LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Terza Sezione Civile Composta dagli ill.mi sig.ri magistrati: dott. Adelaide Amendola - Presidente; dott. Chiara Graziosi - Rel. Consigliere; dott. Emilio Iannello - Consigliere; dott. Giuseppe Criceti - Consigliere; dott, Paolo Porreca - Consigliere; ha pronunciato la seguente: Ordinanza interlocutoria sul ricorso 28830-2017 preposto da: D'Alessio Ernesta, D'Alessio Giuliana, elettivamente in proprio e nella qualita' di eredi di Orlandi Paolina, domiciliata in Roma, via Filippo Eredia n. 12, presso lo studio dell'avv. Carlo Testa, che rappresenta e difende; ricorrenti - contro Gemma Giampiero, elettivamente domiciliato in Roma, piazzale delle Belle Arti n. 2, presso lo studio dell'avv. Gaetano Antonio Scalise che lo rappresenta e lo difede; controricorrente contro UNIPOLSAI S.p.a. intimata-avverso la sentenza n. 6750/2017 della Corte d'appello di Roma, depositata il 25 ottobre 2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11 settembre 2019 dal Consiliere dott. Chiara Graziosi; udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore generale dott. Anna Maria Soldi che ha concluso per il rigetto; udito l'avv. Carlo Testa; udito l'avv. Gaetano Antonio Scalise; 1. Avendo Ernesta D'Alessio, Antonietta D'Alessio, Giuliana D'Alessio, Giuseppina D'Alessio, Annamaria D'Alessio, Claudio D'Alessio e Paolina Orlandi, quali congiunti di Orazio D'Alessio, convenuto davanti al Tribunale di Roma Giampiero Genna e la sua compagnia assicuratrice Fondiaria SAI - S.p.a. per risarcimento dei danni derivati da sinistro stradale del 14 dicembre 2002 in cui Orazio D'Alessio era stato investito da un veicolo Fiat Iveco, che proprietario Genna guidava, su strisce pedonali, e ne era poi deceduto, ed essendosi costituiti i convenuti resistendo, il Tribunale rigettava la domanda con sentenza n. 14608/2010. I soccombenti proponevano appello, cui resisteva il Genna, e che la Corte d'appello di Roma rigettava con sentenza del 25 ottobre 2017. 2. Hanno proposto ricorso Ernesta D'Alessio e Giuliana D'Alessio, in proprio e quali eredi di Paolina Orlandi, nelle more deceduta. Il ricorso si articola in cinque motivi. 2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 158 e 174 c.p.c., 25, primo comma, e 111, secondo comma, Cost., nonche' vizio di costituzione del giudice e nullita' della sentenza. Il collegio d'appello dapprima avrebbe avuto come relatore il presidente Buonomo, che avrebbe firmato nel verbale d'udienza dei 26 giugno 2015 l'ultimo rinvio d'ufficio all'udienza dell'1° marzo 2017 disponendo che vi si pronunciasse ex art. 281-sexies c.p.c.; in questa udienza pero' «appare» relatrice l'avv. Paola Castriota Scanderbeg, ma la sostituzione non sarebbe stata comunicata alle parti ed emergerebbe da un provvedimento a margine del verbale dell'udienza del 1° marzo 2017 senza sottoscrizione del presidente, numero cronologico e data della emissione. Sarebbero state quindi violate le norme invocate in rubrica integrandosi vizio di costituzione del giudice ai sensi dell'articolo 158 c.p.c. 2.2 Il secondo motivo propone eccezione di incostituzionalita' degli articoli 62-72 della legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha convertito con modifiche il decreto legge del 21 giugno 2013 n. 69 - riguardante l'istituzione dei giudici ausiliari delle Corti d'appello, in relazione agli articoli 3, 25, 106, secondo comma, e 111 Cost. Si ribadisce anche la nullita' della sentenza per vizio di costituzione del giudice ex articolo 158 c.p.c. Nella legge istitutiva del giudice ausiliario della Corte d'appello non emergerebbero le ragioni eccezionali e i limiti temporali che la Corte costituzionale evidenzio' per le supplenze dei magistrati onorari nei collegi del Tribunale con le pronunce nn. 99/1964, 156/1963 e 103/1998. Non vi e' pertanto un rimedio eccezionale, bensi' una misura strutturale per colmare vacanze d'organico. In tal modo sarebbe stato violato l'art. 106, secondo comma, Cost. riguardo ai giudici singoli. Sussistono limiti per le cause da assegnare ai giudici onorari in Tribunale, per cui sarebbe stato violato anche l'art. 3, secondo comma, Cost. rispetto alle cause d'appello. 2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 343 e 246 c.p.c. per avere giudice d'appello accolto l'eccezione di difetto di legittimazione attiva jure proprio degli appellanti pur essendo la questione coperta da giudicato interno, in quanto sollevata in primo grado, implicitamente non accolta e non riproposta come appello incidentale. Il Tribunale decise nel merito, per cui implicitamente rigetto' l'eccezione preliminare. L'eccezione sarebbe stata comunque infondata. 2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2054, primo comma, 1227, primo comma, 2697 del codice civile 115, 116, 117 e 228 c.p.c., 143 e 191, terzo comma, CdS, per avere giudice d'appello escluso la responsabilita' totale e/o concorsuale del Genna nella causazione del sinistro come ricostruito appunto dalla corte territoriale. 2.5 Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1226, 2056, 2059 del codice civile, 115 e 116 c.p.c. per avere la corte territoriale ritenuto inesistente il danno morale del pedone investito e quindi il diritto ai risarcimentojure hereditatis delle ricorrenti. 3. Si e' difeso con controricorso il Genna. Presentata dalle ricorrenti memoria, il ricorso, a seguito di adunanza ex articolo 380-bis c.p.c., e' stato rimesso in pubblica udienza, con ordinanza 12 marzo 2019. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. 4.1 Il secondo motivo del ricorso deve essere per primo esaminato, suscitando l'eccezione di incostituzionalita' attinente all'inserimento di un giudice onorario nel collegio della Corte d'appello una questione prioritaria rispetto anche a quella relativa alle concrete modalita' dell'inserimento ed alla comunicazione dell'inserimento stesso, la quale e' oggetto di censura nel primo motivo. La censura viene rubricata, appunto, come proponente eccezione di incostituzionalita' degli articoli 62-72 della legge 9 agosto 2013 n. 98 che ha convertito con modifiche decreto legislativo del 21 giugno 2013 n. 69 (riguardante l'istituzione dei giudici ausiliari delle Corti d'appello) in relazione agli articoli 3, 25, 106, secondo comma, e 111 Cost., dalla fondatezza della eccezione desumendo la nullita' della sentenza per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell'articolo 158 c.p.c. in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c. Prendendo le mosse dal fatto che componente del collegio della Corte d'appello che ha deciso la sentenza impugnata e' l'avv. Paola Castriota Scandeberg, che ne e' stata relatore ed estensore, si adduce che, come sarebbe stato riconosciuto anche in dottrina, non sussistono «nella normativa del Giudice Ausiliario di Corte d'Appello» quelle ragioni eccezionali e quei limiti temporali che la Corte