La Corte d'appello di Roma 
                           Sezione lavoro 
 
    Composta dai signori Magistrati: 
        Dott. Francescopaolo Panariello, presidente relatore; 
        Dott.ssa Maria Gabriella Marrocco, consigliere; 
        Dott. Fabrizio Riga, consigliere; 
    Pronunziando in grado di  appello  in  funzione  di  giudice  del
lavoro, all'udienza del giorno 9 novembre 2020 ha emesso la  seguente
ordinanza  nella  causa  d'appello  tra  Belli  Dell'Isca  Giorgio  e
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca 
    Rilevato che: 
        l'appellante, residente in Palermo, dove ha il proprio nucleo
familiare,  dal  2005  (anno  scolastico  2005-2006)  al  2013  (anno
scolastico 2012-2013) ha prestato servizio  come  insegnante  non  di
ruolo alle dipendenze dell'istituto paritario Scuola  Pontificia  Pio
IX dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia sita in Palermo,
riconosciuta come scuola secondaria  paritaria  di  primo  grado  con
decreto ministeriale n. 28 febbraio 2001; 
        e'  poi  divenuto  insegnante  di  ruolo  con  decorrenza   1
settembre 2015, nell'ambito del  piano  di  assunzione  straordinaria
previsto dalla legge n. 107/2015;  presso  la  scuola  secondaria  di
primo grado - classe di concorso A022 - italiano, storia e geografia; 
        nell'anno scolastico 2016-2017 ha  prestato  servizio  presso
l'istituto M. Perriello sito in Roma e  in  data  4  maggio  2017  ha
presentato domanda di mobilita' territoriale. A tali fini ha  chiesto
il riconoscimento del punteggio aggiuntivo previsto per  effetto  del
servizio pre-ruolo prestato presso la predetta scuola paritaria, pari
a complessivi 48 punti, ma la sua istanza e' stata rigettata; 
        ha quindi promosso il presente giudizio, per ottenere: 
          a) la declaratoria del proprio diritto all'attribuzione, ai
fini della mobilita' del personale docente, educativo ed  A.T.A.  per
l'anno scolastico 2017-2018 e  seguenti,  del  punteggio,  aggiuntivo
relativo  al  servizio  pre-ruolo  svolto,  previa  declaratoria   di
nullita' ovvero di disapplicazione della  disposizione  di  cui  alle
«note comuni» del c.c.n.i. per la mobilita' del personale docente per
l'a.s. 2017-2018, firmato in data 11 aprile 2017, nella parte in  cui
dispone che «il servizio  prestato  nelle  scuole  paritarie  non  e'
valutabile in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di
carriera», poiche' nulla e/o illegittima e/o inefficace; 
          b)   la    condanna    del    Ministero    dell'istruzione,
dell'universita' e della  ricerca  a  rettificare  la  posizione  del
ricorrente, inserendo, ai fini della  formazione  e  redazione  della
graduatoria  di  mobilita'  per  gli  anni  scolastici  2017-2018   e
seguenti, il servizio pre-ruolo, per complessivi punti 48; 
          c) l'accertamento del suo diritto al computo, ai fini della
ricostruzione e  della  progressione  di  carriera,  degli  anni  del
servizio pre-ruolo, pari a complessivi punti 48, a tutti gli  effetti
giuridici ed economici, con conseguente condanna dell'amministrazione
a disporre in tal senso; 
        Il Tribunale adito ha rigettato le domande con la sentenza in
questa sede impugnata. 
    Tutto cio' rilevato, 
 
                               Osserva 
 
    1. Il riconoscimento del servizio  non  di  ruolo,  prestato  dal
docente  nel  periodo  anteriore  alla   sua   assunzione   a   tempo
indeterminato  alle   dipendenze   del   Ministero   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, presso una scuola pubblica statale,
e' disciplinato dall'art. 485 del decreto legislativo n. 297/1994. 
    Tale norma fa letteralmente riferimento al servizio non di  ruolo
prestato sia presso scuole  di  istruzione  secondaria  ed  artistica
«statali e  pareggiate»  (comprese  quelle  all'estero),  sia  presso
scuole   elementari   «statali   o   parificate»   (comprese   quelle
all'estero). 
    Va in  questa  sede  tralasciata  l'originaria  disciplina  delle
scuole elementari non statali (articoli 343 e  seguenti  del  decreto
legislativo cit.), perche' non rilevanti nel caso in esame, posto che
l'oggetto  della  controversia  attiene  al  servizio  prestato  come
docente non di ruolo presso una scuola secondaria (di primo grado). 
    2.  Nell'originaria  disciplina  delle  scuole   secondarie   non
statali, il legislatore (del  decreto  legislativo  n.  297/1994)  le
aveva distinte in «legalmente riconosciute» e «pareggiate»  ed  aveva
dettato  requisiti  ben  precisi  per  ottenere  la  concessione  del
«riconoscimento legale» (art. 355), oppure del «pareggiamento»  (art.
356), che costituiva un quid pluris. 
