IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA 
                           sezione penale 
 
    In composizione  monocratica  nella  persona  del  giudice  dott.
Simone Spina, all'udienza del giorno 21 maggio 2020, svolta  a  porte
chiuse, ai sensi dell'art. 472, terzo comma del codice  di  procedura
penale, ha pronunciato la  presente  ordinanza  (di  rimessione  alla
Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale); 
    Visti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato; 
    Considerato che il presente giudizio, per  i  motivi  di  seguito
esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  83,  quarto
comma del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 aprile  2020,  n.  27,  in  riferimento
all'art. 25, secondo comma della Costituzione, la' dove  prevede  che
il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020
rimane sospeso per un periodo di tempo pari  a  quello  in  cui  sono
sospesi  i  termini  per  il  compimento  di   qualsiasi   atto   dei
procedimenti penali. 
    Ritenuta non manifestamente infondata la  predetta  questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  le  ragioni  meglio  chiarite  in
prosieguo; 
 
                               Osserva 
 
    1. Sui fatti oggetto di giudizio - In  via  preliminare,  occorre
evidenziare  che  il  presente  giudizio  ha  ad   oggetto   distinte
contestazioni di reati commessi prima del 9 marzo 2020, 
    Secondo l'ipotesi accusatoria, piu' in  particolare,  V.D.G.G.  e
P.A., in concorso tra loro e nelle rispettive qualita' di committente
e  di  legale  rappresentante  della  ditta  esecutrice  dei  lavori,
avrebbero  realizzato  due  piscine  in  zona  soggetta   a   vincolo
idrogeologico  e  in  totale  assenza  del  prescritto  permesso   di
costruire. 
    1.1. Il  pubblico  ministero,  in  effetti,  ha  contestato  agli
imputati di aver violato l'art.  44,  primo  comma,  lettera  c),  in
relazione all'art. 32, comma  3  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 6  giugno  2001,  n.  380,  articolando  l'accusa  in  due
distinti capi d'imputazione:  al  capo  A)  della  rubrica  e'  stata
contestata la realizzazione di una prima piscina, in zona soggetta  a
vincolo idrogeologico e in assenza del permesso di costruire; al capo
B) della rubrica, e' stata contestata la realizzazione di una seconda
piscina, sempre in zona soggetta a vincolo idrogeologico e, anche  in
tal caso, in totale assenza del permesso di costruire. 
    1.2. Nell'imputazione, il  fatto  ascritto  al  capo  A)  risulta
indicato come commesso «il 20 aprile 2015 (data  di  ultimazione  dei
lavori)», mentre quello ascritto al capo  B)  risulta  indicato  come
commesso «il 24 aprile 2017 (data di ultimazione dei lavori)». 
    1.3. In ordine a tali contestazioni,  l'azione  penale  e'  stata
esercitata il 28 febbraio 2019, mediante decreto di citazione diretta
a giudizio. 
    2. Sul termine di prescrizione del reato contestato al capo A)  -
Tanto premesso sui  fatti  per  cui  si  procede,  decisiva,  appare,
anzitutto, l'individuazione del  giorno  di  consumazione  del  reato
contestato al capo A), per l'indubbio rilievo che tale dato assume al
fine di determinarne il tempo necessario a prescrivere. 
    2.1. Al riguardo, osserva il  tribunale  che  in  tema  di  reati
edilizi il tempus commissi delicti, rilevante  ai  fini  del  decorso
della prescrizione, puo' coincidere, a seconda dei casi: 
        a) o con l'ultimazione dei lavori per integrale completamento
dell'opera, inclusa la realizzazione delle rifiniture; 
        b) o con la sospensione dei lavori,  sia  essa  volontaria  o
imposta per fatto del  terzo  (qual  e',  ad  esempio,  l'intervenuto
sequestro dell'opera); 
        c) o con la sentenza di primo grado, la' dove i lavori  siano
continuati anche dopo l'accertamento  del  reato  (v.,  ex  plurimis,
Cass. pen., Sez. 3, sentenza n. 46215 del 3 luglio 2018, Rv.  274201;
Sez. 3, sentenza n. 29974 del 6 maggio 2014, Sullo Rv.  260498;  Sez.
3, sentenza n. 8172 del 27 gennaio 2010, Vitali, Rv. 246221; Sez.  3,
sentenza n. 38136 del 25 settembre 2001, Triassi, Rv. 220351). 
    2.2. Dall'istruttoria dibattimentale,  peraltro,  non  e'  emersa
alcuna prova che i lavori della prima piscina fossero  gia'  ultimati
in una data anteriore a  quella  del  20  aprile  2015,  dalla  quale
soltanto  deve  quindi  farsi  decorrere  il  termine  necessario   a
prescrivere. 
