenziosi pendenti
relative  a  siffatte  convenzioni  (eliminando  gli  effetti   delle
pronunce  di  nullita'  per  violazione  di   norme   imperative)   e
salvaguardare cosi' i bilanci degli enti locali che  hanno  stipulato
detti accordi; 
    Infatti, nei lavori parlamentari  e'  richiamato  il  consolidato
orientamento del giudice  amministrativo  il  quale  ha  riconosciuto
l'invalidita'  di  convenzioni  gia'  stipulate  che  imponevano   il
pagamento di misure compensative patrimoniali da parte delle societa'
titolari degli  impianti  in  questione  nei  confronti  dei  Comuni,
disponendo la ripetizione, in favore delle societa' ricorrenti, delle
somme indebitamente pagate; 
    Le appellanti hanno, dunque, nuovamente prospettato la  questione
di illegittimita' costituzionale della  disposizione  in  esame,  ove
fosse applicabile alla fattispecie, posto che con essa il legislatore
avrebbe interferito nelle competenze e nelle funzioni riservate  agli
organi giurisdizionali, in contrasto  con  la  liberta'  di  impresa,
nonche' in violazione dell'art. 117, comma 1,  della  Costituzione  e
dell'art. 6, comma 1, della Convenzione europea per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (principio  del
giusto  processo),  specie  in  ragione  dell'assenza  di  motivi  di
interesse   generale;   hanno   altresi'   dedotto   l'illegittimita'
costituzionale della disposizione in relazione agli  articoli  2,  3,
24,  97,  101,  102,  111  e  113  Cost.,  per   irragionevolezza   e
arbitrarieta', anche in considerazione  della  sua  natura  di  legge
provvedimento, tesa ad eludere (pur  prendendone  atto)  la  sanzione
della nullita' di  siffatti  accordi,  disponendone  il  mantenimento
dell'efficacia; hanno, ancora,  dedotto  l'incostituzionalita'  della
citata disposizione in relazione all'art. 117  della  Costituzione  e
agli articoli 1 del primo protocollo e 6  della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, evidenziando la lesione del diritto di proprieta' e del
principio del legittimo affidamento ad ottenere  la  restituzione  di
importi indebitamente versati sulla base di accordi e contratti nulli
e,  comunque,  non  dover  piu'  sottostare  ad  eventuali  ulteriori
richieste di canoni avanzate dal comune e  censurando,  altresi',  la
violazione del principio  di  legalita'  da  parte  del  legislatore,
stante l'assoluta imprevedibilita' dell'intervento normativo,  e  del
principio di ragionevolezza e proporzionalita' «tra i mezzi impiegati
e lo scopo perseguito dalle  misure  restrittive  della  proprieta'»;
hanno ulteriormente censurato la  legittimita'  costituzionale  della
disposizione in relazione agli articoli 3 e  41  della  Costituzione,
sotto il profilo della violazione della liberta'  di  impresa  e  del
regime di liberalizzazione del settore della  produzione  di  energia
elettrica,   sull'assunto    che    l'autorizzazione    all'esercizio
dell'impianto eolico non puo' essere vincolata  al  pagamento  di  un
canone  (con  estensione  di  tale  censura  ai  profili  di  dedotta
incompatibilita' della norma nazionale con il diritto comunitario  su
cui le appellanti hanno fondato la domanda di  disapplicazione  della
norma di bilancio  ovvero  di  rinvio  pregiudiziale  della  relativa
questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea); 
    La Sezione condivide i dubbi di costituzionalita' sollevati dalle
appellanti; 
    La norma sopravvenuta sarebbe conforme  a  Costituzione  solo  se
interpretata nel senso che essa si applica  agli  accordi  contenenti
«misure compensative,  a  carattere  non  meramente  patrimoniale,  a
favore degli stessi Comuni», ai sensi dell'allegato 2 al decreto  del
Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010  (recante  le
Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati  da  fonti
rinnovabili), richiamato dall'art.  1,  comma  953,  della  legge  di
