Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e  difeso  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,   in   persona   del
Presidente in carica, con sede in piazza Unita' d'Italia 1, Trieste; 
    Per la declaratoria della illegittimita'  costituzionale,  giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 13 luglio 2020, degli articoli 1, 3 e  11  della  legge  della
regione Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020, n.  9,  pubblicata  nel
BUR n. 21 del 20  maggio  2020,  recante:  «Disposizioni  urgenti  in
materia di  autonomie  locali,  finanza  locale,  finzione  pubblica,
formazione, lavoro, cooperazione, ricerca  e  innovazione,  salute  e
disabilita', rifinanziamento dell'art. 5 della legge regionale 312020
recante misure a sostegno delle attivita' produttive». 
    La legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 9/2020 agli  articoli
1, 3 e 11 presenta alcuni profili di illegittimita' costituzionale  e
in relazione a tali norme si invoca il sindacato  di  codesta  ecc.ma
Corte affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale ed
il  conseguente  annullamento  per  i  motivi  di  diritto   che   si
esporranno, previa una premessa in ordine al  contesto  normativo  ed
amministrativo nel quale si e' esplicata la  censurata  legiferazione
regionale. 
 
                          Motivi di diritto 
 
1) L'art. 1 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 9/2020
viola l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione invadendo la
competenza legislativa ivi prevista in capo allo Stato nella  materia
di «ordinamento civile». 
    Il comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 9/2020, in esame,
prevede l'inserimento del nuovo art. 29-bis, della legge regionale n.
21/2019, che reca: «Disposizioni per  la  liquidazione  delle  Unioni
territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse
Province», 
    Tale disposizione e' da  inquadrare  nel  contesto  della  citata
legge regionale n. 19/2019 che, tra l'altro,  ha  previsto,  all'art.
27,  il  «Superamento  delle  Unioni   territoriali   intercomunali»,
disponendo: «1. Le Unioni  territoriali  intercomunali  di  cui  alla
legge regionale n. 26/2014, esistenti alla data di entrata in  vigore
della presente legge, sono sciolte di  diritto  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2021» e che, tra l'altro,  all'art.  29,  reca  «Disposizioni
speciali per il superamento delle Unioni che esercitano  le  funzioni
delle soppresse province» prevedendo che: «4. Gli organi delle Unioni
di cui al presente articolo sono sciolti a far  data  dal  1°  aprile
2020. Dalla stessa data la gestione delle Unioni  e'  affidata  a  un
commissario straordinario nominato dalla  giunta  regionale,  con  il
compito di curare gli adempimenti connessi  alla  liquidazione  delle
Unioni stesse e al subentro  degli  enti  di  cui  all'art.  30.  Per
l'adempimento dei compiti previsti in capo al commissario, la  giunta
regionale puo' nominare uno o piu' vicecommissari. Le indennita'  dei
commissari  e  dei  vicecommissari  sono  determinate  dalla   giunta
regionale contestualmente alla  nomina  degli  stessi,  con  oneri  a
carico degli enti commissariati». 
    Il comma 5 del novellato art. 29-bis  della  legge  regionale  n.
21/2019, cosi' dispone: «I beni immobili di proprieta'  delle  Unioni
territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse
province sono attribuiti ai comuni nei cui territori essi  insistono.
I commissari, nominati ai sensi dell'art. 29, comma  4,  redigono  il
relativo verbale di consegna, che ai sensi dell'art. 2645 del  codice
civile,  costituisce  titolo  per  l'intavolazione,  la  trascrizione
immobiliare e la voltura catastale di diritti reali sui beni immobili
trasferiti. Il  trasferimento  della  proprieta'  dei  beni  immobili
decorre dalla data del verbale  di  consegna.  Per  il  trasferimento
della proprieta' dei beni immobili si applica  l'art.  1,  comma  96,
lettera b), della legge 7 aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle
citta' metropolitane, sulle  province,  sulle  unioni  e  fusioni  di
comuni)» 
    La  surriportata  norma,  introdotta  dall'art.  1  della   legge
regionale  n.  9/2020,  di  cui  si   chiede   la   declaratoria   di
illegittimita',  viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera   l)   della
Costituzione, invadendo la competenza  legislativa  ivi  prevista  in
capo allo Stato nella materia dell'«ordinamento civile», nella  parte
in cui disciplina i modi di acquisto della proprieta' e  degli  altri
diritti reali (disciplinati a livello  nazionale  dall'art.  922  del
codice civile) e individua i titoli idonei alla trascrizione (ambito,
anch'esso compiutamente disciplinato dal codice civile, agli articoli
2643-2681, e che, all'art. 2645  del  codice  civile,  -  altri  atti
soggetti a trascrizione - dispone: «Deve del pari rendersi  pubblico,
agli effetti previsti dall'articolo precedente,  ogni  altro  atto  o
provvedimento che produce in relazione a beni immobili  o  a  diritti
immobiliari taluno degli effetti dei contratti  menzionati  nell'art.
2643, salvo che dalla  legge  risulti  che  la  trascrizione  non  e'
richiesta o e' richiesta a effetti diversi») 
    Il trasferimento della proprieta' di un bene immobile e' il primo
e tipico effetto dei contratti indicati dall'art. 2643, comma  1,  n.
1, dall'intavolazione (cfr. R.D. 28 marzo 1929, n. 499,  disposizioni
relative ai libri fondiari nei territori delle nuove  province,  art.
9: «Nel libro fondiario possono essere  intavolati  o  prenotati,  in
quanto si riferiscono  a  beni  immobili,  solamente  il  diritto  di
proprieta', le servitu', i diritti edificatori di cui all'art.  2643,
numero 2-bis, del codice  civile,  il  diritto  di  usufrutto,  salvo
quello previsto al successivo art. 20, lettera a), i diritti di  uso,
di abitazione, di enfiteusi, di superficie, di ipoteca, i  privilegi,
per i quali  leggi  speciali  richiedano  l'iscrizione  nei  registri
immobiliari, e  gli  oneri  reali»),  alla  voltura  catastale  (cfr.
decreto del Presidente della Repubblica  26  ottobre  1972,  n.  650,
perfezionamento e revisione del sistema catastale). 
