TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLZANO 
 
 
                          II Sezione civile 
 
    Il Tribunale, riunito in Camera  di  consiglio,  in  composizione
collegiale nelle persone dei magistrati: 
        dott.ssa Julia Dorfmann - Presidente; 
        dott. Simon Tschager - giudice; 
        dott. Francesco Laus - giudice relatore, 
    nel procedimento  civile  iscritto  al  n.  r.g.  1275/2019  V.G.
promosso dalla  Procura  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Bolzano - parte ricorrente; 
    nei confronti di G.D. nato a... il... ,  ed  H.  D.,  nata  a...,
genitori della minore H. M., nata a..., interessati. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Con ricorso per la rettificazione di atto di stato civile ex art.
95, decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del  2000  dd.  1º
aprile 2019, depositato in cancelleria in  data  3  aprile  2019,  il
pubblico ministero «letta l'istanza dell'Ufficiale dello stato civile
del Comune di Merano  diretta  ad  ottenere  d'ufficio  la  rettifica
dell'atto di nascita relativo  a  H.  M.  nata  il...  che  si  trova
iscritto al n.... del registro degli atti di nascita  del  Comune  di
...vista la sentenza della Corte costituzionale n. 286/2016; vista la
circolare del Ministero dell'interno n. 1/2017  di  data  19  gennaio
2017 in merito all'attribuzione del cognome; vista  la  dichiarazione
di nascita presentata presso la Direzione sanitaria di... di  data...
nella quale  i  genitori  attribuiscono  il  solo  cognome  materno;»
chiedeva «che il  Tribunale  di  Bolzano  ordinasse  con  decreto  la
rettifica  del  suddetto  atto   di   stato   civile   ed   ordinasse
all'Ufficiale dello stato civile del  comune  suddetto  l'annotazione
del decreto in margine all'atto stesso». 
    Con provvedimento dd. 5 giugno 2019 il  giudice  relatore,  visti
gli art. 95 ss. decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 e
gli articoli 737 ss del codice di procedura civile,  fissava  per  la
comparizione degli interessati innanzi a se' udienza al 13  settembre
2019 assegnando al pubblico ministero termine  per  la  notificazione
del ricorso e del decreto di fissazione udienza agli  interessati  G.
D. ed H. D., genitori della minore H. M.. 
    All'udienza del 13 settembre 2019 i  comparenti  dichiaravano  di
insistere per l'attribuzione del solo  cognome  materno  alla  comune
figlia M. H. ed in particolare G. D. dichiarava: «Preferiamo  che  M.
si chiami semplicemente «H...», in quanto il mio cognome «G....»,  e'
di difficile  comprensione  alla  prima  pronuncia.  Abbiamo  inoltre
scelto il nome «M...», un nome breve, perche' si abbina molto bene ad
un cognome breve come H. Il doppio cognome secondo  noi  non  farebbe
altrettanto buon effetto  con  il  nome  M..  Lo  stesso  dicasi  per
l'ipotesi M. G. 
    Riteniamo che la  possibilita'  di  attribuire  il  solo  cognome
materno debba essere riconosciuta anche in Italia, come accade  nella
maggior parte d'Europa. Lo stesso, se dovessi sposare D. chiederei di
poter assumere a mia volta il solo cognome H., ben  conosciuto  tanto
dai tedeschi, quanto dagli italiani» e D.  H.  dichiarava:  «Concordo
con quanto ha rappresentato D. G.». 
    Il giudice relatore riservava allora la causa al collegio per  la
decisione e mandava al pubblico ministero per le sue conclusioni. 
    Il pubblico  ministero  in  data  17  settembre  2019  concludeva
insistendo nell'accoglimento del proprio ricorso. 
    La presente vertenza ha ad oggetto il quesito in diritto circa la
possibilita' da parte di due genitori  non  coniugati  di  attribuire
alla figlia  il  solo  cognome  materno  in  caso  di  riconoscimento
contestuale della minore. 
    In data 5 ottobre 2018 i signori G. D. ed H. D.,  non  coniugati,
in sede di dichiarazione di attribuzione del nome e del cognome  resa
davanti all'incaricato del direttore sanitario  dell'Ospedale  di...,
attribuivano a la comune figlia M. il solo cognome materno «H.». 