    L'elemento  comune  a  queste  due  tipologie   di   scuole   era
rappresentato dalla perfetta equivalenza degli studi, degli  esami  e
dei titoli ivi conseguibili rispetto a  quelli  corrispondenti  delle
scuole pubbliche statali (art. 355, comma 3, del decreto  legislativo
cit., dettato per le scuole «legalmente  riconosciute»  e  richiamato
altresi' dall'art. 356, comma 3, del decreto legislativo cit. per  le
scuole «pareggiate»). 
    Sul piano soggettivo, ossia  del  soggetto  giuridico  capace  di
istituire, organizzare e gestire  tali  scuole,  vi  era  invece  una
distinzione  mentre  per  quelle   «legalmente   riconosciute»   tale
capacita' era generale, in quanto ammessa in capo a  persone  fisiche
cittadini italiani e a persone giuridiche (pubbliche  e  private)  di
nazionalita' italiana, nonche' a cittadini ed  a  persone  giuridiche
appartenenti a Stati membri dell'Unione europea (art. 353 del decreto
legislativo  cit.),  per  quelle  «pareggiate»  tale  capacita'   era
riservata soltanto ad enti pubblici (diversi dallo Stato) e  ad  enti
ecclesiastici (art. 356 del decreto legislativo cit.). 
    L'offerta formativa delle scuole  di  istruzione  secondaria  era
dunque connotata  da  un  sistema  nel  quale,  accanto  alle  scuole
pubbliche statali, vi erano due altre categorie:  quelle  «legalmente
riconosciute» e quelle «pareggiate», le prime istituite,  organizzate
e gestite anche  da  soggetti  privati  (persone  fisiche  e  persone
giuridiche  private),  oltre  che  da  soggetti   pubblici   (persone
giuridiche  pubbliche  diverse  dallo  Stato),  le  seconde,  invece,
soltanto da enti pubblici (diversi dallo Stato) e da una  particolare
categoria di soggetti giuridici, quali gli enti ecclesiastici. 
    3. Con la legge 10 marzo 2000, n. 62, intitolata  «Norme  per  la
parita'  scolastica  e  disposizioni  sul  diritto  allo   studio   e
all'istruzione», il sistema cambia fisionomia. 
    Accanto alle scuole statali viene  prevista  un'unica  categoria,
quella  delle  scuole  «paritarie»,  che  possono  essere  istituite,
organizzate e gestite sia da soggetti privati, sia da  enti  pubblici
locali (quindi regioni, province e comuni) (art. 1, comma 2, legge n.
62 cit.: «Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti  degli
ordinamenti   vigenti,   in   particolare   per    quanto    riguarda
l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le
istituzioni scolastiche  non  statali,  comprese  quelle  degli  enti
locali, che, a partire dalla  scuola  per  l'infanzia,  corrispondono
agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono  coerenti  ,  con  la
domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate  da  requisiti
di qualita' ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6»). 
    La   finalita'   prioritaria,   espressamente   dichiarata    dal
legislatore (art. 1, comma 1, legge  n.  62  cit.)  e'  «l'espansione
dell'offerta  formativa  e  la  conseguente  generalizzazione   della
domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita». 
    Ai fini dell'equivalenza alle scuole pubbliche statali, le scuole
«paritarie» devono chiedere  il  riconoscimento  della  parita',  che
viene concesso a  condizione  della  sussistenza  dei  requisiti  «di
qualita' e di efficacia» previsti dai commi 4,  5  e  6  dell'art.  1
della legge n. 62 cit. 
    Una volta  chiesto  ed  ottenuto  il  riconoscimento,  le  scuole
«paritarie» erogano un servizio pubblico, in  quanto  sono  connotate
dalla perfetta equivalenza degli studi, degli esami e dei titoli,  da
loro rilasciatili  rispetto  a  quelli  corrispondenti  delle  scuole
pubbliche statali (art. 1, comma 2, legge n. 62 cit.) e sono soggette
alla permanente  vigilanza  del  Ministero  dell'istruzione  relativa
all'originario e al perdurante possesso dei requisiti previsti  dalla
legge per il riconoscimento della parita' (art. 1, comma 6, legge  n.
62 cit.). 
    Il raccordo con il precedente sistema  delle  scuole  «legalmente
riconosciute» e «pareggiate» venne in quella  sede  disciplinato  nel
senso per cui,  qualora  tali  scuole  non  avessero  chiesto  oppure
ottenuto il riconoscimento di parita' ex lege n.  62/2000,  sarebbero
rimaste sottoposte alla  disciplina  originaria  di  cui  al  decreto
legislativo n. 297/1994 (art. 1, comma 7, legge n. 62 cit.). 
    Pertanto, all'indomani dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
62/2000, accanto alle scuole pubbliche statali vi era la compresenza: 
        a)  di  quelle  «paritarie»  (ossia  con  riconoscimento   di
parita'), a loro volta distinte in: 
          a)1. scuole private, 
          a)2. scuole di enti pubblici locali; 
        b) di quelle non paritarie  (ossia  senza  riconoscimento  di
parita'), a loro volta distinte in: 
          b)1. scuole «legalmente riconosciute» (di soggetti  privati
o pubblici), 
          b)2. scuole  «pareggiate»  (di  enti  pubblici  o  di  enti
ecclesiastici), 
          b)3.  scuole  private  (di  soggetti  privati),  prive   di
equivalenza alle scuole pubbliche statali. 