bilancio per il 2019, e  non  invece  nel  senso  di  una  «sanatoria
generalizzata delle convenzioni» (qualunque sia  il  contenuto  delle
stesse  ed  anche  ove  le  pattuizioni  intercorse  tra   le   parti
individuino misure compensative a carattere meramente patrimoniale  o
economico); 
    L'art. 1, comma 953, della legge n. 145 del  2018  sembra  avere,
tuttavia, una portata generalizzata di sanatoria rispetto ad  accordi
che abbiano imposto ai titolari di impianti di produzione di  energia
elettrica  alimentati  da  fonti  rinnovabili  oneri   di   carattere
esclusivamente economico, e di cui e' stata dichiarata la nullita' in
sede giurisdizionale, che non ne consente un'interpretazione conforme
alla Costituzione; 
    Essa infatti non distingue, da un lato, tra accordi stipulati per
individuare   misure   compensative   a   carattere   non   meramente
patrimoniale  a  carico  del  titolare  di  impianti  di   produzione
energetica da fonti rinnovabili, secondo quanto previsto  dalle  piu'
volte citate linee guida ministeriali in materia; e  dall'altro  lato
accordi contenenti misure di carattere meramente  patrimoniale,  come
in tesi quella  oggetto  del  presente  giudizio  e  della  quale  le
appellanti chiedono dichiararsi la nullita' ex art. 1418, comma 1 del
codice civile per contrasto  con  la  norma  imperativa  sancita  dal
citato art. 12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003, secondo
cui l'autorizzazione unica «non puo' essere subordinata ne' prevedere
misure di compensazione a favore delle regioni e delle province»; 
    L'effetto di sanatoria si desume,  inoltre,  dai  dossier  del  7
dicembre e del 10 dicembre 2018 relativi alla legge di  bilancio  per
il 2019, redatti dagli uffici del Senato  della  Repubblica  e  della
Camera dei deputati, prodotti in giudizio dalle appellanti; 
    In tali documenti si ricorda che ai  sensi  dell'Allegato  2  del
citato decreto ministeriale 10  settembre  2010,  conformemente  alla
sentenza della Corte  costituzionale  del  1°  aprile  2010,  n.  124
(erroneamente indicata con il  numero  24)  la  quale  ha  dichiarato
illegittima la legislazione regionale contrastante con il divieto  di
condizionare  il  rilascio  del  titolo  abilitativo  a   misure   di
compensazione patrimoniale, «per l'attivita' di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili  non  e'  dovuto  alcun  corrispettivo
monetario  in  favore  dei  comuni»;  ed   ancora   si   rileva   che
«l'autorizzazione unica puo'  prevedere  l'individuazione  di  misure
compensative, a carattere non meramente patrimoniale, a favore  degli
stessi comuni», da orientare, secondo criteri definiti  nello  stesso
decreto  ministeriale,  su  interventi  di  miglioramento  ambientale
correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili a progetto; ed
infine,  si  evidenzia  che  in  varie  pronunce,  la  giurisprudenza
amministrativa di  primo  grado  «ha  riconosciuto  l'invalidita'  di
convenzioni gia' stipulate che  imponevano  il  pagamento  di  misure
compensative patrimoniale da  parte  delle  societa'  titolari  degli
impianti in questione nei confronti dei comuni»; 
    La  norma  ha  dunque  previsto,  come  si   ricava   dalla   sua
formulazione letterale, l'irripetibilita' delle  somme  gia'  versate
dai gestori di impianti energetici ed acquisite ai  bilanci  comunali
in base ad accordi sottoscritti prima dell'entrata  in  vigore  delle
linee guida nazionali (tra cui pacificamente la  convenzione  oggetto
della presente  controversia);  per  altro  verso  non  pare  possano
escludersi dal suo ambito di applicazione le somme ancora non versate
e da corrispondere per la residua durata della convenzione; 
    Dalla sua  formulazione  («i  versamenti  restano  acquisiti  nei
bilanci  degli  enti   locali,   mantenendo   detti   accordi   piena
