Ricorso per conflitto di attribuzione ex art. 134 Cost. e art. 39
della legge 11 marzo 1953, n.  87,  con  istanza  di  sospensiva  del
Presidente  del   Consiglio   dei   ministri   (codice   fiscale   n.
80188230587), in persona del Presidente pro tempore, rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (codice  fiscale  n.
80224030587), presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12  e'
domiciliato (per il ricevimento degli atti: fax: 06.96.51.40.00; Pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),   giusta    deliberazione    del
Consiglio dei ministri in data  6  aprile  2020,  contro  la  Regione
Lazio, in persona del Presidente in carica  della  giunta  regionale,
nonche' - per quanto occorrer possa - del  Presidente  del  consiglio
regionale, avverso la deliberazione del consiglio regionale del Lazio
n. 5 del  2  agosto  2019,  recante  «Piano  territoriale  paesistico
regionale (PTPR)», pubblicato nel Bollettino Ufficiale della  Regione
Lazio (BURL) n. 13 del 13 febbraio 2020, per  la  declaratoria  della
non spettanza alla Regione Lazio dei poteri ivi esercitati, e per  il
conseguente   annullamento,   previa    sospensiva,    della    detta
deliberazione del consiglio regionale del Lazio n.  5  del  2  agosto
2019, nonche' di ogni altro atto  comunque  connesso,  presupposto  e
attuativo, ivi compresa la  nota  in  data  20  febbraio  2020  della
Regione Lazio - Direzione regionale per le politiche abitative  e  la
pianificazione territoriale, paesistica e urbanistica. 
    Con la deliberazione del consiglio regionale del Lazio n. 5 del 2
agosto  2019,  recante  «Piano  territoriale   paesistico   regionale
(PTPR)»,  sono  stati   approvati   gli   elaborati   descrittivi   e
prescrittivi che compongono il predetto piano, tra i quali  le  norme
del PTPR. 
    La  deliberazione,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della
Regione Lazio (BURL) n. 13 del 13 febbraio  2020,  e'  stata  assunta
unilateralmente dalla regione, in violazione  degli  impegni  assunti
nei confronti del Ministero dei beni e  le  attivita'  culturali,  ai
sensi degli articoli 133, 135, comma 1, 143, comma 2, e 156, comma 3,
del Codice dei beni culturali e  del  paesaggio  di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Oltretutto, il piano deliberato dalla regione risulta  improntato
a un generale  abbassamento  del  livello  della  tutela  dei  valori
paesaggistici, e la sua approvazione determina, altresi', il concreto
rischio della lesione di interessi costituzionali primari,  ai  sensi
dell'art. 9 della Costituzione. 
    La Presidenza del Consiglio solleva, pertanto,  il  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  della   deliberazione   del   consiglio
regionale suddetta, ai sensi degli articoli 134 Cost. e 39 ss.  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87,  con  istanza  di  sospensione   del
provvedimento contestato. 
 
                    Esposizione in punto di fatto 
 
    1. Va premesso che, ai sensi dell'art. 19 della  legge  regionale
del Lazio 6 luglio 1998, n. 24, recante «Pianificazione paesistica  e
tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico»,  erano
stati a suo tempo  approvati,  mediante  deliberazioni  della  giunta
regionale, i Piani territoriali paesistici (PTP) della Regione Lazio. 
    In data 9 febbraio 1999 il Ministero, la regione e  l'universita'
di Roma Tre - DIPSA avevano sottoscritto un accordo di collaborazione
per la  redazione  del  PTPR,  in  attuazione  del  quale  era  stato
istituito un Comitato tecnico scientifico per la redazione del piano. 
    Nel 2004 e' entrato in vigore il Codice dei beni culturali e  del
paesaggio, che  ha  innovato  la  precedente  disciplina  statale  in
materia di pianificazione paesaggistica, introducendo,  tra  l'altro,
il principio della pianificazione congiunta  dei  beni  paesaggistici
tra ciascuna  regione  e  lo  Stato,  rappresentato  dal  Mibact.  Il
predetto principio e' espresso, in particolare, nei  gia'  richiamati
articoli 135, comma  1,  143,  comma  2,  e  156,  comma  3,  le  cui
previsioni  sono  state  meglio  definite  e  affinate  dal   decreto
legislativo 24 marzo 2006, n. 157 e dal decreto legislativo 26  marzo
2008, n. 63. 
    Dopo l'entrata  in  vigore  del  Codice  (ma  anteriormente  alle
novelle apportate dal decreto legislativo n. 63  del  2008),  con  la
deliberazione della giunta regionale n.  556  del  2007,  la  Regione
Lazio ha adottato il proprio PTPR, poco dopo modificato, integrato  e
rettificato con la deliberazione della giunta regionale n.  1025  del
2007. L'elaborazione del  Piano  da  parte  della  regione  e'  stata
finalizzata anche alla verifica e all'adeguamento  dei  PTP  vigenti,
destinati a  essere  sostituiti  dal  PTPR  una  volta  approvato,  a
esclusione del PTP di Roma ambito 15/12 «Caffarella, Appia  antica  e
Acquedotti». 
    Le delibere di adozione del PTPR e gli elaborati  di  Piano  sono
stati  pubblicati  con  le  modalita'   previste   dalla   disciplina
regionale, ossia nel BURL 14 febbraio 2008, n. 6, nonche' negli  albi
pretori dei comuni e delle province. 
    Il PTPR  adottato  ha  assunto  quindi  efficacia  in  regime  di
salvaguardia dal giorno successivo alla sua pubblicazione nel BURL. 
    Dopo di allora, e' stata avviata l'attivita' di co-pianificazione
con il Ministero, al fine di pervenire ad  attribuire  al  Piano,  in
sede  di  approvazione,  la  valenza  di   strumento   pianificatorio
elaborato d'intesa tra Stato e regione, ai sensi  delle  disposizioni
sopra richiamate del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    In questa prospettiva, l'11 dicembre 2013 e'  stato  sottoscritto
un protocollo d'intesa per la tutela e valorizzazione  del  paesaggio
laziale tra la Regione Lazio e il Ministero. 
    L'attivita' di elaborazione congiunta dei contenuti del Piano  ha
infine condotto, il 16 dicembre 2015, alla redazione di  un  apposito
verbale di condivisione dei contenuti del piano  paesaggistico  della
Regione Lazio, con il quale sono state stabilite, in accordo  tra  la
regione e il Ministero, le modifiche e le integrazioni  da  apportare
in sede di approvazione allo strumento pianificatorio adottato e sono
state definite, in particolare, le norme  di  piano,  incluse  in  un
apposito allegato al predetto verbale. 
    L'allegato normativo al verbale di condivisione del  16  dicembre
2015 e' stato fatto oggetto, da parte della giunta, della proposta di
delibera consiliare n. 60 del 10 marzo 2016, tuttavia  mai  approvata
dal consiglio regionale. 