    4. Nel 2005, anche in un'ottica di semplificazione  del  sistema,
e' nuovamente intervenuto il legislatore. 
    L'art. 1-bis, decreto-legge n. 250/2005, convertito in  legge  n.
27/2006 (in vigore dal 5 febbraio 2006) ha espressamente previsto che
«Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I,  II
e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile  1994,
n. 297, sono  ricondotte  alle  due  tipologie  di  scuole  paritarie
riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e  di  scuole
non paritarie» (comma 1). 
    Coerentemente, lo stesso legislatore  ha  disposto  l'abrogazione
delle originarie fattispecie della scuola «legalmente riconosciuta» e
di quella «pareggiata» (oltre che di quella «parificata») di cui alla
parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico  di  cui  al
decreto legislativo n.  297/1994  (comma  7),  con  salvezza  di  una
disciplina transitoria per i corsi gia' attivati presso quelle scuole
per l'anno scolastico 2005/2006 (comma 6). 
    Quindi, a decorrere dal 5 febbraio 2006  le  scuole  non  statali
possono essere soltanto  «paritarie»  (ossia  con  riconoscimento  di
parita' ex lege n.  62/2000)  oppure  non  paritarie.  Pertanto,  per
ottenere la perfetta equivalenza o equipollenza  degli  studi,  degli
esami  e  dei  titoli  da  loro  rilasciabili   rispetto   a   quelli
corrispondenti delle scuole pubbliche statali, le scuole non  statali
-  sia  private  (di  persone  fisiche  o  giuridiche  private),  sia
pubbliche di enti locali, sia di enti ecclesiastici - devono chiedere
ed ottenere il riconoscimento di parita' ex lege n. 62/2000. 
    5.  A   questo   punto   occorre   tornare   all'istituto   della
ricostruzione di carriera del docente di ruolo nelle scuole pubbliche
statali, mediante il riconoscimento dei servizi prestati come docente
non di ruolo presso scuole non statali. 
    Ai sensi  dell'art.  485  del  decreto  legislativo  n.  297/1994
(tuttora in vigore, anche  a  seguito  degli  interventi  legislativi
degli anni 2000 e 2005-2006), nel periodo  fino  all'anno  scolastico
2005/2006 tale riconoscimento sarebbe spettato soltanto per i servizi
prestati presso  le  scuole  di  istruzione  secondaria  «pareggiate»
(rimaste giuridicamente rilevanti con quale qualificazione,  appunto,
fino all'anno scolastico 2005/2006). 
    Dal 5 febbraio 2006, invece, tale riconoscimento dovrebbe  essere
ammesso per i servizi prestati - oltre che presso le scuole pubbliche
statali - presso le  scuole  di  istruzione  secondaria  «paritarie»,
altrimenti si  verificherebbe  un'interpretatio  abrogans  di  quella
parte dell'art. 485 cit., che si riferisce testualmente  alle  scuole
«pareggiate»,  ormai  non  piu'  giuridicamente  esistenti  con  tale
qualificazione. In tal  senso,  il  riconoscimento  del  servizio  di
docenza non di ruolo resterebbe, infatti, limitato a quello  prestato
presso le scuole pubbliche statati. 
    Quest'ultima conclusione sarebbe del tutto irragionevole, perche'
contraria alla  ratio  dell'art.  485  cit.,  che,  anche  nella  sua
versione originaria, era quella di valorizzare la funzione di docenza
svolta - nel periodo di «precariato» -  non  solo  presso  le  scuole
pubbliche statali,  ma  altresi'  presso  scuole  che,  per  le  loro
caratteristiche oggettive e per  i  loro  requisiti  (afferenti  agli
ordinamenti didattici e  ad  altri  profili  ritenuti  rilevanti  dal
legislatore, tanto da assumerli a condizione per la  concessione  del
«pareggiamento»), potevano e dovevano essere considerate  equivalenti
alle scuole pubbliche statali. 
    D'altronde,  sarebbe  paradossale  (e  quindi   irragionevole   e
pertanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione)  ammettere  il
riconoscimento del servizio di docente non di ruolo  prestato  presso
le scuole «pareggiate»  fino  ad  una  certa  data  (anno  scolastico
2005-2006) ed escluderlo, invece,  per  il  periodo  successivo  solo
perche' tali scuole - a suo tempo «pareggiate» - non hanno piu'  tale
qualificazione giuridica e quindi  non  sono  piu'  titolari  di  una
concessione di «pareggiamento», divenuta ormai priva di  effetto.  Si
trascurerebbe il fatto - invece assolutamente rilevante  -  che  tali
scuole  non  solo  hanno  conservato  i  loro  requisiti   originari,
attinenti ai profili organizzativi, ordinamentali e didattici, ma,  a
decorrere dal 5 febbraio 2006, devono, altresi', chiedere ed ottenere
il riconoscimento di parita',  che  costituisce  senza  alcun  dubbio
un'evoluzione - in  chiave  di  ammodernamento  e  di  affinamento  -
dell'originario  istituto  del   «pareggiamento»   (oltre   che   del
«riconoscimento legale» e della «parificazione»), del quale ha  preso
il posto,  come  espressamente  riconosciuto  dal  legislatore  (art.
