IL TRIBUNALE DI TRIESTE Sezione civile Il Giudice, letti gli atti del procedimento iscritto al n. 761/2019 di ruolo generale; A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 1º ottobre 2020; Osserva Premesso che, nel presente giudizio ordinario, gli attori, in qualita' di ex consiglieri della Regione Friuli-Venezia Giulia (FVG) e di beneficiari, in via diretta od a titolo di reversibilita', nonche' - alcuni di loro - di altro vitalizio erogato dal Parlamento italiano, - evidenziando: (1) di essere titolari dell'assegno vitalizio erogato dalla Regione autonoma FVG; (2) di essersi vista rideterminare l'assegno vitalizio regionale in misura ridotta per effetto della L.R. n. 2/2015 - hanno chiesto che sia accertato il loro diritto alla corresponsione dell'assegno vitalizio nella misura liquidata e per lungo tempo erogata dal Consiglio Regionale senza subire le decurtazioni di cui agli articoli 1-5 della L.R. n. 2/2015, con conseguente condanna della resistente al versamento di quanto indebitamente trattenuto; Premesso ancora che gli attori hanno censurato gli articoli 1-5 della menzionata legge regionale ed i provvedimenti amministrativi che ne sono conseguiti, lamentandone la contrarieta' ai principi comunitari e convenzionali della tutela dell'affidamento e della certezza dei rapporti giuridici come garantiti dagli articoli 3, 10, 11, 53, 48, 51, 64, 67, 68, 69 e 117, comma 1, della Costituzione e dagli art. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonche' hanno lamentato la contrarieta' della suddetta legge regionale ai principi di ragionevolezza, di gradualita', di uguaglianza, di tutela del legittimo affidamento, di accesso alle cariche di rappresentanza politica, di universalita' dell'imposizione fiscale, di non discriminazione, chiedendo che venga sollevata la relativa questione di legittimita' costituzionale; Premesso, inoltre, che gli attori hanno evocato nel presente giudizio il consiglio regionale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, i quali si sono costituiti in giudizio, deducendo l'infondatezza di ogni lamentata violazione costituzionale; Premesso, da ultimo, che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dagli attori e' rilevante e non manifestamente infondata per le seguenti ragioni: (1) rilevante, perche' la pretesa attorea volta all'accertamento del diritto alla corresponsione dell'assegno per intero e senza le riduzioni di cui agli articoli 1-5 della L.R. n. 2/2015 in tanto potra' ritenersi fondata in quanto le disposizioni di riferimento siano o meno conformi ai parametri costituzionali invocati dagli attori, di talche' la questione di legittimita' costituzionale riveste indubbio carattere di rilevanza, dipendendo dalla stessa la decisione del merito delle domande formulate in causa; (2) non manifestamente infondata alla luce di una articolata individuazione e valutazione delle norme censurate, che per una migliore rappresentazione delle questioni di legittimita' sollevate e' opportuno cosi ricordare: la L.R. n. 2 del 13 febbraio 2015, avente ad oggetto: «Disposizioni in materia di trattamento economico dei consiglieri e degli assessori regionali, nonche' di funzionamento dei gruppi consiliari. Modifiche alle leggi regionali numeri 2/1964, 52/1980, 21/1981, 38/1995, 13/2003, 18/2011 e 3/2014», all'art. 1, rubricato «Finalita'», cosi dispone: «La presente legge si inserisce nell'azione di contenimento della spesa pubblica riferita ai costi della rappresentanza politica regionale esercitata sia in forma individuale, sia in forma collettiva e organica. In particolare, la presente legge detta disposizioni per un'ulteriore riduzione dei costi della politica mediante una pluralita' d'interventi, permanenti e temporanei riconducibili ai principi di ragionevolezza e proporzionalita'; contiene ulteriori modifiche in materia di assegno vitalizio spettante ai consiglieri regionali cessati dal mandato, agli aventi diritto e agli assessori regionali cessati dalla carica, nonche' disposizioni di modifica di altre normative regionali in materia di trattamento giuridico ed economico del consiglieri». L'art. 3, rubricato «Riduzione temporanea dell'assegno vitalizio», stabilisce: «1. A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, l'assegno vitalizio e la sua quota, previsti e disciplinati dalle leggi regionali n. 38/1995 e n. 13/2003, sono ridotti nel loro ammontare mensile lordo secondo le percentuali progressive di cui all'allegata tabella A, ovvero di cui all'allegata tabella B, qualora il beneficiario dell'assegno e della sua quota sia in godimento di un assegno vitalizio erogato dal Parlamento europeo. A seguito della riduzione prevista dal presente comma l'importo dell'assegno vitalizio e della sua quota non puo' essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. 2. Il beneficiario dell'assegno vitalizio e della sua quota, entro quindici giorni dall'entrata in godimento di un assegno vitalizio erogato dal Parlamento europeo, a tenuto a darne comunicazione formale ai competenti uffici ai fini della riduzione prevista al comma 1, nonche' dei conseguenti ed eventuali conguagli. 