    La regione richiama, poi, la legge 7 aprile 2014, n. 56,  recante
«Disposizioni  sulle  citta'  metropolitane,  sulle  province,  sulle
unioni e fusioni di comuni», che all'art. 1, comma  96,  dispone  che
«Nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino  si  applicano
le seguenti disposizioni: (...) b) il trasferimento della  proprieta'
dei beni mobili e immobili e' esente da oneri fiscali». 
    La   disciplina    della    proprieta',    della    trascrizione,
dell'intavolazione e della voltura  -  incluso  il  profilo  inerente
all'idoneita' del verbale di consegna ai fini  della  trascrizione  -
trovano una compiuta  regolamentazione  in  fonti  statali  di  rango
primario (codice civile, decreti legislativi, regio  decreto),  senza
effettiva   necessita'   di    interventi    legislativi    regionali
«integrativi»   (comunque   esclusi   da   codesta    ecc.ma    Corte
costituzionale,  cfr.  sentenza  n.   228/2016),   per   quanto   non
contrastanti con le disposizioni statali. 
    Codesta ecc.ma Corte ha,  infatti,  tradizionalmente  escluso  la
possibilita' che la legislazione  regionale  intervenga  sui  profili
civilistici, «sui rapporti  cioe'  dai  quali  i  diritti  soggettivi
derivano (modi di acquisto e di estinzione, i limiti dei  diritti  di
proprieta'  connessi  ai   rapporti   di   vicinato   ecc.)»   (Corte
costituzionale, 4 luglio 1989, n.  391,  in  Giur.  cost.,  1989,  I,
1782). 
    Codesta ecc.ma Corte ha sul punto statuito (Corte  costituzionale
6 novembre 2001, n. 352, in Giur. cost., 2001, 3609)  che  il  limite
stesso  «che  attraversa  le  competenze  legislative  regionali»  e'
«fondato  sull'esigenza  sottesa  al  principio   costituzionale   di
eguaglianza, di  garantire  nel  territorio  nazionale  l'uniformita'
della disciplina dettata per i rapporti tra privati». 
    Pertanto,  deve  ritenersi  che  la  disposizione  regionale   in
questione invada la  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato
nella  materia  dell'ordinamento  civile,  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l) della Costituzione. 
2) L'art. 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 9/2020
viola l'art. 23  e  117,  comma  2,  lettera  e)  della  Costituzione
invadendo la competenza legislativa ivi prevista in capo  allo  Stato
nella materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici». 
    L'art. 3 della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.
9/2020, in esame, al comma  1  dispone  che  i  comuni,  al  fine  di
fronteggiare  la  situazione  di   crisi   derivante   dall'emergenza
COVID-19, deliberano, per l'anno 2020, riduzioni ed  esenzioni  della
tassa sui rifiuti (TARI), ai sensi  dell'art.  1,  comma  660,  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilita' 2014),  riduzioni
della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) o del
canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche  (COSAP),  nonche'
la possibilita' di disporre la copertura del relativo minor gettito o
minore entrata  anche  attraverso  il  ricorso  a  risorse  derivanti
dall'avanzo  disponibile,  nonche'  da  trasferimenti  regionali.  Le
deliberazioni di riduzione ed esenzione possono essere adottate anche
successivamente  all'approvazione  del  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio 2020. 
    Il comma 2 prevede che la regione concorre a sostenere  i  comuni
che adottano i provvedimenti di cui  al  comma  1,  con  un  parziale
ristoro delle minori entrate nei casi di riduzioni ed esenzioni della
TARI per le utenze non domestiche e di riduzioni della  TOSAP  o  del
COSAP mentre il comma 3 dispone che per le finalita' di cui al  comma
2, e' istituito per l'anno 2020 un fondo speciale, pari a 11  milioni
di euro, a favore dei Comuni, suddiviso in: 
        a)  8  milioni  di  euro,  per  ristorare  il  minor  gettito
conseguente alla riduzione ed esenzione della TARI per le utenze  non
domestiche; 
        b) 3  milioni  di  euro,  per  ristorare  le  minori  entrate
conseguenti alla riduzione della TOSAP o dei COSAP. 
    Il concorso della Regione e' pari alla meta' del valore del minor
gettito derivante dalla riduzione  ed  esenzione  della  TARI,  della
TOSAP e del COSAP. 
    Al comma 7 infine si prevede che «Qualora lo  Stato  provveda  al
ristoro totale o parziale del minor gettito derivante dalla riduzione
ed esenzione della TARI per le utenze non  domestiche,  nonche'  alle
minori entrate derivanti dalla riduzione della TOSAP o del COSAP, gli
importi del ristoro regionale spettanti a ciascun comune sono ridotti
dell'importo corrispondente assegnato dallo Stato». 
    Il comma 1 dell'art. 3 della legge della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n. 9/2020  viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera  e)  quando
all'ultimo periodo dispone che  «le  deliberazioni  di  riduzione  ed
esenzione   possono    essere    adottate    anche    successivamente
all'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio 2020». 
    Detta disposizione e' in  contrasto  con  le  norme  statali  che
prevedono    l'approvazione    dei    livelli     tributari     prima
dell'approvazione dei documenti di bilancio. 
    In materia, la regola generale e' fissata dall'art. 1, comma 169,
della legge n. 296 del 2006,  che  stabilisce  che  gli  enti  locali
deliberano le tariffe e le  aliquote  relative  ai  tributi  di  loro
competenza entro la data di approvazione del bilancio di  previsione.
In questo modo le delibere hanno effetto dal 10 gennaio dell'anno  di
riferimento. 