    2.3. Considerate, pertanto, le previsioni di  cui  agli  articoli
157, 160 e 161 del codice penale, il termine quinquennale massimo  di
prescrizione del reato contestato al capo A) deve  ritenersi  decorso
al giorno 20 aprile 2020, non essendo nel frattempo  maturata  alcuna
sospensione del corso della prescrizione, ad eccezione di quella oggi
prevista nell'art. 83, comma quarto del decreto-legge 17 marzo  2020,
n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.
27. 
    3.  Sulla  norma  oggetto   della   questione   di   legittimita'
Costituzionale e sulla sua applicabilita' al reato contestato al capo
A) - Al fine di meglio  chiarire  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale proposta, con il presente  provvedimento,
occorre  preliminarmente  ricostruire   il   complesso   degli   atti
legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica  da
COVID-19, soffermandosi in particolare  sul  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito
della sequela di  interventi  legislativi,  eccezionali  ed  urgenti,
inaugurata con decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 e chiusa,  per  quel
che qui rileva, dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23. 
    3.1. Con il decreto-legge n. 11/2020 (dapprima abrogato dall'art.
1, comma 2 della  medesima  legge  n.  27/2020,  di  conversione  del
decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020,  per
mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione)
e' stato inizialmente previsto «un differimento urgente delle udienze
e una  sospensione  dei  termini  nei  procedimenti  civili,  penali,
tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi', testualmente,  la
relazione illustrativa al disegno di legge di  conversione  in  legge
del decreto-legge n. 18/2020). 
    3.2. Il termine  del  22  marzo  2020  e'  stato  poi  prorogato,
dapprima, al 15 aprile 2020, in  forza  dell'art.  83,  primo  comma,
decreto-legge n. 18/2020 e, successivamente, all'11 maggio  2020,  in
virtu' dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020,  che  non
ha tuttavia sostituito  il  pregresso  termine  inscritto  nel  corpo
dell'art.  83,  limitandosi  a  disporne  la  proroga,  con  autonoma
disposizione. 
    3.3. Prevede, infatti, l'art. 83, primo comma,  decreto-legge  n.
18/2020, nella versione attualmente in vigore, che «dal 9 marzo  2020
al 15 aprile  2020  le  udienze  dei  procedimenti  civili  e  penali
pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a
data successiva al 15 aprile 2020» aggiungendo, al secondo comma, che
«dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e' sospeso il decorso dei termini
per il  compimento  di  qualsiasi  atto  dei  procedimenti  civili  e
penali.». Prevede  poi  l'art.  36,  primo  comma,  decreto-legge  n.
23/2020 che «il termine del 15 aprile  2020  previsto  dall'art.  83,
commi 1 e 2 del decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18,  e'  prorogato
all'11 maggio 2020». 
    3.4.  Il  dato  teleologico  della  disciplina   complessivamente
prevista ai commi primo e  secondo  dell'art.  83,  decreto-legge  n.
18/2020 - come, d'altronde, espressamente  affermato  e  riconosciuto
dallo stesso legislatore governativo nella relazione  al  disegno  di
legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 - ruota  attorno  a
un duplice asse: da una parte, la necessita' di «sospendere tutte  le
attivita' processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di
contatto personale  che  favoriscono  il  propagarsi  dell'epidemia»;
dall'altra, l'esigenza di «neutralizzare ogni effetto negativo che il
massimo differimento delle attivita' processuali disposto al comma  1
avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti  per  effetto  del
potenziale decorso dei  termini  processuali»  (cosi',  la  relazione
illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge  n.
18/2020). In altri termini, se nel primo comma  viene  prescritto  il
«massimo differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi il
rinvio obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra il  9  marzo
2020 e l'11 maggio 2020, nel secondo comma viene invece  prevista  la
sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei  termini
processuali. 
    3.5. La disposizione  che,  in  questa  sede,  risulta  pero'  di
maggiore rilievo risiede nel quarto comma del citato  art.  83:  «nei
procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai  sensi
del comma 2 [e'] altresi' sospes[o], per lo stesso periodo, il  corso
della prescrizione». 
    3.6. In proposito, e' facile rilevare come il  legislatore  abbia
istituito uno stretto legame tra sospensione dei termini  processuali
e sospensione del corso della  prescrizione,  ancorando  quest'ultima
alla prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi,  sia
per quel che riguarda  l'estensione  temporale.  Pertanto,  la'  dove
siano sospesi i termini per  il  compimento  di  qualsiasi  attivita'
processuale, restera' parimenti sospeso il corso della  prescrizione,
per un periodo di tempo sempre fisso e  prestabilito,  corrispondente
all'arco di tempo che intercorre tra il 9 marzo e l'11  maggio  2020,
pari a complessivi sessantatre giorni. 
    3.7. E' chiaro,  peraltro,  che  un  legame  altrettanto  stretto
sussista anche tra rinvio (o differimento)  d'udienza  e  sospensione
del corso della prescrizione. Ritiene, infatti, il tribunale  che  il
rinvio obbligatorio d'udienza previsto  dall'art.  83,  primo  comma,
decreto-legge n. 18/2020, altro non sia  che  una  diversa  forma  di
sospensione del «compimento di qualsiasi atto  dei  procedimenti  ...
penali». 
    Non puo', pertanto, fondatamente sostenersi che  il  richiamo  al
solo secondo  comma  dell'art.  83,  operato  dal  quarto  comma  del
medesimo articolo («... nei  procedimenti  penali  in  cui  opera  la
sospensione dei  termini  ai  sensi  del  comma  2  ...»),  valga  ad
escludere  l'applicabilita'  della  sospensione   del   corso   della
prescrizione per quei procedimenti penali in cui, ai sensi del  primo
comma, sia stato disposto il rinvio d'ufficio dell'udienza.. Se cosi'
fosse, d'altronde, tale sospensione resterebbe di  fatto  inapplicata
nella totalita' dei procedimenti in cui sia stato disposto un  rinvio
d'udienza, in contrasto con la  stessa  ratio  legis  dell'intervento
normativo in parola, che proprio tramite l'istituto della sospensione
ha  inteso  «neutralizzare  ogni  effetto  negativo»  conseguente  al
«massimo differimento delle attivita' processuali». 
    A tale rilievo, inoltre, se ne deve  aggiungere  un  altro,  dato
dalla constatazione che l'art. 83, decreto-legge n. 18/2020  condensa
in un'unica disposizione, seppure in parte revisionata e  riordinata,
la disciplina inizialmente prevista dal decreto-legge n. 11/2020, poi
in  effetti  abrogato  (e  successivamente   decaduto),   in   quanto
definitivamente superato dal predetto art. 83.  Da  questo  punto  di
vista,  non  puo'  non  rilevarsi,   allora,   come   la   disciplina
originariamente prevista dal  decreto-legge  n.  11/2020,  muovendosi
nell'ambito  del  medesimo  dato  teleologico  sotteso  all'art.  83,
ancorasse proprio al meccanismo del rinvio  d'udienza  l'operativita'
della sospensione del  corso  della  prescrizione.  Sarebbe,  dunque,
quantomeno irragionevole ritenere che una disciplina  introdotta  con
la dichiarata finalita' di razionalizzare un'altra, peraltro ed  essa
di poco precedente e con la quale condivide lo scopo di  contemperare
lo  strumento  del  differimento  obbligatorio   d'udienza   con   il
meccanismo sospensivo, risulti poi massimamente carente e deficitaria
proprio sotto quest'ultimo profilo. 
    3.8.  In  ragione  di  siffatti  rilievi,  ritiene  pertanto   il
tribunale che la prescrizione del reato contestato al capo  A)  debba
intendersi  sospesa,  in   virtu'   dell'art.   83,   quarto   comma,
decreto-legge  n.  18/2020,  per  complessivi   sessantatre   giorni;
dovendosi pertanto posticipare al  22  giugno  2020  il  decorso  del
termine massimo di prescrizione. Tale  effetto  sospensivo,  infatti,
consegue al differimento all'udienza del 14  maggio  2020  di  quella
originariamente fissata al 7 maggio 2020, disposto con  provvedimento
depositato in cancelleria il 29 aprile 2020, e ritualmente notificato
al pubblico ministero, agli imputati e ai rispettivi difensori. 
    3.9. Questo giudicante,  tuttavia,  dubita  della  conformita'  a
Costituzione di una norma che, prolungandone la durata di sessantatre
giorni, modifica in senso sfavorevole all'imputato  il  regime  della
prescrizione di un reato commesso prima della tua entrata in vigore. 
    3.10. Detta norma, d'altra parte, non puo' certo essere  ignorata
dal  tribunale,   essendosi   verificata   la   sua   condizione   di
applicazione, costituita dal differimento dell'udienza del  7  maggio
2020, disposto ai sensi dell'art. 83, primo comma,  decreto-legge  n.
18/2020 e dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. 
    3.11. Ne' puo' essere utilmente  invocata  la  possibilita',  per
questo giudice, di definire il presente  giudizio  con  pronuncia  di
proscioglimento nel merito, da adottarsi ai sensi dell'art. 129  cpv.
del  codice  di  procedura  penale.  Pur  essendosi,  infatti,  ormai
esaurita  l'assunzione  delle  prove,  non  e'   tuttavia   possibile
pervenire ad una pronuncia di assoluzione nel merito, se  non  previo
meditato e approfondito apprezzamento delle  risultanze  istruttorie,
dagli atti non essendo emersa alcuna circostanza evidente,  chiara  e
manifesta,  tale  da  escludere  in  radice  l'esistenza  del   fatto
contestato al capo A), la non commissione del medesimo da parte degli
imputati o la sua rilevanza penale. 