3. Le riduzioni previste al comma 1 non trovano applicazione qualora l'importo dell'assegno e della sua quota, erogati ai sensi delle leggi regionali n. 38/1995 e n. 13/2003, sia pari o inferiore a 1.500 euro mensili lordi. 4. Nel caso in cui l'assegno vitalizio venga corrisposto sia in relazione al mandato di consigliere regionale che in relazione alla carica di assessore regionale, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in relazione all'importo risultante dalla somma dei due assegni, determinati secondo quanto previsto dall'art. 9, comma 1, della legge regionale n. 13/2001»; secondo queste disposizioni, a partire dalla mensilita' di marzo 2015, l'assegno vitalizio di tutti gli ex consiglieri regionali titolari di un assegno mensile superiore all'importo mensile lordo di euro 1.500 e' stato ridotto secondo le percentuali indicate nella tabella A), ossia piu' precisamente: Tabella A ================================= | Fino a euro | | | 2000,00 | 6,00 % | +===============+===============+ |da euro 2000 a | | |euro 4000 |9,00 % | +---------------+---------------+ |da euro 4000 a | | |euro 6000 |12,00 % | +---------------+---------------+ |oltre euro 6000|2015,00 % | +---------------+---------------+ agli ex consiglieri titolari anche di altro vitalizio parlamentare, diretto o di reversibilita', la misura del vitalizio e' stata ridotta secondo le maggiori percentuali di cui alla tabella B), ossia: Tabella B ============================= | Fino a euro | | | 1000,00 | 6,00 % | +===============+===========+ |da euro 2000 a | | |euro 4000 |13,50 % | +---------------+-----------+ |da euro 4001 a | | |euro 6000 |18,00 % | +---------------+-----------+ |oltre euro 6000|22,50 % | +---------------+-----------+ le disposizioni previste dal menzionato art. 3 avevano una originaria durata sino al 30 giugno 2018, successivamente oggetto di tre proroghe, rispettivamente al 31 dicembre 2018 (legge regionale n. 16/2018), sino al 30 aprile 3019 (legge regionale n. 28/2018) e, infine, sino al 30 giugno 2019 (legge regionale n. 5/2019), data quest'ultima in cui la legge regionale n. 8/2019 ha disposto il ricalcolo ab origine del vitalizio secondo il nuovo e diverso sistema contributivo (applicandolo anche a casi antecedenti all'entrata in vigore della c.d. «riforma Dini», in allora liquidati secondo il sistema retributivo e/o misto) sulla base di coefficienti di trasformazione arbitrariamente ed unilateralmente fissati e cio' in via definitiva e permanente; le tre proroghe teste' citate sono state disposte senza che rispettivi provvedimenti normativi abbiano indicato le ragioni della proroga; la riduzione, tutt'altro che temporanea, disposta dal menzionato art. 3, si presenta come gravemente lesiva della posizione giuridica degli attori, i quali lamentano che, solo perche' ex consiglieri regionali titolari di vitalizio in corso di erogazione, sono stati fortemente incisi dalla riduzione dell'importo dei loro vitalizi: tutto cio' a distanza di anni/decenni dalla cessazione del loro mandato elettivo, dalla liquidazione e successiva protratta erogazione del loro vitalizio in una data misura, in un'eta' oggi ormai avanzata, nella quale non possono piu' modificare le scelte di vita e professionali assunte a suo tempo o mitigare in qualche altro modo gli effetti di un siffatto intervento riduttivo, la cui solo apparente durata transitoria ha assunto nei fatti carattere di stabilita', financo definitivita', a seguito della successione di proroghe e, infine, dell'introduzione di un nuovo sistema di calcolo del vitalizio (che ha soppiantato, ora per allora, quello applicato originariamente, il cui effetto finale determina una permanente riduzione in una misura percentuale del tutto equivalente a quella disposta dall'art. 3, L.R. n. 2/2015); gli attori ritengono che le norme de quibus non rispettino sotto diversi profili i principi costituzionali declinanti negli art. 2, 3, 23, 48, 51, 53, 64, 67, 68, 69, 81, 117 Cost. nell'interpretazione che di essi hanno dato nel tempo il Giudice delle Leggi nonche' la Suprema Corte di cassazione, in relazione agli interventi normativi sui trattamenti in corso e, segnatamente, sugli assegni di vitalizio, avendo, altresi', riguardo ai consolidati principi comunitari invocabili in tema di legittimo affidamento, di non discriminazione per ragioni di patrimonio/eta' (art. 21 e 25 della Carta di Nizza, degli art. 10, 20 e 157 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), art. 2015 del Pilastro europeo dei diritti sociali, della direttiva 2000/78/CE, di universalita' dell'imposizione fiscale); cio' precisato, considerata la rilevanza della questione e l'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata degli aricoli 1-5 della L.R. n. 27/2015, si osserva quanto segue in via di diritto. Costituisce «ius receptum» della giurisprudenza anche della Corte costituzionale il principio - di derivazione comunitaria e convenzionale - della intangibilita' dei diritti acquisiti