LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio In persona del giudice monocratico Eugenio Musumeci, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto al n. 74462 del registro di segreteria, proposto da Natale Leonardo, nato a Pisa il 9 novembre 1948 e residente a Roma in via Igino Lega n. 2, codice fiscale NTLLRD48S09G702N, rappresentato e difeso dagli avvocati Alba Giordano ed Umberto Verdacchi (entrambi del foro di Roma), nonche' elettivamente domiciliato a Roma in via Muzio Clementi n. 58 presso lo studio del primo di tali difensori; Contro Ministero della difesa, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dal capo pro tempore del 1° reparto 1ª divisione 7ª sezione della Direzione generale della previdenza militare e della leva, nonche' elettivamente domiciliato a Roma in viale dell'Esercito n. 186 presso la sede del predetto ufficio. Fatto e diritto 1. Con sentenza il cui dispositivo e' stato letto all'odierna udienza del 22 gennaio 2018 questo giudice, dopo aver disatteso alcune eccezioni pregiudiziali sollevate dal Ministero della difesa, ha rigettato il capo di domanda mediante cui Leonardo Natale, ex militare della Marina collocato a riposo il 9 novembre 2013, aveva chiesto che fin da quella data il suo trattamento pensionistico venisse commisurato al grado di ammiraglio ispettore capo attribuitogli a decorrere dal 1° novembre 2011. Peraltro da tale promozione non era scaturito alcun beneficio stipendiale, in costanza del rapporto d'impiego, a causa del blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera introdotto per il personale c.d. non contrattualizzato (ossia quello disciplinato dall'art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001) dall'art. 9, comma 21 terzo periodo del decreto-legge n. 78/2010 (convertito dalla legge n. 122/2010) per il triennio 2011/2013 e poi prorogato per tutto il 2014 dall'art. 1, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/2013. 2. Inoltre in quella medesima sentenza e' stato previsto di statuire distintamente, cioe' con la presente ordinanza, sull'altro capo di domanda attorea: mediante cui l'odierno ricorrente aveva chiesto, in via subordinata, che il suo trattamento pensionistico venisse commisurato almeno dal 1° gennaio 2015 al predetto grado da lui conseguito durante il quadriennio 2011/2014, cioe' dalla data in cui era normativamente cessato il blocco teste' descritto. Il Ministero della difesa ha resistito anche a tale subordinata pretesa. 3. Riguardo a quest'ultima va evidenziato, in punto di fatto, come l'odierno resistente abbia riconosciuto che «... il ripristino dell'efficacia economica degli incrementi retributivi derivanti dalla promozione al grado o alla qualifica superiore ... riguarda ... il solo personale in servizio al 1° gennaio 2015 ...» (pag. 2 della memoria di costituzione). Il che conferma pienamente l'assunto attoreo secondo cui un collega promosso al grado superiore contestualmente all'odierno ricorrente e pero' collocato a riposo posteriormente al 1° gennaio 2015 ha materialmente goduto, da quest'ultima data, della progressione stipendiale; nonche', dalla successiva data di collocamento a riposo, del conseguente computo di quella progressione ai fini pensionistici: finendo cosi' con il fruire di un piu' elevato trattamento di quiescenza, rispetto a chi sia stato collocato a riposo durante il quadriennio di vigenza del blocco stipendiale. 4. Tuttavia, contrariamente a quanto postulato dall'odierno ricorrente, a tale disparita' di trattamento non puo' rimediarsi a legislazione vigente: atteso che gli articoli 43 (per il personale civile) e 53 (per il personale militare) del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 sanciscono che «ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza ... la base pensionabile ... [e'] costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga ... integralmente percepiti ...». E tale principio risulta costantemente applicato, dalla giurisprudenza di questa Corte, nel senso di escludere la computabilita' di elementi stipendiali mai goduti, anche qualora possa aversi titolo ad attenerli (ex multis: 2ª sezione d'appello, sentenza n. 112/2017). 5. Nondimeno quella sperequazione, di cui e' stata appena evidenziata la rilevanza nell'odierno giudizio, non appare conforme ai principi di ragionevolezza e di parita' di trattamento sanciti dall'art. 3 della Costituzione. A tal proposito vanno pienamente condivise e devono intendersi qui integralmente richiamate le considerazioni di cui all'ordinanza n. 1/2017 della sezione Liguria di questa Corte, poi iscritta nel registro ordinanze della Consulta con il n. 71/2017, in tema di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle norme menzionate al paragrafo 1, mediante le quali e' stato dapprima introdotto e poi prorogato il blocco in argomento. 6. In particolare preme sottolineare che, nell'interpretazione da considerarsi quale «diritto vivente» (alla luce del poc'anzi richiamato orientamento giurisprudenziale), tra i destinatari di una progressione di carriera verificatasi durante il quadriennio del blocco stesso quest'ultimo rivestirebbe carattere: temporaneo, coerentemente con quanto considerato dalla Corte costituzionale stessa con la sentenza n. 304/2013, nei confronti di coloro che rimangano in servizio oltre la data di cessazione del blocco (ossia il 1° gennaio 2015) perche' costoro fruirebbero sia del beneficio stipendiale da quella medesima data, sia del conseguente beneficio pensionistico al momento del successivo collocamento a riposo; permanente, nei confronti di coloro che vengano collocati a riposo durante il quadriennio 2011/2014, che invece sarebbero esclusi da ambo quei benefici. 7. A quest'ultimo proposito e' altresi' appena il caso di ricordare che, assai spesso, l'epoca del collocamento a riposo prescinde dalla volonta' dell'interessato. Inoltre va da se' che, tra due soggetti con identica anzianita' di carriera che abbiano conseguito la medesima promozione in pari data, venga collocato a riposo per primo il piu' anziano (anagraficamente) tra i due: laddove la Corte costituzionale stessa, nel rigettare la questione concernente la legittimita' del blocco stesso ai meri fini stipendiali, «... ha valorizzato il criterio oggettivo che si ricava dalla maggiore anzianita' di servizio dei soggetti destinatari di un miglior trattamento economico corrispondente all'ottenuta promozione» (sentenza n. 96/2016, che richiama la gia' menzionata n. 304/2013). Ed ancor peggiore e' l'eventualita' in cui, tra quei due soggetti, colui che vanti maggior anzianita' sia anagrafica che di carriera consegua prima dell'altro la medesima promozione e, pero', venga collocato a riposo in costanza del blocco: perche', dopo il 1° gennaio 2015, il collega piu' giovane finirebbe con lo scavalcarlo dapprima sul piano stipendiale e poi su quello pensionistico, anche a parita' di eta' anagrafica al momento del (rispettivo) collocamento a riposo e di durata globale della carriera. 8. Conclusivamente anche nel caso di specie va sollevata, alla luce delle su esposte considerazioni ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 9, comma 21 terzo periodo del decreto-legge n. 78/2010 (convertito nella legge n. 122/2010), dell'art. 16, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 98/2011 (convertito nella legge n. 111/2011) e dell'art. 1, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/2013: nella parte in cui, per il dipendente pubblico in favore del quale sia stata disposta una progressione di carriera negli anni dal 2011 al 2014 e che sia stato altresi' collocato a riposo nell'arco di tale quadriennio, prevede che successivamente al 1° gennaio 2015 gli effetti di quella progressione di carriera permangano limitati esclusivamente ai fini giuridici e non siano invece computabili nel trattamento pensionistico.