    2. E' invece avvenuto che, a distanza di anni  dalla  definizione
dei contenuti del PTPR congiuntamente con  il  MIBACT,  il  consiglio
regionale ha assunto la deliberazione n. 5 del 2019, con la quale  ha
approvato unilateralmente un «proprio» PTPR, diverso  sia  dal  piano
adottato nel 2007 sia dai contenuti concordati nel verbale del  2015,
oltre che notevolmente peggiorativo dei livelli della tutela rispetto
a  entrambe  tali  versioni,  rinviando  a  un   momento   successivo
l'adeguamento del piano d'intesa con lo Stato. 
    La scelta cosi' assunta dalla regione sconfessa  il  percorso  di
condivisione  gia'  svolto  con  il  MIBACT   e   risulta,   inoltre,
manifestamente in contrasto con la  disciplina  della  pianificazione
paesaggistica contenuta nel Codice di settore, la quale richiede  che
la fase di co-decisione con lo Stato si collochi a  monte,  e  non  a
valle, del piano paesaggistico. 
    Dopo l'approvazione della suddetta  deliberazione  del  consiglio
regionale, per l'intanto non pubblicata nel BUR,  e'  stata  comunque
riavviata la collaborazione  tra  il  Ministero  e  la  regione,  per
pervenire al definitivo adeguamento del PTPR regionale. 
    Il percorso cosi'  riaperto  ha  consentito  di  addivenire  alla
redazione di un nuovo testo delle  Norme  di  Piano,  emendato  delle
novelle aggiunte in via unilaterale  dalla  regione,  che  in  alcuni
limitati casi sono state rielaborate anche al fine di raggiungere una
soluzione condivisa che fosse compatibile  con  la  salvaguardia  del
paesaggio. 
    Tale nuovo testo e' stato oggetto della proposta di deliberazione
consiliare  n.  42  del  17  febbraio  2020,  adottata  dalla  giunta
regionale con deliberazione n. 50 del 13 febbraio 2020. 
    Tuttavia, nelle more della finalizzazione del  suddetto  percorso
condiviso, il PTPR approvato ad agosto del 2019 e'  stato  pubblicato
nel Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 13  del  13  febbraio
2020. 
    Col presente ricorso si solleva innanzi alla Corte costituzionale
il conflitto di attribuzioni tra lo Stato e la Regione Lazio, al fine
di accertare che non spettava alla regione l'approvazione unilaterale
del PTPR, in assenza della necessaria previa intesa con il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, e  di  ottenere
per l'effetto l'annullamento, previa sospensiva, della  deliberazione
del consiglio  regionale  n.  5  del  2019  e  degli  atti  connessi,
presupposti e attuativi, ivi compresa la nota  20  febbraio  2020  in
epigrafe menzionata. 
 
                   Esposizione in punto di diritto 
 
 
                                  I 
 
Violazione degli articoli 9, 117, secondo comma, lettera  s),  e  118
della Costituzione. 
Violazione ed erronea applicazione degli articoli 133; 135, comma  1;
143, comma 2; 145, comma 3; 145, comma 5; 156, comma 3,  del  decreto
legislativo n. 42/2004, quali norme interposte. 
    1. La deliberazione consiliare n. 5  del  2019,  qui  contestata,
invade un ambito di competenza amministrativa riservato  allo  Stato,
in contrasto grave ed evidente  con  gli  articoli  9,  117,  secondo
comma, lettera s), e 118 della Costituzione. 
    La deliberazione viola, altresi', le norme  interposte  di  fonte
ordinaria direttamente attuative dei  principi  costituzionali  sopra
richiamati, contenute nel Codice dei beni culturali e  del  paesaggio
e, in particolare: 
      art.  133  (principio  di  intesa   e   cooperazione   per   la
conservazione e la valorizzazione del paesaggio); art. 135,  comma  1
(principio della pianificazione paesaggistica congiunta tra regione e
Ministero e preclusione per la regione di disciplinare  autonomamente
le aree  sottoposte  a  tutela  paesaggistica);  art.  143,  comma  2
(rispetto  dell'intesa  stipulata  per  l'elaborazione  del  piano  e
obbligo di accordo); art. 145, comma 3  (principio  della  prevalenza
del piano paesaggistico su  tutti  gli  strumenti  di  pianificazione
territoriale urbanistica e di settore); art. 145, comma 5  (principio
della partecipazione necessaria  del  Ministero  al  procedimento  di
adeguamento del piano paesaggistico); art. 156, comma 3  (verifica  e
adeguamento dei piani paesaggistici). 
    Ed invero al riguardo si osserva che la regione: 
      ha approvato il PTPR e i relativi  allegati,  elaborati  al  di
fuori  dell'accordo  con  l'Amministrazione  statale  competente,  in
violazione del principio di co-pianificazione obbligatoria  dei  beni
paesaggistici e delle prerogative statali assicurate  dall'art.  117,
secondo comma, lettera s), e  118  della  Costituzione,  disposizioni
rispetto alle quali costituiscono norme interposte le previsioni  del
Codice dei beni culturali e del  paesaggio  e,  in  particolare,  gli
articoli 133, 135, 143, 145 e 156; 
      ha  disatteso,   in   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, i contenuti gia' da tempo condivisi con il MIBACT nel
lungo percorso di co-pianificazione dianzi illustrato e trasfusi  nel
verbale di condivisione del 16 dicembre 2015. 
    Al riguardo si illustrano, qui di seguito, le  ragioni  in  forza
delle  quali   non   spettava   alla   regione   l'assunzione   della
deliberazione del consiglio regionale n. 5 del 2019. 
    2. Come e' noto, il Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio
disciplina il procedimento di redazione e di approvazione  del  piano
paesaggistico, quando esso abbia a oggetto o comunque interessi  aree
vincolate come beni paesaggistici, ai sensi degli articoli 136 e  142
del medesimo Codice. 
    In tal caso, alla elaborazione di quella parte del piano concorre
in via obbligatoria, in uno con la regione interessata, il  Ministero
(cfr. art. 135, comma 1), secondo un canone di  leale  collaborazione
fra  Stato  e  regioni  che  trova  la  sua  compiuta   realizzazione
esclusivamente nella forma della condivisione necessaria delle scelte
di pianificazione paesaggistica territoriale. Lo stesso principio  di
leale collaborazione puo' spingere peraltro le regioni a  coinvolgere
il Ministero nell'elaborazione complessiva del piano, in riferimento,
quindi, a tutto il territorio considerato, ivi inclusi gli ambiti non
vincolati. 
    Il punto di equilibrio  dei  poteri  statali  e  regionali  nella
materia della tutela e valorizzazione del  paesaggio  risponde  a  un
fondamentale principio, che sorregge l'intero  sistema  della  tutela
del  paesaggio,  che  si  compendia  nella   co-decisione   e   nella
compartecipazione necessarie tra Stato e regione in tutte  e  tre  le
fasi  in   cui   si   articola   la   tutela   paesaggistica,   ossia
individuazione, pianificazione e  gestione,  quest'ultima  esercitata
mediante il rilascio delle autorizzazioni degli  interventi  relativi
ai beni tutelati. 
    3. La necessita' del raggiungimento del  punto  di  equilibrio  -
rispondente peraltro al fondamentale principio della  co-decisione  e
della compartecipazione necessarie tra Stato e regione in tutte e tre
le fasi in cui si articola la tutela  paesaggistica  (individuazione,
pianificazione e gestione-controllo autorizzatorio dei vincoli),  che
sorregge l'intero sistema della tutela del paesaggio - e' stato  piu'
volte ribadito nella  giurisprudenza  di  codesta  Corte  Ecc.ma,  in
riferimento alle regioni a statuto speciale (v. Corte costituzionale,
24 maggio 2009, n. 164; 17 marzo 2010, n. 101;  24  luglio  2013,  n.
238) ed a quelle ordinarie  (si  veda  la  giurisprudenza  che  sara'
citata in prosieguo nel par. 7). 
    La delibera che si impugna  viola  pertanto  direttamente  questi
fondamentali parametri costituzionali, poiche' la  giunta  regionale,
attraverso la deliberazione del  consiglio  regionale  n.  5/2019  ha
adottato il Piano senza il previo accordo  con  i  competenti  organi
statali e, anzi, in contrasto con le bozze  elaborate  congiuntamente
con l'amministrazione statale e in avanzata fase di completamento. 
    4.  La   ragione   fondante   la   previsione   dell'obbligatoria
co-pianificazione tra Stato e regione per i beni  paesaggistici  -  a
suo tempo esplicitata dal secondo decreto  correttivo  n.  63/2008  -
risiede invero nella necessita' di evitare che il Piano  territoriale
regionale, atto fondamentale  che  rappresenta  la  Costituzione  del
territorio,  possa  essere  esposto  a  continue,   anche   radicali,
rivisitazioni con il succedersi degli organi regionali. 
    Il Piano regionale, invece, ha un senso in quanto piano  generale
sovraordinato  a  tutti  gli  altri   strumenti   di   pianificazione
territoriale, sia urbanistica sia settoriale  (art.  145  del  Codice
cit.), ponendosi  necessariamente  in  una  dimensione  temporale  di
stabilita' e di  lungo  periodo,  incompatibile  con  le  unilaterali
scelte dei soli organi regionali, poiche' esprime le scelte di  fondo
della pianificazione futura del territorio. 
    E' conseguentemente ragionevole che  esso  richieda,  per  essere
definito e modificato, procedure non  ordinarie,  ma  «rinforzate»  e
aggravate, che consentano da un lato una piu' approfondita e meditata
valutazione, dall'altro lato una piu' ampia condivisione  che  superi
anche i limitati  confini  regionali,  attraverso  la  partecipazione
determinante di una pluralita' di attori istituzionali e trascenda la
singola   amministrazione   che,   in    un    determinato    momento
politico-istituzionale, si trovi ad essere titolare della funzione. 
    E' esattamente questa la ragione  per  la  quale  il  Legislatore
nazionale, introducendo una norma che  costituisce  l'architrave  del
sistema di tutela, ha voluto la necessaria condivisione tra lo  Stato
e la regione dell'eventuale revisione del Piano paesaggistico. 
    5. Sotto un  diverso,  ma  fondamentale  e  convergente  profilo,
occorre inoltre rilevare che i beni paesaggistici propri di  ciascuna
regione  italiana,  nella  logica  degli  articoli  9  e  117   della
Costituzione, trascendono, sia come valore culturale e  sociale,  sia
come bene-interesse giuridicamente rilevante,  l'ambito  territoriale
regionale, riferibile alla collettivita' ivi stanziata, per assurgere
a una dimensione sicuramente nazionale. 
    Gli  stessi  sono  infatti  beni  comuni  riferibili   all'intera
collettivita' nazionale,  di  tal  che  e'  la  Repubblica  ad  avere
competenza  a  tutelare  il  paesaggio  e  rientra  nella  competenza
esclusiva dello Stato il compito di tutelare l'ambiente. 
    Anche in  un'ottica  che  tenga  presente  il  ruolo  degli  enti
territoriali alla luce del fondamentale principio di bilanciamento  e
di  leale  collaborazione  in  presenza   di   eventuali   competenze
concorrenti, cio' non puo' che significare che, anche da questo punto
di vista, il potere degli organi regionali di ridisegnare i connotati
dei relativi paesaggi incontra un preciso limite  costituito  (quanto
meno) dal potere di necessaria co-decisione statale opponibile  anche
all'autonomia regionale. 
    6. La ricostruzione del sistema normativo  fin  qui  prospettata,
invero, appare perfettamente coerente con i parametri  costituzionali
e non svilisce in  alcun  modo  la  centralita'  del  ruolo  e  delle
competenze regionali, riconosciute sia dal Codice del 2004, sia dalla
Convenzione europea del paesaggio di Firenze del 2000. Resta  infatti
fermo e non contestato il ruolo centrale,  strategico  e  propositivo
dell'autonomia regionale. 
    La stessa deve pero' necessariamente confrontarsi,  su  un  piano
paritario e codecisionale, con il ruolo, parimenti essenziale,  degli
uffici periferici dello Stato. 
    Dall'esame della deliberazione regionale n. 5 del 2019  che  oggi
si impugna emerge, invece, in modo netto il fraintendimento di  fondo
da cui la stessa e' afflitta, laddove ha ritenuto di poter declassare
il ruolo dello  Stato  da  una  posizione  paritaria  ad  un  livello
meramente consultivo, collaborativo (e facoltativo). 
    7. La descritta scelta del legislatore costituisce  un  principio
la cui validita' e importanza e'  gia'  stata  affermata  piu'  volte
dalla Corte costituzionale, in occasione dell'impugnazione  di  leggi
regionali che intendevano mantenere uno spazio  decisionale  autonomo
agli strumenti di pianificazione dei comuni e delle regioni, eludendo
la necessaria condivisione delle scelte attraverso uno  strumento  di
pianificazione sovracomunale, definito d'intesa tra  lo  Stato  e  la
regione. 
    La Corte ha, infatti,  qualificato  come  principio  inderogabile
quello della pianificazione congiunta della regione con il  Ministero
competente, secondo quanto previsto dal Codice dei beni  culturali  e
del paesaggio (sentenza n. 210 del 2016). 
    In questa prospettiva, la Corte ha precisato che l'art.  135  del
Codice pone un obbligo inderogabile  di  elaborazione  congiunta  del
piano paesaggistico e che la ricognizione dei beni  da  sottoporre  a
vincoli paesaggistici debba essere realizzata congiuntamente  con  lo
Stato e, per esso, con il Ministero (sentenza n. 66 del 2018). 
    In particolare, la Corte ha rimarcato che «La disciplina  statale
volta a  proteggere  l'ambiente  e  il  paesaggio  viene  quindi  «"a
funzionare come un  limite  alla  disciplina  che  le  regioni  e  le
province autonome dettano in altre materie di loro competenza", salva
la facolta' di queste ultime di adottare norme di  tutela  ambientale
piu'   elevata   nell'esercizio   di   competenze,   previste   dalla
Costituzione, che concorrano con quella dell'ambiente»  (sentenza  n.
199 del 2014; nello stesso senso, sentenze n. 246 e n. 145 del  2013,
n. 67 del 2010, n. 104 del 2008, n. 378 del 2007). Essa richiede  una
strategia istituzionale  ad  ampio  raggio,  che  si  esplica  in  un
attivita' pianificatoria estesa sull'intero territorio nazionale.  In
tal senso, l'attribuzione allo Stato della  competenza  esclusiva  di
tale  "materiaobiettivo"  non  implica   una   preclusione   assoluta
all'intervento    regionale,     purche'     questo     sia     volto
all'implementazione del valore ambientale e all'innalzamento dei suoi
livelli di tutela» (cfr. ancora la sentenza n. 66 del 2018). 
    Da cio' deriva l'evidente contrasto della deliberazione impugnata
con la normativa statale, che - in linea con le prerogative riservate
allo Stato dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  come
anche riconosciute dalla costante  giurisprudenza  di  codesta  Corte
(tra le molte, sentenza n. 197 del 2014) - specificamente impone  che
la regione adotti la  propria  disciplina  di  conformazione  «assicu
rando la partecipazione degli  organi  ministeriali  al  procedimento
medesimo» (sentenze n. 211 del 2013 e n. 235 del 2011).  Costituisce,
infatti, affermazione costante - su cui si fonda il  principio  della
gerarchia degli  strumenti  di  pianificazione  dei  diversi  livelli
territoriali, dettato dall'evocato art. 145,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 42 del 2004 (sentenze n. 193 del 2010  e  n.  272  del
2009) - quella secondo cui l'impronta unitaria  della  pianificazione
paesaggistica «e' assunta a valore  imprescindibile,  non  derogabile
dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso
a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della  legislazione
di tutela dei beni culturali e paesaggistici  sull'intero  territorio
nazionale» (sentenza n. 182 del 2006); al contrario, nella specie, la
generale esclusione della partecipazione  degli  organi  ministeriali
nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, veniva a
degradare la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente  e  a
concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza  urbanistica
(sentenza n. 437 del 2008). 
    Anche di recente la Corte costituzionale ha ribadito  l'esistenza
di un vero e proprio obbligo, costituente un  principio  inderogabile
della legislazione  statale,  di  elaborazione  congiunta  del  piano
paesaggistico,   con   riferimento   ai   beni    vincolati    (Corte
costituzionale n. 86 del  2019)  e  ha  sottolineato  che  l'impronta
unitaria della pianificazione  paesaggistica  «e'  assunta  a  valore
imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale  in  quanto
espressione  di  un  intervento  teso  a  stabilire  una  metodologia
uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali
e   paesaggistici   sull'intero    territorio    nazionale»    (Corte
costituzionale, n. 182 del 2006; cfr. anche la sentenza  n.  272  del
2009). 
    Cio' comporta, pertanto, da parte  della  regione,  l'obbligo  di
garantire  adeguatamente  il  coinvolgimento  del   Ministero   nella
pianificazione  paesaggistica,  anche   nelle   eventuali   fasi   di
revisione, pur se limitate, del Piano, secondo  quanto  previsto  dal
Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di  elaborazione
congiunta del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, comma
1, 143, comma 2, 145, comma 5, e 156, comma 3  (Corte  costituzionale
n. 64 del 2015). 
    La    ragione    sostanziale    fondante     della     previsione
dell'obbligatoria co-pianificazione tra Stato e regione  per  i  beni
paesaggistici, ribadita ed esplicitata dal secondo decreto correttivo
del 2008 (decreto legislativo n. 63 del 2008), risiede anche, d'altra
parte, nella necessita' di evitare che il  piano  paesaggistico,  che
rappresenta, per cosi' dire, la «Costituzione del territorio»,  possa
essere esposto, nel  breve  periodo,  come  gia'  detto,  a  radicali
rivisitazioni con il susseguirsi degli organi regionali. 
    Il piano paesaggistico, in quanto piano  di  direzione  generale,
sovraordinato  a  tutti  gli  altri   strumenti   di   pianificazione
territoriale, sia urbanistica  sia  settoriale  (cfr.  art.  145  del
Codice), deve porsi evidentemente e necessariamente in una dimensione
temporale di stabilita' e di  lungo  periodo,  incompatibile  con  le
unilaterali scelte dei soli  organi  regionali,  poiche'  esprime  le
scelte di fondo della pianificazione futura del territorio. 
    Conseguentemente,  analogamente   a   quanto   avviene   per   la
Costituzione nel sistema delle fonti normative, esso deve richiedere,
per essere modificato, procedure non  ordinarie,  ma  «rinforzate»  e
aggravate, che consentano da un lato una piu' approfondita e meditata
valutazione, dall'altro lato una piu' ampia  condivisione,  acquisita
con la  partecipazione  determinante  di  una  pluralita'  di  attori
istituzionali, che trascenda  la  singola  amministrazione  regionale
che, in un determinato momento  politico-istituzionale,  si  trova  a
essere titolare della funzione. 
    E'  anche  per  questa  ragione che  il  legislatore   nazionale,
introducendo una norma indubbiamente  fondamentale,  che  costituisce
l'architrave  del  sistema  di  tutela  e  rappresenta  un  parametro
costituzionale interposto, ha voluto la necessaria  condivisione  tra
lo Stato e la regione per la elaborazione e  la  eventuale  revisione
del piano paesaggistico. 
    8. Il conflitto di  attribuzione  non  si  esaurisce  nella  sola
invasione della sfera di competenza normativa e amministrativa  dello
Stato, ma si traduce in una lesione diretta  dei  beni  paesaggistici
tutelati, determinando una immediata e grave diminuzione del  livello
di tutela. 
    Invero,  sotto  un  diverso  ma  convergente   profilo,   occorre
sottolineare il fatto che i paesaggi di  ciascuna  regione  italiana,
nella logica degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, trascendono, sia come valore culturale, sociale  e,  in
senso  ampio,  politico  sia   come   bene-interesse   giuridicamente
rilevante,   l'ambito   territoriale   regionale,   riferibile   alla
collettivita'  ivi  stanziata,  per  assurgere   a   una   dimensione
sicuramente  nazionale,  in   quanto   beni   comuni   di   interesse
oggettivamente   generale   riferibili    all'intera    collettivita'
nazionale. 
    Anche da questo punto di vista riveste  rango  costituzionale  il
principio del limite al potere  libero  e  unilaterale  degli  organi
regionali di  mutare  e  di  ridisegnare  i  connotati  dei  paesaggi
regionali, limite e bilanciamento costituito dal potere di necessaria
co-decisione statale. 
    Le  considerazioni  ora  svolte  dimostrano  altresi'   come   il
principio  di  co-decisione   paritetica   necessaria   Stato-regione
rifletta e attui a un tempo i principi di adeguatezza e (soprattutto)
differenziazione  posti  dall'art.  118  Cost.  come  contrappeso  di
riequilibrio del principio di sussidiarieta' verticale. La violazione
regionale qui denunciata si traduce dunque in una violazione  diretta
di  tale  essenziale  parametro  costituzionale  nella  distribuzione
equilibrata delle competenze amministrative. 
    Il riflesso applicativo,  sul  piano  della  «allocazione»  delle
funzioni  e  delle  competenze,  ai   sensi   dell'art.   118   della
Costituzione, si compendia nel rilievo, peraltro gia'  sopra  svolto,
per cui il livello  adeguato  e  differenziato  di  competenza  nella
pianificazione  paesaggistica  dei  beni  vincolati  e'  collocato  -
chiaramente e inderogabilmente - dal legislatore nazionale al livello
di co-decisione paritaria tra Stato e regione (pur  con  gli  apporti
partecipativi  e  collaborativi  essenziali  delle  altre   autonomie
territoriali). 
 
                                 II 
 
Violazione del principio di leale  collaborazione  (articoli  9,  117
secondo comma, lettera s), 118 Cost.) 
    9. Se quanto sopra gia' rende evidente la. violazione,  da  parte
della Regione Lazio, delle attribuzioni statali di cui agli  articoli
9, 117, secondo comma, lettera s), e  118  della  Costituzione,  deve
ancora rimarcarsi che la regione ha  agito  pure  in  violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    Va ricordato al riguardo che, secondo l'insegnamento  di  codesta
Corte costituzionale, il  principio  di  leale  collaborazione  «deve
presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e  regioni»,
atteso che «la sua elasticita' e  la  sua  adattabilita'  lo  rendono
particolarmente idoneo a regolare in  modo  dinamico  i  rapporti  in
questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti»
(cosi in particolare, tra le tante, la sentenza n. 31 del 2006). 
    Piu' in dettaglio, la Corte ha  chiarito  che  «Il  principio  di
leale collaborazione, anche in una accezione  minimale,  impone  alle
parti  che  sottoscrivono  un   accordo   ufficiale   in   una   sede
istituzionale di  tener  fede  ad  un  impegno  assunto»  (ancora  la
sentenza richiamata). 
    La scelta della Regione Lazio di assumere iniziative unilaterali,
al di fuori degli accordi raggiunti con lo Stato, si pone,  pertanto,
in contrasto anche con il predetto principio. 
    10. Il conflitto di attribuzione che si solleva non si esaurisce,
peraltro, nella sola invasione e lesione della  sfera  di  competenza
normativa e amministrativa dello Stato e nella lesione del  principio
di leale collaborazione, come  sopra  ampiamente  dimostrato,  ma  si
traduce  anche  in  una  lesione  diretta  dei  valori  paesaggistici
tutelati,  determinando  immediatamente  una  grave  diminuzione  del
livello di tutela, sia rispetto al  piano  adottato  nel  2007  dalla
regione e vigente sin dal 2008 in regime di salvaguardia sia rispetto
ai  contenuti  convenuti  con  il  MIBACT  nel  Verbale  del  2015  e
nell'accordo del 2020. 
    Qui di seguito si illustrano le piu'  significative  disposizioni
introdotte unilateralmente dalla regione nel testo  delle  Norme  del
PTPR riferite ai beni paesaggistici. Per opportuno  confronto  e  per
evidenziare l'abbassamento del livello di  tutela  che  deriva  dalle
disposizioni regionali  censurate,  le  diversita'  della  disciplina
vengono qui di seguito evidenziate rispetto al testo  concordato  nel
2015, rappresentando che il nuovo accordo del 2020 e'  stato  diretto
sostanzialmente a espungere  le  novelle  introdotte  unilateralmente
dalla regione, con alcuni limitati adattamenti. 
Art.  14.  Interventi  sul  patrimonio  edilizio  esistente  e  sulle
infrastrutture. Eliminazione delle barriere architettoniche. 
    L'art. 14 prevede, oltre all'ipotesi degli interventi finalizzati
alla  rimozione  delle  barriere  architettoniche  (comma  3),  altri
interventi, di varia  tipologia,  sul  patrimonio  edilizio  o  sulle
infrastrutture che si considerano consentiti  anche  in  deroga  alle
norme di Piano. 
    La  normativa  approvata  dalla  regione  introduce  ipotesi   di
interventi in deroga che  non  erano  presenti  nel  testo  del  2015
concordato con il Ministero. In particolare, il comma 4 stabilisce  -
innovando radicalmente rispetto agli accordi  raggiunti  -  che  sono
sempre  consentiti  una   serie   di   interventi   di   recupero   e
riqualificazione del patrimonio edilizio, tra i quali gli  interventi
di rigenerazione urbana di cui alla legge regionale  n.  7  del  2017
(Disposizioni per la rigenerazione urbana ed il  recupero  edilizio);
legge che, pur non impugnata avanti alla  Corte  costituzionale,  era
gia' stata oggetto di rilievi da parte del Ministero. 
    Il comma 6 fa inoltre salve tutte le ulteriori  deroghe  previste
dalla legge regionale n. 24 del  1998  (Pianificazione  paesistica  e
tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico),  ossia
gli  interventi   sul   patrimonio   edilizio   esistente   e   sulle
infrastrutture previsti  dagli  articoli  18-ter  e  18-quater  della
medesima legge. Deve evidenziarsi in proposito che negli ultimi  anni
la regione e' in piu' occasioni intervenuta sulla legge regionale  n.
24 del 1998, apportando unilateralmente  modifiche  con  implicazioni
anche sulla tutela del paesaggio, oggetto di  osservazioni  da  parte
del  Ministero,  delle  quali  non  si  e'   proposta   l'impugnativa
costituzionale a fronte di specifici impegni da parte della regione a
intervenire  in  modifica,  impegni  peraltro  il  piu'  delle  volte
disattesi. 
Art. 16. Errata perimetrazione dei vincoli. 
    L'art.  16  disciplina  le   procedure   di   adeguamento   delle
perimetrazioni del PTPR con la declaratoria delle  aree  di  notevole
interesse pubblico ai sensi dell'art. 136 del Codice,  contenuta  nei
relativi provvedimenti di apposizione del vincolo, o con  l'effettiva
esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi  dell'art.  142  del
Codice,  come  risultano  definiti  e  accertati  dalle  disposizioni
contenute nelle norme del PTPR, oppure con l'effettiva esistenza  dei
beni sottoposti a vincolo ai sensi dell'art. 134,  comma  1,  lettera
c), del Codice, come risultano definiti e accertati dal PTPR. 
    Nel  testo  approvato  dalla  regione  viene  eliminato   l'esame
congiunto   previsto   nella    procedura    definita    dall'accordo
Ministero-regione  per  l'adeguamento   delle   perimetrazioni,   che
diventano quindi di esclusiva competenza della giunta  regionale,  in
violazione manifesta del Codice di settore. 
    In proposito deve evidenziarsi che l'attivita'  di  ricognizione,
perimetrazione  rappresentazione   dei   beni   paesaggistici   negli
elaborati  del  PTPR  e'  stata  svolta  in   co-pianificazione,   in
attuazione dei protocolli di intesa sottoscritti con  la  regione  e,
successivamente, formalmente validati mediante la  sottoscrizioni  di
specifici verbali da parte  dei  rappresentanti  istituzionali  della
regione  e  del  Ministero.  La  regione  pretende  quindi  di  poter
ridefinire  unilateralmente  la  perimetrazione   dei   vincoli,   in
violazione degli accordi raggiunti. 
Art. 34. Protezione delle fasce costiere marittime. 
    La norma riguarda le fasce costiere  marine  tutelate  ope  legis
(art. 142, comma 1, lettera a), del Codice). In particolare, il comma
5  prevede  la  possibilita'  di  realizzare  strutture  balneari   e
strutture  recettive  all'aria   aperta   in   ambiti   circoscritti,
attrezzati a finalita' turistiche  in  tutti  i  tipi  di  paesaggio,
disattendendo  la  precedente  previsione  oggetto  di  accordo   che
escludeva i paesaggi particolarmente vulnerabili o di pregio, come  i
paesaggi  «naturali»,  «naturali  agrari»  e  «agrari  di   rilevante
valore». Inoltre il testo del 2015 si riferiva alle sole attrezzature
balneari e ai campeggi e non alle strutture. 
Art. 35. Protezione delle coste dei laghi. 
    La norma riguarda le fasce costiere lacuali  tutelate  ope  legis
(art. 142, comma 1, lettera b), del Codice). Il comma  6  (come  gia'
aveva fatto il comma 5 dell'art. 34 per  le  fasce  costiere  marine)
prevede la possibilita' di realizzazione di strutture  connesse  alle
attivita' di stabilimenti balneari, spiagge libere con servizi, punti
di ormeggio, ristorazione e  somministrazioni  di  bevande,  noleggio
imbarcazioni  e  natanti  in  genere,  sportive,  nonche'   strutture
ricettive all'aria aperta, in ambiti circoscritti adibiti a finalita'
turistiche; cio' senza riproporre la clausola  di  esclusione  per  i
paesaggi vulnerabili, quali i paesaggi naturali,  naturali  agrari  e
agrari di rilevante valore, contenuta nella norma corrispondente  del
2015, peraltro circoscritta alle  sole  attrezzature  balneari  e  ai
campeggi. 
Art. 37. Protezione delle montagne sopra quota 1200 m slm. 
    La norma riguarda i beni tutelati ope legis  ai  sensi  dell'art.
142, comma 1, lettera d), del Codice. 
    Il comma 3 individua tassativamente le  categorie  di  interventi
consentiti  che  nel  testo  regionale  sono  ampliati  rispetto   al
corrispondente testo frutto  di  accordo,  con  un  abbassamento  del
livello  di  tutela.  In  particolare,  la  regione  ha   riformulato
unilateralmente  la  lettera  d),  che  prevede  la  possibilita'  di
modernizzare gli impianti sportivi esistenti  mediante  realizzazione
«di piste, tracciati, rifugi,  impianti  di  risalita,  impianti  per
innevamento artificiale e strutture ricettive di modesta  entita'»  e
ha riconfermato quanto previsto alla lettera f) del testo delle Norme
di piano adottato nel 2007 (eliminato nel testo oggetto  dell'accordo
del 2015), che consente la realizzazione di percorsi e rifugi. 
Art. 38. Protezione dei parchi e delle riserve naturali. 
    La norma riguarda i beni tutelati ope legis dall'art. 142,  comma
1, lettera f), del Codice. 
    La regione introduce (rispetto al testo oggetto  di  accordo)  un
nuovo comma 8 che, in contrasto con quanto  stabilito  dall'art.  145
del  Codice,  prevede  l'applicazione  della  disciplina  dei   piani
d'assetto   approvati   dalla   regione   in   luogo   delle    norme
paesaggistiche,  in  assenza  del  necessario  adeguamento  al  Piano
paesaggistico. 
    Al riguardo, deve tenersi presente  che  analoga  previsione  era
stata introdotta dalla regione con l'art. 1 della legge regionale  n.
2 del 2018, sia pure in via transitoria, in attesa  dell'approvazione
del PTPR, ed era stata poi modificata a  seguito  delle  osservazioni
del Ministero. In particolare, la disposizione legislativa da  ultimo
richiamata aveva modificato  il  comma  4  dell'art.  9  della  legge
regionale n. 24 del 1998, prevedendo, che «Fino all'approvazione  del
PTPR la disciplina  di  tutela  dei  beni  paesaggistici  di  cui  al
presente articolo si attua mediante le previsioni contenute nei piani
delle aree naturali protette qualora  definitivamente  approvati  dal
consiglio  regionale»;  la  disposizione  era  stata   poi   corretta
(dall'art. 22, comma 2, della legge regionale 22 ottobre 2018, n.  7)
aggiungendo, in fine, la seguente precisazione: «purche' non siano in
contrasto con la disciplina d'uso dei paesaggi prevista  dal  PTPR  e
con la normativa relativa alle classificazioni per  zone  delle  aree
prevista dai PTP». 
    Con  l'approvazione  del  PTPR,  la  regione  reintroduce  quindi
l'affermazione della prevalenza degli strumenti  pianificatori  delle
aree protette rispetto al Piano paesaggistico, violando la  gerarchia
degli strumenti di pianificazione  territoriale  stabilita  dall'art.
143, comma 3, del Codice  [ove  si  stabilisce  espressamente  -  tra
l'altro - che «Per quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,  le
disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque  prevalenti  sulle
disposizioni contenute negli  atti  di  pianificazione  ad  incidenza
territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli
degli enti gestori delle aree naturali protette»]. 
Art. 44. Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto. 
    La norma sottopone a vincolo paesistico gli  insediamenti  urbani
storici che includono gli organismi urbani di antica formazione  e  i
centri che hanno dato origine alle citta'  contemporanee  nonche'  le
citta' di fondazione e i centri realizzati nel XX secolo (comma 1). 
    La regione riduce unilateralmente la fascia di rispetto  prevista
per i suddetti insediamenti (comma 4), nella quale ogni modificazione
dello stato dei luoghi e' sottoposta ad autorizzazione paesaggistica,
portandola da centocinquanta a cento metri. 
    Inoltre, per il centro storico di Roma, al quale non  si  applica
l'art. 44, la regione - al comma  19  -  modifica  il  corrispondente
testo del 2015, secondo il quale, in  relazione  alla  particolarita'
del sito, era prevista l'applicazione di specifiche  prescrizioni  di
tutela da definirsi congiuntamente tra regione e Ministero. Nel testo
approvato, tali previe prescrizioni non sono piu'  contemplate  e  si
rimette ogni valutazione dei singoli interventi alla  Soprintendenza,
facendo riferimento a un protocollo d'intesa con il  Comune  di  Roma
risalente al 2009 e  non  pertinente.  Il  PTPR  rinuncia  cosi',  in
sostanza,  a   esercitare   il   ruolo   doveroso   di   disciplinare
complessivamente e sulla base di una visione d'insieme gli interventi
nel sito UNESCO del centro storico di Roma. 
Art. 52. Aziende agricole in aree vincolate. 
    La norma disciplina gli  interventi  ammissibili  nell'ambito  di
aziende agricole situate in aree vincolate. 
    La  norma  regionale  conferma  la  possibilita'  di   realizzare
manufatti  connessi  alle  attivita'  agricole,  ampliando   tuttavia
sensibilmente le relative categorie rispetto al testo concordato  nel
2015, mediante il riferimento «alle attivita' agricole  tradizionali,
connesse e compatibili di cui alla legge regionale 22 dicembre  1999,
n. 38 e successive modifiche».  Vengono  cosi'  richiamate  tutte  le
attivita' cui si riferisce la predetta legge, le quali potenzialmente
comportano - a seguito delle recenti modifiche - anche interventi  di
rilevante impatto. 