    3.12. Le considerazioni e i rilievi innanzi esposti, ad avviso di
questo  giudicante,  depongono  tutti  nel  senso  di  escludere   la
possibilita'  che  il  presente  giudizio   possa   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 83, quarto comma del decreto-legge 17  marzo
2020, n. 18, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  24  aprile
2020,  n.  27,  in  riferimento  all'art.  25,  secondo  comma  della
Costituzione. 
    3.13. D'altra parte esistono plurimi argomenti per  escludere  il
carattere  manifestamente  infondato  della  predetta  questione   di
legittimita'   costituzionale.   Argomenti   che    attengono    alle
caratteristiche della prescrizione e  alla  sua  natura,  nonche'  al
rapporto tra questa e il principio  costituzionale  di  legalita'  in
materia penale, come di seguito si andra' meglio a precisare. 
    4. Sull'istituto della prescrizione e sulla sua  natura,  nonche'
sul principio costituzionale di legalita' in materia penale e sul suo
ambito di applicazione - In via preliminare,  osserva  il  giudicante
come la prescrizione, misurando  la  concreta  rilevanza  che  ha  il
decorso del tempo sul potere di punire, possa essere configurata come
istituto che attiene o al profilo «statico» della  potesta'  punitiva
oppure a quello «dinamico». 
    La' dove ad essere privilegiato  sia  il  profilo  «statico»,  la
prescrizione rientrera' allora in quel  complesso  di  elementi  che,
descritti dalla legge quale presupposti di una pena, prende  il  nome
di «reato». Per converso,  qualora  ad  essere  privilegiato  sia  il
profilo «dinamico»,  la  prescrizione  sara'  invece  ricompresa  nel
novero di quella serie di attivita' che, dirette alla formulazione di
un giudizio e alla conseguente condanna o assoluzione di un imputato,
prende il nome di «processo». 
    Nel primo caso, la prescrizione e' intesa come elemento che  deve
necessariamente mancare affinche'  un  fatto  di  reato  possa  dirsi
punibile, concorrendo cosi' a connotare la struttura stessa del reato
e dovendo, pertanto, essere  annoverata  tra  le  figure  di  diritto
penale sostanziale.  Nel  secondo  caso,  invece,  essa  andra'  piu'
propriamente caratterizzata come figura  di  diritto  processuale  e,
piu' in particolare,  come  causa  o  condizione  d'improcedibilita',
affiancandosi cosi', quanto a esclusiva incidenza sull'azione penale,
alla querela, all'istanza, alla richiesta  e  all'autorizzazione,  da
queste  tuttavia  differendo  per  il  sol  fatto  che  e'   la   sua
«sopravvenuta» presenza - e  non  gia'  l'«originaria»  assenza  -  a
paralizzare  l'esercizio  dell'azione  penale,  impedendone  l'inizio
ovvero la prosecuzione. 
    L'alternativa tra le opzioni innanzi  descritte,  in  definitiva,
consiste nel ritenete la prescrizione  o  come  istituto  di  diritto
processuale, percio'  regolato  e  governato,  nei  suoi  profili  di
diritto intertemporale, dal principio tempus regit actum  (in  questo
senso, v. Cass. pen., Sez. 1, sentenza n. 7385  del  5  giugno  2000,
Hasani, Rv. 216255); oppure come  istituto  di  diritto  sostanziale,
retto e disciplinato dal principio di legalita'  in  materia  penale,
espresso dall'art. 25, secondo comma della Costituzione. 
    4.1. Cio' premesso in via generale, ritiene il tribunale che  nel
nostro ordinamento la prescrizione debba  essere  annoverata  tra  le
figure di diritto penale sostanziale, come  d'altronde  espressamente
affermato,  in  plurime  occasioni,  tanto  dalla  giurisprudenza  di
legittimita' (v., ex plurimis, Cass. pen., Sez. U, sentenza n.  33543
dell'11 luglio 2001, Brembati, Rv. 219222; Sez. U, sentenza n.  13390
del 28 ottobre 1998 Boschetti, Rv. 211904; Sez. U, sentenza  n.  3760
del 16 marzo 1994, Muriaro, Rv. 196575), quanto, e soprattutto, dalla
giurisprudenza costituzionale. 
    4.2. Sul punto, di particolare rilievo appaiono le pronunce della
Consulta rese nell'ambito della nota vicenda Taricco, ove il  giudice
delle leggi ha qualificato la prescrizione come «istituto che  incide
sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso  del  tempo
letto  di  impedire   l'applicazione   della   pena»,   espressamente
affermando che  la  stessa  «rientra  nell'alveo  costituzionale  del
principio di legalita' penale  sostanziale  enunciato  dall'art.  25,
secondo comma della Costituzione con formula di particolare ampiezza»
(v. Corte costituzionale, sentenza n. 115 del  2018,  considerato  in
diritto, par. 10). Nella stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha
inoltre aggiunto che la  prescrizione  «deve  essere  considerata  un
istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare attraverso  un
ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio  e  l'interesse  a
perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal  reato
non sia venuto meno (potendosene anche escludere  l'applicazione  per
delitti di estrema gravita')»; ma avendo cura di precisare, tuttavia,
che il potere del legislatore di modulare tale istituto deve comunque
svolgersi  «sempre  nel  rispetto  di  tale  premessa  costituzionale
inderogabile», ossia del principio di legalita' in  materiale  penale
e, dunque, anche del principio di irretroattivita' della legge penale
sfavorevole al reo (v. sempre Corte costituzionale, sentenza  n.  115
del 2018, considerato in diritto, sempre par. 10). 
    Ma gia' in sede di rinvio pregiudiziale alla Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, la Consulta  ha  avuto  modo  di  affermare  che
«nell'ordinamento  giuridico  nazionale  il   regime   legale   della
prescrizione e' soggetto al principio di legalita' in materia penale,
espresso dall'art. 25, secondo comma della Costituzione,  aggiungendo
trattarsi di «giusta premessa» quella secondo cui  «il  principio  di
legalita' penale riguarda anche il regime legale della  prescrizione»
(v. Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, parr. 4 e 5). 
    4.3. Un simile orientamento, peraltro, non appare affatto isolato
nella giurisprudenza costituzionale. Al contrario, esso  si  iscrive,
pianamente  e  coerentemente,  nel  lungo  solco  di  pronunce   che,
riconoscendo la natura sostanziale della prescrizione, ne  affermano,
piu' o  meno  esplicitamente,  la  sua  integrale  sottoposizione  al
principio di legalita'  in  materia  penale,  sancito  dall'art.  25,
secondo comma della Costituzione. 
    A tal fine, puo' invero menzionarsi la pronuncia n. 265 del 2017,
la' dove si afferma che la prescrizione  «pur  potendo  assumere  una
valenza  anche  processuale,  in   rapporto   alla   garanzia   della
ragionevole durata  del  processo  (art.  111,  secondo  comma  della
Costituzione) ... costituisce, nel vigente ordinamento,  un  istituto
di natura sostanziale ... la cui ratio «si  collega  preminentemente,
da un lato, all'«interesse generale di non piu'  perseguire  i  reati
rispetto ai quali il lungo tempo decorso  dopo  la  loro  commissione
abbia fatto venir meno, o  notevolmente  attenuato,  [...]  l'allarme
della coscienza comune» ..., dall'altro, «al  diritto  all'oblio  dei
cittadini, quando il reato non sia  cosi'  grave  da  escludere  tale
tutela»  (v.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  265   del   2017,
considerato in diritto, par. 5). 
    Ma negli stessi termini la  Corte  si  e'  espressa  anche  nella
pronuncia n. 143 del 2014: «sebbene possa proiettarsi anche sul piano
processuale - concorrendo, in specie a realizzare la  garanzia  della
ragionevole durata  del  processo  (art.  111,  secondo  comma  della
Costituzione)   -   la    prescrizione    costituisce    nell'attuale
configurazione,  un  istituto  di  natura  sostanziale»   (v.   Corte
costituzionale, sentenza n. 143 del  2014,  considerato  in  diritto,
par. 3). 
    Non dissimile  quanto  a  contenuto,  inoltre,  e'  un  passaggio
incidentale della pronuncia n. 294,  del  2010,  ove  discorrendo  di
prescrizione viene affermato trattarsi di «un  tema  ...  di  diritto
penale sostanziale» (v. Corte costituzionale,  sentenza  n.  294  del
2010, considerato in diritto, par. 3). 
    In termini piu' netti sembra esprimersi la pronuncia n.  324  del
2008, ove si afferma essere «pacifico ... che la prescrizione,  quale
istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina  di  cui
all'art. 2 ... codice penale» (v. Corte costituzionale,  sentenza  n.
324 del 2008, consideralo in diritto, par. 7).  Piu'  a  ritroso  nel
tempo si rinviene, poi, la pronuncia n. 393 del 2006,  che  parimenti
parla  di  «natura  sostanziale  della  prescrizione»,  a  tal   fine
insistendo sull'«effetto da essa prodotto», in quanto «il decorso del
tempo non si limita ad estinguere  l'azione  penale,  ma  elimina  la
punibilita' in se' per se', nel senso che costituisce  una  causa  di
rinuncia  totale  dello  Stato  alla  potesta'  punitiva»  (v.  Corte
costituzionale, sentenza n. 393 del  2006,  considerata  in  diritto,
par. 4); pronuncia ancor prima preceduta dalla n. 275 del  1990,  che
sempre  riferendosi  alla  prescrizione  ne  afferma  la  natura   di
«istituto sostanziale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 275  del
1990, considerato in diritto, par. 3). 
