Allo stato dunque, in Spagna, e' sufficiente, per «Los partidos, federaciones o coaliciones», avere anche solo un rappresentante in una delle due Camere parlamentari per essere esentate dall'onere di raccolta delle sottoscrizioni, cosi' come previsto in Italia, nell'ambito dei regimi «ordinari», dalla legge n. 136/1976 che per la prima volta introdusse la relativa esenzione, nonostante il numero molto basso delle sottoscrizioni da raccogliere - trecentocinquanta - e dei collegi di riferimento (trentadue, circa la meta' dei sessantatre attuali); inoltre, attesa la relazione percentuale con gli iscritti «en el censo electoral», solo nelle circoscrizioni molto popolose delle cinquantadue complessive (per la precisione cinquanta Province e due citta' autonome), come, ad esempio, quella di Madrid (circa 5.000.000 di iscritti) o Barcellona (circa 4.000.000 di iscritti), il numero di sottoscrizioni da raccogliere da parte dei partidos, federaciones o coaliciones non esentate e' consistente (circa 5.000 per Circoscrizione di Madrid, circa 4.000 per Circoscrizione di Barcellona), avendo invece altre Province un numero di iscritti molto inferiore (es. Cordova 640.000 iscritti con onere di raccolta di sole 640 sottoscrizioni).; piu' ampio risulta, inoltre, il lasso temporale certo, a disposizione per la raccolta delle sottoscrizioni poiche', ex art. 42.1 della suddetta Ley organica, le elezioni devono svolgersi entro il cinquantaquattresimo giorno dalla pubblicazione del decreto di loro convocazione, mentre, ex art. 47.1 le candidature devono essere pubblicate entro il ventiduesimo giorno successivo alla convocazione delle elezioni. In definitiva, ribadito che cio' che viene in risalto e' il concreto effetto congiunto che, nel suo insieme, produce il vigente sistema di accesso alla competizione elettorale per il rinnovo della Camera dei Deputati, i rilievi «diacronici» e «sincronici» sin qui esposti, e dunque, in particolare, dal punto di vista «diacronico», la storia degli ultimi dodici anni di deroghe al suo regime ordinario, mostrano che le norme rispetto alle quali si palesa la non manifesta infondatezza del punto di rottura con le norme costituzionali sin qui considerate - art. 51, comma 1, ma anche art. 1, comma 2, 3, 48, comma 2, 117, comma 1, della Costituzione quanto a quest'ultimo in relazione all'art. 3 del Protocollo 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, - sono proprio quelle poste dal vigente art. 18-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957, come modificato dall'art. 1, comma 10, lettera a) della legge n. 165/2017, nella parte in cui impone alle formazioni singole e alle coalizioni, la raccolta delle sottoscrizioni per la dichiarazione di presentazione della candidatura, nel numero di almeno 1.500 per ogni collegio plurinominale, ovvero nella relativa meta' in caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, piuttosto che in tali numeri ridotti ad ¼, come invece ripetutamente ma solo transitoriamente richiesto, relativamente alle elezioni politiche del 2018, dall'art. 1123 della legge n. 205/2017, pur in presenza della specifica norma transitoria sul punto ex art. 6, comma 3, della legge n. 165/2017, e nel concreto difetto del suo dichiarato presupposto applicativo, essendo gia' entrato in vigore il decreto legislativo n. 189/2017 che ha definito i nuovi collegi, nonche', gia' in precedenza, in funzione delle elezioni politiche del 2013, dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 18 dicembre 2012, come modificato dalla legge di conversione n. 232 del 31 dicembre 2012, relativamente alla disciplina ordinaria dell'art. 18-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica, quale modificata dalla legge n. 270/05, la quale aveva introdotto una disciplina, in parte qua e per i motivi gia' illustrati, meno onerosa di quella vigente, e che pur richiedeva il numero minimo di 1.500 sottoscrizioni da raccogliere per la candidatura nelle circoscrizioni fino a 500.000 abitanti; dal vigente art. 18, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957, come modificato dall'art. 2, comma 10, lettera b) della legge n. 52/2015, nella parte in cui esclude dall'esenzione da essa prevista i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi, quale gia' prevista, al netto del superato