    In ordine  al  termine  per  l'approvazione  dei  regolamenti  di
disciplina dei tributi locali, poi, l'art. 53, comma 16  della  legge
n. 388 del 2000 prevede che: «Il termine per deliberare le aliquote e
le tariffe dei tributi locali ... e le tariffe dei  servizi  pubblici
locali, nonche' per approvare i  regolamenti  relativi  alle  entrate
degli enti locati, e'  stabilito  entro  la  data  fissata  da  norme
statali  per  la  deliberazione  del  bilancio   di   previsione.   I
regolamenti  sulle  entrate,  anche  se   approvati   successivamente
all'inizio dell'esercizio, purche' entro il  termine  di  cui  sopra,
hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno  di  riferimento».  La  natura
perentoria del termine previsto dall'art. 1, comma 169,  della  legge
n. 296 del 2006 e' stata chiaramente affermata dal Consiglio di Stato
nelle sentenze della sezione quinta n. 3808 e n. 3817 dei  17  luglio
2014, n. 4409 del 28 agosto 2014, n. 1495 del 19 marzo 2015,  nonche'
nell'ordinanza della sezione quarta n. 4434 del 6 ottobre 2016. 
    Il Consiglio di Stato ha affermato che le  disposizioni  relative
all'approvazione del bilancio di previsione oltre  il  termine  hanno
natura  eccezionale  e  sono  finalizzate  «ad   evitare   le   gravi
conseguenze che conseguono alla mancata approvazione del bilancio  da
parte dell'ente locale». 
    Pertanto, «in assenza di una specifica ulteriore disposizione  di
legge» l'autorizzazione del prefetto ad approvare il  bilancio  oltre
termine  previsto  dalla  norma  «non  comprende   il   termine   per
l'approvazione delle aliquote e delle tariffe, che  trovano  compiuta
ed autonoma disciplina nel citato art. 1, comma 169, legge n. 296 del
2006 in materia  di  aliquote  e  tariffe,  che  contiene,  peraltro,
previsioni  sanzionatorie,  quali  l'inapplicabilita'   delle   nuove
tariffe e aliquote, ove approvate dopo il termine  del  30  novembre»
(Consiglio di Stato, sezione quinta, citate sentenze  n.  3808  e  n.
3817 dei 2014). 
    La  ratio  ispiratrice  di   tali   principi   e'   evidentemente
rinvenibile nella ineludibile esigenza che i livelli tributari  siano
connessi alle previsioni del bilancio degli enti locali. 
    Le entrate tributarie costituiscono, infatti,  elemento  fondante
ed essenziale per la  redazione  e  l'approvazione  del  bilancio  di
previsione e la loro quantificazione deve  necessariamente  precedere
l'adozione dello stesso, come risulta dalla  lettura  dell'art.  172,
comma 1, lettera c), dei TUEL, il quale  prevede  tra  documenti  che
devono essere allegati al bilancio, per l'appunto,  le  deliberazioni
di determinazione delle aliquote e delle tariffe. 
    La correlazione tra la definizione  della  manovra  tributaria  e
l'adozione del bilancio di previsione e', anzi, cosi'  stringente  da
imporre all'ente locale che abbia gia' approvato il bilancio, qualora
intenda modificare le aliquote o le tariffe, l'obbligo di riapprovare
integralmente il bilancio stesso, entro il termine di cui all'art. 1,
comma 169, della legge n. 296 dei 2006, non essendo  sufficiente  una
mera variazione detto stesso (in tal senso si e'  espressa  la  Corte
dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 431 del
3 ottobre 2012). 
    Non  si  puo',  quindi,  ammettere  che  oltre  il   termine   di
approvazione del bilancio il comune possa variare le  aliquote  o  le
tariffe  con  effetti  sull'anno  d'imposta  in  corso,   in   quanto
significherebbe legittimare, al di fuori dei  casi  consentiti  dalla
legge e in qualunque fase  dell'esercizio  finanziario,  una  o  piu'
riapprovazioni  del  bilancio,  in  contrasto  con  i  piu'  basilari
principi della programmazione finanziaria, rendendo  vani  i  termini
previsti dalla legge statale. 
    Consentendo all'ente locale  di  procedere  alla  modifica  delle
aliquote e delle tariffe dei  tributi  anche  dopo  la  scadenza  del
termine fissato per l'approvazione del  bilancio  si  verificherebbe,
altresi', la violazione dell'art. 23 della Costituzione, in quanto  i
cittadini verrebbero assoggettati  ad  una  prestazione  patrimoniale
imposta oltre il termine fissato dal legislatore  statale,  che,  nel
caso di specie,  e'  rappresentato  dal  termine  perentorio  di  cui
all'art, 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006. 
    Senza contare che verrebbero lesi  i  principi  generali  sanciti
dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, recante «Disposizioni in  materia
di statuto dei diritti del contribuente», considerata l'assenza di un
riferimento temporale certo per  l'individuazione  delle  aliquote  e
delle tariffe applicabili per ciascun anno di imposta. 
    Il superamento del termine di cui all'art. 1,  comma  169,  della
legge n. 296 del 2006 comporta indubbiamente l'inapplicabilita' delle
aliquote e delle tariffe all'anno  d'imposta  in  corso  sebbene  non
influisca sulla validita'  dell'atto  (Consiglio  di  Stato,  sezione
quinta, con la sentenza n. 4104 del 29 agosto  2017),  incidendo  sul
«sul regime di efficacia temporale» delle  delibere  di  approvazione
delle stesse. 
    Ferma restando la perentorieta' del termine in esame, da un lato,
il Consiglio di Stato ha chiarito che l'effetto dell'inapplicabilita'
delle aliquote per l'anno di riferimento si produce  automaticamente,
a prescindere dall'annullamento della deliberazione,  e,  dall'altro,
in un'ottica di conservazione degli atti amministrativi, ha affermato
che la stessa non e' affetta da illegittimita', risultandone soltanto
preclusa «l'applicazione  (retroattiva)  all'esercizio  in  corso  (a
partire dal 1° gennaio)» (cfr. sentenza n. 175, n. 176 e n.  180  del
15 gennaio 2018, n. 260 e n. 263 del 17 gennaio 2018; n. 7273 del  27
dicembre 2018, n. 945 dell'8 febbraio 2018). 
