IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA Sezione Prima Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 795 del 2020, proposto da C.D.P., rappresentato e difeso dagli avvocati Roberta Ligotti e Riccardo Maria Zanchetta, con domicilio digitale eletto presso la loro casella PEC come da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del secondo in Milano, via Francesco De Sanctis n. 33; Contro: Ministero dell'interno e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege in Milano, via Freguglia n. 1; Prefettura di Milano, in persona del Prefetto pro tempore, non costituito; Per l'annullamento, previa sospensione: del provvedimento del Ministero delle infrastrutture e trasporti - Ufficio della motorizzazione di Milano del 9 dicembre 2019 con cui e' stato negato il rilascio del titolo abilitativo alla guida; della nota n. 2019/2970 del Prefetto di Milano; di ogni atto conseguente e presupposto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Visto l'art. 79, comma 1 cod. proc. amm.; Visto l'art. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; Relatore la dott.ssa Valentina Mameli nella Camera di consiglio del 27 maggio 2020 tenutasi con le modalita' previste dall'art. 84 del decreto-legge n. 18/2020 mediante collegamenti da remoto, come specificato nel relativo verbale; 1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 9 dicembre 2019 con il quale l'Ufficio della motorizzazione di Milano ha negato il rilascio del titolo abilitativo alla guida, risultando inserito nel sistema informativo del Dipartimento dei trasporti un «ostativo» al rilascio del predetto titolo a carico dell'istante. Con l'atto introduttivo del giudizio il ricorrente ha premesso le seguenti circostanze di fatto. In data 18 febbraio 2016 il Tribunale di Milano, Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, con decreto n. 16/2016, nel p.p. n. 114/15 R.G.M.P., disponeva a carico del ricorrente la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno per anni due. Al momento della notificazione (26 febbraio 2016) il ricorrente era agli arresti domiciliari, con scadenza in data 24 marzo 2020. Il provvedimento precisava che alla scadenza della data del 24 marzo 2020 o di anticipata liberazione sarebbe stato sottoposto alla predetta misura di prevenzione. Sempre in data 15 aprile 2016 veniva notificato il provvedimento con cui il Prefetto della Provincia di Milano disponeva la revoca della patente di guida per sopravvenuta carenza dei requisiti morali, ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, in ragione della sola irrogazione della misura di prevenzione. In data 18 aprile 2019, ad esito del p.p. 12/2019 P.V. (114/2015 R.G.M.P.), veniva revocata la misura di prevenzione. L'interessato chiedeva quindi al Prefetto la restituzione della patente. La Prefettura di Milano, con atto protocollo n. 2019/2970 del 14 agosto 2019, respingeva la richiesta, ritenendo ormai definitivo il provvedimento con il quale era stata revocata la patente di guida. La Prefettura precisava che il ricorrente avrebbe dovuto «ottenere un nuovo titolo abilitativo alla guida e, in quell'occasione, lo scrivente Ufficio sara' chiamato ad esprimere il proprio nulla osta ai sensi del comma 1 dell'art. 120 del codice della strada. In merito si informa sin d'ora che, alla luce del dettato normativo dell'art. 120 del codice della strada, la revoca della misura di prevenzione non rappresenta elemento sufficiente per il conseguimento di una nuova patente di guida, rendendosi necessario a tal fine ottenere idonea riabilitazione in sede penale ai sensi del decreto legislativo n. 159/2011. Inoltre, nonostante le evoluzioni giurisprudenziali, il diniego del nulla osta nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione rimane un'attivita' vincolata in capo allo scrivente Ufficio, e conseguentemente non possono essere oggetto di valutazione la situazione personale, familiare o lavorativa in cui versano i soggetti interessati». Sulla scorta di tale indicazione in data 14 ottobre 2019 il ricorrente presentava istanza per il conseguimento della patente di guida, essendo trascorso comunque un triennio dal suo ritiro, ai sensi dell'art. 120, comma 3 del codice della strada. Superava la prova teorica, e si accingeva a sostenere la prova pratica quando, con il provvedimento impugnato con il ricorso in epigrafe, il Ministero delle infrastrutture e trasporti - Ufficio della motorizzazione civile, negava il rilascio del titolo abilitativo alla guida, «stante la non sussistenza dei requisiti morali di cui all'art. 120, comma 1 del codice della strada». 2. Cio' posto, con l'atto introduttivo del giudizio il ricorrente ha impugnato il diniego di rilascio della patente di guida, chiedendone l'annullamento previa tutela cautelare. 3. Si sono costituiti in giudizio i Ministeri intimati, con memoria di mera forma e senza il deposito di documentazione alcuna. 4. Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2020, tenutasi con le modalita' previste dall'art. 84 del decreto-legge n. 18/2020 mediante collegamenti da remoto, il Tribunale ha trattenuto il ricorso in decisione. 