1-bis, decreto-legge n. 250/2005, convertito in legge n. 27/2006). 
    In  ogni  caso,  va  considerato  che  sussiste  una  sostanziale
omogeneita' dei requisiti riguardanti  il  docente  nelle  scuole  un
tempo «pareggiate» ed in quelle attualmente «paritarie»: 
        a) per le prime, l'art. 356 del decreto  legislativo  n.  297
cit., al comma 2, lettere b) e d)  prevedeva  «...  che  le  cattedre
siano occupate da personale  nominato  ...  in  seguito  ad  apposito
pubblico concorso, o che sia risultato vincitore, o abbia conseguito,
la votazione di almeno sette decimi in identico concorso  generale  o
speciale  presso  scuole  statali  o  pareggiate  o   in   esami   di
abilitazione all'insegnamento corrispondente,  ovvero  per  chiamata,
dal ruolo di scuole di pari grado, statali  o  pareggiate,  ai  sensi
della lettera b) dell'articolo unico del regio decreto 21 marzo 1935,
n. 1118;  ...  che  al  personale  della  scuola  sia  assicurato  un
trattamento economico iniziale pari a  quello  delle  scuole  statali
corrispondenti»; 
        b) per le seconde, l'art. 1, legge n. 62 cit.,  al  comma  4,
lettere g) ed h) prevede «... personale docente fornito del titolo di
abilitazione; ...  contratti  individuali  di  lavoro  per  personale
dirigente  e  insegnante  che  rispettino  i   contratti   collettivi
nazionali di settore». 
    Dunque, sul piano del requisito relativo  alla  costituzione  del
rapporto di lavoro del docente, la disciplina originaria delle scuole
«pareggiate» ammetteva criteri  alternativi  (come  si  desume  dalla
disgiuntiva «o»), considerati, pertanto,  equivalenti;  non  solo  il
pubblico concorso, ma pure l'abilitazione all'insegnamento, sia  pure
conseguita con una votazione minima di 7/10 (oltre che la  «chiamata»
disciplinata dal regio decreto n. 1118/1935, ossia quella del docente
gia' assunto in ruolo in altra scuola statale oppure «pareggiata»). 
    Ne consegue che, nell'ideale comparazione fra scuola «pareggiata»
e   scuola   «paritaria»,   il   livello   di   preparazione   e   di
professionalita', espresso da docente al momento genetico  della  sua
assunzione, e' del tutto omogeneo, se non proprio identico. 
    Cio' trova un preciso riscontro nell'art. 33, comma quarto, della
Costituzione. 
    Il Costituente, infatti, nel riservare alla legge la competenza a
fissare diritti ed obblighi delle scuole non statali che chiedono  la
parita', prevede che il legislatore detti una  disciplina  idonea  ad
assicurare non solo a tali scuole la piena liberta', ma anche ai loro
alunni «un trattamento scolastico equipollente a quello degli  alunni
di scuole statali». 
    Orbene, tale  scopo  puo'  essere  raggiunto  solo  imponendo  un
sistema di reclutamento del corpo docente che sia  omogeneo  (se  non
identico) rispetto  a  quello  della  scuola  pubblica  statale,  che
garantisca,  cioe',  lo  stesso  livello   di   preparazione   e   di
professionalita'.  L'aspetto  qualitativo,  oltre  che  quantitativo,
della docenza  rappresenta,  infatti,  il  piu'  importante  elemento
costitutivo  del  «trattamento  scolastico»  cui  si   riferisce   il
Costituente. 
    6. Inoltre va considerato l'art. 2,  comma  2,  decreto-legge  n.
255/2001  («Disposizioni  urgenti  per  assicurare  l'ordinato  avvio
dell'anno scolastico 2001/2002»), convertito in  legge  n.  333/2001,
secondo il quale «... i  servizi  di  insegnamento  prestati  dal  10
settembre 2000 nelle scuole paritarie di  cui  alla  legge  10  marzo
2000, n. 62, sono  valutati  nella  stessa  misura  prevista  per  il
servizio prestata nelle scuole statali ...». 
    Orbene,  l'art.   2   del   decreto-legge   cit.   e'   rubricato
«Integrazione  a  regime  delle  graduatorie          permanenti  del
personale docente». Questa rubrica e' utilizzata da una  parte  della
giurisprudenza  di  merito  -  ivi  compreso  il  tribunale  che   ha
pronunziato la sentenza  qui  impugnata  -  per  sostenere  che  tale
equivalenza  sia  prevista  unicamente   per   l'integrazione   nelle
graduatorie permanenti.  Si  tratterebbe,  quindi,  di  un  beneficio
accordato in via eccezionale, come tale di  stretta  interpretazione,
quindi limitato alla materia delle graduatorie permanenti e  pertanto
non  applicabile   (analogicamente)   al   diverso   istituto   della
ricostruzione di carriera. 
    Ad avviso di questa Corte, invece, la norma dell'art. 2, comma 2,
del decreto-legge cit.  rappresenta  l'ulteriore  espressione  di  un
principio generale dell'ordinamento, ossia quello  della  equivalenza
fra scuole paritarie e scuole  pubbliche  statali,  introdotto  dalla
legge n. 62/2000 anche per dare nuova attuazione all'art.  33,  comma
4,  della  Costituzione  (v.   supra).   Viene   infatti   confermata
l'equivalenza (qualitativa e dunque professionale) fra il servizio di
docenza reso presso scuole pubbliche statali e quello prestato presso
scuole paritarie. 
    7. ln ogni caso, pur ammesso - in ipotesi - che l'art.  2,  comma
2, del decreto-legge  cit.  si  riferisca  soltanto  all'integrazione
delle graduatorie permanenti e  quindi  abbia  una  portata  limitata
ratione materiae, valgono le seguenti ulteriori considerazioni. 
    La graduatoria permanente costituisce il bacino da cui  attingere
per la copertura del 50% dei ruoli di organico  vacanti  dei  docenti
delle scuole pubbliche statali  (art.  399,  decreto  legislativo  n.
297/1994, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 124/1999). 
    Cio' significa che, rilevando il servizio non di  ruolo  prestato
presso le scuole paritarie, al pari di quello prestato presso  scuole
pubbliche statali, ai fini  dell'integrazione  di  tale  graduatoria,
esso rileva pure ai fini della possibile assunzione in  ruolo  presso
la scuola pubblica statale. 
    Ed  allora  sarebbe  palesemente   irragionevole   ammettere   la
rilevanza di quel servizio ai fini dell'assunzione e non pure ai fini
della ricostruzione della carriera (con i connessi effetti  giuridici
ed economici) di un docente gia' assunto in ruolo. Infatti, sul piano
della verifica  della  professionalita'  acquisita  dal  docente,  e'
certamente piu'  rilevante  il  momento  dell'assunzione  rispetto  a
quello della (mera) ricostruzione di carriera, in quanto il primo  e'
volto alla costituzione di un nuovo  rapporto  di  pubblico  impiego,
cosi'  che  e'  massimamente  necessaria  quella  verifica   relativa
all'aspirante alla docenza in molo.  Peraltro  va  al  riguardo  pure
considerato  che  il  sistema   della   graduatoria   permanente   e'
alternativo al concorso pubblico ex art.  97  della  Costituzione  e,
quindi,  per  definizione  anch'esso  deve  ritenersi  rivolto   alla
selezione dei migliori. 
    Dunque, anche in tal senso  il  paradosso  sarebbe  evidente:  la
docenza non di ruolo presso scuole paritarie  sarebbe  rilevante  per
l'art. 2 del decreto-legge n. 255/2001 e, quindi, potenzialmente  per
l'assunzione in ruolo, ed invece non rilevante  per  l'art.  485  del
decreto legislativo n. 297/1994 ai limitati fini (certamente di minor
rilievo) della ricostruzione di carriera. 
    Ed allora, assumendo come tertium comparationis la fase anteriore
alla costituzione del  rapporto  di  impiego  e  precisamente  quella
dell'integrazione delle graduatorie permanenti,  si  paleserebbe  una
violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    In questa ricostruzione, l'art. 2 del decreto-legge n.  255  cit.
viene  in  rilievo  non  ai  fini  della  sua  diretta  o   analogica
applicazione alla ricostruzione  della  carriera  del  docente  ormai
assunto in ruolo,  bensi'  ai  fini  dell'esatta  interpretazione  (e
quindi della ricostruzione dell'esatta  portata)  dell'art.  485  del
decreto legislativo n. 297 cit., come sopra vista. 
    8. Occorre  a  questo  punto  esaminare  quale  sia  il  «diritto
vivente». 
    La Suprema Corte di cassazione ha affermato il seguente principio
di diritto: «Ai fini dell'inquadramento e del  trattamento  economico
dei docenti non  e'  riconoscibile  il  servizio  pre-ruolo  prestato
presso le scuole paritarie in ragione  della  non  omogeneita'  dello
"status"  giuridico  del  personale,  che  giustifica  il  differente
trattamento, nonche'  della  mancanza  di  una  norma  di  legge  che
consenta tale riconoscimento, contrariamente a quanto avviene ai fini
della costituzione del rapporto di lavoro pubblico  contrattualizzato
per il servizio prestato nelle scuole pareggiate ...» (Cassazione  n.
32386/2019). 
    A tale pronunzia ne e' seguita un'altra  di  pressoche'  identico
contenuto (Cassazione n. 33137/2019). 
    I giudici di legittimita', dopo l'attento  esame  dell'evoluzione
normativa relativa alle scuole  non  statali,  ammettono  che  «Senza
dubbio il legislatore ha inteso riconoscere  all'insegnamento  svolto
nelle scuole paritarie private lo stesso valore di quello  che  viene
impartito  nelle  scuole   pubbliche,   garantendo   un   trattamento
scolastico equipollente agli alunni  delle  une  e  delle  altre,  da
intendere tale equipollenza non solo con riguardo  al  riconoscimento
del titolo di  studio,  ma  anche  con  riguardo  alla  qualita'  del
servizio di istruzione erogato dall'istituzione scolastica paritaria. 
    Come gia' affermato dalle sezioni  unite  (Cassazione,  S.L.,  n.
9966 del 2017) nel sistema  cosi'  delineato,  la  scuola  statale  e
quella paritaria devono garantire i  medesimi  standard  qualitativi»
(Cassazione n. 32386 cit., in motivazione, punto 14.). 
    Ciononostante, ritengono che non  sussista  «l'equiparazione  del
rapporto di lavoro che intercorre con la scuola paritaria, con quello
instaurato in regime di  pubblico  impiego  privatizzato,  attesa  la
persistente non omogeneita'  dello  status  giuridico  del  personale
docente, come si evince gia' dalla modalita' di assunzione,  che  nel
primo caso puo' avvenire al di fuori dei principi concorsuali di  cui
all'art.  97  della  Costituzione»  (Cassazione  n.  32386  cit.,  in
motivazione, punto 15.). 
    E aggiungono: «15.1. Sul punto e'  significativa  la  statuizione
contenuta in Cassazione n. 11595 del 6 giugno 2016, che ha affermato:
"Va altresi' rammentato che il lavoro pubblico e  il  lavoro  privato
non  possono  essere  totalmente  assimilati  (Corte  costituzionale,
sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del  2008)  e  le  differenze,  pur
attenuate,  permangono  anche   in   seguito   all'estensione   della
contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro  prestato  alle
dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni,  e  che  la   medesima
eterogeneita' dei termini posti a raffronto connota l'area del lavoro
pubblico contrattualizzato e l'area del lavoro pubblico estraneo alla
regolamentazione contrattuale (Corte costituzionale, sentenza n.  178
del 2015): in particolare i principi costituzionali di  legalita'  ed
imparzialita' concorrono comunque  a  conformare  la  condotta  della
pubblica amministrazione e l'esercizio delle facolta'  riconosciutele
quale datore di lavoro pubblico in  regime  contrattualizzato"  (...)
"D'altro canto la  peculiarita'  del  rapporto  di  lavoro  pubblico,
rinviene la sua origine storica, non solo nella natura  pubblica  del
datore di lavoro, ma nella relazione che sussiste tra la  prestazione
lavorativa del dipendente pubblico e  l'interesse  generale,  tuttora
persistente anche in regime contrattualizzato". 
    16. Non sussiste quindi, in mancanza di una norma di legge - come
invece nella fattispecie di cui all'art. 485 del decreto  legislativo
n. 297 del 1994 - la  necessaria  premessa  della  omogeneita'  delle
posizioni professionali per pervenire al riconoscimento del  servizio
pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie in via interpretativa. 
    Ne' e' applicabile l'art. 485 del decreto legislativo n. 297  del
1994  in  quanto  attiene  alla  diversa  fattispecie  delle   scuole
pareggiate». 
    Partendo da  quest'ultima  affermazione,  essa  non  puo'  essere
condivisa ai fini della decisione del caso in esame. 
    Infatti, nella medesima  sentenza,  in  alcuni  passi  precedenti
della motivazione (Cassazione n. 32386 cit., punto  12),  gli  stessi
giudici di legittimita' hanno riconosciuto che con  il  decreto-legge
n. 250/2005 convertito in legge  n.  27/2006,  la  fattispecie  della
scuola «pareggiata» e' stata abrogata (ex nunc), conservando  la  sua
rilevanza solo in via temporanea e transitoria,  ossia  limitatamente
al periodo fino all'anno scolastico 2005/2006. 
    Dunque a partire dal 5  febbraio  2006  l'art.  485  del  decreto
legislativo n. 297/1994 ha visto abrogato il suo testuale riferimento
alla scuola pareggiata, sicche' questo riferimento  non  puo'  essere
utilizzato per decidere la controversia  come  quella  in  esame.  Va
infatti precisato  che  nel  caso  concreto  l'appellante  chiede  il
riconoscimento del  servizio  pre-ruolo  prestato  presso  la  scuola
secondaria paritaria negli anni dal 2005 al 2013, ossia in un periodo
in cui -  ormai  -  la  fattispecie  della  scuola  «pareggiata»  non
esisteva  piu'  nell'ordinamento  giuridico,  in   quanto   abrogata,
appunto, dal decreto-legge n. 250/2005. 
    Ne deriva una precisa conseguenza: il fatto che  l'art.  485  del
decreto legislativo cit. si riferisca testualmente (ancora oggi,  per
un difetto di coordinamento da parte  del  legislatore)  alle  scuole
«pareggiate» non e' di alcun ostacolo alla sua  applicazione  diretta
alle scuole paritarie. 
    9. E proprio partendo dal  presupposto  -  da  questa  Corte  non
condiviso -  secondo  cui  l'ambito  applicativo  dell'art.  485  del
decreto legislativo n. 297 sarebbe limitato (oltre  che  alle  scuole
pubbliche statali) alle scuole  «pareggiate»,  la  Suprema  Corte  di
cassazione ha affrontato il  problema  relativo  alla  sua  possibile
applicazione analogica, dandone soluzione negativa. 
    Ha infatti affermato il  carattere  eccezionale  di  tale  norma,
sostenendo che «L'art. 2 del decreto-legge 19 giugno  1970,  n.  370,
convertito in legge 26 luglio 1970, n. 576, riprodotto dall'art.  485
del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che prevede, ai  fini
giuridici ed economici, il riconoscimento,  a  favore  del  personale
docente  delle  scuole  elementari,  del  periodo   di   insegnamento
pre-ruolo  prestato  nelle  scuole  materne   statali   o   comunali,
attribuisce un beneficio, sicche', rivestendo carattere  eccezionale,
non e' suscettibile di interpretazione  analogica  o  estensiva  ...»
(Cassazione n. 1035/2014). E tale principio  di  diritto  risulta  di
recente ribadito e confermato (Cassazione n. 33134/2019). 
    Tuttavia, alla luce delle  considerazioni  sopra  svolte,  questa
Corte ritiene di escludere il carattere eccezionale dell'art. 485 del
decreto legislativo n.  297  cit.,  alla  luce  del  mutato  contesto
relativo al sistema scolastico come delineato dalla legge n. 62/2000,
e comunque non necessaria la sua applicazione analogica. 
    Infatti, a seguito degli interventi legislativi del  2000  e  del
2005-2006, l'art. 485 cit. va letto nel senso per cui il riferimento,
ivi contenuto, alle scuole «pareggiate» va inteso ora  come  riferito
alle scuole paritarie (v. sopra).  E  quindi  di  tale  norma  se  ne
propugna un'applicazione diretta e non  invece  analogica  e  neppure
estensiva, non necessarie. 
    10.  L'argomento  principe,  su  cui  fanno  leva  i  giudici  di
legittimita'  per  rifiutare  questa  conclusione,  e'  quello  della
«persistente non omogeneita' dello  status  giuridico  del  personale
docente» non di ruolo nelle scuole pubbliche  statali  ed  in  quelle
paritarie, cio' che giustificherebbe l'esclusione del  riconoscimento
del servizio non di ruolo prestato presso le scuole paritarie ai fini
della ricostruzione della carriera  del  docente  assunto  nel  ruolo
della scuola pubblica statale. 
    Questa «non  omogeneita'»  viene  desunta  dalla  diversa  natura
giuridica del datore di lavoro e dal diverso sistema di reclutamento,
che solo per la scuola pubblica statale sarebbe quello  del  pubblico
concorso ex art. 97 della Costituzione. 
    L'argomento e i due profili sui quali poggia non  possono  essere
condivisi. 
    In primo luogo, gia'  nel  sistema  dell'originaria  formulazione
dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit. il servizio non  di
ruolo rilevante - come si e' visto - era anche quello prestato presso
le scuole «pareggiate». E tali  erano  non  solo  quelle  degli  enti
pubblici  (diversi  dallo  Stato),  ma   pure   quelle   degli   enti
ecclesiastici, che non hanno natura  di  ente  pubblico  e  presso  i
quali, in  ogni  caso,  l'assunzione  non  e'  retta  dal  necessario
criterio del pubblico concorso ex art. 97 della Costituzione, poiche'
non si verte in materia di pubblico impiego. 
    Inoltre, come previsto dall'art. 399 del decreto  legislativo  n.
297/1994 (come modificato dalla legge  n.  124/1999),  anche  per  la
scuola pubblica statale  la  regola  del  pubblico  concorso  non  e'
esclusiva, coesistendo, invece e paritariamente (al 50%),  con  altra
forma di reclutamento, rappresentata dalle graduatorie permanenti. 
    Infine, va evidenziato che la materia del contendere  attiene  ai
servizi di docenza non  di  ruolo  ed  allora  quelli  da  mettere  a
confronto - nell'interpretazione dell'art 485 del decreto legislativo
n. 297 cit. - sono prestati presso scuole pubbliche statali e  pressa
scuole paritarie. 
    Ora, come e' noto, i rapporti di  lavoro  non  di  ruolo  (cc.dd.
precari) presso la scuola pubblica statale  (e  presso  le  pubbliche
amministrazioni   in   generale)   sono   sottratte    alla    regola
costituzionale del pubblico concorso ex art.  97  della  Costituzione
(v. art. 36, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001), che resta
limitata  all'assunzione  in  ruolo,  ossia  alla  costituzione   del
rapporto di impiego a tempo indeterminato, nella scuola peraltro solo
nel limite del 50% dei  posti  vacanti  in  organico  (art.  399  del
decreto legislativo n. 297 cit.). 
    Quindi l'asserita diversita' di status fra le  due  categorie  di
docenti non di ruolo non sussiste: 
        la natura pubblica o privata del  datore  di  lavoro  e'  del
tutto irrilevante  e,  in  verita',  lo  era  gia'  per  l'originaria
formulazione dell'art. 485 del decreto legislativo n. 297 cit., posto
che gli enti ecclesiastici (che pure potevano istituire,  organizzare
e gestire scuole «pareggiate») non sono enti pubblici; 
        il sistema di assunzione e' del tutto irrilevante, posto  che
i rapporti di lavoro «precari», anche nella pubblica amministrazione,
sono costituiti mediante sistemi diversi  dal  pubblico  concorso  ed
inoltre non erano (ne' sono) di certo sottoposte a questo sistema  le
assunzioni alle dipendenze di enti ecclesiastici. 
    11. Il diverso «diritto  vivente»,  rappresentato  dal  reiterato
orientamento della Suprema Corte di cassazione sopra  ricordato,  non
puo' certo essere trascurato, in ossequio alla funzione nomofilattica
istituzionalmente assegnato dall'ordinamento giudiziario  ai  giudici
di legittimita' (art. 65 del regio decreto n. 12/1941). 
    Cio', tuttavia, non esclude, anzi  impone  il  dovere  di  questa
Corte di affrontare, allora, il  problema  della  compatibilita'  del
predetto «diritto vivente» con principi e norme costituzionali. 
    In particolare, nell'interpretazione dell'art.  485  del  decreto
legislativo n. 297 cit.,  il  principio  di  diritto  espresso  dalla
Suprema Corte di cassazione si traduce nell'esclusione sia della  sua
applicazione diretta, sia della sua applicazione  analogica  al  caso
del servizio non di ruolo  prestato  dal  docente  presso  le  scuole
paritarie. Esso poggia sull'assunto secondo cui il riconoscimento, ai
fini della  carriera,  del  servizio  non  di  ruolo  costituisce  un
beneficio, come tale non solo eccezionale (e quindi inapplicabile  in
via analogica), ma altresi' abbisognevole di  un'espressa  previsione
normativa, nella specie insussistente. 
    Orbene, ad avviso di questa  Corte,  interpretato  in  tal  modo,
l'art. 485  del  decreto  legislativo  n.  297/1994  si  porrebbe  in
contrasto  con  l'art.  3   della   Costituzione,   a   causa   della
ingiustificata  ed  irragionevole  disparita'  di   trattamento   che
verrebbe realizzata rispetto: 
        sia al servizio non di ruolo prestato presso scuole pubbliche
statali, 
        sia  al  servizio  non  di  ruolo  prestato   presso   scuole
«pareggiate» nel periodo fino all'anno scolastico 2005/2006, 
        sia al medesimo servizio non di ruolo prestato presso  scuole
paritarie, rilevante  ai  fini  dell'integrazione  delle  graduatorie
permanenti e, quindi, della potenziale assunzione in  ruolo  a  tempo
indeterminato. 
    Al cospetto di  tale  evenienza,  in  varie  occasioni  la  Corte
costituzionale ha riconosciuto al giudice a quo un potere  di  scelta
tra: 
        a) non uniformarsi al «diritto vivente» e quindi proporre una
sua diversa esegesi, essendo la «vivenza» della norma una vicenda per
definizione  aperta,  specie  quando  si  tratti  di   adeguarne   il
significato ai precetti costituzionali; 
        b) oppure assumere l'interpretazione censurata in termini  di
«diritto vivente»  e  richiederne  proprio  su  tale  presupposto  il
controllo  di  compatibilita'  con  parametri  costituzionali  (Corte
Costituzionale n. 242/2014, che richiama  i  suoi  precedenti  numeri
91/2004, 117/2012, 258/2012 e 191/2013). 
    Questa Corte ritiene di  optare  per  la  soluzione  sub  b),  in
considerazione della particolare rilevanza della questione,  di  alto
respiro in quanto foriera di precise conseguenze ed implicazioni  sul
sistema  scolastico  complessivo,  nonche'  di   impatto   certamente
nazionale, visto il numero considerevole dei docenti che  si  trovano
in una situazione identica a quella oggetto del presente giudizio. Ed
allora l'intervento della Corte costituzionale si  rivela  certamente
preferibile,  anche  nell'ottica  di   un'auspicabile   riduzione   e
deflazione del contenzioso, che ha assunto carattere c.d. seriale. 
    12. La predetta questione e' «rilevante»,  in  quanto  dalla  sua
soluzione dipende l'esito dell'appello  del  prof.  Belli  Dell'Isca:
qualora il  «diritto  vivente»  fosse  riconosciuto  non  conforme  a
Costituzione, il gravame dovrebbe  essere  accolto,  con  conseguente
accoglimento delle domande proposte. 
    In particolare, se l'art. 485 cit. venisse interpretato nel senso
da questa Corte auspicato,  nel  caso  in  esame  ne  deriverebbe  la
nullita'  di  quella  parte  del   contratto   collettivo   nazionale
integrativo dell'11 aprile 2017 per la mobilita', in cui e'  disposto
che «il servizio prestato nelle scuole paritarie non e' valutabile in
quanto non riconoscibile ai fini della  ricostruzione  di  carriera».
Questa clausola, infatti, si  porrebbe  in  contrasto  con  la  norma
imperativa dell'art. 485 cit., posta a presidio  di  un  diritto  del
docente (assunto  in  ruolo),  che  costituisce  anche  l'inevitabile
riflesso dell'interesse pubblico a favorire, realizzare  e  mantenere
un sistema scolastico complessivo ispirato al  necessario  pluralismo
dei centri equipollenti di istruzione e di formazione. 
    L'ulteriore conseguenza sarebbe  il  diritto  dell'appellante  al
riconoscimento del servizio di docenza non di ruolo da  lui  prestato
presso la scuola secondaria paritaria nel  periodo  dal  2005-2013  a
tutti gli effetti, giuridici ed economici, come da lui domandato. 
    La medesima questione e' altresi' «non manifestamente  infondata»
per tutte le ragioni sopra esposte ed illustrate.