    Anche le ultime norme statali in materia di  pubblicazione  delle
aliquote  e  delle  tariffe  dei  tributi  locali  hanno  sancito  il
principio che l'eventuale approvazione della misura dei tributi oltre
i termini stabiliti per l'approvazione  del  bilancio  di  previsione
finisce,  altresi',  per  determinare  l'inefficacia  delle  relative
deliberazioni. 
    Cio' in quanto l'art. 15-bis del decret-legge  n.  34  del  2019,
nell'introdurre il comma 15-ter nell'art. 13 del decreto-legge n. 201
del  2011,  ha  esteso  i  medesimi   termini   di   trasmissione   e
pubblicazione gia' vigenti per gli atti relativi all'IMU e alla  TASI
sulla  base,  rispettivamente,  dell'art.  13,  comma   13-bis,   del
decreto-legge n. 201 del 2011, e dell'art. 1, comma 688, della  legge
n. 147 del 2013,  alle  deliberazioni  tariffarie  e  ai  regolamenti
relativi ai tributi diversi dall'IMU,  dalla  TASI,  dall'imposta  di
soggiorno e dall'addizionale comunale all'IRPEF  -  vale  a  dire,  a
legislazione vigente, la TARI, l'ICP, la TOSAP e l'ISCOP. 
    Gli atti relativi all'IMU, alla  TASI,  alla  TARI,  all'ICP,  al
CIMP, alla TOSAP e all'ISCOP, quindi, acquistano efficacia dalla data
della pubblicazione sul sito internet del Dipartimento delle  finanze
www.finanze.gov.it e sono applicabili per l'anno cui si riferiscono e
dunque dal 1° gennaio dell'anno medesimo  in  virtu'  del  richiamato
disposto di cui all'art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006  a
condizione che tale pubblicazione avvenga entro il 28  ottobre  dello
stesso anno. 
    Al fine di consentire al MEF  di  provvedere  alla  pubblicazione
entro termine del 28 ottobre di ciascun anno  gli  atti  relativi  ai
tributi in questione in virtu' del citato art. 13, commi 13-bis  (per
l'IMU) e 15-ter (per  la  TARI,  l'ICP,  la  TOSAP  e  l'ISCOP),  del
decreto-legge n. 201 dei 2011 e art. 1, comma 688, della legge n. 147
del 2013 (per la TASI) devono essere trasmessi, mediante  inserimento
nel portale, entro termine perentorio del  14  ottobre  dello  stesso
anno. 
    Le deliberazioni di approvazione delle aliquote o  delle  tariffe
pubblicate oltre detta data sono comunque visibili in  corrispondenza
dell'anno  cui  si  riferiscono,   ma   vengono   contrassegnate   da
un'apposita  nota  che  ne  evidenzia  l'inefficacia  per  l'anno  di
riferimento (in tal senso vedi circolare  n.  2/DF  del  22  novembre
2019). 
    La disciplina  dei  tempi  di  approvazione  delle  delibere  dei
tributi strettamente connesse a quello di approvazione  del  bilancio
di previsione rappresentano estrinsecazione dei principi fondamentali
dell'ordinamento  giuridico  posti  a  tutela  del   contribuente   e
finalizzati a garantire la certezza del diritto e non  possono  certo
essere derogati da leggi regionali. La disposizione  viene  impugnata
in quanto lesiva dell'art. 23 della Costituzione. 
    Conclusivamente si riporta quanto  affermato  da  codesta  ecc.ma
Corte in  tema  di  riparto  della  potesta'  legislativa  in  ambito
tributario nella sentenza  n.  245  del  29  novembre  2017:  «Giova,
infine, ribadire quanto di recente affermato da questa Corte, proprio
in materia di relazioni finanziarie  tra  lo  Stato  e  le  autonomie
speciali: «e' utile ricordare come il  sistema  tributario  regionale
sia caratterizzato, quasi per intero, dall'eteronomia della struttura
dei  tributi  (propri  derivati,  addizionali,  compartecipazioni  al
gettito di quelli erariali) e dalla centralizzazione  dei  meccanismi
di  riscossione  e  riparto  tra  gli  enti  territoriali,  soluzioni
giustificate dall'interrelazione con piu' parametri costituzionali di
primaria importanza, tra i  quali  spiccano  il  coordinamento  della
finanza pubblica ed il rispetto dei vincoli comunitari ex  art.  117,
primo comma, della costituzione, e come tale  «supremazia  normativa»
sia  giustificata  sul  piano  funzionale  da  inderogabili   istanze
unitarie che permeano la Costituzione.» 
    La disciplina contenuta al comma 1 dell'art. 3 della legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia n. 9/2020 viola l'art.  117,  comma  2,
lettera e) quando all'ultimo periodo dispone che «le deliberazioni di
riduzione ed esenzione possono essere adottate anche  successivamente
all'approvazione del bilancio di previsione  per  l'esercizio  2020»,
essendo  in  contrasto   con   le   norme   statali   che   impongono
l'approvazione dei  livelli  tributari  prima  dell'approvazione  dei
documenti di bilancio. 
    Altra violazione dei principi  della  contabilita'  nazionale  e'
costituita dalla previsione del comma 1 dell'art. 3  della  legge  n.
9/2020 della Regione Friuli-Venezia Giulia  ove  dispone  che  «1.  I
Comuni che, al fine di fronteggiare la situazione di crisi  derivante
dall'emergenza COVID-19, deliberano, per l'anno  2020,  riduzioni  ed
esenzioni (...) possono disporre  la  copertura  del  relativo  minor
gettito o minore  entrata  anche  attraverso  il  ricorso  a  risorse
derivanti dall'avanzo disponibile...». 