5. Il ricorso proposto e' affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati: I) violazione di legge, art. 120, comma l del codice della strada; eccesso di potere sotto il profilo della carente motivazione e del difetto di istruttoria: la censura operata dalla Corte costituzionale in relazione al comma 2 dell'art. 120 del codice della strada quanto all'automatismo nella valutazione del Prefetto sarebbe «traslabile» anche in relazione alla fattispecie di cui al comma 1 della medesima disposizione, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata. Nessun automatismo potrebbe operare in relazione al rilascio della patente. Il provvedimento impugnato sarebbe, di conseguenza, affetto da carenza di motivazione, laddove richiama sic et simpliciter il disposto di cui al comma 1 dell'art. 120, senza alcuna autonoma valutazione da parte dell'Amministrazione; II) violazione di legge, art. 120, comma 3 del codice della strada in relazione ai commi l e 2; eccesso di potere sotto il profilo della carente motivazione e del difetto di istruttoria: il terzo comma dell'art. 120 del codice della strada dispone che «La persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non puo' conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni». Una volta trascorsi tre anni dalla revoca, l'esistenza di un precedente ostativo, quanto meno se ad essa precedente, non dovrebbe avere alcun effetto sulla nuova concessione del titolo. La norma dovrebbe essere letta anche alla luce dell'ultimo periodo del comma 2 dello stesso articolo, laddove dispone che «La revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1». 6. Il Collegio ritiene che il secondo mezzo di gravame non sia fondato. La disposizione di cui all'art. 120, comma 3 del codice della strada pone una sorta di condizione temporale di procedibilita' all'ottenimento di una nuova licenza di guida. Aggiunge, in altri termini, un ulteriore requisito necessario all'ottenimento di una nuova patente, ma non incide sui requisiti morali necessari per conseguire la patente, indicati al comma 1, che si applicano a tutti coloro che intendono conseguire la patente di guida, e quindi anche a coloro che l'hanno avuta revocata. Il decorso del termine di tre anni dalla revoca della patente non e' quindi condizione sufficiente per ottenere il rilascio di una nuova patente. 7. Il punto centrale ai fini della decisione della controversia e' lo scrutinio del primo mezzo di gravame. 8. L'art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), rubricato «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'art. 116», al comma 1, primo periodo, dispone che «1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'art. 2, e della legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti dei provvedimenti riabilitativi, nonche' i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f) del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti.». Al secondo comma detto articolo prevede che «... se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il Prefetto provvede alla revoca della patente di guida». 8.1. Con sentenza 9 febbraio 2018, n. 22, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 120, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, con riferimento all'ipotesi di condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, intervenuta in data successiva a quella del rilascio della patente di guida, dispone che il Prefetto «provvede» in luogo di «puo' provvedere» alla revoca della patente di guida. 8.2. Con analoga sentenza del 20 febbraio 2020, n. 24, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 120, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, anche per l'ipotesi di revoca della patente disposta nei confronti di coloro che, successivamente al relativo rilascio, sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali. 8.3. Da ultimo con la sentenza 27 maggio 2020, n. 99, la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 120, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, anche per l'ipotesi di revoca della patente disposta nei confronti di coloro che, successivamente al rilascio della stessa, sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 9. Il ricorrente ha richiamato diffusamente le sentenze n. 22/2018 e n. 24/2020, invocando un'interpretazione costituzionalmente orientata del comma 1 dell'art. 120 del codice della strada, alla luce dei principi ivi affermati, e deducendo come non irragionevole «ritenere che incorra nelle medesime ragioni di dichiarata incostituzionalita' di cui al secondo comma, anche il primo comma dell'art. 120 del codice della strada» (cfr. pag. 8 del ricorso e nello stesso senso pag. 17). 10. Si e' detto che le richiamate sentenze, come pure la recentissima n. 99/2020 (intervenuta in pendenza del ricorso in epigrafe), riguardano il comma 2 dell'art. 120 del codice della strada. 10.1. Il Collegio ritiene non possibile percorrere la via dell'interpretazione conforme dell'art. 120, comma 1, in base ai principi enunciati dal Giudice delle leggi (in particolare con la sentenza della Corte 27 maggio 2020, n. 99, su cui si tornera' infra). Se e' vero che il giudice, prima di sollevare la questione di legittimita' costituzionale, ha l'obbligo di vagliare la percorribilita' di tutte le ipotesi ermeneutiche astrattamente possibili per attribuire alla norma un significato non incompatibile con i principi costituzionali, e' altrettanto vero che tale obbligo incontra pur sempre il limite della formulazione letterale della disposizione sospettata di incostituzionalita'. D'altro canto la stessa Corte costituzionale, nelle sentenze n. 22/2018, n. 24/2020 e n. 99/2020, non ha esercitato i poteri previsti dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il quale, in deroga al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, consente di dichiarare l'illegittimita' c.d. consequenziale di disposizioni legislative che, pur non essendo oggetto del giudizio di legittimita' costituzionale, derivano la propria illegittimita' da quella della disposizione impugnata. A fortiori questo Tribunale ritiene di non poter dare una interpretazione diversa da quella letterale al comma 1 dell'art. 120 del codice della strada. 11. Tuttavia, ad avviso del Collegio, sussistono i presupposti per dubitare della legittimita' costituzionale della norma in esame. 11.1. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. Come sopra osservato, la pretesa azionata dal ricorrente non puo' che essere esaminata in riferimento alla disposizione censurata che, cosi' come e' formulata, attribuisce al Prefetto un potere vincolato. Non sarebbe quindi possibile per il ricorrente conseguire la patente di guida, non possedendo i requisiti morali indicati dalla norma stessa, e dovendo l'autorita' pubblica applicar automaticamente la disposizione medesima. L'Amministrazione infatti, nel caso di specie, si e' limitata, appunto, a fare applicazione automatica della norma in vigore che non si presta, anche secondo il c.d. diritto vivente, ad un'interpretazione diversa da quella letterale. Pertanto si rende necessario sollevare la questione di legittimita' costituzionale il cui accoglimento soltanto consentirebbe al giudice adito di annullare il provvedimento impugnato. Il Collegio non ignora l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'esercizio del potere amministrativo di cui all'art. 120, comma 1 del codice della strada avrebbe carattere vincolato e la posizione del privato sarebbe quindi di diritto soggettivo, radicandosi pertanto la giurisdizione del giudice ordinario (Cassazione SS.UU. ordinanze 13 dicembre 2019, n. 32977 e n. 32978, e 16 dicembre 2019, n. 33090; idem sentenze 14 maggio 2014, n. 10406, e 6 febbraio 2006, recepite da Consiglio di Stato, sez. III, 6 giugno 2016, n. 2413, e sez. V, 29 agosto 2016, n. 3712). Tuttavia il Collegio ritiene che tale orientamento debba essere rivisitato proprio alla luce delle recenti sentenze della Corte costituzionale n. 24/2020 e n. 99/2020, laddove si esclude che «nella specie la giurisdizione del giudice amministrativo possa ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente», sulla base della qualificazione della posizione giuridica del privato e del carattere del potere pubblico esercitato, ridondando quindi, in ultima analisi, in termini di giurisdizione. 11.2. Sulla non manifesta infondatezza della questione. Il Collegio ritiene di sottoporre al vaglio della Corte costituzionale la disposizione di cui all'art. 120, comma 1 del codice della strada nella parte in cui, disponendo che «Non possono conseguire la patente di guida... coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione» previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, oggi da intendersi come previste dal decreto legislativo n. 159/2011, impone un automatismo e non consente all'autorita' pubblica una valutazione discrezionale e in concreto. 12. Ad avviso di questo giudice la questione di legittimita' costituzionale va posta in relazione agli articoli 3, 4, 16 e 35 della Costituzione. 13. Va ricordato che con la sentenza 27 maggio 2020, n. 99, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2 del codice della strada (come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a) della legge 15 luglio 2009, n. 94, e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e b) della legge 29 luglio 2010, n. 120 e dall'art. 8, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59), nella parte in cui dispone che il Prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 13.1. Con la predetta sentenza n. 99/2020 la Corte costituzionale ha censurato in termini di irragionevolezza il meccanismo che riconnette automaticamente la revoca della patente a coloro che siano o siano stati sottoposti a misure di prevenzione, senza che sia consentito all'Amministrazione operare un bilanciamento con ulteriori elementi di valutazione che possano emergere in concreto. 14. Posti tali principi, il Collegio ritiene che anche il comma 1 dell'art. 120 del codice della strada ugualmente si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui la sottoposizione a misure di prevenzione costituisca automaticamente un presupposto ostativo al rilascio della patente. Il contrasto con l'art. 3 della Costituzione appare evidente, sotto il profilo del principio di uguaglianza, in relazione alla diversa disciplina delineata dal secondo comma del medesimo articolo a seguito della sentenza della Corte costituzionale 27 maggio 2020, n. 99. La differenza di trattamento venutasi a determinare all'interno del medesimo articolo di legge, originariamente formulato in maniera unitaria mediante l'utilizzo della tecnica del rinvio agli elementi oggettivi della fattispecie contemplata dal primo comma per estenderne gli effetti ostativi alla diversa fattispecie delineata dal secondo comma, non appare giustificata a fronte di situazioni omogenee, connotate dal medesimo presupposto oggettivo (l'applicazione delle misure di prevenzione), e dunque partecipanti di una medesima ratio. Appare evidente la disparita' di trattamento che si viene a creare a seconda che la sottoposizione alle misure di prevenzione avvenga prima o dopo il rilascio del titolo abilitativo alla guida. 