e della certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale forma di tutela del legittimo affidamento. Il legittimo affidamento costituisce un principio generale dell'ordinamento comunitario: numerosissime sono le pronunce della Corte di Giustizia Europea che, da tempo e costantemente, affermano la vigenza ed il carattere fondamentale di tale canone. Sebbene non espressamente contemplata dai Trattati dell'Unione europea, la tutela dell'affidamento trova collocazione in svariate statuizioni della Corte di Giustizia europea a partire dal 1978, ove venne sancito che la «tutela dell'affidamento fa parte dell'ordinamento comunitario» (1) e che deve essere inquadrata fra i principi fondamentali della Comunita' sanciti, tra gli altri, dall'art. 6 della Carta fondamentale dei diritti dell'Uomo, ratificata dall'Unione europea stessa. Il principio in questione viene considerate un corollario di quello della certezza del diritto, nell'ambito del quale viene individuato il suo fondamento, (2) motivo per cui la Corte di Giustizia lo utilizza come parametro di legittimita' non soltanto degli atti amministrativi ma anche degli atti legislativi, con la conseguenza che esso deve essere rispettato dalle Istituzioni comunitarie e dagli Stati membri nell'esercizio del poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie. (3) A livello nazionale, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha recepito in maniera consolidata questa principale, riconducendolo agli art. 2, 3 e 97 della Costituzione, in quanto elemento essenziale dello Stato di diritto (4) ed espressione immanente da un lato, del principio di uguaglianza innanzi alla legge e, dall'altro, di solidarieta' cui sono collegati i canoni di buona fede e di correttezza dell'agire, anche da parte dell'amministrazione, che deve improntare la propria condotta a canoni di lealta' e di imparzialita'. Si intravede, in questi casi, anche la violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione per violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, posto che, a seguito della riforma del titolo V avvenuta nel 2001, il legislatore regionale deve esercitare la propria potesta legislativa nella cornice delle competenze assegnate dall'art. 117 «in osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario». Numerose sono le pronunce che, sin dalla sentenza n. 349 del 17 dicembre 1985, hanno fatto applicazione di questo principio. Recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita' dell'art. 23 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (concernente la nuova disciplina in materia di privilegio) proprio sottolineando che «l'assenza di adeguati motivi, l'alterazione del rapporto determinata dalle norme in discussione, palesa la sua illegittimita' per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e per violazione dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, in considerazione del pregiudizio che essa arreca alla tutela dell'affidamento legittimo e della certezza delle situazioni giuridiche, in assenza di motivi imperativi di interesse generale costituzionalmente rilevanti» (ulteriori esempi di applicazione del principio del legittimo affidamento si rinvengono nelle seguenti sentenze: Corte costituzionale 23 maggio 2013, n. 103, 21 ottobre 2011, n. 271, 4 luglio 2014, n. 170, 27 giugno 2013, n. 160, 1° aprile 2010, n. 124, 26 settembre 2014, n. 227). In termini ancora piu' espliciti la Corte costituzionale ha affermato che «l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse e' legittitno a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza ed i principi di tutela del legittinto affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche» (v. Corte costituzionale 30 gennaio 2009, n. 24). Ma anche la giurisprudenza contabile amministrativa ha ripreso, riaffermandoli, i pronunciamenti della Corte costituzionale, stabilendo che «il principio della tutela del legittimo affidamento e immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico ed assolve ad una funzione di integrazione della disciplina legislativa o comunque un preciso vincolo ermeneutico per l'interprete» (cfr. Corte del conti 4 dicembre 2008, n. 942). Del tutto recentemente, e con la sentenza n. 108/2019, la Corte costituzionale ha ribadito i principi cardine maturati in tema di legittimo affidamento proprio con specifico riferimento alla materia dei vitalizi, evidenziando come: «tra i limiti che la giurisprudenza ha individuato alla ammissibilita' di leggi con effetto retroattivo, rileva particolarmente l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti interessati alla stabile applicazione della disciplina modificata. Tale legittimo affidamento trova copertura costituzionale nell'art. 3 Cost. ed e' ritenuto principio connaturato allo stato di diritto». Inoltre, sebbene l'affidamento non sia declinato in termini assoluti, «le disposizioni legislative retroattive non possono comunque trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da Leggi precedenti». Con specifico riguardo, poi, alle misure che intervengono retroattivamente riducendo attribuzioni di natura patrimoniale, la Corte costituzionale, nella richiamata sentenza, ha evidenziato come le stesse debbano essere sottoposte ad uno stretto scrutinio di ragionevolezza di grado piu' elevato rispetto alla mera mancanza di arbitrarieta', dato che la norma retroattiva va ad incidere sulla certezza dei rapporti preferiti e sul legittimo affidamento dei soggetti interessati. «Un tale rigoroso controllo - prosegue la Corte - deve verificare in primo luogo se sussistano solide motivazioni che hanno guidato il legislatore e se esse trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza anche in considerazione delle circostanze di fatto e di contesto entro cui l'intervento legislativo a maturato», dovendosi a tal fine avere riguardo «al tempo trascorso dal momento della definizione dell'assetto regolatorio originario a quello in cui tale assetto viene mutato con efficacia retroattiva (sentenze n. 89 del 2018, n. 250 del 2017, n. 108 del 2016, n. 216 e n. 56 del 2015), alla prevedibilita' della modifica retroattiva stessa (sentenze n. 16 del 2017 e n. 160 del 2013), infine alla proporzionalita' dell'intervento legislativo che eventualmente lo comprima (in particolare, sentenza n. 108 del 2016)». Inoltre, sempre recentemente, le Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione, con le ordinanze n. 18265 e n. 18266 del 2019, sono intervenute in materia, qualificando la disciplina dell'indennita' parlamentare e del vitalizio nell'ambito della «normativa di diritto singolare» che si riferisce al Parlamento nazionale a presidio della posizione costituzionale del tutto peculiare loro riconosciuta dall'art. 64 Cost., comma 1, articoli 66 e 68 Cost.; le Sezioni Unite, inoltre, hanno affermato che ai vitalizi «si applica la stessa medesima ratio di sterilizzazione degli impedimenti economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese e di garanzia dell'attribuzione ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, un trattamento economico adeguato ad assicurarne l'indipendenza, come del resto accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato». Alla luce di tutti questi principi, i dubbi di illegittimita' costituzionale prospettati dagli attori per violazione dei principi di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento (quest'ultimo valutato avendo riguardo alle motivazioni che hanno condotto all'emanazione degli interventi censurati, al grado di consolidamento, alla prevedibilita' ed alla proporzionalita' degli stessi), di certezza del diritto (articoli 2, 3, 10, 11, 42, 117 Cost. in relazione all'art. 6 CEDU), nonche' per violazione del principio di sterilizzazione degli impedimenti economici nell'accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese (articoli 64, 66, 68 e 69 Cost.), di non discriminazione per ragioni di patrimonio e/o eta', di parita' di trattamento ed integrazione socio/economica degli anziani di cui agli articoli 21 e 25 della Carta di Nizza e articoli 10, 20 e 157 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, art. 2015 del Pilastro europeo dei diritti sociali, risultano non manifestamente infondati. Cosi' come non manifestamente infondato e il dubbio di costituzionalita' per violazione degli art. 3 e 53 Cost., dal momento che il prelievo forzato disposto dall'art. 3 L.R. n. 2/2015 presenta natura tributaria, in quanto ha determinato una decurtazione patrimoniale a carico di una ridotta platea di destinatari, arbitrariamente fissata, senza che sia stata prevista alcuna destinazione vincolata ma con definitiva acquisizione al bilancio statale per fronteggiare esigenze di fiscalita' generale anziche' situazioni emergenziali, nonche' correlata ad uno specifico indice di capacita' contributiva in funzione della quale sono state previste determinate percentuali di riduzione improntate a criteri di progressivita' (requisito che per antonomasia esprime l'idoneita' del soggetto passivo all'obbligazione tributaria). Vediamo piu' nel dettaglio. I Giudizio di rispondenza ai parametri costituzionali di cui agli articoli 2, 3, 23, 42, 48, 51, 67, 97, 117 Cost., nonche' del principio di certezza delle norme, di legittimo affidantento e dei diritti acquisiti. Si e' gia' detto in precedenza che la Corte costituzionale ha sottolineato la necessita' di procedere al vaglio di legittimita' costituzionale individuando nel grado di consolidamento della situazione, nella prevedibilita' della modifica riduttiva e nella proporzionalita' dell'intervento i criteri fondamentali di valutazione. Alla stregua di questi criteri, va ritenuto che la disciplina contenuta negli articoli 1-5 della L.R. n. 27/2015 non possa essere giudicata positivamente, proprio alla luce dei requisiti di legittimita' declinati dalla sentenza n. 108/2019, secondo la quale «le disposizioni legislative retroattive non possono comunque trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da legge precedenti» e che «devono essere sottoposte ad uno stretto scrutinio di ragionevolezza