Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12, (fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; Contro Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica, resistente; Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 75 della legge Regionale 9 luglio 2020 n. 15, avente ad oggetto «Misure urgenti di adeguamento delle legislazione regionale - Collegato», pubblicata sul BUR n. 28 del 9 luglio 2020. La Regione Veneto ha approvato ed emanato la legge n. 15/2020 con cui, intervenendo in vari settori (Sanita' e Welfare, Agricoltura e Caccia, Attivita' contrattuale regionale per l'alienazione di immobili, Ambiente e Paesaggio, Commercio, Organizzazione del Personale, Turismo, Trasporti) ha dettato una serie di norme eterogenee volte tutte a modificare la previgente disciplina regionale dei settori in questione. Il Capo X della legge, intitolato «Altre Disposizioni», contiene un mix di norme varie tra le quali spicca l'art. 75 in materia di appalti e concessioni. Questa disposizione tuttavia, ad avviso della Presidenza del Consiglio, presenta profili di criticita' per quanto riguarda la sua compatibilita' con i principi costituzionali che impongono il rispetto dell'ordinamento europeo in tema di tutela della concorrenza, nonche' la competenza esclusiva dello Stato nella stessa materia, e pertanto va impugnata per i seguenti motivi. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 75 della legge regionale Piemonte 9 luglio 2020, n. 15 per violazione dell'art. 117, comma della Costituzione in relazione agli articoli 3, 49 e seguenti, 101, 102 e 106 del Trattato dell'Unione europea, nonche' per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione in relazione all'art. 30 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. La norma regionale evidenziata in rubrica, pur limitata nel tempo (fino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria derivante dalla pandemia in atto e comunque fino al 31 dicembre 2020) consente ai soggetti che affidano concessioni ed appalti di lavori, servizi e forniture di prevedere criteri premiali di valutazione delle offerte che contengano impegno ad utilizzare in misura prevalente manodopera o personale a livello regionale. La norma in questione e' dichiaratamente ispirata all'esigenza di tutelare l'interesse generale di politica sociale, di tutela dei lavoratori, di sostegno al redito ed alle imprese, di promozione della continuita' dei livelli occupazionali Essa e' pure dichiaratamente ossequiosa delle disposizioni dell'Unione europea. Ma tale professione formale di ossequio non corrisponde affatto a tali disposizioni, che non vengono per nulla rispettate. Infatti, l'attribuzione alle offerte nelle pubbliche gare di punteggi premia-li a coloro che si impegnino ad utilizzare in misura prevalente la forza lavoro di un dato territorio (quello regionale) a scapito della manodopera di altro territorio - nazionale o europeo - viola il principio di parita' di trattamento e di non discriminazione affermato dagli articoli 49 e seguenti del Trattato europeo. Non solo, ma tale vantaggio nell'aggiudicazione delle commesse pubbliche regionali, lede i fondamentali principi di tutela della concorrenza, privilegiando uno o piu' concorrenti rispetto ad altri non in base alla qualita' e convenienza dell'offerta, ma in base alla territorialita' della manodopera impiegata, introducendo un criterio protezionistico palesemente contrastante con le regole comunitarie. La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte riconosciuto l'illegittimita' di norme regionali che discriminano le imprese sulla base di elementi di localizzazione territoriale e/o che limitano il diritto dei cittadini di svol-gere il loro lavoro in qualunque parte del territorio nazionale. E la stessa giurisprudenza (Corte Cost. sentenze n. 440/2006 e n. 207/2001) ha anche espressamente affermato «il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione nel loro ambito territoriale sa parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonche', in base ai principi comunitari sulla liberta' di prestazione dei servizi, in qualsiasi paese dell'Unione europea)». La norma in esame, dunque, viola l'art. 117 comma 1 della Costituzione nella parte in cui impone al potere legislativo regionale il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. L'incostituzionalita' della norma non viene meno in presenza della legge 28 gennaio 2016, n. 11 che delega al Governo l'emanazione di norme di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e che, nel dettare i criteri cui il Governo deve ispirarsi, prevede la «valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilita' ambientale, mediante l'attribuzione di criteri e modalita' premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l'esecuzione dell'appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale» (art. 1, comma 1, lettera ddd). A parte la non trascurabilita' della differenza (la norma statale premia chi utilizza «anche in parte» manodopera locale, la norma regionale premia chi la utilizza «in misura prevalente»), la somiglianza dei due precetti non deve trarre in inganno: la regione Piemonte non detta una norma sostanzialmente uguale alla norma statale, la Regione Piemonte invade indebitamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato nel disciplinare la concorrenza. Una regola del tipo di quella introdotta dalla legge regionale qui censura-ta deve essere emanata necessariamente ed esclusivamente dallo Stato, e non puo' che spettare alla competenza legislativa di quest'ultimo. E nell'esercizio di quella competenza lo Stato ha disposto con l'art. 30 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 imponendo alle stazioni appaltanti il rispetto dei principi di libera concorrenza, e non discriminazione, e consentendo che le eventuali esigenze sociali (ammettendo e non concedendo che la norma regionali qui attui sole finalita' sociali) possano prevalere solo sull'economicita' dell'offerta, non su latri principi. La stessa norma statale vieta alle stazioni appaltanti la limitazione della concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori. La necessita' che sia rispettata la competenza esclusiva dello Stato e' evidente ove si consideri che un'eventuale disposizione che introduca criteri premianti nella valutazione delle offerte nelle pubbliche gare non puo' che avere effetto e portata generale su tutto il territorio nazionale, atteggiandosi a regola omogenea. Non potrebbe ammettersi infatti che, per effetto di una norma a valenza solo territoriale, la manodopera piemontese sia avvantaggiata in Piemonte e il lavoratore di altre regioni non possa godere di analogo vantaggio nella propria regione. Pertanto, la norma regionale qui censurata e' anche costituzionalmente illegittima perche' frutto dell'indebita ingerenza del legislatore piemontese nella competenza legislativa assicurata allo Stato dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.