riferimento temporale alla data di costituzione dei gruppi, dall'art. 2, comma 36, della legge 52/2015, in parte qua confermato dalla disposizione transitoria dell'art. 6, comma 1, della legge n. 165/2017; ed infatti, tali ultime disposizioni transitorie, in ordine cronologico, manifestano, ed invero storicamente confermano, la concreta possibilita' di una diversa, ma questa volta meno restrittiva e proporzionata allocazione dei sacrifici dei principi ed interessi di rilevanza costituzionale - 51, comma 1, art. 1, comma 2, 3, 48, comma 2, 117, comma 1, in relazione all'art. 3 del Protocollo 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - coinvolti dalla disciplina dell'onere di raccolta delle sottoscrizioni degli elettori cui condizionare la presentazione delle candidature per il rinnovo della Camera dei deputati, assicurando ad essa contenuti non elusivi dei medesimi principi ed interessi. Onde evitare di incorrere in aberractio ictus (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 140/2016; n. 216/2015), si precisa che non si tratta, evidentemente, di negare tutta la ricostruzione sin qui compiuta, ma di puntualizzare che, nuovamente ribadita, sulla base dei sopra illustrati excursus storico e della giurisprudenza costituzionale, la legittimita' in se' sia dell'onere di raccolta delle sottoscrizioni ai fini della candidatura elettorale alla Camera dei deputati, sia dell'esenzione dallo stesso di alcune formazioni politiche gia' rappresentate in Parlamento, l'aspetto in cui l'illustrata distorsione del sistema vigente di accesso alle candidature alla Camera dei deputati raggiunge il punto di rottura con i principi costituzionali che ne costituiscono in astratto il fondamento, e che dovrebbe invece salvaguardare - art. 51, comma 1, ma anche art. 1, comma 2, 3, 48, comma 2, e 117, comma 1, della Costituzione quanto a quest'ultimo in relazione all'art. 3 del Protocollo 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali -, con conseguente non manifesta infondatezza della loro violazione - e' proprio quello, congiunto, dell'ampia dilatazione soggettiva di tale onere e dell'elevato numero di sottoscrizioni in concreto da raccogliere, storicamente massimo (con parziale eccezione di quanto previsto dalla legge n. 52/2015, tuttavia in parte qua superata dalla riforma della legge n. 165/2017), tenuto conto del numero degli ambiti territoriali di riferimento, e comunque da effettuare in un certo, breve arco temporale; ed infatti, e' proprio con tale gravoso adempimento che immediatamente e necessariamente si confrontano le formazioni politiche che non ne sono esentate, e che dunque costituisce la conditio sine qua non dell'esercizio del loro diritto di elettorato passivo ex art. 51, comma 1, della Costituzione il quale, allo stato, per tutte le ragioni illustrate, risulta pero' esposto ad un sacrificio che appare verosimilmente sproporzionato ed irragionevole nella misura in cui, l'estensione della categoria dei soggetti gravati da tale onere, le concrete modalita' di relativo adempimento, i tempi e le incertezze ingenerate da una ultradecennale prassi derogatoria del tutto estemporanea, provocano, nell'insieme, un'elisione surrettizia dell'esercizio del diritto di elettorato passivo piuttosto che assicurare una sua disciplina ragionevolmente coerente con i principi di rappresentativita' democratica e liberta' del diritto di voto - ex art. 3, 1, comma 2, art 48, comma 2, art. 117, comma 1, in relazione all'art. 3 del Protocollo 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Cio' precisato, si rileva che costituisce acquisizione ormai consolidata nella «giurisprudenza piu' recente» della Corte costituzionale, quella per cui «..di fronte alla violazione di diritti costituzionali, non puo' essere di ostacolo all'esame nel merito della questione di legittimita' costituzionale l'assenza di un'unica soluzione a "rime obbligate" per ricondurre l'ordinamento al rispetto della Costituzione.» in quanto «Occorre ... evitare che l'ordinamento presenti zone franche immuni dal sindacato di legittimita' costituzionale specie negli ambiti ... in cui e' piu' impellente l'esigenza di assicurare una tutela effettiva dei diritti fondamentali, incisi dalle scelte del legislatore...» (cfr. § 2.1 della motivazione in diritto della sentenza Corte