di grado piu' elevato rispetto alla mera mancanza di arbitrarieta', dato che la norma retraattiva va ad incidere sulla certezza dei rapporti pregressi e sul legittimo affidamento dei soggetti interessati». E', conformemente a tale paradigma valutativo di «stretta costituzionalita'» si perviene ad indicare le condizioni in presenza delle quali risulta adeguatamente bilanciato: «la garanzia del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica con altri valori costituzionalmente rilevanti», stabilendo che ai vitalizi» si applica la stessa medesitna ratio di sterilizzazione degli impedimenti economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese e di garanzia dell'attribuzione ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, al trattamento economico adeguato ad assicararne l'indipendenza come del resto accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato» (cfr. ordinanze n. 18265-18266/2019). Ebbene, gli art. 1-5 della L.R. n. 27/2015 disattendono i principi sopraindicati. Non e dato rivenire nelle disposizioni de quibus alcuna condizione di eccezionalita' e/o di specifica crisi cui si debba far fronte con la riduzione de qua, che, viceversa, si presenta, anche per effetto delle successive reiterate proroghe, inserita in un contesto di ordinarie esigenze di bilancio. La stessa legge regionale non specifica alcuna motivazione a supporto dell'intervento riduttivo, se non del tutto genericamente, facendo riferimento ad una non meglio precisata esigenza di «contenimento della spesa di rappresentanza pubblica», inidonea tuttavia a rappresentare le ragioni e le finalita' della riforma, che, solo se indicate esaustivamente, avrebbero consentito di verificare la legittimita' di un intervento di tale portata (permanente). Infatti, e «sul terreno della motivazione e di una corretta ed adeguata motivazione che si deve esercitare il legislatore il quale e' tenuto a dare conto del percorso di corretto bilanciamento degli interessi in gioco nel rispetto di un ineludibile vincolo di scopo al fine di evitare che esso possa pervenire a valori critici tali che potrebbe rendere inevitabile l'intervento correttivo della Corte» (v. in questa senso proprio la Corte costituzionale nella sentenza del 10 marzo 2015, n. 70). Nel caso di specie, invero, siamo in presenza di una solo generica indicazione di non meglio precisate esigenze di contenimento della spesa di rappresentanza politica; indicazione del tutto formale, che non esprime in termini di contenuto sostanziale sulle specifiche ragioni e sulle finalita' di siffatto intervento, non consentendo di individuare le motivazioni e la destinazione concreta dei prelievi, alla stregua dei quali deve essere operato il necessario giudizio di bilanciamento e di stretta costituzionalita'. Da un altro angolo visuale, peraltro, l'indicazione di generiche esigenze di riduzione dei costi della politica regionale risulta contradditoria poiche' un tale intervento riduttivo, se realmente esistente, avrebbe dovuto riguardare tutti i consiglieri, non solo quelli cessati ma anche quelli in carica, che, oltretutto, a differenza dei primi, prevedono, in aggiunta all'indennita', anche una cd. indennita' di carica. Oltretutto, gli ex consiglieri rappresentano un ruolo «ad esaurimento» in quanto necessariamente connesso alla permanenza in vita degli stessi, per cui, in un contesto del genere, l'intervento riduttivo disposto dagli articoli 1-5 della L.R. n. 2/2015 risulta vieppiü carente dei caratteri di eccezionalita', temporaneita' e natura transeunte fissati dalla giurisprudenza costituzionale, non realizzando un adeguato e ragionevole bilanciamento del valori costituzionali coinvolti, ma atteggiandosi, invece, quale arbitraria compressione a danno di una sola e ridotta platea di soggetti ed in pregiudizio del principio di affidamento nella certezza di situazioni giuridiche acquisite. A tale proposito, va rilevato che tutti gli attori, alla data di entrata in vigore della L.R. 2/2015, avevano da tempo (spesso molto lungo) terminato il proprio mandato elettivo in seno al Consiglio regionale ed avevano iniziato a percepire il relativo vitalizio molti anni prima, maturando il requisito anagrafico in allora previsto dalla normativa regolamentare (ordinamento Cassa Mutua 19 febbraio 1971 e successive modifiche). Piu' specificatamente, su 39 attori ben 29 di essi hanno espletato il loro mandato nelle legislature precedenti all'VIIIª legislatura (terrninata nel 2003), mentre i residui dieci hanno cessato il loro incarico al termine dell'VIIIª legislatura. In altre parole, cio' significa precisare che gli attori, alla data di entrata in vigore della L.R. n. 2/2015, avevano cessato il loro mandato elettivo da piu' di dieci, se non anche venti e piu' anni prima. Questo ampio lasso temporale ha certamente e non puo' essere altrimenti consolidato negli attori una situazione di affidamento nella definitivita' della liquiidazione e nella stabilita' della sua suecessiva protratta erogazione e del relativo importo. Gil attori hanno fatto determinate