Costituzionale «aveva evidenziato per fare salve le varie ipotesi di supplenza dei Magistrati Onorari nei Collegi dei Tribunali nelle sentenze n. 99 del 7 dicembre 1964, n. 156 del 1963 e n. 103 del 6 aprile 1998». La sentenza n. 103 del 1998 ha riconosciuto la costituzionalita' della normativa attinente alle sezioni stralcio del Tribunale, istituite con la legge n. 27 del 22 luglio 1997, essendo prevista come limite la data precisa del 30 aprile 1995 quanto ai procedimenti pendenti da definire nell'imminenza di un nuovo meccanismo diretto a smaltire l'arretrato. Invece quello configurato dagli articoli 62 ss. d.l. n. 69/2013 «non e' un rimedio eccezionale, ma una misura strutturale volta a colmare le vacanze di organico della Magistratura, e cio' anche alla luce della durata, eccezionalmente decennale, delle nomine e della mancanza di una data limite di previsione di trattazione delle procedure pendenti in appello». Viene pertanto violato l'articolo 106, secondo comma, Cost. per cui «la legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli»; e tale divieto di inserire, in sostituzione di giudici ordinari, i giudici onorari negli organi giudicanti collegiali risulta confermato dagli atti della Assemblea Costituente, da cui emerge che il riferimento ai «giudici singoli» atteneva ai giudici monocratici (conciliatore e pretore) all'epoca esistenti. Inoltre, la normativa che regola i giudici ausiliari della Corte d'appello «determina una figura ibrida» di magistrato tra la figura del magistrato onorario, appunto regolata dall'articolo 106, secondo comma, Cost. e la figura del consigliere di Cassazione nominato per meriti insigni, disciplinata dai terzo comma dello stesso articolo. La Costituzione «ha chiaramente limitato la possibilita' di ingresso» dei giudici onorari soltanto nei collegi giudicanti della Suprema Corte, «in considerazione della funzione nomofirattica della stessa, a differenza di quanto prevedeva all'art. 122 dell'Ordinamento Giudiziario». 4.2 Da ultimo, nella memoria ex articolo 378 c.p.c., le ricorrenti richiamano l'ordinanza n. 400 del 12 dicembre 1998 emessa dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' del decreto legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51, richiamando la gia' citata sentenza n. 103 del 1998, che aveva dichiarato infondata identica questione, «restringendo l'ambito di operativita' della norma alla supplenza per «singole udienze o singoli processi», precisando che la chiamata dei vice pretori onorari risponde alle «esigenze eccezionali» costituita dal limitato scopo di esaurire i giudizi pendenti» al 30 aprile 1995, cosi' da «consentire ripristino dell'ordinario andamento della giurisdizione civile». E il suddetto decreto legislativo prevedeva l'utilizzazione dei magistrati onorari nel Tribunale ordinario o nella relativa Procura finche' non fosse attuato i) riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria ai sensi dell'articolo 106, secondo comma, Cost, e comunque non oltre cinque anni dalla vigenza del decreto. Ribadito che invece testo normativo posto qui in discussione costituisce non un rimedio eccezionale, bensi' una misura strutturale per colmare le vacanze d'organico, le ricorrenti, oltre a riproporre quanto gia' affermato sulla volonta' dei costituenti in ordine al contenuto dell'articolo 106, secondo comma, Cost., argomentano pure in ordine al preteso conflitto che detta normativa patirebbe con gli articoli 3, 24 e 111, secondo comma, Cost., al gia' addotto argomento relativo all'istituzione di un ibrido tra il magistrato onorario e il consigliere di Cassazione per meriti insigni aggiungendo l'asserto della violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza laddove la normativa «prevede il sub procedimento disciplinare» all'ausiliario fino alla revoca qualora non redica almeno novanta presenze all'anno, e sostenendo comunque quanto segue: «E' evidente lo spregio del legislatore ordinario nei confronti della qualita' della giurisdizione, con documento per i cittadini utenti e con disparita' di trattamento, ingiustificata rispetto a coloro che nella stessa stuazione di fatto vengono giudicati da altre Autorita' giurisdizionali non sottoposte al vincolo disciplinare del quantum decisum». Inoltre la presenza di giudici estranei all'ordine giudiziario in collegi dedicati al controllo dell'operato dei giudici di primo grado (magari, questi, ordinari) «non solo mette in crisi, ma altresi' provoca la totale abdicazione dei principi della garanzia della terzieta', dell'indipendenza e della professionalita' dell'organo giudicante», nonche' del giusto processo e del giudice naturale (articoli 111 e 25 Cost.); e la irragionevolezza di tale normativa, con conseguente violazione del principio di uguaglianza, viene dimostrata pure dalla «dissonanza» con l'articolo 43-bis, terzo comma, lettera b, dell'ordinamento giudiziario, con il decreto legislativo n. 116/2017 e con la risoluzione 16 luglio 2008 del CSM, «che pongono limiti alle cause da assegnare» ai giudici onorari di Tribunale. Invece nei collegi delle Corti d'appello gli ausiliari sono inseriti «senza alcuna previsione di limiti di competenza o per materia o per valore», stravolgendo la struttura costituzionale e legislativa dell'ordine giudiziario che ha sempre garantito in secondo grado un giudice piu' autorevole ed esperto rispetto a quello del primo. 4.3 Nella legge 9 agosto 2013 n. 98, Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 - Disposizioni urgenti per rilancio dell'economia, al Titolo III, Misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile, il Capo I, Giudici ausiliari, contiene gli articoli da 62 a 72, disciplinando il nuovo istituto degli ausiliari per le Corti d'appello. Premesso che tali disposizioni «non si applicano al procedimenti trattati dalla Corte d'appello in unico grado» (articolo 62, secondo comma), i giudici ausiliari vengono introdotti per «agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavora e previdenza» (articolo 62, primo comma) e sono nominati con le modalita' di cui all'articolo 63: scelti tra magistrati togati od onorari che non esercitino piu' tale attivita', professori e ricercatori universitari in materie giuridiche, avvocati e notai, con decreto di nomina del Ministro della giustizia previa delibera del CSM, su proposta del consiglio giudiziario territorialmente competente, acquisito il parere dei Consiglio dell'ordine se si tratta di avvocati o del Consiglio notarile se si tratta di notai. L'articolo 64 determina poi i requisiti per la nomina e l'articolo 65 disciplina la pianta organica dei giudici ausiliari, regolando altresi' la proposizione delle domande per la nomina; l'articolo 66 regola la presa di possesso, l'articolo 69 indica i casi di incompatibilita' ed ineleggibilita' e l'articolo 70 disciplina l'astensione e la ricusazione. Di maggiore rilievo, per quanto qui interessa, sono gli articoli 67, 68, 71 e 72. L'art. 67, durata dell'ufficio, stabilisce che la nomina conferisce l'incarico per una durata di cinque anni, prorogabili per non piu' di altri cinque (primo comma) mediante le modalita' di cui all'art. 63, secondo comma (cioe' quanto previsto in ordine al primo procedimento di nomina), con cessazione comunque dall'incarico «al compimento del settantottesimo anno di eta' e nell'iporesi di decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma a norma dell'art. 71» (terzo comma). L'art. 68, Collegi e provvedimenti; Monitoraggio, al primo comma stabilisce che «del collegio giudicante non puo' far parte piu' di un giudice ausiliario»; e il secondo comma che tale giudice «deve definire, nel collegio in cui e' relatore e a norma dell'art. 72, comma 2, almeno novanta procedimenti per anno» - l'art. 72, secondo comma, si riferisce peraltro ad ogni provvedimento che definisce il processo, anche in parte o nei confronti di alcune delle parti», a sua volta richiamando l'art. 68, secondo comma; infine il terzo comma prevede un semestrale monitaraggio del ministero della giustizia sull'attivita' degli ausiliari «al fine di rilevare il rispetto dei parametri di operosita' ed il conseguimento degli obiettivi fissati dal presente capo». L'art. 71, decadenza, dimissioni, mancata conferma e revoca, regola, per cosi dire, la stabilita' degli ausiliari. Il primo comma stabilisce che «cessano dell'ufficio quando decadono perche' viene meno taluno dei requisiti per la nomina, in caso di revoca e di dimissioni, in caso di mancata conferma annuale ovvero quando sussiste una causa di incompatibilita'». La procedura della conferma annuale, elemento tipico di questa figura di giudici onorari (qualita' loro attribuita, come si vedra' infra, dall'art. 72), viene regolata dal secondo comma, stabilendo che entro trenta giorni dal compimento di ogni anno dalla data della nomina «il consiglio giudiziario in composizione integrata verifica che il giudice ausiliario abbia definito il numero minimo di procedimenti dr cui all'art. 68, comma 2», proponendo al CSM la conferma o, in mancanza dei presupposti e «previo contraddittorio», la «dichiarazione di mancata conferma». Il terzo e il quarto comma disciplinano poi la revoca, che il presidente della Corte d'appello puo' proporre «in ogni momento», ma comunque «motivatamente», al consiglio giudiziario nel caso in cui l'ausiliario non risulti «in grado di svolgere diligentemente e proficuamente il proprio incarico»; il consiglio giudiziario in composizione integrata, «sentito l'interessato e verificata la fondatezza della proposta», la trasmette al CSM con «un parere motivato». L'ultimo comma stabilisce che provvedimenti di cessazione si adottano con decreto del Ministro della giustizia su deliberazione del CSM. L'art. 72, infine, per quanto qui interessa, stabilisce al primo comma: «I giudici ausiliari acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari». Non e' dunque discutibile la qualifica di magistrati onorari come spettante agli ausiliari delle Corti d'appello, che rispetto agli altri magistrati onorari si distinguono, comunque, in particolare con a predeterminata quantificazione del loro contributo al funzionamento dell'ufficio in cui sono inseriti, quale e' correlata l'annuale verifica diretta alla conferma o alla mancata conferma. Ulteriore distinzione risiede poi nel poter essi svolgere (soltanto) funzioni collegiali, e soltanto in materia civile, di lavoro e previdenza, rimanendo quindi esclusi dall'attivita' delle corti territoriali svolte in un unico grado e soprattutto dai processi penali (art. 62). E' il caso di rammentare che l'art. 43-bis del' Ordinamento giudiziario - regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 -, inserito dall'art. 10 decreto legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51 e abrogato dall'art. 33 decreto legislativo del 13 luglio 2017 n. 116 - norma quindi vigente quando fu introdotta la figura dell'ausiliario delle corti territoriali, e che ebbe una notevole incidenza sullo sviluppo giurisprudenziale relativo alle funzioni dei magistrati onorari -, concerneva le funzioni dei giudici ordinari e onorari nel tribunale ordinario, stabilendo tra l'altro che i giudici onorari «non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari» essendo inoltre vietato, in materia civile, affidare loro «la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio». E il decreto legislativo del 13 luglio 2017 n. 116, Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sul giudice di pace, nonche' disciplina transitoria relativa al magistrati onorari in servizio, a norma della legge del 28 aprile 2016, n. 57, non ha inciso sulla normativa specifica sugli ausiliari delle Corti d'appello di cui alla legge n. 98/2013; 4.4 Tanto premesso, occorre ora vagliare se sussistono i presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza della sollevata eccezione di incostituzionalita'. In primis, la sussistenza della rilevanza emerge ictu oculi, giacche', nel caso in esame, la sentenza impugnata e' stata decisa dalla Corte d'appello mediante un collegio in cui un giudice ausiliario e' componente, a cio' aggiungendosi meramente ad abundantiam che l'ausiliario e' stato relatore della causa ed e' estensore della sentenza. E' ben prospettabile, pertanto, che, qualora la sentenza in esame sia radicalmente cessata - come deriverebbe dall'accoglimento della eccezione di incostituzionalita' -, la sentenza che verrebbe a sostituirla potrebbe essere di contenuto diverso, e pertanto anche maggiormente favorevole nei confronti delle ricorrenti. 4.5 Passando al profilo della non manifesta infondatezza, deve essere vagliato anzitutto il riferimento all'art. 106, secondo comma, Cost., in quanto il primo richiamato nella proposizione dell'eccezione, di cui costituisce comunque la sostanza fondamentale. Non a caso viene considerato direttamente il testo letterale della norma, per cui, come gia' si e' visto, il legislatore ordinario puo' attribuire ai giudici onorari e funzioni attribuite a «giudici singoli»: «La legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a Giudici singoli». E' ben noto che il quadro normativo, gia' prima dell'intervento del 2013 di cui si tratta, ha in realta' consentito - secondo una interpretazione consolidata - l'attribuzione a giudici onorari della funzione di giudice collegiale nei Tribunali ordinari; e su questo si e' suscitato l'intervento della Consulta, come ricordano gli stessi ricorrenti. La Corte costituzionale, con sentenza del 3 dicembre 1964 n. 99, investita di questione di legittimita' costituzionale relativa all'affidamento a un vicepretore onorario della supplenza di un giudice in un collegio di Tribunale ai sensi dell'art. 105 regio decreto n. 12/1941 nel testo all'epoca vigente - che consentiva al presidente di Tribunale, in caso di mancanza o impedimento di un giudice del suo ufficio, qualora non fosse possibile avvalersi ex art. 97 regio decreto n. 12/1941 di magistrati d'altre sezioni, di costituire il collegio integrandolo con un vicepretore, togato od onorario -, in base all'asserto che «dal secondo comma dell'art. 106 della Costituzione derivi che il vice pretore onorario possa esercitare soltanto le funzioni ordinarie dei pretore, e non quelle eccezionali e temporanee di supplenza» e che pertanto sia violato, appunto, dall'art. 105 dell'Ordinamento giudiziario, con una motivazione concisa (del cui contenuto, in realta', si sono nutriti, piu' o meno espressamente, tutti gli interventi successivi, anche di questa Suprema Corte) cosi' disattendeva: «L'art. 106 stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso; tuttavia, le funzioni del giudice singolo (pretore e conciliatore) possono essere esercitate da magistrati onorari. Questo essendo il significato della norma in esame, la quale non tratta dell'esercizio delle funzioni giudiziarie e tantomeno della attribuzione di funzioni a determinati organi, non sembra dubbio che la frase «per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli» debba intendersi come indicazione generica dell'ufficio nel quale i magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare funzioni giudiziarie. Anche senza tenere conto dell'argomento letterale (la frase «tutte le funzioni» comprenderebbe non soltanto quelle ordinarie, ma anche le funzioni temporanee ed eccezionali derivanti da un incarico di supplenza) per decidere la questione, e' sufficiente rilevare che, risolvendosi «la nomina» nella costituzione dello stato giuridico del magistrato nell'ambito dell'ordinamento giudiziario, la possibilita' di un temporanee incarico di supplenza presso un collegio giudicante non puo' essere confusa con un precetto riguardante detto «stato». E gia' questa Corte ha avuto occasione di affermare che provvedimenti, i quali, per ragioni contingenti, facciano luogo alla temporanea destinazione di un magistrato ad una sede oppure ad una funzione diversa da quelle alle quali egli sia assegnato, non incidono sullo «stato» dei magistrati (sentenza n. 156 del 1963). La norma impugnata che pertanto non viola l'art. 106 della Costituzione risponde altresi' ad della giustizia, che si verificano soprattutto nei piccoli tribunali, nei quali non a' possibile talvolta comporre collegio giudicante per mancanza di un giudice. E il vice pretore onorario puo' essere chiamato per singole udienze o singoli processi dopo il pretore e l'aggiunto giudiziario, secondo l'ordine fissato dallo stesso art. 105». 4.6 Non puo' non rilevarsi che questa motivazione desta perplessita' laddove afferma che l'art. 106, secondo comma, «non tratta dell'esercizio delle funzioni giudiziarie e tantomeno della attribuzione di funzioni a determinati organi», in quanto l'espressione «per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli «dovrebbe» intendersi come indicazione generica dell'ufficio nel quale i magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare funzioni giudiziarie»: un argomento diretto, in effetti, a sostituire la parola «funzione» con la parola «ufficio», che pero' non ne e' sinonimo (non a caso la pronuncia e' stata criticata in dottrina nelle note di commento). Non appare un consistente sostegno, poi, l'invocato precedente della sentenza n. 156 del 13 dicembre 1963. Questa aveva dichiarato infondata una questione di legittimita', proposta in riferimento agli articoli 25, 105 e 107 Cost., dell'art. 101 regio decreto n. 12/1941 «nella parte in cui dispone che un pretore o un aggiunto giudiziario di altro mandamento del distretto puo', su designazione del Procuratore generale, esser destinato, con decreto del presidente della Corte d'appello, a compiere temporaneamente le funzioni di un pretore mancante o impedito»: la questione non aveva investito la figura del giudice onorario, tant'e' vero che nella motivazione della sentenza (ben piu' articolata di quella della sentenza n, 99 del 1964, si nota per inciso) non vi e' alcun riferimento all'art. 106 Cost. A ben guardare, la sentenza del 1964 avvia un fenomeno interpretativo di minimizzazione dell'art. 106, secondo comma, Cost. nella parte in cui «confina» il legislatore ordinario in ordine al ruolo dei magistrati onorari. L'espressione «giudici singoli» diventa sinonimo d'altro, e quindi viene deprivata del suo semantico significato (l'argomento letterale» non a caso si stima pure rimuovibile in assoluta misura: «Anche senza tenere conto dell'argomento letterale ..., e' sufficiente ecc.») per essere assorbita da altri elementi, l' «ufficio» e lo «stato», quest'ultimo ulteriormente inserito come fonte di quella idoneita' «globale» che si connette intrinsecamente con la ratio decidendi utilizzata per concludere, trasferente dal vaglio della condizione soggettiva dei magistrato a quello - fondamento realmente dominante - della condizione oggettiva del sistema: l'esigenza contingente. Infatti la sentenza n. 99 del 1964, come si e' visto, nella parte conclusiva della motivazione, introduce il dispositivo che e' stato poi sempre utilizzato per legittimare il conferimento di funzioni collegiali al giudice onorario: l'affermazione dell'esistenza di ragioni «contingenti» e in quanto tali temporanee. Il che significa effettuare il classico bilanciamento dei valori costituzionali, contestualizzando quindi la norma e reputando prevalente sul limite dell'art. 106, secondo comma, l'effettivita' della tutela giurisdizionale in situamoni alterate. 4.7 E a questo infatti (dopo la conferma della sentenza n. 99 del 1964 compiuta per un caso analogo dall'ordinanza 8 aprile 1965 n. 36) si connette (citando epressamente il precedente del 1964) la Corte costituzionale, ritornando molti anni dopo sulla tematica, nella sentenza n. 103 del 6 aprile 1998. La questione di legittimita' costituzionale qui derivava dalla partecipazione di un vicepretore onorario, quale supplente, nel collegio giudicante di un Tribunale (civile), ed era stata conformata in relazione all'art. 90, quinto comma, legge 26 novembre 1990 n. 353, come modificato dal decreto-legge 18 ottobre 1995 n. 432, convertito nella legge 20 dicembre 1995 n. 534: disposizione conferente, al fine di esaurire le controversie civili pendenti, a) presidente del Tribunale per particolari esigenze di servizio il potere di disporre supplenze ai sensi dell'art. 105 regio decreto 12/1941, con possibilita' pure di nominare anche piu' di due vicepretori onorari per sede di pretura «in assenza delle condizioni ivi contemplate - qualora non possa provvedere a norma dell'art. 97 - ». Le censure di illegittimita' erano state formulate in riferimento agli articoli 3, 102, 106, primo e secondo comma, e 97 Cost.; e, specificamente, il riferimento all'art. 106, secondo comma, derivava dall'asserto che «la disciplina costituzionale della nomina dei magistrati onorari escluderebbe la possibilita' che siano chiamati a comporre collegi giudicanti». A proposito allora dell'art. 106, secondo comma, la Consulta reputa la questione infondata «poiche' si tratta comunque di supplenza che risponde a «esigenze eccezionali» », venendo applicata una norma rispondente a «esigenze eccezionali dell'amministrazione della giustizia». Dunque, quel che viene ritenuto legittimo e' un «impiego eccezionale e, insieme, limitato» costituente un'apprezzabile risposta alla «situazione di sovraccarico degli uffici». Per analogo caso la successiva ordinanza n. 400 del 12 dicembre 1998 alle ragioni esposte nella sentenza n. 103/1998 (le «esigenze eccezionali» sottese alla supplenza effettuata dai vicepretori onorari nei collegi di Tribunale), aggiunge che il decreto legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51 «ha previsto una nuova figura di giudice onorario in sostituzione del vice pretore onorario», stabilendo pure che le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, come dallo stesso decreto modificate o introdotte, per cui magistrati onorari possono essere addetti al Tribunale ordinario e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario, «si applicano fino a quando non sara' attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma dell'art. 106, secondo comma, della Costituzione»; che e' avvenuto mediante il decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116. 4.8 Dunque, gli interventi della Corte costituzionale si sono finora incentrati sulla partecipazione dal magistrato onorario nel collegio del Tribunale quale supplenza contingente e sulla base di «esigenze eccezionali» Questa suprema Corte ha dato adito a un'apertura diversa e piu' ampia, comunque sempre in riferimento all'assunzione da parte dei magistrati onorari di Funzioni collegiali in Tribunale. Limitando il vaglio alla giurisprudenza nomofilattica civile e ai suoi arresti piu' recenti, la sentenza 19 maggio 2008 n. 12644 delle Sezioni Unite, - che aveva vagliato un caso in cui, peraltro, il giudice onorario aveva deciso l'appello proposto avverso sentenza di giudice di pace, e quindi espletato funzioni d'appello ma non collegiali, e' massimata nel senso che «i giudici onorari possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati, mentre e' manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, sulla base del carattere eccezionale delle funzioni giurisdizionali attribuibili ai giudici onorari, atteso che l'art. 106 Cost. prevede la nomina di giudici onorari per tutte le tunzioni attribuite a giudici singoli con piena parificazione. Interessante e' la motivazione in particolare laddove si affronta un motivo di ricorso denunciante difetto di giurisdizione, tentando evidentemente di attingere alla impostazione delle sentenze della Corte costituzionale sopra esaminate. La denuncia, infatti, viene effettuata «anche per violazione del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, art. 43 bis, come modificato dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, art. 10, sollecitandosi eventualmente il rilievo della non manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimita' costituzionale di tale ultima norma per il suo contrasto con gli articoli 3, 24, 97, 101, 102, 104, 105, 106, 107 e 111 Cost., essendosi il processo di merito svolto, per entrambi i gradi, dinanzi a giudici «onorari», mentre la richiamata norma dell'ordinamento giudiziario consente che i giudicanti non togati tengano udienza soltanto nei casi di impedimento di quelli ordinari e svolgano quindi funzioni giurisdizionali solo in via eccezionale.». Il giudice nomofilattico, allora, nega il difetto di giurisdizione (la questione non attiene «all'astratto potere di giudicare del giudice adito in appello, ma piuttosto a un difetto del concreto potere di decidere del giudice onorario in appello, cioe' ad una mancanza di legittimazione a decidere di questo») e qualifica poi manifestamente infondata l'eccezione «della pretesa illegittimita' costituzionale della decisione nei due distinti gradi, da giudici entrambi onorari, con riferimento allo straripamento di potere, che dovrebbe riconoscersi nella fattispecie, solo perche' due distinti giudicanti non di professione hanno deciso la causa in primo grado e in appello, pur essendo «eccezionale», nel quadro dei principi costituzionali, l'intervento dei giudici non togati, che invece nel presente processo hanno operato essi soltanto in via esclusiva, per entrambi i gradi di merito.» E cio' perche' (come riconosciuto gia' dalla citata Cassazione 22 febbraio 2008 n. 4578) l'art. 10 decreto legislativo n. 51/1998 ha introdotto nel regio decreto n. 12/1941 l'art. 43-bis, che stabilisce l'assegnazione degli affari ai giudici onorari di Tribunale in caso di impedimento o mancanza dei giudici ordinari escludendo soltanto i procedimenti cautelari: «pertanto essi possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza, per la quale non vi sia un espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati. Non appare in contrasto con gli articoli della Costituzione indicati in ricorso la norma dell'ordinamento giudiziario citata, essendo il presente giudizio petitorio e avendo svolto in appello le sue funzioni un giudice onorario, cui il processo e' stato assegnato dal presidente del Tribunale, non diversamente da quanto accade per l'attribuzione di ogni processo di secondo grado ai giudici togati» (argomento, quest'ultimo, che intrinsecamente spinge oltre lo «spazio» di assegnazione ai giudici togati, tant'e' che subito dopo frena rimarcando il non esser stato addotto che «il decidente abbia tenuto udienza, anche se un magistrato togato avrebbe potuto decidere»). Viene poi esclusa ogni disuguaglianza tra le parti della causa in esame «e altri cittadini, per i quali il giudizio di appello avverso una decisione di primo grado del giudice di pace e' stato adottato da un magistrato ordinario». In quest'ottica la totale possibilita' di sostituzione, implicitamente, equipara la qualita' del servizio; e infatti - prosegue il giudice nomofilattico - «nessuna delle norme della Costituzione richiamate e' stata violata, essendo prevista dall'art. 106 Cost. la nomina di giudici onorari, per «tutte le funzioni attribuite a giudici singoli», con piena parificazione a questi dei giudicanti onorari, se regolarmente nominati.» E in conclusione: «Manifestamente infondata e' poi l'eccezione sollevata d'illegittimita' costituzionale della norma indicata dell'ordinamento giudiziario, solo perche' non impedisce o comunque consente, che l'esercizio delle funzioni d'appello sia attribuito a un giudice onorario invece che ordinario, quando la pronuncia impugnata sia stata emessa da altro magistrato onorario.». 4.9 Quest'ottica viene recepita da Cassazione sez. 2, 2 agosto 2010 n. 18002, che riconosce la composizione dei collegi d'appello nei tribunali ordinari legittima anche con giudici onorari, a questi ultimi rimanendo sbarrata esclusivamente l'assegnazione dei procedimenti possessori e cautelari ante causam in forza dell'art. 43-bis regio decreto 12/1942, senza rischi di incostituzionalita' («Ai sensi dell'art. 43-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, i giudici onorari chiamati ad integrare i collegi nei tribunali ordinari, mentre possono svolgere anche funzioni di appello, non possono, invece, trattare i procedimenti cautelari «ante causam» e quelli possessori...», dichiara la massima). In motivazione, richiamato l'allora vigente art. 43-bis regio decreto 12/1941, drasticamente si dichiara che, nel settore civile, «il dato normativo consente ... di ritenere che, in assenza di specifici divieti di ordine sistematico, i g.o.t. possano anche essere chiamati a fare parte dei collegi (eventualmente di appello), benche' l'art. 106 Cost., comma 2, ne preveda la nomina per l'esercizio delle funzioni attribuite «a giudici singoli» », residuando divieto esclusivamente per procedimenti possessori e cautelari ante causam: un'affermazione del genere, paradossalmente, sembra invertire la gerarchia delle fonti, facendo prevalere l'ordinamento giudiziario sull'art. 106, secondo comma, della Costituzione. Peraltro, a ben guardare, si e' dinanzi piuttosto ad uno «svuotamento» di significato alla norma costituzionale che, al contempo, viene esattamente individuata come pertinente, e dunque potenzialmente ostativa. 4.10 Questo «disinnesco» del limite inserito nel sistema dall'art. 106, secondo comma, Cost. in forza di un supporto specificamente ravvisato nell'art. 43-bis regio decreto 12/1941 quanto ai giudici onorari di Tribunale e' proseguito, alla luce di quell'esigenza di bilanciamento dei valori che, pur con la modalita' implicita concretizzata nella concisione motivazionale, avevano indicato le sentenze del giudice delle leggi. Sempre tra le pronunce maggiormente significative, si e' nuovamente manifestato in Cassazione sez. L, 9 novembre 2016 n. 22845, cosi' massimata: «I giudici onorari - sia in qualita' di giudici monocratici che di componenti di un collegio - possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati, come si evince dall'art. 106 Cost., cosicche', in ipotesi siffatte, deve escludersi la nullita' della sentenza per vizio relativo alla costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio, ossia non investita della funzione esercitata. Ne' a diversa conclusione puo' indurre l'art. 43-bis del regio decreto n. 12 del 1941, che vieta ai giudici onorari di tenere udienza se non in caso di «impedimento o mancanza dei giudici ordinari», espressione quest'ultima da intendersi come comprensiva di quelle situazioni di sproporzione fra organici degli uffici e domanda di giustizia, rispetto alle quali l'impiego della magistratura onoraria conserva una funzione suppletiva e costituisce una misura' apprezzabile nell'ottica di un'efficiente amministrazione della giustizia (articoli 97 e 111 Cost.)». A fronte di una censura denunciante nullita' della decisione di primo grado perche' emessa da un giudice onorario di tribunale anziche' da un giudice togato, in violazione dell'art. 43-bis regio decreto 12/1941, che avrebbe attribuito agli onorari «esclusivamente una funzione vicaria, ossia di sostituzione dei giudici togati in caso di loro assenza ed impedimento» - laddove prevedeva che i g.o.t. non potessero «tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza di giudici ordinari» -, sostenendo che, diversamente, si sarebbero violati gli articoli 3, 24, 97, 102, 106 e 111 Cost., la motivazione della sentenza merita un approfondito esame, in quanto illustra in modo ampio e chiaro le ragioni del rigetto di tale censura cosi' da fornire una completa ricostruzione del dispositivo ermeneutico ormai strutturato per questa tematica. Prende le mosse, gia' significativamente, dal doversi escludere che la figura del giudice ordinario «sia da considerarsi eccezionale nel nostro ordinamento costituzionale», cio' fondando proprio sul primo e sul secondo comma dell'art. 105 Cost., desumendone che «il nostro sistema ordinamentale conosce due diverse e parallele forme di reclutamento dei magistrati», il concorso per i togati e la nomina per i giudici onorari, i quali, «attesa la legittimita' della loro presenza nell'ordinamento giudiziario» proprio a norma dell'art. 106, sono ricompresi tra i magistrati ordinari di cui agli art:coli 102 Cost. e 1 codice di procedura civile Pertanto e' da escludere «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 43-bis del regio decreto n. 12 del 1941, sulla base del preteso carattere eccezionale delle funzioni giurisdizionali attribuibili ai giudici onorari, atteso che l'art. 106 Cost. prevede la nomina di giudici onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli con piena parificazione dei primi di questi ultimi (si cita S.U. 1264/2008). E, per quanto qui ineressa, si giunge ora al nucleo del ragionamento: «Tali rilievi hanno, quindi, consentito alla successiva giurisprudenza di precisare altresi' che, sebbene l'art. 106 Cost. faccia riferimento alle funzioni attribuite a giudici togati singoli, giacche' questi ultimi sono chiamati - nelle materie previste dalla legge - a comporre collegi nei tribunali ordinari, e' ben possibile che anche i giudici onorari siano chiamati ad integrare gli stessi collegi, potendo ivi svolgere perfino le funzioni di giudice di appello (cfr. Cassazione 18002/2010), essendo irrilevante anche ogni diversa previsione da parte delle Circolari del CSM, trattandosi di fonti normative di secondo grado ... (cfr. Cassazione 1376/2012; 727/2013; 466/2016). Se ne deve inferire, dunque, che i giudici onorari sono legittimati a decidere ogni processo ed a pronunciare qualsiasi sentenza - monocratica o collegiale - per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati ... Ne' a diversa conclusione potrebbe indurre il tenore letterale dell'art. 43-bis, comma 2°, regio decreto n. 12 del 1941, laddove riproduce, per i giudici onorari, l'art. 34, comma l°, riguardante i vice pretori onorari, ma con l'eliminazione dell'inciso «di regola» (riferito al divieto di tenere udienza, se non in caso di inadempimento o mancanza dei giudici ordinari). Tale previsione, infatti, se, da un lato, sembra voler ridurre i margini di flessibilita' della disposizione, dall'altro non impedisce di conferire l'incarico onorario in caso di «impedimento» o «mancanza» del giudice togato, da intendersi quest'ultima come comprensiva di quelle situazioni eccezionali di sproporzione fra organici degli uffici e domanda di giustizia, rispetto alle quali un ugualmente eccezionale ricorso all'impiego della magistratura onoraria conserva, nella sostanza, una funzione suppletiva e costituisce misura sicuramente apprezzabile, nell'attuale situazione di sovraccarico degli uffici giudiziari, in un'ottica di efficienza dell'amministrazione della giustizia, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 97 e 111 Cost. ... Ne consegue che, non soltanto l'affidamento ai giudici onorari della decisione di qualsiasi controversia civile non contrasta con i parametri costituzionali indicati dal ricorrente, ma - ben al contrario - e' finalizzato a garantire il soddisfacimento delle esigenze di incremento della produttivita' e, quindi, di maggiore efficienza dell'organizzazione giudiziaria„ scaturenti dal progressivo aumento della domanda di giustizia ... M tale prospettiva e' evidente che la sottrazione ai g.o.t. dei soli procedimenti cautelari e possessori ante causam ... si giustifica con l'intento del legislatore di evitare che possano essere affidati ai giudici onorari provvedimenti emessi a seguito di una delibazione sommaria, di mera verasimiglianza dell'esistenza del diritto azionato, che possono essere addirittura idonei ad anticipare gli effetti della decisione definitiva, e che - in tale ultima ipotesi - non sono neppure soggetti alla necessaria verifica nel giudizio di merito, la cui instaurazione e' facoltativa ...". Conclusione, questa, che desta qualche perplessita', in quanto da un lato detta instaurazione facoltativa e' rimessa appunto alla volonta' dispositiva delle parti per cui la sua eventualita' corrisponde, a ben guardare, a quella, dell'accordo che le parti possono raggiungere durante una causa attinente disponibili per poi attribuirgli effetto nelle varie modalita' previste), e dall'altro non riesce realmente a indicare dallo stesso art. 43-bis una pregnanza dimostrativa della differenza tra giudici legali e giudici onorari di Tribunale (ha deciso conformemente a questo arresto, da ultimo, Cass. sez. 2, ordinanza 24 gennaio 2019 n. 2047). L'elemento dominante, comunque, e' ancora una volta quello della esigenza di fronteggiare un sovraccarico di domande di giustizia che si reputa non potrebbe essere affrontato senza lasciare uno spazio sensibile e dunque efficace all'utilizzazione dei giudici onorari. Il che supera ormai il criterio della temporaneita'/contingenza da cui questa soluzione aveva preso le mosse nella sua fonte originaria, ovvero le sentenze della Corte costituzionale sopra ricordate, per raggiungere quello che in dottrina e' stato anche definito un bilanciamento «mascherato» tra efficienza e garanzia giurisdizionali. 4.11 Tutte le pronunce sin qui considerate, comunque, concernono l'esercizio di funzioni proprie del Tribunale; e in un simile quadro e' agevole inserire anche la figura dell'onorario che svolge le funzioni di giudice di pace, pure considerata nel recente riordinamento di cui al decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116, che peraltro non incide sulle peculiarita' della figura dell'onorario ausiliario delle Corti d'appello. Se, peraltro, l'ufficio in cui il giudice onorario e' inserito - originariamente, ovvero all'epoca della Costituzione, conciliatore e pretore, e ora, a parte la figura, si ripete peculiare, in esame, giudice di pace e giudice onorario di tribunale (limitandosi in questa sede il vaglio alle funzioni giudicanti) - e' stato, fino all'introduzione dell'ausiliario delle Corti d'appello, un ufficio in cui le funzioni da «giudice singolo» erano le uniche o comunque le prevalenti, inserire l'onorario nelle Corti d'appello radicalmente inverte, tanto che (come sopra si e' visto) l'art. 62 legge n. 98/2013 puntualizza che la nuova figura non e' destinata «ai procedimenti trattati dalla Corte d'appello in unico grado». E allora, non si puo' non ritornare a riflettere sul contenuto del testo del secondo comma dell'art. 106 Cost., che presenta, in effetti, un bivio ermeneutico/strutturale: considerare che il baricentro interpretativo risieda nell'espressione «tutte le funzioni» oppure collocarlo nella definizione «giudici singoli». Scegliendo la prima opzione, il significato sembra poter essere del tutto «aperto», per non dire indefinito, dal momento che e' sostenibile che ogni funzione - e quindi «tutte le funzioni» - viene affidata a «giudici singoli», i quali la esercitino da soli (giudice monocratico) oppure insieme ad altri giudici singoli, cioe' acl altri giudici che compongono cosi un collegio (giudice collegiale). Le strutture collegiali, invero, potrebbero essere intese come costituite da una «fusione» di piu' giudici singoli. Tuttavia, una simile interpretazione, astrattamete configurabile, ben guardare diventa, paradossale, perche' esime dal significato, rendendola pleonastica, la presenza di un aggettivo - «singoli» - nei riferimento ai «giudici», E' cio' e' violazione del canone conservativo insito in ogni ermeneutica: canone che, sinora, per quanto emerge dai casi di interpretazione sopra descritti, potrebbe dirsi non essere stato propriamente contestualizzato ed equilibrato, bensi' compresso fino a sfiorare l'involuzione del dettato qui rilevante dell'art. 106, secondo comma, in una «norma fantasma». Il baricentro non puo' quindi che ritornare proprio all'espressione «giudici singoli», di cui riferimento alle funzioni diventa cosi' il prodromo. Il testo normativo, allora, non appare manifestamente infondato ritenere che limiti i giudici onorari alla funzione di giudice monocratico; e la presenza nel suddetto prodromo dell'aggettivo «tutte» ben puo' giustificarsi logicamente con la possibile configurazione di una pluralita' di species del genus monocratico (come si e' verificato all'epoca della formazione della Costituzione e attualmente). Se cosi e', l'eccezione sollevata dalle ricorrenti non appare manifestamente infondata. A prescindere - come questa sede esige - dall'interpretazione dell'art. 106, secondo comma, in relazione ai giudici di pace e ai g.o.t., per gli ausiliari delle Corti d'appello la funzione e' a un alto livello di equivalenza rispetto a quella dei consiglieri togati, dal momento che gli ausiliari la esercitano tramite l'inserimento, pur se non piu' di uno per volta, nel collegio composto da altri due giudici, questi togati. La conseguente assimilazione alla funzione che cosi espletano gli altri componenti dunque e' totale, perche' i tre consiglieri svolgono una attivita' giurisdizionale i nterdipendente. 4.12 Non appare poi ineludibilmente prospettabile una concreta situazione di sovraccarico che legittimi l'utilizzazione del giudice onorario al pari e nelle modalita' di quella del giudice togato: ragione interpretativa, come si e' visto, di cui piu volte si e' avvalsa la giurisprudenza di questa Suprema Corte sviluppando ed espandendo il concetto di eccezionalita' contingente inserito nel quadro nornnativo dalla Consulta. Non e' infatti una «condanna certa» per la Corte d'appello in cui l'ausiliario viene inserito la permanenza di un sovraccarico insostenibile con il personale togato per un periodo di ben dieci anni, e cio' anche in considerazione dei plurimi interventi legislativi che negii ultimi tempi sono stato effettuati per sgravare la «macchina» giurisdizionale, nell'ottica di una plurima degiurisdizionalizzazione valorizzante gli strumenti alternativi (le c.d. ADR, Alternative Dispute Resolution, e non esenti da venature punitive per l'abusiva (lato sensu) fruizione del singolo deteriorante l'efficacia a livello collettivo del servizio giustizia. Una siffatta durata dell'incarico, comunque, per quanto «controllata» corne sopra si e' visto, e' ci:A tutto idonea a stabilizzare l'esercizio della funzione colleniale da parte del giudice onorario, anche sotto questo aspetto in sostanza non dissimile della curata della presenza che sovente mantiene un giudice togato in una corte territoriale. Significativo per confermare la natura dell'istituto come non realmente vincolata a una situazione di necessita' straordinaria/contingente e' pure il raffronto con un successivo intervento di tal genere, la costituzione dell'ausiliario con funzione di legittimita': l'art. 1, comma 971, della legge 27 dicembre 2017 n. 205, nell'ambito appunto della disciplina del «magistrato ausiliario» per la definizione delle cause tributarie in Corte di Cassazione, ne limita la nomina alla «durata di tre anni, non prorogabili». 4.13 Tirando le fila di quanto si e' rilevato, allora, puo' riconoscersi la sostenibilita' - id est, la non manifesta infondatezza - che nella funzione conferita agli ausiliari delle corti territoriali non sussista alcunche' di «singolo», in quanto i giudici Sono inglobati in un organo collegiale, e che la situazione di temporaneita' si sia divaricata completamente dal correlato concetto di contingenza per convertirsi in una vera e propria stabilita'. E' altresi' considerabile che l'avere il legislatore ordinario esternato una ratio di intervento temporale in una situazione di difficolta' del sistema giurisdizionale (come gia' si e' visto, Titolo III della legge istitutiva e' intitolato Misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso dvile) non significa che sempre e comunque nell'ottica di questa ratio le norme sprigionino effetto, ben potendo invece, tramite l'effetto che in realta' discende dal loro oggettivo dettato, non corrispondere all'intento del legislatore. Peraltro, in considerazione di quanto gia' sopra rimarcato, punctum dolens della compatibilita' con l'art. 106, secondo comma, Cost. non puo' essere sedani sorreggendo l'espansione del ruolo del giudice onorario soltanto con una aperta ratio enunciata dal legislatore ordinario. La norma costituzionale correrebbe, altrimenti, un vero e proprio rischio di disapplicazione; oppure, anche (e l'ipotesi non e' peregrina, alla luce di certi tratti rinvenuti nella giurisprudenza), di degradazione nella gerarchia delle fonti per venire subordinata alla legge ordinaria. Come si e' visto, cio' si potrebbe ritenere essersi infiltrato almeno parzialmente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte tramite una interpretazione costituzionalmente orientata che si potrebbe forse qualificare oltrepassante il ruolo nomofilattico del giudice di legittimita' per creare una qualche intrusione in quel che compete al giudice delle leggi. Invero la necessita' di correlare tra loro i valori costituzionali per identificarne ermeneuticamente la portata, anche quanto all'incidenza sulle leggi ordinarie, e' un principio tanto generale quanto noto. Tuttavia, nel caso in cui la norma costituzionale sia chiaramente conformata in modo tale da mostrarsi radicalmente incompatibile con un testo normativo di, legge ordinaria, lo strumento della interpretazione orientata non puo' sostituire l'onere di rimettere alla Consulta la valutazione anche dell'equilibrio tra la norma costituzionale e il valore parimenti costituzionale cui eventualmente si rapporti tale norma ordinaria, diversamente confondendosi la normofilachia - tutela di quanto e' sostenibile ed evincibile mediante gli strumenti ermeneutici - con la vigilanza strutturale sull'attivita' del legislatore ordinario in rapporto alla Costituzione. 5. Reputa, pertanto, questo collegio che la questione di legittimita' costituzionale sollevata quale eccezione dalle ricorrenti in riferimento all'art. 106, secondo comma, Cost. delle norme racchiuse nel Titolo III, Capo I, della legge 9 agosto 2013 n. 98 - articoli 62-72, ovvero delle norme che Istituiscono e regolano la figura di un giudice onorario destinato esclusivamente alla funzione giurisdizionale collegiale, non sia manifestamente infondata. Quanto, invece, al riferimento agli articoli 3, 24 e 111, secondo comrna, Cost., la questione appare manifestamente infondata, giacche', in sintesi, quel che si prospetta e' una qualita' inferiore del servizio giurisdizionale che verrebbe fornito nel caso in cui un giudice onorario sia un corrisponente del collegio della Corte d'appello che pronuncia la decisione: argomento irragionevole, in considerazione del fatto che, appunto, si tratta di un organo collegiale, in cui sono inclusi anche due togati, uno dei quali presiede il collegio. Sia nel caso in ali l'onorario sia mero componente, sia nel caso in cui sia relatore e/o estensore - come quello in esame -, anche a prescindere dai requisiti di conoscenza ed esperienza richiesti dalla legge (all'art. 64), la collegialita' conduce ad una equiparazione completa del funzionamento del collegio rispetto all'ipotesi in cui sia composto esclusivamente da giudici togati, anche in ordine alla qualita' della decisione. Anche l'ulteriore argomento per cui la disparita' di trattamento verrebbe subita pure in considerazione dell'assoggettamento del giudice onorario al controllo annuo della produzione di almeno novanta provvedimenti definitovi non gode di alcuna consistenza, tale numero non essendo certo oltrepassante la media produttivita' che viene posta in essere anche dal giudice togato. Infine, l'asserto di un'abdicazione, tramite la figura dell'ausiliario della corte territoriale, ai principi di terzieta' ed indipendenza del giudice a sua volta non trova ictu oculi alcun effettivo riscontro nella normativa qui censurata. 6. In conclusione, dovendosi ritenere rilevante - non potendosi definire il giudizio indipendentemente da essa - e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 62-72 della legge 9 agosto 2013 n. 98 sollevata dai ricorrenti quale eccezione di incostituzionahta' delle suddette norme in riferimento all'art. 106, secondo comma, Cost., quanto norme prevedenti e regolanti l'attribuzione a magistrato onorano, quale ausiliario di Corte d'appello, delle funzioni di giudice collegiale, in luogo delle funzioni di giudice singolo costituzionalmente imposte, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, I. 11 marzo 1952 n. 87 si dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il presente giudizio, mandando altresi la cancelleria per l'espletamento degli incombenti di cui all'ultimo comma del suddetto articolo.