efficacia»), si  desume  infatti  che  dalla  piena  efficacia  degli
accordi deriva, anzitutto, l'irripetibilita' dei versamenti di  somme
in esecuzione di essi, coerentemente peraltro  con  il  principio  di
carattere generale per cui ogni spostamento patrimoniale deve  essere
assistito da una legittima causa  giuridica  (art.  2041  del  codice
civile); 
    In  secondo  luogo,  si  deve  ritenere  che  tale  conservazione
dell'efficacia riguardi anche gli accordi che non hanno avuto  ancora
esecuzione, con il pagamento delle somme previste a favore degli enti
locali, i  quali  possono  pertanto  agire  per  l'adempimento  degli
obblighi assunti dai gestori di impianti energetici; 
    Nella medesima direzione converge l'obbligo  di  revisione  degli
accordi precedentemente stipulati «alla luce del decreto del Ministro
dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010, e  segnatamente  dei  criteri
contenuti nell'allegato 2 al medesimo decreto», previsto nel  secondo
periodo della norma; 
    Nella misura in cui tale clausola  di  revisione  si  propone  di
adeguare i contenuti degli accordi  nel  senso  che  con  essi  siano
previste a carico dei gestori di impianti  energetici  alimentati  da
fonti rinnovabili  misure  compensative  a  carattere  non  meramente
patrimoniale  previste  dal  richiamato   allegato   2   al   decreto
ministeriale - finalizzate a «interventi di miglioramento  ambientale
correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili  al  progetto,
ad  interventi   di   efficienza   energetica,   di   diffusione   di
installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di  sensibilizzazione
della cittadinanza sui  predetti  temi»  (art.  2)  -  la  stessa  ne
presuppone   evidentemente   la   perdurante   efficacia    in    via
generalizzata; 
    Dal secondo periodo si traggono inoltre elementi  a  conferma  di
quanto  osservato  in  precedenza,  e  cioe'  che  non  e'  possibile
circoscrivere la norma ai soli accordi conformi al medesimo allegato,
poiche' altrimenti ne verrebbe svuotata la portata applicativa; 
    Deve conseguentemente ritenersi che il suo ambito di applicazione
includa anche gli accordi contenenti misure  di  carattere  meramente
patrimoniale a carico dei gestori di  impianti  produttivi,  come  la
convenzione del 24 maggio 2006 tra le parti  in  causa  nel  presente
giudizio, per i quali questi ultimi  ne  contestino  in  giudizio  la
liceita' e pertanto gli obblighi pecuniari in essi pattuiti; 
    Del resto, nel senso di una  sanatoria  generalizzata,  anche  di
accordi in ipotesi contrari alla norma imperativa contenuta nell'art.
12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003 e non conformi  alle
linee guida nazionali, la norma e' stata intesa dal comune resistente
nel presente giudizio e dal giudice di prime cure; 
    Per tutte le considerazioni finora svolte, l'art. 1,  comma  953,
legge n. 145 del 2018 presenta  profili  di  illegittimita'  rispetto
alla Carta fondamentale alla luce dei quali si impone  la  rimessione
alla  Corte  costituzionale  delle  relative  questioni,   ai   sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale); 
    La disposizione di legge di stabilita' per il 2019  in  questione
e' innanzitutto rilevante nel presente giudizio, per  le  circostanze
poc'anzi evidenziate, ovvero per il  fatto  che  essa,  conformemente
alla sua funzione di sanatoria  di  eventuali  accordi  invalidi,  e'
stata anzitutto richiamata dall'amministrazione comunale appellata in
funzione paralizzante dell'azione di nullita' proposta  nel  presente
giudizio dalle originarie ricorrenti e,  inoltre,  ha  costituito  la
base normativa sulla quale il Tribunale  amministrativo  ha  ritenuto
infondato il ricorso e lo ha respinto; 
    Ed infatti, nella sentenza appellata si legge che  per  un  verso
«qualsiasi sviluppo possibile del  rapporto  convenzionale  e'  stato
azzerato dalla sopravvenuta disposizione della legge n. 145 del 2018,
incidente sugli accordi previsti dalla legge n. 239/2004», per  altro
verso che tale legge non era stata ancora emanata  al  momento  della
decisione  delle  fattispecie  di  cui  alle  sentenze  dello  stesso
Tribunale amministrativo n. 737 del 24 maggio 2018 e  n.  830  del  7
giugno  2018   (che   hanno,   invece,   pronunciato   l'annullamento
dell'ingiunzione di pagamento in via derivata rispetto alla  nullita'
della presupposta convenzione), si' che dette fattispecie non possono
essere assimilate a quella oggetto del presente giudizio; 
    Le misure previste dalla convenzione  controversa  e  di  cui  si
censura la  nullita'  hanno  poi  natura  meramente  patrimoniale  in
quanto, da un lato, esse hanno ad oggetto prestazioni  esclusivamente
economiche a titolo di  canone  e  corrispettivo  pecuniario  per  le
obbligazioni assunte dal comune (tra le quali anche quella  di  porre
in  essere  tutto  quanto  necessario,  nei  limiti   delle   proprie
competenze, per il rilascio dei titoli abilitativi);  dall'altro,  va
escluso che esse siano state  volte  a  compensare  uno  specifico  e
concreto pregiudizio ambientale e/o paesaggistico arrecato dal  parco
eolico in questione; 
    Con riguardo al presupposto della non manifesta infondatezza,  un
primo profilo di illegittimita'  della  norma  censurata  si  ravvisa
rispetto al parametro della  ragionevolezza  ricavabile  dall'art.  3
della  Costituzione,  perche'  eccedendo  dalle   esigenze   connesse
all'obiettivo  legittimo  di  adeguare  per  il  futuro  gli  accordi
contenenti misure compensative di  carattere  meramente  patrimoniale
secondo quanto previsto dalle linee guida nazionali in materia,  essa
dispone per il passato la sanatoria generalizzata di accordi contrari
alle medesime linee guida  e  al  sovraordinato  art.  12,  comma  6,
decreto legislativo n. 387 del 2003; 
    Inoltre, la clausola di revisione contenuta nel  secondo  periodo
della disposizione non  prevede  alcun  termine,  ne'  strumenti  per
superare il rifiuto o il dissenso eventualmente  manifestato  da  una
delle parti dell'accordo, con il conseguente  rischio  che  l'assetto
originariamente prefigurato dalle parti contraenti,  pur  affetto  da
illiceita', rimanga inalterato; 
    Ed infatti, anche a voler ritenere  configurabile  un'ipotesi  di
nullita' derivante da  «ius  superveniens»,  a  rapporto  validamente
instaurato (seguendo il ragionamento della sentenza  di  primo  grado
secondo cui al momento della sottoscrizione  dell'accordo  contestato
in  giudizio  difettava  una  disciplina  normativa   che   definisse
puntualmente  il  contenuto  delle  misure  di  compensazione),  cio'
dovrebbe tradursi in un una perdita di ulteriore efficacia  dell'atto
(id est: in un arresto della sua funzione  negoziale)  che  confligge
con  il  mantenimento  di  efficacia  degli  accordi  sancito   dalla
disposizione sopravvenuta; 
    L'effetto complessivamente derivante dalla  norma  censurata  e',
dunque, quello tipico di una sanatoria  indiscriminata,  per  cui  il
gestore dell'impianto elettrico  rimane  vincolato  al  pagamento  di
somme in esso previste, prive di finalizzazione ambientale  ai  sensi
dell'allegato   2   alle   linee   guida   nazionali,    senza    che
contemporaneamente sia realizzato l'obiettivo di adeguare gli accordi
al principio di ordine imperativo per cui l'autorizzazione unica  per
impianti di produzione energetica alimentati da fonti rinnovabili non
puo' essere subordinata ne'  prevedere  misure  di  compensazione  di
carattere meramente patrimoniale, ai  sensi  dei  piu'  volte  citati
articoli 12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1,  comma
5, legge n. 239 del 2004 (negli stessi termini si e' gia' espressa la
stessa Corte costituzionale, nella sentenza del 1°  aprile  2010,  n.