    4.4. D'altra parte, quel  che  vale  per  la  prescrizione,  deve
altresi' valere per il  suo  regime  modificativo,  costituito  dagli
istituti dell'interruzione e della sospensione. E' questa, ad  avviso
del tribunale, una conclusione affatto piana e agevole da  sostenere,
scontrandosi con i piu' elementari canoni della logica  la  tesi  che
ritenesse sottratti alla copertura costituzionale prevista, dall'art.
25,   secondo   comma   della   Costituzione,   i    soli    istituti
dell'interruzione  e  della  sospensione.  Una  conclusione,  questa,
peraltro espressamente avvalorata anche dalla Consulta, che cosi'  si
esprime, sul punto, nell'ordinanza n. 24 del 2017:  «nell'ordinamento
giuridico nazionale il regime legale della prescrizione  e'  soggetto
al principio di legalita' in materia penale, espresso  dall'art.  25,
secondo comma della Costituzione, come questa Corte ha  ripetutamente
riconosciuto  (da  ultima  sentenza  n.  143  del  2014)»  (v.  Corte
costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, par. 4). 
    4.5. Ne' ignora  questo  giudicante  come  esistano  orientamenti
volti ad evidenziare la «variabile dinamica cui  tale  istituto,  pur
afferendo alla sfera del diritto penale sostanziale (come ribadito da
questa Corte, da ultimo, nella sentenza  n.  115  del  2018),  e'  in
concreto  esposto  nelle  singole   vicende   processuali,   ciascuna
contrassegnata da unao specifico andamento in  sede  giurisdizionale»
(Corte costituzionale, sentenza  n.  143  del  2018,  considerato  in
diritto, par. 4.4). Tuttavia, e' proprio l'attenzione riservata dalla
Consulta all'istituto della prescrizione, specie con riferimento alla
piu' volte affermata sottoposizione  della  stessa  al  principio  di
legalita' in materia penale, che giustifica il deferimento alla Corte
della presente questione. 
    4.6. Giova  infine  rilevare  che  proprio  dalla  giurisprudenza
costituzionale innanzi citata possono  trarsi  argomenti  a  sostegno
della  tesi  per  cui  l'ambito  di  applicazione  del  principio  di
legalita'  in  materia  penale  sancito  dall'art.  25   cpv.   della
Costituzione,  diversamente  da  quello  riconosciuto   dalle   carte
internazionali ed europee, non sia  limitato  alla  sola  descrizione
degli elementi che compongono  il  reato,  ma  includa  ogni  profilo
sostanziale concernente il regime della punibilita'. 
    4.7. In conclusione, ritiene il tribunale che l'art.  83,  quarto
comma del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18,  concernendo  condotte
anteriori alla sua entrata in vigore, determini un  aggravamento  del
regime della  punibilita'  (consistente  nel  prolungamento,  pari  a
sessantatre  giorni,  del  tempo  necessario  a  prescrivere),  cosi'
ponendosi in contrasto con  il  principio  di  legalita'  in  materia
penale, espresso dall'art. 25, secondo comma della  Costituzione,  in
forza del quale le modifiche normative che comportino un aggravamento
del regime della punibilita' devono spiegare la propria efficacia con
riferimento ai soli fatti commessi quando le  stesse  erano  gia'  in
vigore. 
    5. Sul tentativo  di  ricondurre  al  dettato  costituzionale  la
disposizione censurata - Intesi prescrizione e connesso  regime  come
ricadenti sotto la sfera di applicazione del principio  di  legalita'
in materia penale, non puo' allora ritenersi manifestamente infondata
la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  83,  quarto
comma del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in riferimento all'art.
25 cpv. della Costituzione. 
    5.1. Ne' appare utilmente  esperibile  un  tentativo  ermeneutico
teso  a  ricercare,  della  disposizione  predetta,  un   significato
compatibile con l'art. 25, secondo comma  della  Costituzione,  cosi'
elidendone in radice i rilevati profili di attrito. 
    5.2. Inadeguata al dettato costituzionale,  da  questo  punto  di
vista, e'  anzitutto  la  tesi  per  cui  l'art.  83,  quarto  comma,
decreto-legge n. 18/2020 costituirebbe null'altro che una particolare
applicazione di quanto gia' previsto dall'art. 159, primo  comma  del
codice penale («il corso della prescrizione rimane  sospeso  in  ogni
caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale ...
e' imposta da una  particolare  disposizione  di  legge»),  al  quale
ultimo soltanto andrebbe  percio'  ricollegato  l'effetto  sospensivo
della prescrizione, per i procedimenti rinviati  d'ufficio  ai  sensi
dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020, come  modificato
dall'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. 