14.1. Sotto altro ma concorrente profilo l'esercizio del potere in sede di rilascio e in sede di revoca della patente di guida risponde alla tutela del medesimo interesse pubblico, ovvero quello della sicurezza stradale, degradando ad interesse legittimo la posizione giuridica del privato, necessariamente, sia in un caso che nell'altro. Ne consegue che anche il comma 1 deve ritenersi affetto dai medesimi vizi di incostituzionalita', laddove la norma non venga interpretata nel senso di attribuire all'autorita' pubblica non gia' un potere con carattere automatico e vincolato, bensi' pienamente discrezionale a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto e' sottoposto il soggetto istante, come discrezionale deve intendersi il potere esercitato in sede di revoca, per effetto dell'intervento della Corte n. 99/2020. 14.2. Tale sentenza ha rilevato che le categorie dei destinatari delle misure di prevenzione sono variegate ed eterogenee, al punto che non e' agevole identificarne un denominatore comune. La diversita' delle fattispecie di cui al decreto legislativo n. 159/2011, che rilevano come indice di pericolosita' sociale, impone che l'autorita' pubblica, anche in sede di rilascio della patente di guida, oltre che di revoca del titolo, operi una valutazione in concreto. La circostanza che la misura di prevenzione sia intervenuta in un momento anteriore o successivo al rilascio della patente deve considerarsi un fatto neutro rispetto alla sicurezza della circolazione stradale, che rappresenta l'interesse primario tutelato dalla norma sospettata di illegittimita' costituzionale. 15. L'art. 120, comma l del codice della strada si pone altresi' in contrasto con gli articoli 4, 16 e 35 della Costituzione, in quanto, nel prevedere l'attribuzione al Prefetto di un potere vincolato ridonda in termini di sproporzionalita' e irragionevolezza incidenti sulla liberta' personale, sul diritto al lavoro e sulla liberta' di circolazione. Con riferimento alle misure di prevenzione, condividendo quanto rilevato dal TAR Marche con l'ordinanza di rimessione 27 maggio 2019, n. 356, va aggiunto che: «l'autorita' giudiziaria che dispone l'applicazione della sorveglianza speciale di P.S. e' tenuta, ai sensi dell'art. 8 del citato decreto legislativo, a stabilire le prescrizioni a cui l'interessato deve attenersi per tutto il periodo di efficacia della misura»; «tali prescrizioni, tuttavia, non possono avere l'effetto di inibire all'interessato la possibilita' di vivere una vita quanto piu' possibile normale (anche se vengono notevolmente limitate la liberta' di spostamento e la liberta' di frequentazione di altre persone) e, soprattutto, non debbono impedirgli di svolgere attivita' lavorativa lecita. Questo secondo profilo emerge sia dall'art. 8, comma 3, laddove si prevede addirittura che il Tribunale in determinati casi "ordini" all'interessato di darsi alla ricerca di un lavoro, sia, a livello piu' generale, dall'art. 67, comma 5 del decreto legislativo n. 159/2011 (laddove si prevede che "Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia")». Ora, e' evidente che il diniego automatico del rilascio della patente di guida in presenza della sottoposizione, presente o passata, ad una misura di prevenzione impedisce di fatto all'interessato di svolgere con maggiore agio una attivita' lavorativa lecita per tutto il periodo in cui egli e' sottoposto alla sorveglianza speciale (il che rende la misura ancora piu' gravosa di quanto abbia inteso configurarla il giudice penale). A fronte di quanto sopra rilevato, di contro, il carattere discrezionale del provvedimento prefettizio, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 99/2020, evita di non contraddire l'eventuale finalita' della misura di prevenzione «di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo», che la misura stessa si propone. 16. In conclusione questo Tribunale ritiene che l'art. 120, comma 1 del codice della strada sia costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 3, 4, 16 e 35 della Costituzione laddove, nel disporre che «non possono conseguire la patente di guida coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione», attribuisce al Prefetto un potere automatico e vincolato, come risulta dal tenore letterale della disposizione e dal diritto vivente, senza consentire all'autorita' amministrativa margini di esercizio della discrezionalita' in relazione alle peculiarita' delle singole fattispecie al suo esame. Ai sensi dell'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve pertanto essere sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della decisione della Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 79 ed 80 del c.p.a. e art. 295 del c.p.c. 17. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese.