IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE MARCHE 
                            Sezione Prima 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di  registro  generale  608  del  2018,  proposto  da  V.  M.,
rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo  Canducci,  con  domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    contro il Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura  di  Ascoli
Piceno,  in  persona   dei   legali   rappresentanti   pro   tempore,
rappresentati e difesi ex  lege  dall'Avvocatura  Distrettuale  dello
Stato, domiciliati presso la sede della  stessa,  in  Ancona,  piazza
Cavour n. 29; 
    per l'annullamento previa  sospensione  del  provvedimento  prot.
n... con cui la Prefettura di Ascoli Piceno  ha  disposto  la  revoca
della misura di accoglienza nei confronti del ricorrente; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Ascoli Piceno; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2020  il  dott.
Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, codice procedura amministrativa; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. Il ricorrente e' un cittadino ...  che,  dopo  l'ingresso  sul
Territorio Nazionale, ha richiesto la protezione  internazionale.  La
competente  Commissione  territoriale  ha   rigettato   la   domanda,
disponendo pero' l'invio degli atti al Questore di Ascoli  Piceno  ai
fini dell'eventuale rilascio del permesso  di  soggiorno  per  motivi
umanitari. Tale permesso e' stato rilasciato al sig. M. in data ....,
con la dicitura «casi speciali» (sul punto si tornera' infra). 
    Nel frattempo, essendo  sprovvisto  di  mezzi  di  sostentamento,
l'odierno ricorrente, a far tempo dal ..., era stato inserito in  una
struttura di accoglienza straordinaria. 
    In data ... (e non, come indicato in ricorso,  in  data  ...)  il
gestore del centro di accoglienza, in applicazione delle disposizioni
ministeriali  vigenti,  presentava  per  conto  dello  straniero   la
richiesta di disponibilita' di posti nei centri  di  accoglienza  del
sistema SPRAR. 
    Sempre in base alle citate direttive  ministeriali,  non  essendo
stata reperita la disponibilita' di  posti  nell'ambito  del  sistema
SPRAR, con il provvedimento qui impugnato  la  Prefettura  di  Ascoli
Piceno ha revocato al sig. M. le misure di accoglienza. 
    2. Il provvedimento del Prefetto viene censurato per  i  seguenti
motivi: 
      - violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990; 
      - violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 (in quanto  il
provvedimento e' motivato per relationem alla circolare del Ministero
dell'Interno n. 3994 del 5 maggio 2016, la quale non e'  stata  pero'
allegata all'atto ne' messa a disposizione del  ricorrente  in  altro
modo); 
      - violazione dell'art. 13, comma 7, del decreto legislativo  n.
286/1998. Violazione diritto di difesa e dei principi  trasparenza  e
partecipazione al procedimento amministrativo; 
      - violazione della normativa in materia di accoglienza (decreto
legislativo n. 142/2015 e s.m.i.). Eccesso di potere,  disparita'  di
trattamento, illogicita'. 
    3. Il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Ascoli Piceno  si
sono inizialmente costituiti con semplice memoria di stile. 
    Con decreto presidenziale n. 296/2018 e' stata accolta la domanda
di concessione di misure cautelari inaudita altera parte. 
    Con successiva ordinanza collegiale n.  7/2019  il  Tribunale  ha
accolto la  domanda  cautelare,  fissando  per  il  16  ottobre  2019
l'udienza di trattazione del merito. 
    All'esito di tale udienza, il  Tribunale,  al  fine  di  valutare
l'eventuale incidenza sulla presente controversia  della  novella  di
cui al decreto-legge n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018, ha
disposto istruttoria  a  carico  dell'amministrazione  (ordinanza  n.
639/2019), fissando per la prosecuzione la  pubblica  udienza  del  4
marzo 2020. 
    Nel  frattempo,  in  data  13  novembre  2019  la  Prefettura  ha
depositato  una  relazione  istruttoria  e  copia  degli   atti   del
procedimento. 
    In  data  13  dicembre   2019   l'amministrazione   ha   eseguito
l'istruttoria disposta con l'ordinanza n. 639/2019. 
    La causa e' passata in decisione  alla  pubblica  udienza  del  4
marzo 2020. 
    4.  Il  Tribunale  ritiene  che  la  definizione  della  presente
controversia debba  passare  per  la  risoluzione  dell'incidente  di
costituzionalita'  dell'art.  12,  comma  6,  del  decreto-legge   n.
113/2018, convertito in legge n. 132/2018. 
    5. Vanno anzitutto disattese le  censure  di  cui  ai  primi  tre
motivi di ricorso, visto che: 
      poiche'  la  Prefettura  ha  ritenuto  di   attribuire   valore
vincolante alle direttive ministeriali e poiche' il citato  art.  12,
comma 6, del decreto-legge n. 113/2018 stabilisce in  maniera  chiara
che i titolari  di  permesso  di  soggiorno  per  casi  speciali  (ex
permesso di soggiorno per motivi umanitari)  non  sono  piu'  ammessi
nelle  strutture  facenti  capo  al  sistema  SPRAR,  la   violazione
dell'art. 7 della legge  n.  241/1990  non  ha  di  per  se'  effetto
invalidante  del  provvedimento  impugnato,  anche   ai   sensi   del
successivo art. 21-octies, comma 2; 
      il secondo motivo e'  chiaramente  strumentale,  visto  che  la
circolare ministeriale n. 3994/2016, notissima a tutti gli addetti ai
lavori (fra cui deve includersi anche il  difensore  del  ricorrente,
iscritto nello speciale elenco degli avvocati abilitati al patrocinio
a spese dello Stato), e' reperibile facilmente sul sito istituzionale
del Ministero dell'Interno; 
      ugualmente  infondato  e'  il  terzo  motivo,  visto   che   la
consolidata giurisprudenza amministrativa e' orientata nel  senso  di
ritenere che la mancata traduzione dei provvedimenti  in  materia  di
soggiorno in lingua conosciuta  dai  destinatari  puo',  al  massimo,
giustificare la concessione della rimessione in  termini  per  errore
scusabile ai fini dell'impugnazione, ma non  determina  l'invalidita'
degli atti. Peraltro, nella specie la Prefettura ha  provato  che  il
ricorrente  conosce  a  sufficienza  la   lingua   italiana,   avendo
frequentato corsi di lingua e un tirocinio  formativo  organizzato  e
gestito dalla Regione Marche e avendo  impugnato  tempestivamente  il
provvedimento di revoca. 
    6. Si deve dunque passare all'esame dell'ultimo motivo, non senza
premettere alcune precisazioni in punto di fatto. 
    6.1. Come si e' detto in precedenza,  con  provvedimento  del  12
settembre   2018   (non   impugnato)   la   competente    Commissione
Territoriale, pur respingendo la domanda di protezione internazionale
avanzata dal sig. M., aveva rimesso gli atti al  Questore  competente
per territorio  ai  fini  dell'eventuale  rilascio  del  permesso  di
soggiorno  per  motivi  umanitari,  titolo   all'epoca   disciplinato
dall'art. 5, comma 6, ultimo  periodo,  del  decreto  legislativo  n.
286/1998 e dall'art. 11, comma  1,  lett.  c-ter),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 394/1999. Va sin d'ora  precisato  che
il permesso di soggiorno per motivi  umanitari  non  e'  disciplinato
dalle  direttive  comunitarie   che   regolamentano   la   protezione
internazionale. 
    In data  4  ottobre  2018  e'  stato  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale il decreto-legge  n.  113/2018,  entrato  in  vigore  il  5
ottobre 2018 e successivamente convertito in legge  n.  132/2018,  il
quale, come e' noto, ha: 
      per un verso, abolito  il  permesso  di  soggiorno  per  motivi
umanitari di cui all'art. 5, comma 6, del testo unico (art. 1,  comma
1,  lett.  b),  sostituito  dal  permesso  di  soggiorno  per   «casi
speciali»; 
      per altro verso, e limitatamente ai procedimenti in corso  alla
data di entrata in vigore del decreto-legge, previsto (art. 12, comma
6) che «I titolari di protezione umanitaria presenti nel  Sistema  di
protezione di cui all'art. 1-sexies  del  decreto-legge  30  dicembre
1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28  febbraio
1990, n. 39, alla data di entrata in  vigore  del  presente  decreto,
rimangono in accoglienza fino alla  scadenza  del  periodo  temporale
previsto dalle  disposizioni  di  attuazione  sul  funzionamento  del
medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la  scadenza  del
progetto di accoglienza». 
    6.2. Da cio' e' derivato che i cittadini extracomunitari i quali,
alla data di entrata in vigore del decreto-legge n.  113/2018,  erano
titolari di permesso di soggiorno per  motivi  umanitari  ed  avevano
avuto accesso al sistema SPRAR, hanno conservato tale beneficio  fino
alla naturale scadenza dei progetti di accoglienza  o  alla  scadenza
del termine di permanenza previsto dalla normativa  sullo  SPRAR.  Al
contrario, coloro i quali, seppure a tale data  fossero  titolari  di
permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avevano avuto accesso
al sistema per mancanza di posti disponibili,  hanno  definitivamente
perso la possibilita' di accedervi. 
    6.3. Con specifico riguardo  al  caso  di  specie  e  agli  esiti
dell'istruttoria va invece precisato che: 
      nel ricorso si afferma che il gestore del centro di accoglienza
aveva presentato la richiesta di disponibilita' nel  mese  di  aprile
2018; 
      ne'  alla  data  di  celebrazione  della  camera  di  consiglio
destinata  all'esame  della  domanda  cautelare  ne'  alla  data   di
celebrazione   dell'udienza   di   merito   del   16   ottobre   2019
l'amministrazione aveva confutato tale dato; 
      il Tribunale, traendo le logiche conseguenze dalle premesse del
quarto motivo di ricorso, aveva dunque  chiesto  alla  Prefettura  di
chiarire se la verifica della disponibilita' di posti nell'ambito del
sistema  SPRAR  fosse  stata  compiuta  solo  in  epoca   antecedente
l'entrata in vigore del decreto-legge n.  113/2018  oppure  anche  in
epoca successiva. Questo perche' nel primo  caso  la  causa  andrebbe
decisa applicando esclusivamente la normativa previgente (ivi inclusa
la circolare n. 3994/2016), mentre nel secondo caso si sarebbe  posto
il problema dell'incidenza nella vicenda  della  novella  di  cui  al
decreto-legge n. 113; 
      l'istruttoria ha in primo luogo permesso di  accertare  che  la
richiesta di disponibilita' di posti e' stata presentata dal  gestore
del centro di accoglienza il 24 ottobre 2018, ossia dopo l'entrata in
vigore del decreto-legge n. 113/2018, e in secondo luogo che dopo  il
5 ottobre 2018 (data  di  entrata  in  vigore  del  decreto-legge  n.
113/2018) non sono stati piu' resi disponibili posti per  i  titolari
di permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato prima  della
novella; 
      non  sono  quindi  fondate  le  deduzioni   difensive   esposte
dall'amministrazione nella relazione istruttoria versata in  atti  il
13 novembre 2019, visto che fra la data di rilascio del  permesso  di
soggiorno e la data di adozione del  provvedimento  di  revoca  delle
misure di accoglienza non sono decorsi otto mesi,  bensi'  due  mesi.
Pertanto, seppure e' vero  che  il  ricorrente  e'  stato  ammesso  a
frequentare un  tirocinio  formativo  propedeutico  all'ingresso  nel
mondo del lavoro e che egli e' in  possesso  di  un  titolo  che  gli
consente di lavorare regolarmente, e' altrettanto vero che il periodo
di tempo che il sig. M. ha avuto a disposizione per cercare un lavoro
e  dotarsi  quindi  di  mezzi  di  sostentamento  autonomo  e'  stato
eccessivamente  breve.  Questo  tanto  piu'  se  si  pensa   che   il
ricorrente,  non  avendo  ricevuto  la  comunicazione  di  avvio  del
procedimento, non ha nemmeno avvertito la necessita'  di  velocizzare
la ricerca di un'occupazione. 
    7. In ragione  di  quanto  precede,  il  Tribunale  dubita  della
costituzionalita'  dell'art.  12,  comma  6,  del  decreto-legge   n.
113/2018, come convertito dalla legge n.  132/2018,  ravvisandosi  un
possibile contrasto della norma con l'art.  3  Cost.,  visto  che  la
disposizione transitoria salvaguarda solo i cittadini extracomunitari
titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari che, per  mera
casualita', alla data di  entrata  in  vigore  del  decreto-legge  n.
113/2018  erano  stati  gia'  ammessi  in  strutture  di  accoglienza
appartenenti al sistema SPRAR e non anche coloro che, sempre per mera
casualita', non vi sono stati ammessi per mancanza di posti. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza  e  alla  rilevanza  della
questione, si osserva quanto segue. 
    7.1. E' certamente vero  che  il  decreto-legge  n.  113/2018  ha
comunque  previsto  la  possibilita'  di  accesso  al  nuovo  sistema
denominato SIPROIMI ai titolari di permesso di soggiorno  per  motivi
umanitari rientranti in determinate casistiche (cure mediche, vittime
di tratta o di violenza domestica o di grave sfruttamento lavorativo,
e cosi' via), ma e' altrettanto vero che: 
      le esigenze primarie a cui rispondono le misure di  accoglienza
sono  le  medesime,  a  prescindere  dallo  status  individuale   del
cittadino extracomunitario. Non va dimenticato infatti che i titolari
di permesso di soggiorno per motivi umanitari non  sono  equiparabili
ai migranti c.d. economici ne' tantomeno sono  migranti  clandestini,
visto che la loro particolare condizione, seppure non integrante  gli
estremi per la concessione della protezione internazionale, e'  stata
comunque ritenuta dalla competente autorita' di P.S. tale da  rendere
non opportuno il ritorno nel Paese di origine. Questi migranti  hanno
dunque  diritto,   nel   tempo   occorrente   per   la   ricerca   di
un'occupazione, di beneficiare delle misure di accoglienza; 
      in  casi  come  quello  che  interessa  il  presente   giudizio
l'entrata in vigore  del  decreto-legge  n.  113/2018  e  la  mancata
previsione di una norma transitoria  che  si  applicasse  a  tutti  i
titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari ha determinato
il brusco allontanamento degli interessati dai centri di  accoglienza
temporanei e, quindi, la perdita dei mezzi minimi di sostentamento. 
    Va inoltre osservato che l'annunciata adozione  delle  misure  de
quibus potrebbe anche aver disincentivato i  gestori  dei  centri  di
accoglienza dal formulare le richieste di  disponibilita'  in  favore
degli interessati, per cui qualcuno di essi potrebbe  aver  perso  la
possibilita' di accedere  al  sistema  anche  in  presenza  di  posti
disponibili. 
    7.2. Quanto alla rilevanza, il Collegio osserva  invece  che  nel
caso di  specie  non  si  puo'  applicare  -  ammesso  che  esso  sia
condivisibile nel merito - il principio di  diritto  affermato  dalla
Corte di Cassazione nella sentenza delle Sezioni Unite n.  29460  del
24 settembre 2019,  dal  TAR  Brescia  e  dal  TAR  Basilicata  nelle
sentenze nn. 649/2019 e 564/2019 (pronunce richiamate dal  ricorrente
nella memoria irritualmente depositata il 3 marzo 2020),  e  cio'  in
quanto,  come  si  e'  detto,  il  permesso  di  soggiorno  e'  stato
rilasciato al sig. M. il giorno 4 ottobre 2018, per cui la domanda di
ammissione al sistema SPRAR e' stata  presentata  dopo  l'entrata  in
vigore del decreto-legge n. 113/2018. 
    Pertanto, seppure formalmente la posizione del ricorrente rientra
nella  casistica  oggetto  delle  pronunce  dianzi   richiamate,   la
peculiare cadenza temporale che ha connotato la vicenda  ha  reso  di
fatto impossibile presentare la richiesta di disponibilita' in  tempo
utile (richiesta che, dal 5 ottobre 2018, non e' stato piu' possibile
presentare). 
    Al riguardo va aggiunto che: 
      la  presenza   di   posti   disponibili   presso   il   sistema
SPRAR/SIPROIMI costituisce un presupposto infungibile, visto  che  si
tratta di un elemento materiale oggettivo in  assenza  del  quale  il
«diritto all'accoglienza» resta una mera  enunciazione  di  principio
priva di concreta utilita' per gli interessati: 
      lo stesso ricorrente riconosce che l'abbandono  dei  centri  di
accoglienza da parte di soggetti in possesso di permesso di soggiorno
per motivi umanitari/"casi speciali"  costituisce  misura  legittima,
purche' attuata con gradualita'. 
    Pertanto,  solo   la   rimozione   dell'attuale   limite   legale
all'accesso dei cittadini extracomunitari che  versano  nelle  stesse
condizioni del sig. M. al sistema ex SPRAR puo' consentire di attuare
la predetta gradualita'. 
    8. Per tutto quanto precede: 
      vanno rigettati i primi tre motivi di ricorso; 
      va  sollevata  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 12, comma 6, del decreto-legge n. 113/2018,  convertito  in
legge n. 132/2018, per contrasto con l'art. 3 Cost.; 
      va di conseguenza  disposta  la  sospensione  del  giudizio  in
attesa della decisione della Corte costituzionale; 
      va riservata al definitivo ogni altra pronuncia di  rito  e  di
merito,  nonche'  sulle  spese  del  giudizio   e   sull'istanza   di
liquidazione del  compenso  spettante  al  difensore  del  ricorrente
relativamente alla fase del merito.