    Una simile ricostruzione interpretativa,  per  vero,  non  appare
infatti sostenibile se non disconoscendo la stessa portata innovativa
dell'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 (e, con essa, la
sua capacita' di produrre effetti giuridici), di  questo  operandosi,
in tal modo, una vera e propria  interpretatio  abrogans,  quantomeno
nella parte relativa alla sospensione della prescrizione. 
    Tale ricostruzione, inoltre, implicitamente postulando  che  ogni
rinvio d'ufficio (e, dunque, non soltanto quello imposto dall'art. 83
del  decreto-legge  n.  18/2020)  rappresenti  un  «caso  in  cui  la
sospensione del procedimento o del processo penale ... e' imposta  da
una particolare  disposizione  di  legge»  (secondo  quanto  disposto
dall'art.  159,  primo  comma  del  codice   penale),   finisce   con
l'equiparare  la  nozione  di  «rinvio   d'udienza»   a   quella   di
«sospensione del procedimento», ascrivendo ad  entrambe  il  medesimo
effetto, in punto di sospensione del  corso  della  prescrizione,  da
ritenersi cosi' prodotto ogni qualvolta il giudice disponga un rinvio
d'udienza. 
    Al riguardo, giova tuttavia osservare come le espressioni «rinvio
d'udienza» e «sospensione del  procedimento»  denotino  concetti  tra
loro affatto distinti e non sovrapponibili, diverso essendo, gia' sul
piano semantico, il significato dei termini «sospensione» e  «rinvio»
(quest'ultimo, invece, sinonimo  della  parola  «differimento»,  come
peraltro espressamente riconosciuto  dallo  stesso  legislatore,  che
nella relazione illustrativa al disegno di legge di  conversione  del
decreto-legge n. 18/2020 parla infatti di «differimento urgente delle
udienze»). 
    Ma e' la stessa sistematica del codice di rito ad offrire i  piu'
idonei argomenti per smentire la sussistenza di  un  nesso  biunivoco
tra rinvio d'udienza e sospensione del procedimento. 
    Nel tessuto codicistico, infatti, e' piuttosto agevole  rinvenire
ipotesi normative di sospensione del procedimento che  non  importano
alcun  rinvio  d'udienza  o  che,  comunque,  non  dipendono  affatto
dall'eventuale previsione di un rinvio  d'udienza.  E'  il  caso,  ad
esempio,  della  sospensione   del   procedimento   per   incapacita'
dell'imputato, prevista dall'art. 71 del codice di procedura  penale;
o  quello  della  sospensione  del  procedimento   conseguente   alla
presentazione della richiesta di rimessione,  prevista  dall'art.  47
del codice di procedura penale; o quello, ancora,  della  sospensione
del  procedimento  per  assenza  dell'imputato,  prevista   dall'art.
420-quater del codice di procedura penale; o  quello,  infine,  della
sospensione del procedimento, nelle ipotesi previste dagli articoli 3
e 479 del codice di procedura penale. 
    Per converso, altrettante sono le ipotesi di rinvio  dell'udienza
alle quali non consegue alcuna sospensione del  procedimento.  E'  il
caso, ad esempio, del differimento d'udienza previsto  dall'art.  465
del codice di procedura penale; o quello, ancora piu'  paradigmatico,
della «prosecuzione» del dibattimento disposta dal giudice, ai  sensi
dell'art. 477 del codice di procedura penale, nell'ipotesi in cui non
sia «assolutamente possibile esaurire il  dibattimento  in  una  sola
udienza» (ipotesi, questa, come noto assai frequente nella prassi). 
    Siffatti  rilievi,  ad  avviso  del  giudicante,  confortano   la
conclusione interpretativa per cui la  sospensione  del  procedimento
non consegua, sic et simpliciter, ad  un  semplice  rinvio  d'udienza
(sia  esso  disciplinato  come   obbligatorio   o   facoltativo),   a
quest'ultimo non potendosi pertanto  ritenere  connessa,  se  non  in
forza di un'espressa  previsione  normativa.  In  altri  termini,  se
certamente vero e' che la sospensione del  processo  «automaticamente
coinvolg[e] ... disciplina di diritto sostanziale della  prescrizione
del reato»  (v.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  24  del  2014,
considerato in diritto, par. 8),  non  e'  parimenti  vero  che  ogni
rinvio   d'udienza,   generando   una   sospensione   del   processo,
automaticamente coinvolga la disciplina della prescrizione del reato. 
    Una conclusione, questa, che risulta, peraltro  coerente  con  la
necessita',  avvertita  dallo  stesso  legislatore,   di   introdurre
un'espressa previsione normativa - qual e' quella di cui all'art. 83,
quarto comma,  decreto-legge  n.  18/2020  -  il  cui  unico  effetto
giuridico, nei presupposti ancorato alla sospensione  di  un  termine
del procedimento penale, fosse quello di sospendere  il  corso  della
prescrizione per tutti i reati sub iudice e, quindi,  necessariamente
relativi a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. 
    5.3. Ritiene, poi,  il  tribunale  che  al  fine  di  adeguare  a
Costituzione l'art. 83, quarto comma, decreto-legge  n.  18/2020  non
possa  essere  utilmente   speso   l'argomento   per   cui   la   sua
legittimazione costituzionale potrebbe essere rinvenuta nel carattere
«emergenziale»  o  «eccezionale»  o  comunque   «necessitato»   della
complessiva disciplina in cui detto articolo si inscrive. 
    Sul punto, infatti, giova osservare come  sia  la  stessa  logica
dello stato di diritto - che non ammette eccezione alcuna alle regole
in  esso  stipulate  come  fondamentali  -  a  frapporre  un   argine
invalicabile alla possibilita'  di  individuare  spazi  di  deroga  o
ambiti di non  applicabilita'  in  quei  principi  che,  appartenendo
«all'essenza dei valori supremi sui quali si  fonda  la  Costituzione
italiana» (cosi', testualmente,  Corte  costituzionale,  sentenza  n.
1146 del 1988,  considerato  in  diritto,  par.  2.1),  costituiscono
elementi identificativi dell'ordinamento costituzionale. E nel novero
di tali  principi  deve,  per  vero,  farsi  rientrare  anche  quello
espresso dall'art. 25, secondo  comma  della  Costituzione,  come  di
recente affermato dal giudice delle leggi, sempre  nell'ambito  della
nota vicenda Taricco: «non vi e' [...] dubbio  che  il  principio  di
legalita'  in   materia   penale   esprima   un   principio   supremo
dell'ordinamento,  posto   a   presidio   dei   diritti   inviolabili
dell'individuo, per la parte in cui esige che le norme  penali  [...]
non  abbiano  in  nessun  caso  portata   retroattiva.»   (v.   Corte
costituzionale, ordinanza n. 24 del  2017,  considerato  in  diritto,
par. 2). 
    Nessuna deroga, dunque, puo' essere ammessa al principio  supremo
dell'irretroattivita' della legge  penale  sfavorevole.  Soltanto  il
principio di retroattivita' della legge penale  favorevole,  infatti,
«non puo'  essere  senza  eccezioni»,  in  cio'  differenziandosi  da
«quello di irretroattivita' della legge penale sfavorevole», che  per
l'appunto non tollera nessuna  eccezione  (v.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 236 del 2011, considerato in diritto, par. 13). 
    5.4. Pertanto  -  e  con  esclusivo  riferimento  ai  profili  di
ammissibilita' della  questione  qui  dedotta,  essendone  il  merito
interamente devoluto al giudizio della Corte costituzionale - ritiene
il giudicante che dell'enunciato  «nei  procedimenti  penali  in  cui
opera la sospensione dei termini  [e']  altresi'  sospes[o],  per  lo
stesso periodo, il corso della prescrizione»  non  possano  ricavarsi
interpretazioni   conformi   all'art.   25,   secondo   comma   della
Costituzione, comunque diverse dalle seguenti: 
        a) per i procedimenti penali in cui opera la sospensione  dei
termini disposta  in  conseguenza  dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19, il corso della prescrizione dei reati rimane sospeso per un
periodo di tempo pari alla predetta sospensione dei termini; 
        b) la sospensione del corso della prescrizione e' un  effetto
diretto della sola previsione normativa di cui  all'art.  83,  quarto
comma del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; 
        c) la sospensione  del  corso  della  prescrizione  opera  di
diritto e si applica anche ai reati commessi  prima  dell'entrata  in
vigore del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (recte:  prima  del  9
marzo 2020). 
    6.  Sugli  esatti  termini  della   questione   di   legittimita'
costituzionale  -  Alla  luce  delle  ragioni  innanzi  esposte,  che
giustificano la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione  proposta  con   la   presente   ordinanza,   s'impone   la
trasmissione  degli   atti   del   presente   giudizio   alla   Corte
costituzionale,   affinche'   si    pronunci    sulla    legittimita'
costituzionale dell'art. 83, quarto comma del decreto-legge 17  marzo
2020, n. 18, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  24  aprile
2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalita'  in  materia
penale, espresso dall'art. 25, secondo comma  della  Costituzione  e,
piu' in particolare, con il sotto-principio di irretroattivita' della
legge penale sfavorevole al reo, la' dove e' previsto  che  il  corso
della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020  rimanga
sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi  i
termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali.