TRIBUNALE ORDINARIO DI COSENZA Il Tribunale riunito in camera di consiglio nella persona dei magistrati: dott.ssa Rosangela Viteritti - Presidente; dott. Massimo Lento - Giudice-relatore; dott.ssa Anna Rombola' - Giudice; all'esito della riserva assunta all'udienza del 22 gennaio 2020 ha pronunciato la seguente ordinanza di promuovimento del giudizio di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 395 n. 4 cpc e 14 d.lvo 1° settembre 2011 n 150 in riferimento agli artt 3, comma 1 e 24, comma 1 della Costituzione. 1. La vicenda processuale. 1.1. L'avv. Annalisa Trotta, con ricorso depositato in data 15 maggio 2019, chiedeva di revocare, ex art. 395 n. 4 cpc, l'ordinanza di rigetto dell'istanza di liquidazione dei compensi professionali maturati nei confronti di Francesco Salerno per l'attivita' svolta in favore del cliente nell'ambito delle procedure n. 2629/16, 2629 sub 1/2016 e 5231/13, emessa in data 16 aprile 2019 dal Tribunale di Cosenza nell'ambito del procedimento n. 99/2018 VG. 1.2. A sostegno del ricorso l'istante rappresentava che la domanda era stata respinta sul presupposto che "non fosse stata prodotta la documentazione funzionale a verificare i fatti allegati", malgrado il nuovo procuratore della ricorrente, costituendosi in giudizio in via telematica, avesse depositato l'atto di citazione. la memoria ex art. 183 comma 6 n 2 cpc, il ricorso per sequestro conservativo e la comparsa di costituzione nel giudizio 5231/13 costituenti documenti utili per la liquidazione degli onorari. 1.3. Parte ricorrente, pertanto, rilevando che la decisione era stata determinata da errore di fatto, essendo fondato il provvedimento impugnato sul presupposto, non vero, della mancata produzione dei documenti, chiedeva la revoca dell'ordinanza impugnata e la condanna del Salerno al pagamento della complessiva somma di € 42.067,00 oltre accessori di legge, 1.4. Parte resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'inammissibilita' della domanda, ritenendo l'ordinanza del Tribunale di Cosenza impugnabile, ex art-702 quater cpc, con citazione innanzi la Corte di appello di Catanzaro, ha sostenuto l'irrituale introduzione del giudizio con ricorso anziche' con citazione ed ha dedotto, nel merito, che l'avv. Trotta si era limitata a sottoscrivere gli atti in relazione ai quali chiedeva la liquidazione dei compensi. 2. Il quadro normativo di riferimento. 2.1. Parte ricorrente ha proposto domanda di revocazione dell'ordinanza reiettiva dell'istanza di liquidazione dei compensi professionali invocando l'applicazione dell'art. 395 n 4 cpc secondo cui "le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, possono essere impugnate per revocazione..... 4) se la sentenza e' l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa. Vi e' questo errore quando la decisione e' fondata sulla supposizione di un fatto la cui verita' e' incontrastabilmente esclusa, oppure quando e' supposta l'inesistenza di un fatto la cui verita' e' positivamente stabilita e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costitui' un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.". 2.2. Il provvedimento impugnato e' stato emesso in forma di ordinanza, ai sensi dell'art. 14 D.lvo 1° settembre 2011 n 150 che, facendo salva ogni diversa disposizione presente nel suddetto articolo, assoggetta al rito sommario di cognizione, ex art. 702 bis e ss cpc, le controversie previste dall'art. 28 della legge 13 giugno 1942 n 794 e l'opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti e spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali. 2.3. L'art. 14 comma 4 D.lvo 1° settembre 2011 n 150, in deroga ai regime previsto dall'art. 702 quater cpc, inoltre, prevede espressamente che l'ordinanza emessa dal collegio "non e' appellabile". 2.4. Stante il richiamo alla disciplina del procedimento sommario di cognizione e tenuto conto dell'espressa previsione dell'art. 14 comma 4 D.Lvo 1° settembre 2011 ("l'ordinanza che definisce il giudizio...".), l'ordinanza impugnata costituisce provvedimento definitorio in unico grado e produce gli effetti di giudicato ai sensi dell'art. 2909 cc. 3. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 3.1. Preliminarmente occorre rilevare che la domanda e' stata correttamente introdotta con ricorso alla luce del principio giurisprudenziale, espresso con riferimento al rito del lavoro ma estensibile, stante la medesima "ratio", al rito sommario di cognizione, secondo cui "pur in assenza di alcuna particolare previsione nella legge 11 agosto 1973 n. 533, il rito speciale del lavoro deve trovare applicazione anche al procedimento di revocazione relativo alle suindicate sentenze, osservandosi davanti a giudice adito - ai sensi della disciplina generale di tale mezzo di impugnazione - le norme stabilite per il procedimento davanti a lui (art. 400 c.p.c.), senza che siano operanti le deroghe dettate dal Codice di procedura civile ma incompatibili con il rito speciale: e tale e' il ricorso, quale mezzo di' introduzione del giudizio, in luogo del sistema di citazione a udienza fissa, siccome volto fin dal principio a porre il procedimento sotto il controllo del giudice e primo elemento di una complessa costruzione procedimentale diretta ad assicurare la concentrazione e immediatezza del giudizio, in relazione alla natura degli interessi tutelati e a presidio della loro specifica rilevanza sociale" (Cassazione n 13063/16), "con la conseguenza che la domanda di revocazione deve reputarsi proposta nel termine di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. allorche' il ricorso introduttivo del relativo procedimento sia depositato, entro quel termine, nella cancelleria del giudice adito. anche se la notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell'udienza avvenga successivamente. (Cassazione Sez, 3, Sentenza n. 13834 del 2010). 3.2. In punto di fatto rileva, ulteriormente, collegio che dalla mera consultazione del fascicolo telematico, relativo al procedimento n 99/2018, risulta che l'avv. Gallucci, in data 10 aprile 2018, si costituiva in giudizio in sostituzione dei precedente difensore che aveva introdotto la causa depositando, in via telematica, la memoria di costituzione e, contestualmente, la documentazione relativa all'attivita' espletata. 3.3. La presenza della documentazione depositata dall'avv. Gallucci nel fascicolo telematico, del tutto differente da quella indicata e prodotta dall'originario difensore, la cui incompletezza era stata posta a base del provvedimento impugnato; comprova l'errore di fatto, contenuto nell'ordinanza gravata, che presenta tutti i connotati del cd. "errore revocatorio", essendo stata supposta l'inesistenza di un fatto (la produzione della necessaria documentazione) la cui verita' risulta positivamente stabilita (dalla presenza nel fascicolo telematico). 3.4. Ed invero "l'errore revocatorio, previsto dall'art. 395, n. 4, cod. proc. civ.,......., deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire caratteri dell'assoluta evidenza e della rilevabilita' sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, percio', ricorrere all'utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi. (Cassazione Sez., L, Sentenza n. 9396 del 21 aprile 2006 Cassazione Sez. U. Sentenza n. 23306/ 2016). 3.5. Nel caso di specie, quindi, risulta incontestabile che il dedotto errore di percezione contenuto nel provvedimento impugnato sia immediatamente rilevabile attraverso la semplice consultazione del fascicolo telematico dal quale risulta il deposito dei documenti ritenuti non prodotti dal ricorrente ( "...non ha invece allegato copia integrale dei singoli fascicoli di parte e di ufficio relativi ai giudizi recanti Rg 2629/16, 2629 sub 1/2016 e 5231/13."). 3.6. Superate le questione preliminari in rito e sussunta la fattispecie in esame nell'ambito della fattispecie normativa di cui all'art. 395 n 4 cpc, appare evidente che la questione di legittimita' costituzionale sollevata assume rilevanza ai fini della decisione atteso che dall'eventuale pronuncia di incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 395 n 4 cpc e. 14 d.lvo 1° settembre 2011 n 150 deriverebbe il superamento della preclusione alla proponibilita' della domanda, conseguendone, nell'ipotesi inversa, la declaratoria di inammissibilita'. 4. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. 4.1. L'ordinanza emessa ex art. 14 D.lvo 1° settembre 2011 n 150, come gia' rilevato, e' dichiarata espressamente "non appellabile" dai comma 4 del predetto articolo, diversamente dalle ordinanze emesse all'esito del procedimento sommario di cognizione, ex art. 702 bis e ss cpc, la cui restante disciplina e' applicabile al caso di specie. 4.2. D'altra parte, non e' consentito proporre ricorso per cassazione per denunciare l'errore prospettato nell'odierno giudizio alla luce del consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui "e' inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l'errore del giudice di merito per avere ignorato un documento acquisito agli atti del processo e menzionato dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ.; l'errore in questione, risolvendosi in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento ma in contrasto con le risultanze degli atti del processo, puo' essere invece denunciato con il mezzo della revocazione, ai sensi dell'articolo 395, n. 4, cod. proc. civ.. (Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 4056 del 19 febbraio 2009 Sez. 5, Sentenza n. 20240 del 9 ottobre 2015 Sez. L, Sentenza n. 2529 del 9 febbraio 2016 Sez. 2 - nonche' Sentenza n. 15043 dell'11 giugno 2018 secondo cui "se la parte assume, invece, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, puo' far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., sempre che ne ricorrano le condizioni.") 4.3. L'art. 395 n 4 cpc, inoltre, circoscrive espressamente l'ambito di operativita' della disciplina normativa del mezzo di impugnazione alle "sentenze" pronunciate in grado di appello o in un unico grado. In particolare, la revocazione costituisce un mezzo di impugnazione delle decisioni giurisdizionali di carattere eccezionale che, nei casi tassativamente previsti, puo' aggiungersi e sovrapporsi ai rimedi ordinari dell'appello e del ricorso per cassazione. Dalla natura di mezzo impugnatorio eccezionale, limitato alle ipotesi tipizzate e concernenti esclusivamente le sentenze, ne deriva l'impossibilita' di estenderne la disciplina ad altre tipologie di provvedimenti definitori. 4.4. Alla luce del quadro normativa di riferimento, quindi, l'ordinanza di cui all'art. 14 d.lvo 150/2011, pur rientrando nella tipologia dei provvedimenti definitori, producendo, al pari delle ordinanze di cui all'art. 702 bis cpc, di cui costituisce una ipotesi speciale, "gli effetti di' cui all'art. 2909 del codice civile", non e' appellabile per espresso divieto normativo, non e' ricorribile per cassazione nell'ipotesi di errore revocatorio e non e' assoggettabile al rimedio impugnatorio di cui all'art. 395 n 4 cpc non rivestendo la forma di sentenza. 4.5. Giova rilevare, peraltro, che l'evoluzione normativa ha ridotto progressivamente la centralita' e fa supremazia conferita alla "sentenza" nell'ambito dei provvedimenti definitori non solo avvicinandone la motivazione a quella della ordinanza (che, ai sensi dell'art. 134 cpc, e' "succintamente" motivata), prevedendo la "succinta" esposizione dei fatti rilevanti e la "concisa" esposizione delle questione discusse e decise (art. 118 disp. att. cod proc. Civ. come modificato dall'art. 52, comma 6 l.n 69 del 10 giugno 2009 a decorrere dai 4 luglio 2009), ma anche disponendo la trasformazione di alcuni provvedimenti definitori da "sentenza" in "ordinanza", come nell'ipotesi di declaratoria di incompetenza (in virtu' dell'art. 45 comma 4 l.n 69 del 2009) nonche' introducendo, in virtu' della previsione dall'art. 51 comma 1 della legge 69/2009, la nuova figura dell'ordinanza definitoria che "produce gli effetti di cui all'art. 2909 c.c. nell'ambito del procedimento sommario di cognizione che, nei progetti legislativi pendenti di riforma del codice di procedura civile, dovrebbe divenire, addirittura, il principale rito delle controversie civili. 4.6 Appare evidente, quindi, che il combinato disposto dell'art. 395 comma 4 cpc e dellart. 