    La dichiarazione veniva trasmessa all'Ufficiale di  stato  civile
del Comune di ... che formava  conseguentemente  l'atto  di  nascita,
avente il seguente tenore: 
        «Oggi, otto ottobre duemiladiciotto, alle ore otto  e  minuti
cinque nella Casa comunale, io sottoscritto A. B. - assistente amm.vo
Ufficiale dello stato civile del Comune di..., per  delega  avuta  ho
ricevuto in data... dal direttore sanitario  del  centro  di  nascita
presso «Ospedale...» , via ... sito nel Comune di ... (BZ) l'atto  di
dichiarazione di nascita n., relativo  a  H.  M.  che  trascrivo  per
riassunto. 
 
                 Atto di dichiarazione di nascita n. 
 
    L'anno duemiladiciotto, addi' cinque del mese di ottobre alle ore
nove minuti quarantasei nel suddetto centro di nascita sono  comparsi
G. D., nato a ... cittadino italiano, residente...  e  H.D.,  nata  a
..., cittadina italiana, residente a ... i quali nella loro veste  di
genitori dichiarano che il giorno due del mese di  ottobre  dell'anno
duemiladiciotto, alle ore diciannove e minuti cinquantadue in  questo
centro di nascita e' nato un bambino di sesso... al quale viene  dato
il  nome  di  M..  Detto  bambino,  la  cui  nascita  e'   comprovata
dall'allegata  attestazione  di  nascita,  e'  nato  dall'unione  dei
dichiaranti,  non  parenti  ne'  affini  nei  gradi  che  ostano   al
riconoscimento ai sensi dell'art. 251 del codice civile.  Inoltre  si
richiede che il presente atto sia  inviato  per  la  trascrizione  al
Comune di ... . 
    Seguono le firme dei dichiaranti e  dell'addetto  alla  Direzione
sanitaria. Eseguita la  trascrizione  ho  munito  del  mio  visto  ed
inserito  la  dichiarazione  nel  volume,  degli  allegati  a  questo
registro». 
    Al margine sinistro dell'atto di nascita veniva indicato: «Numero
- H. M. Sesso:...». 
    Con lettera dd. 1º ottobre 2018 l'Ufficiale dello stato civile si
rivolgeva alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di... con
comunicazione del seguente tenore: «H. M. nata a ...  -  proposta  di
rettifica del cognome -. 
    Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 286/2016; 
    Vista la circolare del Ministero dell'interno n. 1/2017  di  data
19 gennaio 2017 in merito all'attribuzione del cognome; 
    Vista la dichiarazione di nascita presentata presso la  Direzione
sanitaria di... n.... di data... (in allegato) nella quale i genitori
attribuiscono il cognome «materno»; 
    Si promuove la rettifica presso il Tribunale dell'atto di nascita
n. di H. M. (in allegato).». 
    La Procura della Repubblica promuoveva  ricorso  come  sopra  per
ottenere la rettificazione dell'atto di nascita della minore sotto il
profilo dell'attribuzione del cognome nel senso di renderlo  conforme
a quanto testualmente previsto  dalla  sentenza  della  Consulta  che
«dichiara-va l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  262,  primo
comma, codice civile, nella parte in cui non consente ai genitori, di
comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento  della  nascita,
anche il cognome materno» (Corte costituzionale, 21 dicembre 2016, n.
286). Il contenuto precettivo di  detta  sentenza  veniva  del  resto
recepito dal Ministero dell'interno che, con la circolare n.  1/2017,
prescriveva  agli  ufficiali  di  stato  civile  di  «accogliere   la
richiesta dei genitori che, di comune accordo,  intendono  attribuire
il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita  o  al
momento dell'adozione». 