costituzionale n. 99 del 19 aprile 2019); la Corte costituzionale, infatti, « ..ribadito che le valutazioni discrezionali ... spettano anzitutto al legislatore, ha precisato che non sussistono ostacoli al suo intervento quando le scelte ... adottate dal legislatore si siano rivelate manifestamente arbitrarie o irragionevoli e il sistema legislativo consenta l'individuazione di soluzioni, anche alternative tra loro, che siano tali da "ricondurre a coerenza le scelte gia' delineate a tutela di un determinato bene giuridico, procedendo puntualmente, ove possibile, all'eliminazione di ingiustificabili incongruenze".... essendo sufficiente che il "sistema nel suo complesso offra alla Corte 'precisi punti di riferimento' e soluzioni gia' esistenti" ...)», ancorche' non "costituzionalmente obbligate", che possano sostituirsi alla previsione sanzionatoria dichiarata illegittima» (cfr. § 4.2 della motivazione in diritto della sentenza n. 40 dell'8 marzo 2019 che in parte qua richiama testualmente i propri precedenti, espressi dalle sentenze n. 233 del 2018, n. 222 del 2018 e n. 236 del 2016); invero, non si ritiene ostativo alla rilevanza, nella materia di cui si tratta, del piu' recente orientamento della giurisprudenza costituzionale appena illustrato il fatto che esso sia espresso da sentenze rese in punto di dosimetria delle sanzioni penali principali (cfr. sentenza n. 99/2019, n. 40/2019, n. 233/2018, n. 236/2016 cit.) ed accessorie (cfr. sentenza n. 222/2018, cit.), in quanto proprio le sentenze della Corte costituzionale n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 che si sono pronunciate in materia elettorale, del pari innovando il proprio precedente approccio, hanno parimenti evidenziato, in premessa, la necessita' che pure in ambiti, come anche quello di cui si tratta, strutturalmente caratterizzati da amplissima discrezionalita' legislativa, siano evitate «zone franche» in ragione della natura fondamentale delle garanzie costituzionali da salvaguardare; si osserva che, in particolare, la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2018 ha precisato : « ...l'ammissibilita' delle questioni inerenti ai profili di illegittimita' costituzionale dell'entita' della pena stabilita dal legislatore puo' ritenersi condizionata non tanto dalla presenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla puntuale indicazione, da parte del giudice a quo, di previsioni sanzionatorie rinvenibili nell'ordinamento che, trasposte all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla logica perseguita dal legislatore, una volta emendata dai vizi di illegittimita' addotti, sempre se riscontrati» (cfr. § 3.2. della motivazione in diritto). Ebbene, nel caso di specie, ritenuta per i motivi gia' esposti, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18-bis, comma 1 e comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957 nel testo da ultimo modificato, rispettivamente, quanto al comma 1, dall'art. 1, comma 10, lettera a) della legge n. 165/2017 e, quanto al comma 2, dall'art. 2, comma 10, lettera b) della legge n. 52/2015, nella parte in cui il comma 1 richiede per la presentazione delle candidature per il rinnovo della Camera dei deputati un numero minino di 1.500 sottoscrizioni per ogni collegio plurinominale ovvero di meta' in caso di scioglimento della Camera che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, ed il comma 2 nella parte in cui limita l'esenzione dall'onere di raccolta delle sottoscrizioni ai partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere, i «precisi punti di riferimento» e le «soluzioni gia' esistenti» nell'ordinamento (cfr. Corte costituzionale, sent. 40/2019, n. 233/2018, n. 236/2016), che «..trasposte all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla logica perseguita dal legislatore...», appaiono ravvisabili nelle scelte che il legislatore ha gia' reiteramente compiuto, con l'art. 1, comma 1123, della legge n. 205/2017 relativamente all'art. 18-bis, comma 1, come modificato dalla legge n. 165/2017 e con riferimento alle sole elezioni del 2018, e, con riferimento alle elezioni del 2013, con la legge n. 232/2012, di conversione del decreto-legge n. 223/2012 di cui ha modificato l'art. 1 , relativamente all'art. 18-bis, comma 1, come modificato dalla legge n. 270/05 (la quale