124); 
    Ne'  la  prospettata  nullita'  per   contrarieta'   alle   norme
imperative su indicate puo' essere superata da una valutazione  sulla
condotta del comune nella fase di formazione dell'accordo negoziale e
sulla conformita' ai canoni di  lealta'  e  correttezza  al  fine  di
verificare  se  i  proventi  economici   siano   stati   «liberamente
pattuiti», secondo quanto previsto dalla norma; 
    L'assenza  di  eventuali  lesioni  inferte   alla   liberta'   di
autodeterminazione  dei  soggetti  proponenti  l'installazione  degli
impianti e l'esclusione di dolo contrattuale o  di  una  condotta  di
approfittamento da parte del comune diretta a influire  sul  consenso
della societa' non pare poter incidere  sull'oggetto  e  sulla  causa
della convenzione e su clausole in contrasto con norme imperative che
sanciscono  il  divieto   di   compensazioni   ambientali   meramente
patrimoniali, causa percio' di nullita' dell'atto, in  ragione  della
natura pubblicistica e dell'indisponibilita' dell'interesse  tutelato
dalla norma violata, laddove la violazione di norme di  comportamento
dei contraenti costituisce unicamente fonte di responsabilita' o,  in
ipotesi, di annullamento per dolo incidente; 
    Dalla nullita' degli  accordi  che  contemplino  siffatte  misure
discende poi  come  conseguenza  automatica  l'improduttivita'  degli
effetti del negozio ex tunc che invece la norma di legge di  bilancio
censurata ha inteso fare salvi in assenza di una plausibile  esigenza
di ordine imperativo, si' che il mantenimento dell'efficacia statuito
dall'art. 1, comma 953, della legge n. 145 del 2019 finisce anche per
vanificare gli effetti connaturati  alla  categoria  giuridica  della
nullita'; 
    La norma censurata appare, pertanto, anche lesiva del diritto  di
azione sancito dall'art. 24 della Costituzione; 
    Nel prevedere la conservazione dell'efficacia degli accordi, essa
vanifica infatti l'utilita'  pratica  dell'impugnativa  contrattuale,
ivi compresa la nullita' ai sensi  degli  articoli  1418  del  codice
civile e seguenti, prevista  per  reagire  contro  manifestazioni  di
volonta'  contrattuale  aventi  contenuti  contrastanti   con   norme
imperative, ai sensi del comma 1 della medesima disposizione; 
    Nel caso degli accordi previsti dall'art. 1, comma 953, legge  n.
145 del 2018 la pronuncia giurisdizionale dichiarativa della nullita'
sarebbe  inutiliter  data,  perche'  da  un  lato,   come   da   essa
espressamente previsto, le somme versate in esecuzione  dello  stesso
non potrebbero essere ripetute  dal  solvens,  gestore  dell'impianto
elettrico; ed inoltre avvalendosi della conservazione  dell'efficacia
parimenti affermata dalla  norma  censurata  l'ente  locale  potrebbe
agire per il pagamento delle somme ulteriormente dovute; 
    Un ulteriore profilo di  illegittimita'  costituzionale  e'  dato
dalla violazione  dei  principi  della  separazione  dei  poteri  (in
relazione agli articoli 3, 97, 101, 102, 113  della  Costituzione)  e
del giusto processo sanciti dagli articoli 111 della Costituzione e 6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, in  relazione  all'art.  117,  comma  1,
della medesima Carta fondamentale; 
    La disposizione in oggetto,  eccedendo  dalle  esigenze  connesse
all'obiettivo legittimo di rivedere  gli  accordi  contenenti  misure
compensative  di  carattere  meramente  patrimoniale  secondo  quanto
previsto dalle linee guida nazionali in materia, in  conformita'  con
la   normativa   euro-unitaria   e   i   principi   affermati   dalla
giurisprudenza costituzionale, persegue invece l'intento di  definire
in via legislativa i contenziosi pendenti, interferendo  sugli  esiti
dei giudizi in corso e sulle pronunzie degli organi  giurisdizionali,
in violazione dei principi di terzieta' e imparzialita' del giudice; 
    Di conseguenza, l'intervento normativo pare presentare profili di
irragionevolezza,  in  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,
laddove vanifica il potere giurisdizionale gia'  esercitato  (con  la
declaratoria di nullita' degli accordi contrastanti con il divieto di
misure compensative a contenuto meramente economico  ad  opera  delle
sentenze dei giudici di primo grado), in assenza di plausibili motivi
di interesse generale e  senza  che  cio'  risultasse  necessario  in
ragione  di  oscillazioni  giurisprudenziali,   alterando   in   modo
imprevedibile rapporti pregressi tra le parti si' da rendere  inutile
e privo di effettivita' il diritto alla tutela giurisdizionale; 
    La sanatoria generalizzata introdotta con la  legge  di  bilancio
per il 2019 altera, infatti, la parita'  delle  parti  nel  processo,
anche quelli in corso, privando una parte dei rimedi di legge  a  sua
disposizione e vanificando l'utilita' delle pronunce  giurisdizionali
favorevoli  eventualmente  conseguite,  ma  non  ancora   definitive,
quand'anche con esse si sia accertato il contrasto dell'accordo con i
principi  di  ordine  imperativo  regolatrici   del   settore   della
produzione energetica da fonti rinnovabili; 
    Sotto il  profilo  da  ultimo  evidenziato  emerge  un  ulteriore
profilo di contrasto della norma censurata con il  vincolo  posto  al
legislatore ordinario dal sopra  citato  art.  117,  comma  1,  della
Costituzione al rispetto degli obblighi internazionali, nel  caso  di
specie  assunti  dall'Italia  con  il  protocollo  di  Kyoto  dell'11
dicembre 1997  della  convenzione  quadro  delle  Nazioni  unite  sui
cambiamenti climatici - che funge da norma interposta e,  quindi,  da
parametro mediato di costituzionalità-, di cui il decreto legislativo
n. 387 del 2003  costituisce  attuazione  nell'ordinamento  giuridico
interno, per il tramite della direttiva 2001/77/CE del  27  settembre
2001 (sulla  promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'); 
    Il contrasto e' ravvisabile nel fatto che gli obiettivi stabiliti
a livello internazionale con il  citato  protocollo,  di  promozione,
sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili in
funzione  dell'abbattimento  delle  emissioni  inquinanti  (art.  2),
rispetto ai quali il principio di gratuita' delle  autorizzazioni  in
materia e' strumentale, potrebbe essere vanificato da  una  sanatoria
generalizzata rispetto ad accordi aventi l'effetto  di  rendere  tali
titoli amministrativi onerosi per ragioni estranee alla  salvaguardia
dell'ambiente, cosi'  da  scoraggiare  gli  operatori  economici  dal
mantenere  i  propri   investimenti   nel   settore   delle   energie
rinnovabili; 
    L'art. 1, comma 953, della legge n. 145 del 2018, nella misura in
cui consente il mantenimento di efficacia degli accordi che prevedano
misure compensative meramente patrimoniali, presenta, dunque, profili
di  irragionevolezza  e  arbitrarieta'  in  quanto  non   prende   in
considerazione ne' l'interesse degli operatori privati  incisi  dalla
sanatoria ne' quelli pubblici alla promozione  e  al  sostegno  della
produzione  di  energia  da   fonte   rinnovabile   (tutelati,   gia'
anteriormente all'emanazione delle linee guida nazionali  di  cui  al
citato decreto ministeriale, da norme imperative,  quale  l'art.  12,
comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003, in coerenza  con  i
principi   euro-unitari   di   riferimento),   non   operando   alcun
bilanciamento  con  l'interesse  alla  conservazione  delle   risorse
acquisite ai bilanci degli enti locali; 
    Per la ragione da ultimo evidenziata la  norma  appare  anche  in
contrasto con la liberta' di iniziativa economica garantita dall'art.
41 della Costituzione, in relazione ai principi  generali  regolatori
del settore economico relativo alla produzione di  energia  da  fonti
rinnovabili, ricavabili  dagli  articoli  6  della  citata  direttiva
2001/77/CE - secondo cui gli Stati membri sono tra l'altro  tenuti  a
«ridurre gli ostacoli normativi e di  altro  tipo  all'aumento  della
produzione di  elettricita'  da  fonti  energetiche  rinnovabili»,  a
«razionalizzare  e  accelerare  le  procedure  all'opportuno  livello
amministrativo»  e  «garantire  che   le   norme   siano   oggettive,
trasparenti e non discriminatorie...» - e 12 decreto  legislativo  n.
387 del 2003, in virtu' del quale la produzione di energia  da  fonti
rinnovabili  e'  soggetta  ad  un  regime  amministrativo   di   tipo
autorizzatorio, subordinato all'accertamento dei presupposti di legge
e non sottoposto a misure di compensazione di carattere pecuniario; 
    La  disposizione  censurata  pare,  di  conseguenza,   presentare
profili di incostituzionalita' sub specie di violazione dei  principi
di ragionevolezza e della  liberta'  di  iniziativa  economica  nella
misura  in  cui  tramuta  il  rapporto  autorizzatorio  previsto  per
l'attivita' di produzione di energia elettrica (e, per quanto rileva,
per quella da fonti rinnovabili), costituente una libera attivita' di
impresa, in un rapporto di tipo concessorio, che costituisce ex  novo
posizioni soggettive in capo al concessionario a fronte del pagamento
di un canone; 
    Infatti, la conservazione dell'efficacia di accordi  che  abbiano
previsto simili misure, proprie di un regime di carattere concessorio
in funzione della regolazione dell'accesso  al  mercato,  rappresenta
inoltre per gli  operatori  del  settore  un  disincentivo  economico
rispetto ad  una  prospettiva  di  continuazione  dell'attivita'  per
l'intero ciclo di vita degli impianti; 
    Sotto quest'ultimo profilo, la disposizione in  questione  sembra
porsi  infine  in  contrasto  con  l'art.   117,   comma   1,   della
Costituzione, in relazione all'art. 1, del 1° Protocollo  addizionale
alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali e 6  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  in
quanto determina, in modo imprevedibile ed in violazione dei principi
di legalita' e proporzionalita' (tra i mezzi  impiegati  e  lo  scopo
perseguito), una lesione del diritto di  proprieta'  degli  operatori
economici che hanno realizzato e messo in esercizio gli  impianti  da
fonti rinnovabili (nella misura in cui osta al soddisfacimento di  un
credito avente consistenza di valore patrimoniale  e  base  normativa
nel diritto nazionale e nell'ordinamento sovranazionale)  e,  quindi,
anche del loro legittimo  affidamento  ad  ottenere  la  restituzione
degli importi versati in esecuzione di accordi di cui si contesta  la
validita' e, comunque, a non dover piu'  corrispondere  alcuna  somma
per la residua durata della convenzione  (ove  ne  sia  accertata  la
nullita' per contrasto con norme imperative); 
    Per tutte le ragioni esposte  il  giudizio  va  sospeso  e  vanno
rimesse alla Corte costituzionale, ai sensi del sopra citato art. 23,
legge n. 87 del 1953, le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 953, della legge n. 145  del  2018,  in  relazione
agli articoli 3, 24, 41, 97, 101, 102, 111, 113 e 117, comma 1  della
Costituzione, nonche' in relazione ai principi generali della materia
della  produzione  energetica  da  fonti  rinnovabili  sanciti  dagli
articoli 6 della direttiva 2001/77/CE e 12 decreto legislativo n. 387
del 2003, e agli obblighi internazionali di cui agli articoli 1,  del
1°  Protocollo  addizionale,  6  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e  2
del protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997;