Art. 55. Piani urbanistici attuativi in zona vincolata. 
    La regione sopprime la prevista procedura di concerto (introdotta
dal comma 4 dell'art. 54 del testo del 2015) tra Ministero e  regione
per l'espressione del  parere  paesaggistico  sui  Piani  urbanistici
attuativi. I predetti piani vengono  approvati  infatti  direttamente
dai comuni, in palese violazione anche dell'art. 145,  comma  3,  del
Codice [in base al quale «La regione disciplina  il  procedimento  di
conformazione  ed  adeguamento  degli  strumenti   urbanistici   alle
previsioni  della  pianificazione   paesaggistica,   assicurando   la
partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo»]. 
Art. 62. Rapporto tra PTPR e gli altri  strumenti  di  pianificazione
territoriale, settoriale e urbanistica. 
    Il testo della regione  elimina  -  in  contrasto  con  il  testo
concordato nel 2015 e in violazione dell'art. 145  del  Codice  -  il
riferimento alla funzione di indirizzo del Piano  per  la  parte  del
territorio  non  interessata  da  vincoli,  per   la   pianificazione
territoriale e di settore. 
Art. 63. Norme  di  salvaguardia  in  attesa  dell'adeguamento  degli
strumenti urbanistici ai sensi del comma 3 dell'art. 145 del Codice. 
    Il testo approvato dalla regione fa  salve  tutte  le  previsioni
degli strumenti urbanistici generali e  attuativi  approvati  tra  il
1987 e il 2007, in quanto ritenuti «conformi» prima ai PTP  approvati
(1998) e poi al PTPR adottato (2007), senza che sia  compiuta  alcuna
verifica dei relativi contenuti (come previsto nel testo del 2015)  e
senza prevedere la  necessita'  di  adeguamento  al  PTPR  approvato.
Vengono con cio' disattesi non solo gli impegni del 2015, ma anche le
previsioni dell'art. 143, comma 9, del Codice [in forza del quale  le
disposizioni del piano paesaggistico «A far data  dalla  approvazione
del piano  (...)  sono  immediatamente  cogenti  e  prevalenti  sulle
previsioni dei piani territoriali ed urbanistici»], nonche' dell'art.
145, comma 4, del Codice, in  tema  di  adeguamento  degli  strumenti
urbanistici al piano paesaggistico ad essi sovraordinato. 
    Vengono fatte salve,  inoltre,  tutte  le  previsioni  dei  piani
attuativi che abbiano acquisito il parere  paesaggistico  (rilasciato
dalla sola regione) nel periodo compreso tra la data  di  adozione  e
quella di approvazione del PTPR (ossia tra il 2007 e il  2020);  cio'
ai sensi dell'art. 63, comma 7, del PTRP approvato dalla regione. 
    Negli altri casi, il comma 3 del medesimo art. 63 prevede che per
gli  strumenti  urbanistici   attuativi   adottati   alla   data   di
pubblicazione dell'approvazione del PTPR debba  essere  acquisito  il
parere paesaggistico  per  la  verifica  della  conformita'  al  PTPR
approvato, senza contemplare il coinvolgimento del Ministero. 
Art. 64. Norma transitoria per le aree di  scarso  pregio  paesistico
classificate dai PTP al livello minimo di tutela. 
    L'articolo introduce, al comma 2 - non concordato con il MIBACT -
una disciplina transitoria  anche  per  i  procedimenti  di  varianti
urbanistiche adottate prima della pubblicazione dell'approvazione del
PTPR, stabilendo che l'iter e' concluso sulla base  della  norma  del
Piano adottato, senza la  partecipazione  del  Ministero,  prevedendo
altresi' che i relativi esiti siano recepiti nel PTPR. 
Art. 65. Adeguamento  e  conformazione  degli  strumenti  urbanistici
comunali al PTPR. 
    La  regione  disciplina  il   procedimento   di   adeguamento   e
conformazione  degli  strumenti  urbanistici  comunali  al  PTPR   in
difformita' rispetto a quanto previsto  nel  testo  del  2015  e  nel
Codice di settore. 
    In particolare, in contrasto con quanto disposto  dall'art.  145,
comma 4, del Codice, la regione stabilisce  che  l'adeguamento  degli
strumenti urbanistici al PTPR si realizzi entro tre anni (invece  che
entro due anni) dalla data di pubblicazione nel BURL. Viene, inoltre,
esclusa  la  partecipazione  del   Ministero   al   procedimento   di
adeguamento che viene demandato  alla  sola  regione,  in  violazione
manifesta di quanto stabilito dall'art.145, comma 5, del Codice. 
    Si prefigura cosi', fin da subito, un  sostanziale  «adeguamento»
del Piano paesaggistico alle previsioni degli  strumenti  urbanistici
vigenti, sulla base di quanto stabilito dagli articoli 63 e 64  delle
Norme del PTPR approvato dalla regione,  contravvenendo  ad  uno  dei
principi fondamentali sanciti dal  Codice  in  materia  di  gerarchia
degli strumenti di pianificazione. 
Art. 66. Adeguamento e  conformazione  al  PTPR  degli  strumenti  di
pianificazione territoriale di settore. 
    Come gia' previsto nell'art.  65,  anche  in  questo  caso  viene
esclusa  la  partecipazione  del   Ministero   al   procedimento   di
adeguamento  degli  strumenti  di  pianificazione   territoriale   di
settore, in violazione a quanto previsto dall'art. 145, comma 5,  del
Codice. Si introducono, inoltre, semplificazioni procedurali ai  fini
del recepimento delle previsioni degli  strumenti  di  pianificazione
territoriale di settore nel PTPR,  invertendo  ancora  una  volta  la
gerarchia tra i piani. 
    11. Messi a fuoco, nei termini  sopra  illustrati,  i  principali
profili di illegittimita'  del  PTPR  approvato  dalla  regione,  per
manifesta  violazione  dell'accordo  con   il   Ministero   e   delle
disposizioni del Codice di settore, si  ritiene  tuttavia  necessario
segnalare, sia pure piu' sinteticamente,  gli  ulteriori  profili  di
criticita'  delle  Norme  di  Piano  ormai  entrate  in  vigore.   In
particolare, si evidenzia quanto segue: 
      Art.  1.  Finalita':  viene  eliminato  il   riferimento   alla
redazione del Piano in  regime  di  copianificazione  col  Ministero,
sulla base del protocollo d'intesa sottoscritto  l'11  dicembre  2013
tra Regione Lazio e Ministero per la tutela e la  valorizzazione  del
paesaggio laziale; 
      Art. 2. Contenuti del PTPR: sono introdotte ulteriori forme  di
semplificazione non previste dal Codice, prevedendo, in  particolare,
che il Piano individui le aree nelle quali la realizzazione di  opere
ed interventi di conservazione e  trasformazione  del  territorio  e'
consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni,
delle misure e dei criteri di gestione stabiliti  nel  Piano  stesso,
nonche' le aree per le quali  il  Piano  definisce  anche  specifiche
previsioni vincolanti da introdurre negli  strumenti  urbanistici  in
sede di conformazione e di adeguamento; 
      Art.  3.  Elaborati:  sono   soppressi   tutti   gli   apparati
conoscitivi, quali gli  allegati  alle  Norme  e  tutti  i  repertori
allegati alle tavole B e C e quelli relativi ai beni  del  patrimonio
naturale e culturale,  di  cui  il  Piano  si  avvaleva  per  guidare
l'attuazione  delle  sue  previsioni,  oltre  che  sotto  il  profilo
prescrittivo anche con riguardo ai profili ricognitivo e d'indirizzo; 
      Art. 4. Quadro  conoscitivo:  con  una  nuova  disposizione  e'
attribuita  esclusivamente  agli  enti  locali  la   competenza   per
l'integrazione dei beni  indicati  nelle  tavole  C  o  di  ulteriori
categorie di beni; 
      Art. 10. Beni paesaggistici, art. 134, comma 1, lettera c)  del
Codice dei beni culturali e del paesaggio: si ampliano  le  forme  di
semplificazione  procedurale,   prevedendo   ipotesi   in   cui   gli
interventi. sono realizzati in mancanza del titolo  paesaggistico  di
cui all'art. 146 del Codice di settore; 
      Art. 15. Disposizioni  speciali  per  i  territori  colpiti  da
eventi calamitosi: si tratta di una  disposizione  inserita  ex  novo
dalla regione, in forza  della  quale  in  determinate  porzioni  del
territorio, individuate dalla giunta regionale su proposta del comune
interessato, sono autorizzati gli interventi di  ricostruzione  anche
con variazione di sagoma in deroga alle norme del PTPR, previo parere
del Ministero. 
    Come sopra detto, si da' atto che nel  sito  istituzionale  della
Regione Lazio e'  stata  pubblicata  la.  proposta  di  deliberazione
consiliare  n.  42  del  17  febbraio  2020,  adottata  dalla  giunta
regionale con la deliberazione n. 50 del 13 febbraio 2020. 
    La proposta di deliberazione fa proprio, ai fini dell'accordo  di
cui agli articoli 156, comma 3, e 143, comma 2, del Codice di cui  al
decreto legislativo n. 42 del 2004, il documento denominato «02.01  -
Norme PTPR - Testo  proposto  per  l'accordo  regione/  MiBACT»,  che
dovrebbe sostituire integralmente le Norme del PTPR  approvate  dalla
deliberazione n. 5 del 2019. 
    Tuttavia,  solo  l'approvazione  della  delibera  proposta  dalla
Giunta da parte del consiglio regionale del  Lazio  e  la  sua  piena
efficacia  a  seguito  della   pubblicazione   potranno   determinare
l'effettiva sostituzione delle Norme del PTPR approvato  e  ormai  in
vigore, e  quindi  risolvere  le  criticita'  rilevate.  Allo  stato,
l'avvenuta pubblicazione nel BURL della predetta delibera  n.  5  del
2019 impone pertanto la proposizione del  conflitto  di  attribuzione
innanzi alla Corte costituzionale. 
    In  conclusione,  la  delibera  in  esame  invade  la  sfera   di
competenza assegnata dalla  Costituzione  allo  Stato,  causando  una
immediata lesione dell'interesse costituzionale primario  e  assoluto
alla tutela del paesaggio (Corte costituzionale  n.  367  del  2007).
L'interesse al ricorso e' dunque concreto e attuale e mira, oltre che
alla  difesa  dell'ambito  delle  competenze  statali,  indebitamente
invase dall'atto regionale, a impedire effetti lesivi  nei  confronti
dei beni  paesaggistici  protetti,  immediatamente  scaturenti  dalla
delibera regionale impugnata. 
    Le  prescrizioni  previste  dal  Piano  approvato,  costituiscono
infatti, come sopra specificato, misure molto diverse  e  assai  meno
efficaci nel livello di tutela  dei  beni  paesaggistici  rispetto  a
quelle  del  Piano  adottato  nel  2007,   vigente   in   regime   di
salvaguardia, e di quelle successivamente concordate con il MIBACT. 
 
                                 III 
                          Istanza cautelare 
 
    Infine, si propone istanza di tutela cautelare per le ragioni che
seguono, atteso che la Regione Lazio ha inteso gia'  dare  esecuzione
alla deliberazione  impugnata  emanando  una  direttiva  (nota  prot.
0153503 del 20 febbraio 2020) con la quale si  regola  l'applicazione
delle disposizioni contenute nel nuovo Piano alle domande pendenti ed
a quelle presentate dopo la sua pubblicazione. 
    Si legge nella citata nota [dopo  una  generica  quanto  astratta
premessa «Attese le modalita'  compartecipative  della  procedura  di
autorizzazione paesaggistica, sia nella forma ordinaria ex art.  146,
decreto legislativo n. 42/2004 che in quella semplificata  ex  d.p.r.
31/2017,  e'  evidente  che  la  regolamentazione  dei   procedimenti
pendenti proposta  nella  presente  nota  deve  trovare  riscontro  e
condivisione in codesto Ministero per i beni e le attivita' culturali
e per il turismo»] che, in mancanza di norme transitorie, «Per  tutte
le istanze presentate e protocollate entro il 13 febbraio  2020  [per
le quali non si  sia  ancora  svolta  o  conclusa  l'istruttoria]  le
disposizioni applicabili  ai  fini  della  definizione  dei  relativi
procedimenti  di  autorizzazione  paesaggistica   ...   sono   quelle
contenute nei PTP e nel PTPR  come  adottato,  mentre  la  disciplina
applicabile alle istanze presentate dal  14  febbraio  in  poi  sara'
costituita unicamente dalle previsioni del PTPR approvato». 
    E' evidente il gravissimo e irreparabile danno  che  l'esecuzione
della deliberazione del  consiglio  regionale  n.  5  del  2019  oggi
impugnata puo' arrecare allo Stato italiano e alla collettivita', non
solo creando aspettative  tutelabili  nei  soggetti  interessati  ma,
anche, consentendo la piena attuazione delle disposizioni  censurate,
difformi da quelle concordate con il Ministero e  parametrate  ad  un
piu' basso livello di tutela ambientale e paesaggistica. 
    Considerato il fumus boni iuris che sorregge i motivi di  ricorso
sopra enunziati, si chiede a codesta Ecc.ma Corte  costituzionale  di
valutare la opportunita' di sospendere la suddetta delibera alla luce
dell'estremo pregiudizio  e  della  irreparabilita'  del  danno  alla
collettivita' derivante dal  fatto  che  la  porzione  di  territorio
interessata ne verrebbe irreversibilmente  compromessa  ed  alterata.
L'abbassamento del livello  della  tutela  dei  valori  paesaggistici
conseguente    alla    esecutivita'    della    delibera    impugnata
determinerebbe, come gia' detto, il concreto  rischio  della  lesione
irreparabile dello stato dei luoghi che, in  quanto  beni  comuni  di
interesse  oggettivamente  generale,   sono   riferibili   all'intera
collettivita' nazionale.