ed impegnative scelte di vita in un contesto che si e' ormai interamente concluso e cristallizzato da tempo - per tutte le parti coinvolte - e sulla cui stabilita' hanno fatto e hanno tuttora oggettivo e serio affidamento. Quando hanno deciso di candidarsi e di accettare il mandato elettivo, tralasciando la propria quotidiana attivita' lavorativa, lo hanno fatto anche in fimzione della percezione di un dato importo di vitalizio, la cui corresponsione assolve alla funzione di indennizzare il consigliere per l'innegabile perdita economica che si produrra' nel momento in cui, a distanza di anni ritornera', se ritornera', alla precedente occupazione (v. in questo senso quanto affermato dalle ordinanze n. 18265 e 18266/2019). Invero, gli attori - per effetto della L.R. n. 2/2015 Si sono trovati, all'improvviso, non soltanto a non percepire quell'importo che era stato loro liquidato e che hanno percepito per oltre undici anni - e del quale vennero fornite specifiche garanzie anche regolamentari - ma, addirittura, a percepire una somma nettamente inferiore per una durata che ha perso, se mai ha avuto, una dimensione temporale transitoria per diventare stabile. In questo modo, la L.R. n. 2/2015 e intervenuta modificando le «carte in tavola», a distanza di molti anni dall'esaurimento dei mandati elettivi e dalla percezione del vitalizio, tradendo la legittima certezza consolidatasi nel tempo, in conseguenza di un mandato assunto ed espletato in un dato contesto normativo - a che non si realizzi successivamente un'irragionevole modificazione di quel quadro di riferimento, tradendo, con effetto retroattivo, la certezza, piu' che non l'affidamento, sorta sia nel soggetto eletto sia in coloro che lo hanno eletto, in forza e nell'ambito di un determinato contesto e, peraltro, dopo che le prestazioni in favore della Regione FVG sono gia' state interamente eseguite e per le stesse e' stato maturato il diritto all'assegno vitalizio. Il lasso di tempo trascorso dalla maturazione e dalla percezione del vitalizio, per altro verso, esclude che gli attori, a distanza di anni, potessero aver previsto che il loro vitalizio sarebbe stato ridotto. Basti pensare che anche nel 1995, quando la disciplina dei vitalizi ê stata rivista con la legge regionale (37/1995), i suoi articoli 21 e 22 hanno fatto espressamente salvi i diritti quesiti, con cio' avallando vieppiu' il convincimento di una intangibilita' del trattamento acquisito. Ma che l'intervento regionale fosse imprevedibile si ricava anche dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, c.d. «Decreto Monti», che espressamente aveva previsto che: «Fatto salvo quanto disposto dall'art. 14, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 138/2011, e fino all'adeguamento da parte delle Regioni a quanto ivi previsto, fermo restando l'abolizione dei vitalizi gia' disposta dalle Regioni, le stesse, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fatti salvi i trattamenti pensionistici o vitalizi gia' in erogazione a tale data, possono prevedere o corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della Regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo se a quella data i beneficiari hanno compluto 66 anni di eta', hanno ricoperto tali cariche anche non continuativamente». Lo stesso Legislatore nazionale aveva, in maniera inequivoca, fatto salvi, cioe' salvaguardato da ogni intervento riduttivo, i trattamenti in corso di erogazione, per cui, a maggior ragione, deve escludersi che gli attori potessero attendersi un siffatto contrario intervento. Per quanto riguarda, infine, la proporzionalita' dell'intervento riduttivo, rilevante e' il fatto che la L.R. n. 2/2015 incide negativamente su una ridottissima platea di destinatari, ossia i percettori di vitalizio regionale in godimento di trattamento. Inoltre, tra i destinatari colpiti vi soro anche eredi, titolari dell'assegno in via indiretta, nonche' altri soggetti che, in quanto titolari di altro assegno erogato dal Parlamento italiano od europeo, vengono penalizzati con l'abbattimento del 22,5% dell'assegno. Quando e' evidente che la pluralita' di assegni in capo ad una sola persona e' la naturale conseguenza di piu' funzioni svolte e di piu' piani contributivi adeguatamente onorati, per cui la previsione di un'aliquota aggravata in tali casi tradisce anche la ratio stessa del singoli istituti in considerazione. A cio' si aggiunga che, sin dal 2006, gli attori hanno subito la riduzione del 10% del loro assegno, per cui la percentuale complessiva della loro trattenuta va ben al di la di quanto riportato nelle tabelle A e B della menzionata legge regionale. Piu' in particolare, il peso complessivamente imposto ai ricorrenti risulta notevolmente ed immotivatamente superiore a quanto riportato nella legge regionale e cioe' pari al 16%, 19%, 22%, 25% (Tabella A) e al 19%, 23,5%, 28%, 32,5% (Tabella B). Dall'altro lato, applicandosi le misure previste dalla legge in questione, si avrebbe un risparmio annuale per il bilancio dell'amministrazione pari ad euro 519.000 circa; calcolando il minore gettito IRPEF che ne deriverebbe alla Regione, il risparmio si ridurrebbe ad euro 435.000. Poiche' il bilancio delle Regione nel 2014 e stato di euro 6.714.845.311, il risparmio realizzato dagli interventi in questione corrisponde allo 0,0065% del bilancio regionale. In definitiva, per tutte queste ragioni, la disciplina in esame non puo' essere giudicata positivamente, attesa la mancanza di tutte le condizioni di legittimita richieste dalla Corte costituzionale, la cui compresenza ê, invece, necessaria: l'intervento riduttivo disposto dalla L.R. n. 2/2015 realizza un'arbitraria ed irragionevole compressione in danno solo di una specifica categoria di soggetti, del principio dell'affidamento nella certezza di situazioni giuridiche gia' esaurite e definitivamente acquisite nel patrimonio dei destinatari. II Illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3 della L.R. n. 2/2015 per contrasto con gli articoli 3, 53 e 97 Cost.. Anche a voler ritenere che il prelievo de quo risponda ai criteri di legittimita' costituzionale in precedenza indicati, i dubbi di costituzionalita' di tale misura non verrebbero, comunque, meno. L'intervento riduttivo di cui alla L.R. n. 2/2015 non si iscrive nel perimetro tracciato dalla Corte costituzionale su fattispecie analoghe (v. Corte costituzionale n. 173/2013), nelle quali si e' affermato che il prelievo configura un tributo allorquando determini una definitiva decurtazione patrimoniale acquisita dalla Stato e destinata alla fiscalita' generale. L'art. 3 della L.R. n. 2/2015 presenta tutti questi caratteri. In primo, non e' stata enunciata alcuna destinazione vincolata delle risorse attinte con l'intervento in discussione, ne le ragioni di un siffatto intervento. Anzi, la durata quadriennale della riduzione imposta, assorbita poi nel meccanismo di ricalcolo definitivo del vitalizio con identica' riduzione finale, indica in maniera chiara la prospettiva di un marcato consolidamento nel tempo degli effetti della riduzione, in una logica normativa che non si presenta come emergenziale, bensi' di tendenziale revisione in peius definitiva dei trattamenti di vitalizio. Di cio' si rinviene conferma nel contenuto della L.R. n. 8/2019. Il che rende non solo piu' incisiva la lesione dei diritti patrimoniali dei destinatari, ma anche piu' marcato l'effetto discriminatorio rispetto ai non incisi, a parita' di condizioni reddituali. In questo senso a' motto significativa la protrazione del prelievo oltre l'arco temporale inizialmente previsto e, comunque, oltre l'arco di sviluppo di una programmazione pluriennale di bilancio che conferma la natura di misura non conseguente a situazioni emergenziali ma, al contrario, da esigenze di fiscalita' generale. Alla luce di queste osservazioni, va ritenuto, dunque, che l'intervento di riduzione di cui alla L.R. n. 2/2015 presenti natura sostanzialmente tributaria, in quanto determina una decurtazione patrimoniale arbitrariamente duratura del trattamento di vitalizio in corso di erogazione con acquisizione al bilancio statale del relativo gettito: in questo modo, costituisce un prelievo coattivo correlato ad un data indice di capacita' contributiva gravando solo su una data categoria di soggetti e non su tutti i cittadini, con cio' risultando ingiustificatamente discriminatorio e non rispettoso dei canoni di uguaglianza a parita' di reddito e di universalita' dell'imposizione. III Illegittimita costituzionale degli articoli da 1 a 5 della L.R. n. 2/2015 per manifesta violazione degli art. 48, 51, 64, 67, 68 e 69 Cost. Infine, l'art. 3 della L.R. n. 2/2015 pone un altro rilevante dubbio di legittimita costituzionale. Le ordinanze n. 18266 e n. 18265 dell'8 maggio 2019 della Suprema Corte di cassazione, a Sezioni Unite, si sono espresse sulla natura del vitalizio regionale, confermando precedenti indirizzi dottrinali. In particolare, le Sezioni Unite hanno (finalmente) attribuito aria materia dei vitalizi copertura costituzionale, stabilendo che essi pur non essendo specificatamente menzionati nella Costituzione (a differenza dell'indennitâ prevista nell'art. 69 Cost.) ma cio' nondimeno rappresentando la sua proiezione economica futura - sono sorretti dalla stessa ratio di tutela fissata dalla Costituzione. Ancora piu' specificatamente, le Sezioni Unite hanno affermato che ai vitalizi: «si applica la stessa medesima ratio di sterilizzazione degli impedimenti economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese e di garanzia dell'attribuzione ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, un trattamemo economico adeguato ad assicurarne l'indipendenza come del resto accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato». Cio', a presidio dei principi di liberta', di scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori (art. 48 Cost.), dell'accesso dei cittadini alle cariche elettive in condizioni uguaglianza (art. 51 Cost.) e del libero esercizio delle funzioni del consigliere regionale senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.). Essendo