    In punto rilevanza della questione sollevata, osserva il collegio
che la norma in questa sede censurata (art. 262, comma 1  del  codice
civile «Se il riconoscimento e' stato  effettuato  contemporaneamente
da entrambi i genitori il figlio assume il cognome  del  padre»),  se
applicata con  il  solo  correttivo  introdotto  dalla  citata  Corte
costituzionale 21 dicembre 2016, n. 286 (id est: possibilita'  per  i
genitori, di comune accordo, di trasmettere  al  figlio,  al  momento
della   nascita,   anche    il    cognome    materno),    condurrebbe
all'accoglimento  del  ricorso   presentato   dalla   Procura   della
Repubblica ed all'attribuzione alla minore del  cognome  «G.  H.»  in
rettifica dell'atto di nascita. Qualora invece intervenisse una nuova
dichiarazione di illegittimita' della  norma  censurata  che  andasse
oltre il vincolo posto dalla questione  in  punto  di  fatto  portata
all'esame della Corte («Con la presente decisione, questa  Corte  e',
peraltro, chiamata a risolvere la questione formulata dal  rimettente
e riferita alla norma sull'attribuzione  del  cognome  paterno  nella
sola parte in cui, anche in presenza di una diversa e comune volonta'
dei coniugi, i figli acquistano automaticamente il cognome del padre.
L'accertamento della illegittimita' e', pertanto, limitato alla  sola
parte di essa in cui non consente ai coniugi, di comune  accordo,  di
trasmettere ai figli, al momento  della  nascita,  anche  il  cognome
materno», Corte  costituzionale  21  dicembre  2016,  n.  286)  e  ne
recepisse lo spirito, la  piccola  M.  potrebbe  conservare  il  solo
cognome materno H.,  come  richiesto  da  entrambi  i  genitori,  con
conseguente rigetto del ricorso presentato dalla Procura. 
    Dalla stessa lettura della piu' volte citata sentenza emerge  del
resto che, ferma l'impossibilita' di  un'interpretazione  adeguatrice
costituzionalmente orientata  dell'art.  262  del  codice  civile  in
considerazione dei chiaro disposto di legge («Se il riconoscimento e'
stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il  figlio
assume il cognome del padre»), del limite di intervento posto  a  se'
medesima dalla Corte e teste' citato e del fatto stesso che nel  caso
del 2016 la  Corte  abbia  ritenuto  di  dover  intervenire  con  una
pronuncia di accoglimento come sopra senza ritenere superabile in via
interpretativa il tenore letterale dell'art. 262 del  codice  civile,
la questione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  262,  primo
comma, codice civile, nella parte in cui non consente ai genitori, di
comune accordo, di trasmettere a figlio, al momento della nascita, il
solo cognome materno si appalesa come manifestamente fondata. 
    L'art. 262, comma  I,  del  codice  civile  si  pone  infatti  in
contrasto tanto con l'art. 2  della  Costituzione  sotto  il  profilo
della tutela dell'identita' personale,  quanto  con  l'art.  3  della
Costituzione sotto il profilo del riconoscimento dell'uguaglianza tra
la donna e l'uomo, come gia' rilevato dalla Corte: 
        «quanto al primo profilo di illegittimita', va  rilevato  che
la  distonia  di  tale  norma  rispetto  alla  garanzia  della  piena
realizzazione del diritto all'identita' personale,  avente  copertura
costituzionale assoluta, ai sensi  dell'art.  2  della  Costituzione,
risulta  avvalorata  nell'attuale  quadro  ordinamentale.  Il  valore
dell'identita' della persona, nella pienezza e complessita' delle sue
espressioni, e  la  consapevolezza  della  valenza,  pubblicistica  e
privatistica,  del  diritto  al  nome,  quale  punto   di   emersione
dell'appartenenza del singolo ad  un  gruppo  familiare,  portano  ad
individuare nei  criteri  di  attribuzione  del  cognome  del  minore
profili determinanti della sua identita' personale, che  si  proietta
nella  sua  personalita'  sociale,  ai  sensi   dell'art.   2   della
Costituzione»; 
        «quanto al concorrente profilo di illegittimita', che risiede
nella  violazione  del  principio  di  uguaglianza  dei  coniugi,  va
rilevato che il criterio della prevalenza del cognome paterno,  e  la
conseguente disparita' di trattamento dei coniugi, non trovano alcuna
giustificazione  ne'  nell'art.  3  della  Costituzione,  ne'   nella
finalita' di salvaguardia dell'unita' familiare, di cui all'art.  29,
secondo comma, della Costituzione» (nel caso all'esame del  Tribunale
rimettente non viene tuttavia in rilievo la  parita'  di  trattamento
dei coniugi, ma soltanto la parita' di trattamento tra i generi,  non
essendo i signori G. H. ...). 
    Di piu': la Corte costituzionale stessa cita, pur non potendo per
i limiti posti dalla fattispecie a suo tempo affrontata  giungere  ad
affermarne  riflessi  applicativi   nell'ordinamento   italiano,   la
sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 7 gennaio 2014
- ricorso n. 77/07 - Cusan e Fazio contro Italia: 
        «in   questa   stessa   cornice   si   inserisce   anche   la
giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,  che  ha
ricondotto il  diritto  al  nome  nell'ambito  della  tutela  offerta
dall'art.  8  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950 e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. In
particolare, nella sentenza Cusan Fazzo contro Italia, del 7  gennaio
2014, successiva all'ordinanza di rimessione in esame,  la  Corte  di
Strasburgo ha  affermato  che  l'impossibilita'  per  i  genitori  di
attribuire al figlio, alla nascita, il cognome della madre,  anziche'
quello  del  padre,  integra  violazione  dell'art.  14  (divieto  di
discriminazione), in combinato disposto  con  l'art.  8  (diritto  al
rispetto della vita privata e familiare)  della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, e deriva da una lacuna del sistema giuridico  italiano,
per superare  la  quale  dovrebbero  essere  adottate  riforme  nella
legislazione e/o nelle prassi italiane». La Corte europea dei diritti
dell'uomo ha, altresi', ritenuto  che  tale  impossibilita'  non  sia
compensata dalla successiva autorizzazione amministrativa a  cambiare
il cognome dei  figli  minorenni  aggiungendo  a  quello  paterno  il
cognome della madre.» (cosi' la Consulta). 
    Data la rilevanza per il caso di  specie  valga  tuttavia  citare
inoltre il passaggio di maggiore rilievo della sentenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo: 
        «la Corte ha concluso per la violazione  dell'art.  14  della
Convenzione, in combinato disposto con l'art. 8. In particolare, essa
ha ricordato l'importanza di un'evoluzione nel senso dell'eguaglianza
dei sessi e dell'eliminazione di  ogni  discriminazione  fondata  sul
sesso nella scelta del cognome.  Essa  ha  inoltre  ritenuto  che  la
tradizione  di  manifestare  l'unita'   della   famiglia   attraverso
l'attribuzione a tutti i suoi  membri  del  cognome  del  marito  non
potesse giustificare una discriminazione nei  confronti  delle  donne
(si veda, in particolare, Unal TeKeli sopra citata, §§ 64-65, 67.  La
Corte non puo' che giungere a  conclusioni  analoghe  nella  presente
causa, in cui la determinazione del cognome dei "figli legittimi"  e'
stata fatta unicamente sulla base di una discriminazione fondata  sul
sesso dei genitori. La regola  in  questione  vuole  infatti  che  il
cognome attribuito sia, senza eccezioni, quello del padre, nonostante
la diversa volonta' comune ai coniugi. Del  resto,  la  stessa  Corte
costituzionale italiana ha riconosciuto  che  il  sistema  in  vigore
deriva da una concezione patriarcale della famiglia e della  potesta'
maritale, che non e' piu' compatibile con il principio costituzionale
dell'eguaglianza tra uomo e donna (paragrafo 17 supra). La  Corte  di
cassazione lo ha confermato (paragrafo 20 supra). La  regola  secondo
la quale il cognome del marito e'  attribuito  ai  "figli  legittimi"
puo' rivelarsi necessaria in pratica  e  non  e'  necessariamente  in
contrasto con la Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Losonci Rose
e Rose, sopra citata, § 49). Tuttavia l'impossibilita'  di  derogarvi
al momento dell'iscrizione dei neonati nei registri di  stato  civile
e'  eccessivamente  rigida  e  discriminatoria  nei  confronti  delle
donne». 
    Si evidenzia pertanto un'ulteriore norma parametro nel  combinato
disposto dell'art. 117, comma 1, Costituzione rispetto agli  articoli
8 e 14 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali.  Detti  articoli   della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali trovano peraltro corrispondenza negli  articoli
7 (Rispetto della vita privata e della  vita  familiare)  e  21  (Non
discriminazione) della Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea che pure vengono in rilievo.