indicava, comunque, un numero minimo di sottoscrizioni, per le circoscrizioni fino a 500.000 abitanti, pari proprio a 1.500); con l'art. 2, comma 36, della legge n. 52/2015 nella parte, non modificata dal successivo art. 6, comma 1, della legge n. 165/2017, in cui ha esteso l'esenzione dall'onere di raccolta di sottoscrizioni ai partiti o gruppi politici costituiti in gruppo in almeno una Camera. Alle medesime conclusioni circa la non manifesta infondatezza delle eccepite questioni di legittimita' costituzionale, non si ritiene di poter pervenire con riguardo all'art. 14 della legge n. 53/1990, nella parte in cui non estende anche agli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori la legittimazione all'autenticazione delle sottoscrizioni degli elettori, e con riguardo all'art. 18-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957, come modificato dall'art. 1, comma 10, lettera b) della legge n. 165/2017; cio' in quanto, l'analisi storica della disciplina ordinaria e transitoria in materia di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione della candidatura per il rinnovo della Camera dei deputati mostra la natura del tutto estemporanea della specifica estensione soggettiva del novero dei soggetti abilitati ad autenticare le sottoscrizioni prevista in via transitoria dall'art. 6 della legge n. 165/2017; tale dato, nonche' l'oggettivo elevato numero dei soggetti abilitati a tale tipo di autenticazione («..i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle corti di appello dei tribunali e delle preture, i segretari delle procure della Repubblica, i presidenti delle province, i sindaci metropolitani, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i componenti della conferenza metropolitana, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresi' competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilita', rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco») concorrono nel far ritenere, sulla base delle riflessioni sin qui compiute, che sebbene la transitoria estensione di tale elenco anche agli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori abbia avuto certamente la funzione di agevolare la partecipazione alla competizione elettorale, la sua limitazione alle sole elezioni immediatamente successive, ancorche' difficilmente comprensibile, tuttavia, atteso anche il dato formale della sua originaria collocazione nell'ambito delle disposizioni transitorie dell'art. 6 della legge n. 165/2017, e dunque la natura non speciale, e non successiva alla legge di riforma generale, della disposizione che l'ha introdotta, da sola non si esponga al quel giudizio di non manifesta irragionevolezza per violazione dell'art. 3 della Costituzione che giustifica la proposizione della relativa questione di costituzionalita'. D'altro canto, le esposte riflessioni in ordine all'interpretazione del combinato disposto dei commi 1 e 1-bis dell'art. 18-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957, secondo cui esso non esime le coalizioni dall'indicare nella «dichiarazione di presentazione delle liste di candidati per l'attribuzione dei seggi nel collegio plurinominale, i candidati della lista nei collegi uninominali compresi nel collegio plurinominale», ed in particolare circa l'intrinseca coerenza di tale onere con il vigente sistema elettorale misto, in cui la componente proporzionale realizzata nei collegi plurinominali e quella maggioritaria realizzata nei collegi uninominali non sono scindibili, a maggior ragione solo nei confronti di alcune formazioni politiche e solo sulla base della scelta elettorale compiuta, in particolare di candidarsi in coalizione, e tale per cui sarebbe proprio una siffatta «scissione» in contraddizione irragionevole sia con il vigente sistema elettorale nel suo complesso, sia con la ratio della stessa raccolta delle sottoscrizioni, che e' quella di saggiare il seguito elettorale di una formazione politica rispetto alle scelte, politiche appunto, e non meramente elettorali, manifestate dalla scelta dei suoi candidati, la quale deve essere, dunque, necessariamente esternata, rebus sic stantibus, in entrambi i tipi di collegi, conducono certamente ad escludere, in parte qua, ogni dubbio di irragionevolezza della norma in esame, nell'unica interpretazione qui ritenuta fondata.