    Detta previsione, oltre  a  comportare  il  rischio  di  una  non
completa copertura delle minori entrate da parte  della  Regione  con
conseguenti  minori  entrate  per  gli  enti  locali,   comporta   la
possibilita'  di  utilizzare   la   quota   libera   dell'avanzo   di
amministrazione  a  copertura  delle  minori  entrate  in  violazione
dell'art. 109, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, che  dispone  che  non
possono  essere  destinate  a  riduzione  di   entrate   le   risorse
provenienti dalla quota libera dell'avanzo  di  amministrazione  e  i
proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni, per le quali e'
prevista la destinazione al finanziamento delle sole  spese  correnti
connesse con l'emergenza in corso. 
    Diversamente,  possono  rientrare  tra  le  politiche  dirette  a
sgravare il contribuente dal pagamento delle  imposte  locali  e/o  a
compensare le minori entrate  derivanti  dall'emergenza  COVID-19  le
misure  recate  dal  comma  1-ter  del  citato  art.  109,   relative
all'utilizzo dell'avanzo vincolato, nonche' quelle previste dall'art.
112, in materia di sospensione della quota capitate dei  mutui  Cassa
DD.PP e MEF. 
    Qualora gli enti locali non fossero in  grado  di  utilizzare  la
quota libera dell'avanzo di  amministrazione  a  copertura  di  dette
minori entrate, si determinerebbero squilibri finanziari nei  bilanci
degli enti, anche considerata la  non  completa  copertura  da  parte
della Provincia per i minori incassi. 
    In ogni caso, occorre osservare che  il  legislatore  statale  ha
preso in considerazione l'ipotesi di ristoro a carico dello Stato dei
danni subiti dall'emergenza sanitaria (ipotesi disciplinata dal comma
7 della legge regionale impugnata) all'art. 106 del decreto-legge  19
maggio 2020, n.  34,  (cd  decreto  rilancio),  attualmente  in  sede
conversione all'esame  della  Camera  dei  deputati  (AC  2500),  che
prevede «Al fine di concorrere ad assicurare ai comuni, alte province
e alle citta' metropolitane le risorse necessarie per  l'espletamento
dette funzioni fondamentali, per l'anno 2020, anche in relazione alla
possibile perdita di entrate.  connesse  all'emergenza  COVID-19,  e'
istituito presso il Ministero dell'interno un fondo con una dotazione
di 3,5 miliardi di euro per il medesimo anno, di cui  3  miliardi  di
euro in favore dei comuni  e  0,5  miliardi  di  euro  in  favore  di
province  e  citta'  metropolitane.   Con   decreto   del   Ministero
dell'interno, di concerto con  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, da adottare entro  il  10  luglio  2020,  previa  intesa  in
Conferenza stato citta' ed autonomie locali, sono individuati criteri
e modalita' di riparto tra gli enti di ciascun comparto del fondo  di
cui al presente articolo  sulla  base  degli  effetti  dell'emergenza
COVID-19 sui fabbisogni di spesa e sulle  minori  entrate,  al  netto
delle minori spese, e tenendo conto delle risorse assegnate  a  vario
titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate  e  delle  maggiori
spese, valutati dal tavolo di cui al comma 2». 
    Nello specifico, le risorse in esame sono  previste  al  fine  di
concorrere ad assicurare ai comuni, province e  citta'  metropolitane
le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali,
per l'anno 2020, anche in relazione alla possibile perdita di entrate
connesse all'emergenza COVID19, ma non per far fronte a  riduzioni  e
agevolazione tributarie per il corrente anno 2020 previste dagli enti
medesimi in modo autonomo. 
    Sul punto occorre ricordare la sentenza di codesta  ecc.ma  Corte
n. 320/2004 con la quale e' stato  affermato  che  «questa  Corte,  a
proposito della competenza esclusiva statale in tema di tutela  della
concorrenza,  di  cui  al   secondo   comma   dell'art.   117   della
Costituzione, ha chiarito nella sentenza n. 14 del  2004  che  spetta
allo  Stato  la  competenza  ad  adottare  provvedimenti  idonei  «ad
incidere sull'equilibrio economico generale». 
    La  disciplina   dell'utilizzo   dell'avanzo   d'amministrazione,
simultaneamente convergente, in tale fattispecie, nelle  materie  del
sistema tributario e contabile dello Stato,  dell'armonizzazione  dei
bilanci pubblici e della perequazione delle risorse finanziarie,  e',
quindi, competenza primaria  dello  Stato  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), della  Costituzione,  con  la  conseguente
illegittimita' della disposizione contenuta al comma  1  dell'art.  3
della legge n. 9/2020 della Regione Friuli-Venezia Giulia. 
3) L'art. 11 della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.
9/2020  viola:  la  potesta'  legislativa  statale  in   materia   di
ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l);  i
principi  di  ragionevolezza,   buon   andamento   ed   imparzialita'
dell'amministrazione pubblica di cui all'art. 97 della  Costituzione;
l'art.  117,  terzo  comma,  della   Costituzione   in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica; l'art. 4 dello statuto speciale
detta Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia -  legge  costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1. 
    L'art. 11 della legge regionale che si impugna prevede che - fino
alla   riforma   dell'ordinamento   dei   segretari   comunali    del
Friuli-Venezia Giulia e, comunque, non oltre dodici mesi  dalla  data
di entrata in vigore delle disposizioni presenti - ai  fine  di  fare
fronte alla grave e cronica carenza di  segretari  comunali  iscritti
alla  sezione  regionale   dell'albo,   anche   in   relazione   alla
imprescindibile operativita' di tutti gli enti locali  della  regione
nella fase successiva al superamento  dell'emergenza  epidemiologica,
l'individuazione dei soggetti cui attribuire il ruolo  dei  segretari
comunali nelle sedi  di  segreteria  con  popolazione  fino  a  3.000
abitanti avvenga secondo le disposizioni contenute in detto articolo. 
    Al riguardo, e' necessario  premettere  che  la  disposizione  in
esame e' sostanzialmente analoga a quella gia' emanata dalla  regione
con la legge regionale n.  44/2017  recante:  «Legge  collegata  alla
manovra di bilancio 2018 - 2020» (art. 10, comma  15)  impugnata  dal
Governo.  A  seguito  dell'impugnativa  Costituzionale,  la   Regione
Friuli-Venezia Giulia aveva emanato la legge regionale n.  20  del  9
agosto 2018 che, all'art. 12, comma 5, ha  abrogato  la  disposizione
impugnata. Ne e' conseguita la  rinuncia  all'impugnativa  deliberata
dal Consiglio dei ministri in data 8 novembre  2018  con  conseguente
estinzione  del  giudizio  pendente  davanti  codesta  ecc.ma   Corte
costituzionale (Corte costituzionale, 20 marzo 2019, n. 61) 
    Il  comma  1  della  disposizione   regionale   ora   in   esame,
intervenendo sulla materia dell'ordinamento dei  segretari  comunali,
determina l'individuazione dei soggetti cui  attribuire  le  predette
funzioni  di  reggenza  temporanea  nelle  sedi  di  segreteria   con
popolazione  fino  a  3.000  abitanti,  prevedendo,   al   comma   2,
l'istituzione  presso  l'Ufficio  unico  del  sistema  integrato   di
comparto della regione, dell'elenco  dei  soggetti  cui  puo'  essere
attribuita tale reggenza temporanea. 
    La disposizione di cui  al  comma  3,  consente  l'iscrizione  al
predetto elenco dei  dipendenti  di  ruolo  del  comparto  unico  con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in possesso  dei  requisiti
per l'accesso alla qualifica funzionale di segretario comunale di cui
all'art. 13, comma  13,  della  legge  regionale  n.  24/2009,  senza
prevedere  nessun  ulteriore  requisito  in  relazione  al   servizio
prestato. 
    Il comma 4, dal punto di vista procedurale, prevede che i sindaci
dei comuni - dopo  aver  esperito  senza  successo  la  procedura  di
pubblicizzazione della sede  di  segreteria  vacante  e  qualora  non
procedano a conferire l'incarico al vice segretario o, in assenza del
vice segretario, ad un dipendente in possesso del  titolo  di  studio
richiesto per l'accesso alla  qualifica  di  segretario  comunale  ai
sensi dell'art. 13, comma 13, della  legge  regionale  n.  24/2009  -
individuano  il  soggetto  cui  conferire  l'incarico   di   reggenza
temporanea,  scegliendolo  nell'ambito  di  una  rosa  di  nominativi
predisposta  dall'ufficio  unico  della  regione,  sulla  base  delle
manifestazioni pervenuti dagli iscritti all'elenco. 
    Tanto premesso, giova far rilevare che, al fine  di  fronteggiare
la  carenza  di  organico  dei  segretari  comunali,  il  legislatore
nazionale  e'  intervenuto  con  un'apposita  disposizione  normativa
introdotta dall'art. 16-ter del decreto-legge  n.  162/2019,  recante
«Disposizioni  urgenti  per  il  potenziamento  delle  funzioni   dei
segretari comunali e provinciali» che, al comma 9, consente,  per  un
periodo transitorio di un triennio, che nei comuni aventi popolazione
fino a 5.000 abitanti, ovvero popolazione complessiva fino  a  10.000
abitanti in comuni che abbiano stipulato  tra  loro  convenzioni  per
l'ufficio di segreteria - e  la  procedura  di  copertura  del  posto
vacante sia andata deserta  e  non  risulti  possibile  assegnare  un
segretario reggente, a scavalco -  le  funzioni  attribuite  al  vice
segretario possono essere svolte, su richiesta  del  sindaco,  previa
autorizzazione  del  Ministero  dell'interno,  per  un  periodo   non
superiore a dodici mesi complessivi, da un funzionario  di  ruolo  in
servizio da almeno due anni presso un ente locale,  in  possesso  dei
requisiti per la partecipazione al concorso, previo assenso dell'ente
locale di appartenenza e consenso dello stesso interessato. 
    Cio' posto, si evidenzia che la disposizione regionale  in  esame
interviene  sulla  medesima  materia  relativa  all'ordinamento   dei
segretari  comunali  e  provinciali  successivamente  all'entrata  in
vigore della norma nazionale, peraltro con criteri differenti e senza
raccordo con la legislazione nazionale. 
    Su tale aspetto,  rispetto  alle  discrasie  presenti  nelle  due
norme,  si  evidenzia  che  il  citato  art.  16-ter,  comma  9,  del
decreto-legge n. 162/2019, dispone che possono essere  attribuite  le
funzioni di vice segretario comunale a un  funzionario  di  ruolo  in
servizio da almeno due  anni  presso  un  ente  locale,  al  fine  di
assicurare il possesso  della  necessaria  esperienza  professionale,
mentre la disposizione regionale non richiede alcun requisito  minimo
di  servizio,  ma  consente  il  conferimento   di   tali   incarichi
indistintamente a tutti i dipendenti  di  ruolo  del  comparto  unico
regionale locale. 
    Inoltre, mentre l'incarico di cui trattasi, ai sensi della citata
normativa nazionale, puo' essere  attribuito,  previa  autorizzazione
del Ministero dell'interno, per non piu' di  dodici  mesi,  la  norma
regionale   non   prevede   alcuna   autorizzazione   del   Ministero
dell'interno. 
    Alla  luce  di  quanto  precede,  nel  rilevare  che  quella   di
segretario comunale e provinciale risulta una figura infungibile, che
deve  rispondere  a  ben  determinati   requisiti   stabiliti   dalla
legislazione nazionale,  anche  le  disposizioni  di  natura  urgente
finalizzate a consentire il  regolare  funzionamento  degli  enti  in
presenza di una sensibile carenza degli organici,  nelle  more  delle
misure di  potenziamento  previste  dal  legislatore,  devono  essere
ispirate a finalita' di coordinata ed  omogenea  gestione  a  livello
nazionale di tale criticita'. 
    Peraltro,   tale   differente   trattamento   introdotto    dalla
disposizione regionale rispetto alle previsioni  normative  nazionali
determina un'ingiustificata disparita' nei confronti  dei  dipendenti
degli enti locali delle altre  regioni,  a  fronte  dell'attribuzione
delle  medesime  finzioni  di  reggenza  temporanea  delle  sedi   di
segreteria,   con   conseguente   violazione   dell'art.   97   detta
Costituzione  in  materia  di  buon  andamento  e  di   imparzialita'
dell'amministrazione. 
    La disposizione regionale in esame viola, pertanto,  la  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile  e
confligge con gli articoli 97 e 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione. 
    Si sottolinea infatti che il segretario  comunale  e  provinciale
costituisce  una  figura  peculiare  che  deve   rispondere   a   ben
determinati requisiti, come stabiliti dalla legislazione nazionale ai
sensi degli articoli 97 e 98 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Su di  essa,  la  Corte  costituzionale  ha  peraltro  ribadito  tale
peculiarita',      evidenziandone      l'elevato      profilo      di
professionalizzazione  anche  attraverso  il   riconoscimento   della
precipua procedura  assunzionale  del  corso-concorso  di  formazione
prevista per l'accesso all'Albo nazionale, con  verifiche  periodiche
dell'apprendimento  e  obblighi  formativi  suppletivi  nel   biennio
successivo alla prima nomina; il principio della non revocabilita' ad
nutum  dell'incarico  (salvo  che  per  violazione  dei  suoi  doveri
d'ufficio) e la garanzia nella stabilita' dello status  giuridico  ed
economico, attraverso la permanenza nell'Albo anche  nell'ipotesi  di
mancata conferma attraverso l'istituto del collocamento in  posizione
di disponibilita'. 
    Si richiama, in proposito, l'ampia ricostruzione della  figura  e
della natura giuridica  del  segretario  comunale  operata  da  Corte
costituzionale  22  febbraio  2019,  n.  23  che  ha  analizzato,  in
particolare, sia il rapporto di lavoro che le  funzioni  proprie  del
segretario comunale. 
    Con  riferimento  al  primo   profilo,   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale con la sentenza appena citata ha  evidenziato  che  il
segretario comunale e' «quanto al rapporto d'ufficio, un  funzionario
del Ministero dell'interno. Essendo pero'  nominato  dal  sindaco,  e
trovandosi  funzionalmente  alle  dipendenze  del  Comune,   instaura
contemporaneamente con quest'ultimo il proprio rapporto  di  servizio
... E la  giurisprudenza  di  legittimita'  e  quella  amministrativa
sottolineano  concordemente  che  il  segretario  comunale,   benche'
dipenda  personalmente  dal  sindaco,   intrattenendo   un   rapporto
funzionale  con   l'amministrazione   locale,   resta   tuttavia   un
funzionario  statale,  e   il   suo   status   giuridico,   ancorche'
particolare, e' interamente disciplinato dalla  legislazione  statale
(Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza  11  agosto  2016,  n.
17065; Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 5 aprile 2005, n.
1490)» (Corte costituzionale n. 23/2019 cit., par.  3.2  in  diritto,
enfasi aggiunte). 
    Quanto alle funzioni,  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha
individuato  tre  gruppi  di  funzioni,  particolarmente  delicate  e
rilevanti, attribuite al segretario comunale. 
    In primo luogo, sono attribuite al segretario  comunale  funzioni
di certificazione, di controllo  di  legalita'  o  di  attuazione  di
indirizzi, di verbalizzazione, di rogito e  di  autenticazione  delle
scritture private e degli atti  unilaterali.  Un  secondo  gruppo  di
funzioni «cruciali» comprende tutti i compiti di collaborazione e  di
assistenza  giuridico-amministrativa  nei  confronti   degli   organi
comunali in ordine alla conformita' dell'azione  amministrativa  alle
leggi, allo statuto ed ai regolamenti, nonche' comprende  e  funzioni
consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del  consiglio  e
della giunta tra cui emerge, altresi', la  competenza  in  ordine  al
parere di regolarita'  tecnica  su  ogni  proposta  di  deliberazione
sottoposta alla giunta e al consiglio dell'ente che  non  costituisca
mero atto d'indirizzo. Infine, nel terzo gruppo di funzioni rientrano
quelle di carattere gestionale potendo il segretario essere  nominato
in  talune  ipotesi  (anche)  direttore   generale   ovvero   dovendo
sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei  dirigenti  nonche'
potendo essere nominato responsabile di servizio. 
    Tali funzioni connotano  il  segretario  comunale  quale  «figura
apicale» che «intrattiene con  il  sindaco  rapporti  diretti,  senza
intermediazione di altri dirigenti o strutture amministrative» (Corte
costituzionale n. 23/2019 cit., par. 5.2, cui si rinvia anche  per  i
riferimenti normativi). 
    Come si vede, le funzioni del segretario comunale richiedono  una
adeguata preparazione tecnica e cio' giustifica il rigoroso  percorso
di selezione  del  segretario  comunale,  nonche'  delle  figure  che
possono sostituirlo temporaneamente, delineato  dalle  norme  statali
cui spetta in via esclusiva disciplinarne lo status giuridico. 
    Diversamente, l'art. 11 cit.,  parlando  di  reggenza  temporanea
delle sedi  di  segreteria,  consente  di  individuare  soggetti  cui
attribuire il  «ruolo  di  segretari  comunali»,  individuandoli  nei
dipendenti degli enti locati regionali assunti con contratto a  tempo
indeterminato  per  i  quali,  pur  in  possesso  dei  requisiti  per
l'accesso alta qualifica di segretario comunale  (comma  3),  non  si
prevede alcun meccanismo di selezione ne' di formazione professionale
e nemmeno di esperienza professionale e di servizio. 
    La legge che si impugna, altresi', istituisce,  presso  l'Ufficio
unico del sistema integrato di comparto del  personale  del  pubblico
impiego regionale e locale di cui all'art. 17 della  legge  regionale
n. 18 del 2016, l'elenco dei soggetti cui puo'  essere  conferita  la
reggenza. Anche sotto tale profilo la  disposizione  appare  difforme
rispetto alla legislazione statale che  invece  disciplina  l'ipotesi
della reggenza con riferimento esclusivo ai  soggetti  gia'  iscritti
nell'albo  dei  segretari  comunali  all'esito  della  procedura   di
abilitazione prevista dall'art. 98, comma 4,  del  TUEL,  al  termine
della specifica procedura concorsuale (disciplinata dall'art. 13  del
decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997,  n.  465  e,
transitoriamente, dall'art.  16-ter  del  decreto-legge  31  dicembre
2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28  febbraio
200, n. 8). 
    Fermo restando quanto sopra evidenziato circa  la  creazione,  ad
opera della legge regionale in esame, di una sorta di  tertium  genus
di segretario comunale reggente, del  tutto  eccentrico  rispetto  al
sistema ordinamentale,  si  reputa  che,  anche  qualora  si  volesse
ricondurre la figura del reggente alla disciplina dei  vicesegretari,
la norma regionale dovrebbe essere comunque resa omogenea rispetto al
modello  delineato  dal  legislatore   nazionale,   con   particolare
riferimento  ai  profili  relativi  ai  requisiti  soggettivi,   alla
selezione e alla formazione e all'aggiornamento periodico. 
    D'altro canto, non giova nemmeno invocare ex adverso  il  decreto
legislativo 20 giugno 1997, n. 9, recante «Norme di attuazione  dello
statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia in  materia  di
ordinamento degli  enti  locali  e  delle  relative  circoscrizioni»,
laddove attribuisce alla regione potesta' legislativa in  materia  di
ordinamento del personale dei comuni, delle province  e  degli  altri
enti locali (art. 15). 
    Per un verso, il successivo art. 18 prevede che  la  legislazione
dello Stato trovi comunque  applicazione  nel  Friuli-Venezia  Giulia
qualora la regione non sia ancora intervenuta con proprie  leggi:  al
riguardo  si  osserva   che,   come   espressamente   scritto   nella
disposizione regionale, il Friuli-Venezia Giulia non ha ancora  posto
in  essere  una  riforma  organica  dell'ordinamento  dei   segretari
comunali nella regione. 
    In ogni caso, la potesta' regionale deve svolgersi  nel  rispetto
dei principi fondamentali posti dallo Stato, anche in  considerazione
delle interferenze su una materia (ordinamento  civile)  sulla  quale
sussiste competenza statale esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera l), e non puo' spingersi al  punto  di  delineare  una
nuova figura di segretario comunale, di derivazione  locale,  che  si
affianca a quella classica di origine nazionale e  che  coesiste  con
quest'ultima sul territorio regionale. 
    Il comma 6 dell'art. 11 cit.  prevede  poi,  a  differenza  della
normativa nazionale, che il soggetto cui e' conferito  l'incarico  di
reggenza temporanea delle sedi di segreteria con popolazione  fino  a
3.000 abitanti stipula un contratto di  lavoro  a  tempo  determinato
regolato, per la parte giuridica ed economica, secondo la  disciplina
dettata  dai  contratti   collettivi   dei   segretari   comunali   e
provinciali. La relativa spesa e' esclusa dal limite  per  il  lavoro
flessibile di cui all'art. 9, comma 28 del decreto-legge n. 78/2010. 
    Al riguardo, la disposizione in esame si pone in contrasto con la
normativa di contenimento della spesa di personale per  le  forme  di
lavoro flessibili sopra richiamata, in quanto la  regione  interviene
con una propria disposizione consentendo ai comuni di derogare ad una
norma nazionale che costituisce, per espressa previsione  del  citato
art. 9, comma 28, principio generale ai fini del coordinamento  della
finanza pubblica  ai  quali  si  adeguano  le  regioni,  le  province
autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale
(sulla riconducibilita' di detta norma ai principi  di  coordinamento
della finanza pubblica si vedano, tra tante, Corte costituzionale  23
giugno 2014, n. 181 e Corte costituzionale, 10 aprile 2014, n. 87; 27
marzo 2014, n. 54 che hanno dichiarato costituzionalmente illegittime
leggi del Friuli-Venezia  Giulia;  Corte  costituzionale,  10  aprile
2014; Corte costituzionale, 6 dicembre 2013,  n.  289;  Corte  conti,
sez. riun., 17 aprile 2012, n. 11). 
    Ne consegue quindi la violazione all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica. 
    Dal quadro delineato risulta, quindi, evidente la  violazione  da
parte  della  disposizione  regionale  in  oggetto,  della   potesta'
legislativa statale in materia di ordinamento civile di cui  all'art.
117, secondo comma, lettera l), e  dei  principi  di  ragionevolezza,
buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione pubblica di  cui
all'art.  97  della  Costituzione,  anche   perche'   essa   potrebbe
comportare richieste emulative  da  parte  di  altre  regioni  e  far
sorgere correlate aspettative da parte del corrispondente personale. 
    La disposizione regionale  viola,  peraltro,  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione in materia di coordinamento  della  finanza
pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della  propria  autonomia,
non puo' derogare. 
    La disposizione eccede anche dalle competenze statutarie che,  ai
sensi dell'art. 4  dello  statuto  speciale  detta  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia - legge costituzionale 31 gennaio  1963,  n.  1
devono essere svolte «In armonia con la Costituzione, con i  principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica,  con  le  norme
fondamentali delle riforme economico-sociali...».