14 comma D.lvo 1° settembre 2011 n 150, nel precludere il ricorso al mezzo di impugnazione di cui all'art. 395 n 4 cpc, risulta lesivo, in primo luogo, dell'art. 3 comma 1 della Costituzione, imponendo un'irragionevole disparita' di trattamento nell'accesso alla tutela giurisdizionale tra soggetti che versano nelle medesime condizioni giuridiche. Non vi e' dubbio, infatti, che, in riferimento alla impugnabilita' dell'errore revocatorio, ai destinatari di provvedimenti definitori "suscettibili di produrre efficacia di giudicato ex art. 2909 cc" viene assicurata una differente tutela giuridica senza che tale trattamento differenziato possa trovare una logica ragione giustificativa nella mera forma del provvedimento adottato (sentenza o ordinanza definitoria). In secondo luogo, considerata l'impossibilita' di proporre ricorso per cassazione, per la non sussumibilita' del vizio in questione nell'ambito dei motivi di ricorso e l'"inappellabilita'" dell'ordinanza definitoria viziata da un errore di fatto, l'attuale disciplina imposta dal combinato disposto dell'art. 395 comma 4 cpc e dell'art. 14 comma 4 D.lvo 1° settembre 2011 n 150, impedendo, in relazione alla forma del provvedimento "definitorio" adottato (ordinanza), la possibilita' di avvalersi del mezzo di impugnazione della revocazione, realizza una ingiustificata compromissione del diritto di agire in giudizio della parte che intende far valere l'errore di fatto nella percezione dell'esistenza di un documento versato in atti precludendogli, in modo irragionevole, ogni possibilita' di accesso alla tutela giurisdizionale in violazione del principio espresso dall'art. 24 Costituzione. 4.7. Giova rimarcare, infine, che, sotto diversi e specifici profili, non assimilabili a quello in esame, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 395 n 4 cpc, avuto riguardo ad altre tipologie di provvedimenti definitori. Ed invero la Corte costituzionale con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17 ha dichiarato la illegittimita' del predetto articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4 del codice di procedura civile ed affette dall'errore di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c.; con successiva sentenza 20 dicembre 1989, n. 558 la stessa Corte ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 395, n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato ed, infine, con sentenza 31 gennaio 1991, n. 36 ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dello stesso art. 395 n. 4 cpc nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio. Si tratta. a ben vedere, di sentenze argomentate sulla base di esigenze del tutto peculiari, riguardanti fattispecie eterogenee non assimilabili al caso di specie se non per la natura definitoria del provvedimento, da cui non puo' desumersi, ai fini della revocabilita' ex art. 395 n 4 cpc dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 14 d.lvo 150/2011, un principio immanente di equiparazione delle ordinanze alle sentenze che possa autorizzare un'interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto normativo su richiamato. Ne', d'altra parte, appare diversamente consentito al giudice ordinario, stante la natura eccezionale del rimedio dell'impugnazione per revocazione, giungere, attraverso un'ardita operazione ermeneutica, al superamento della tassativa previsione normativa che riserva il rimedio impugnatorio in questione ai provvedimenti definitori assunti in forma di "sentenza". 4.8. Si impone, quindi, il vaglio della Corte Costituzionale in ordine alla conformita' ai precetti di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione del combinato disposto degli artt. 395 n 4 cpc e 14 d.lvo 1° settembre 2011 n 150 nella parte in cui non consente di assoggettare al rimedio impugnatorio di cui all'art. 395 n 4 cpc l'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 14 d.lvo 1° settembre 2011 n 150, viziata da errore di' fatto consistito nel ritenere non prodotto in giudizio un documento decisivo. Visti gli art. 134 Costituzione e 23 e ss., legge n. 87 dell'11 marzo 1953;