evidente che: «dal collegamento tra indennita' ed assegno di vitalizio si desume che cosi come l'assenza di emolumento disincentiverebbe l'accesso al mandato elettivo a il suo pieno e libero svolgimento, rispetto all'esercizio di altra attivitita' lavorativa remunerativa, allo stesso modo, l'assenza di un riconoscimento economico per il periodo successivo alla cessazione del mandato elettivo varrebbe quale disincentivo, rispetto al trattamento previdenziale ottenibile per un'attivita' lavorativa che fosse stata intrapresa nello stesso lasso temporale». Sulla base di tali premesse, le Sezioni Unite hanno sottolineato che il vitalizio rappresenta la proiezione economica dell'indennita' per la parentesi successiva alla cessazione del mandato elettivo, per cui, anche se la disciplina sostanziale dei due istituti e' rinvenibile in fonti differenti, e' indubbio che entrambi gli istituti rientrino nel diritto c.d. singolare a presidio della posiziane costituzionale lora garantita dagli articoli 64, primo comma, 66 e 68 Cost.. Orbene, nel caso di specie, la L.R. n. 2/2015 e' intervenuta riducendo pesantemente l'ammontare del vitalizio gia' liquidato ed erogato per anni agli attori, secondo percentuali arbitrariamente fissate, che penalizzano gli ex consiglieri indipendentemente dalla data di maturazione del loro vitalizio, se non, addirittura, maggiormente penalizzano coloro i quail hanno svolto una pluralita' di incarichi elettivi. Allo svolgimento di una pluralita' di incarichi elettivi consegue la perceziane di un maggiore importo di vitalizio e, dunque, l'imposizione di un maggior importo percentuale di riduzione. Questa riduzione opera solo apparentemente per un periodo transitorio, posto che l'iniziale termine e' stato oggetto di ripetute proroghe, fino a diventare definitiva (in quanto assorbita nel ricalcolo del vitalizio di cui alla L.R. n. 8/2019), rendendo palese l'inesistenza di sottostanti eccezionali e transeunti esigenze di risparmio ma traducendosi, nei fatti, in una misura strutturale. Viene, in questa modo, sminuita e svilita la portata del ruolo istituzionale connesso al mandato parlamentare, essendo evidente che un simile intervento riduttivo - effettuato a distanza di anni dalla cessazione del mandato elettivo e, dunque, ampiamente dopo che e' stato siglato l'accordo fra il candidato e lo Stato ed e' stato eseguito - determina un impoverimento dell'attivita' e della rappresentanza politica, disincentivando l'accesso alle cariche elettive che deve essere garantito dalla percezione di un sicuro riconoscimento economico una volta terminato l'incarico. Intervenendo, invece, oggi su vitalizi gia' erogati collegati a mandati cessati anni or sono, si svilisce il ruolo stesso del parlamentare (o del consigliere regionale) e dell'incarico affidato al medesimo, ritenendolo suscettibile di essere pesantemente rimesso in discussione a distanza di anni, dopo che l'interessato ha dedicato la propria vita a servizio dello Stato (o della Regione), sottraendo tempo ed energie ad un'attivita' maggiormente retribuita nella convinzione di servire il proprio Paese ma anche facendo affidamento sulla futura percezione di un vitalizio e della stabilita' del sue importo secondo le regole in allora vigenti. Questo profilo di illegittimita' e' vieppiu' accentuato con riferimento a coloro i quali hanno svolto piu' mandati elettivi che si vedono maggiormente penalizzati in termini di riduzione, quando invece ad un maggior numero di mandati parlamentari (o regionali) dovrebbe conseguire un maggior incremento di vitalizio, anche a fronte dei maggiori contributi versati: in questo modo vi sarebbe un maggiore incentivo ad accedere alle cariche elettive e proseguire nell'attivita' politica. Il sistema cosi' delineato, pertanto, viola i principi della liberta' di scelta dei propri rappresentati da parte degli elettori (art. 48 Cost.), di accesso del cittadini alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza (art. 51 Cost.) e di libero ed indipendente esercizio delle funzioni del parlamentare senza vincolo di mandato (art. 67, 69 e 97 Cost.). (1) Trattasi della sentenza 3 maggio 1978, causa C-1217.7. (2) In tali termini, espressamente: Corte di Giustizia, 19 settembre 2000, Ampafrance and Sanofi, causa C-177/99, 181/99; Corte di Giustizia, 18 gennaio 2001, Commission/Spain, causa C-83/99. In talune pronunce i due principi sono tra lore affiancati e considerati in un unico contesto, Corte di Giustizia, 21 settembre 1983, Deutsche Milchkontor GmbH, causa 205/82; Corte di Giustizia, 21 giugno 1988, Commission/ltaly, 257/86; Corte di Giustizia, 8 giugno 2000, Grundstückgemeinschaft Schloßstraße, causa C-396/98. (3) V. Corte di Giustizia CE, 14 settembre 2006, cause C-181/04 e C-183/04. (4) v. in questo senso proprio Corte costituzionale 27 gennaio 2011, n. 31, ove si afferma la necessita' di evitare che «disposizioni trasmodino in regolanenti irrazionali che frustino l'affidamento dei cittadini nella sicurezza pubblica da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto».