TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO 
                   Ufficio esecuzioni immobiliari 
 
    Il Giudice  dell'esecuzione  nella  procedura  di  espropriazione
immobiliare  iscritta  al  n.  80/2014  R.G.Es.,  promossa  da  Marco
Scimone, codice fiscale SCM MRC 67A22 I480G, e Francesca  Castellano,
codice fiscale CST FNC 66H52 F206H, rappresentati e difesi  dall'avv.
Gianluca Carrozza, nei confronti di Carmela Lombardo, cod. fisc.  LMB
CML 64P47 G209S, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Cattafi,
ha pronunciato, ai sensi dell'art. 23, comma 3, della legge 11  marzo
1953,  n.  87,  la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla   Corte
costituzionale  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18,  introdotto
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n.  27,  modificato
dagli articoli 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137,
e 13, comma 14, del decreto-legge 31  dicembre  2020,  n.  183  (c.d.
«milleproroghe 2021»), che ne hanno esteso il  termine  di  efficacia
dapprima al 31 dicembre 2020 e  da  ultimo  al  30  giugno  2021,  in
relazione agli articoli 3, 24, 47, 111 e 117 della Costituzione. 
1. La vicenda processuale pendente davanti al giudice a quo. 
    Marco Scimone e Francesca Castellano, in forza della sentenza  n.
48 del 29 ottobre 2012 pronunciata dal Tribunale di Barcellona  Pozzo
di Gotto, con atto notificato a mani proprie della debitrice in  data
29  luglio  2014  hanno  sottoposto  a  pignoramento  il  diritto  di
proprieta' sull'appartamento per civile abitazione in Pace  del  Mela
(ME), via Bonfiglio n.  104,  allibrato  in  catasto  al  foglio  10,
particella  1228,  subalterno  20,  e  l'autorimessa  -  che  ne   e'
pertinenza ai sensi dell'art. 818 del codice civile -  registrata  in
catasto al foglio 10, particella 1228, subalterno 10. 
    Con ordinanza  tesa  all'udienza  del  2  maggio  2016  e'  stata
autorizzata, ai sensi dell'art. 569 codice di  procedura  civile,  la
vendita dei beni staggiti, con delega delle operazioni di vendita  ai
sensi dell'art. 591-bis del codice di rito. 
    In data 4 gennaio 2021 il  professionista  delegato,  che  svolge
anche le funzioni di custode,  ha  rappresentato  che  la  delega  e'
scaduta e, nondimeno,  che  l'appartamento  pignorato  -  di  cui  la
debitrice  ha  mantenuto  il  godimento  per  tutto  il  corso  della
procedura - costituisce l'abitazione principale dell'esecutata,  come
si evince dall'allegato certificato storico di residenza,  tanto  che
l'atto  di  pignoramento  e'  stato  altresi'  notificato  presso  il
medesimo fabbricato. 
    Dovendosi all'esito della relazione del  professionista  delegato
rinnovare  la  delega  delle  operazioni  di  vendita   e   indicare,
contestualmente,  i  termini  per  le  pubblicazioni  dell'avviso  di
vendita e per la  presentazione  delle  offerte  (cfr.  art.  591-bis
codice di procedura civile in comb. disp. con gli articoli 570 e  571
codice di procedura  civile),  assumere  rilievo  l'art.  54-ter  del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  rubricato  «Sospensione  delle
procedure esecutive sulla prima casa», a mente del quale «Al fine  di
contenere  gli  effetti  negativi  dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19, in tutto il territorio nazionale e' sospesa, per la  durata
di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore  della  legge
di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per  il
pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del codice di  procedura
civile che abbia ad oggetto l'abitazione  principale  del  debitore».
Gli articoli 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e
13 comma 14,  del  decreto-legge  31  dicembre  2020,  n.  183  (c.d.
«milleproroghe  2021»),  ne  hanno  infatti  esteso  il  termine   di
efficacia dapprima al 31 dicembre 2020 e da ultimo al 30 giugno 2021. 
2. Il dato normativo. 
    Il  legislatore  dell'emergenza,   con   il   citato   intervento
normativo, ha stabilito la sospensione di «ogni  procedura  esecutiva
per il pignoramento immobiliare di cui all'art.  555  del  codice  di
procedura civile». 
    La formula normativa  non  si  lascia  apprezzare  per  immediata
chiarezza e per l'uso corretto della terminologia tecnica. 
    Il codice di procedura civile non conosce una procedura esecutiva
«per»  il  pignoramento  immobiliare,  come  lascerebbe  erroneamente
presupporre  la   formulazione   letterale   dell'art.   54-ter   del
decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18.  Piuttosto,  e'  noto  che  il
processo  di  espropriazione  immobiliare  si  instaura  -  a   norma
dell'art. 555, comma 1, del codice di  procedura  civile  -  con  «la
notificazione al debitore e successiva trascrizione di  un  atto  nel
quale si indicano esattamente [...] i beni e  i  diritti  immobiliari
che si intendono sottoporre a esecuzione»,  contenente  l'ingiunzione
prevista dall'art. 492 del codice di procedura civile. 
    Di  conseguenza  e'  escluso  che  la  sospensione  riguardi   la
possibilita'   di   assoggettare   ad   espropriazione   l'abitazione
principale  del  debitore,  posta  anche  la   diversa   formulazione
letterale  adottata  dal  legislatore   rispetto   alle   fattispecie
considerate dagli articoli  51  e  168  della  legge  fallimentare  o
dell'art. 76, comma 1, lettera a, del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 settembre  1973,  n.  602.  Piuttosto  il  fuoco  della
sospensione e' costituito  dal  processo  esecutivo,  in  particolare
dagli  atti  del  processo  esecutivi  aventi   immediata   finalita'
liquidatoria. 
    Una ulteriore e indiretta  conferma  dell'assunto  e'  desumibile
dell'art.  4,  comma  1,  secondo  periodo,  del  decreto-legge   del
decreto-legge 28  ottobre  2020,  n.  137,  a  mente  del  quale  «E'
inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento  immobiliare,
di cui all'art. 555 del codice di  procedura  civile,  che  abbia  ad
oggetto l'abitazione  principale  del  debitore,  effettuata  dal  25
ottobre  2020  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge   di
conversione  del  presente  decreto».  Tale   previsione,   anch'essa
bisognosa  di  un'interpretazione  ortopedica  a  causa   delle   sua
molteplici ambiguita' (fra cui  spicca  l'inefficacia  riferita  alla
«procedura esecutiva [...]» e non a singoli  atti  o  provvedimenti),
sarebbe stata superflua - qualunque ne sia il significato  da  trarre
(sul quale non ci si sofferma in questa  sede,  attesa  la  rilevanza
solo mediata della norma) -  laddove  il  legislatore  dell'emergenza
avesse  gia'  inteso  sospendere,  per  mezzo  dell'art.  54-ter  del
decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18,  la  possibilita'  di  vincolare
l'abitazione principale del debitore a fini espropriativi. 
    Perche'  operi  la  sospensione  e'  necessario  che   l'immobile
pignorato costituisca  l'abitazione  principale  dell'esecutato,  sia
esso il debitore ovvero, per effetto dell'art. 604, comma  1,  codice
di procedura civile, il terzo proprietario. 
    La nozione di abitazione principale e'  pero'  ignota  al  codice
civile. Compare invece nella normativa tributaria, e  in  particolare
negli articoli 10, comma 3-bis, e 15, comma 1, lettera b, del decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986,  n.  917,  nonche'
nell'abrogato art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, e nell'art. 1, comma 741, lettera b,  della  legge  28  dicembre
2019,  n.  160.  Le  disposizioni  in  essi  contenute  costituiscono
l'addentellato  normativo  per  l'individuazione  del  concetto   di'
abitazione principale, che altro non e'  che  la  dimora  abituale  -
dunque la residenza  (art.  43,  comma  2,  del  codice  civile)  del
contribuente. 
    Ne consegue che la sospensione deve essere disposta a  condizione
che l'esecutato abbia fissato presso l'immobile staggito  la  propria
residenza e quella degli eventuali familiari con lui conviventi. 
    Si ritiene che tale destinazione, in ragione  dell'insensibilita'
del pignoramento agli atti successivi al  suo  perfezionamento  e  al
fine di evitare  condotte  abusive  da  parte  dell'esecutato,  debba
sussistere non tanto alla data di entrata in vigore  della  legge  di
conversione 24 aprile 2020, n. 27, ma  continuativamente  dal  giorno
della notifica dell'atto di pignoramento immobiliare sino al  momento
in cui  la  sospensione  e'  concretamente  pronunciata.  Si  osserva
infatti che la sospensione non  opera  automaticamente,  ma  richiede
necessariamente un preliminare accertamento  -  sia  pur  sommario  e
incidentale, su istanza di parte o d'ufficio - diretto  a  verificare
in punto di fatto  che  l'immobile  sottoposto  ad  esecuzione  possa
essere giuridicamente qualificato come «abitazione principale». 
    2.1. Segue:  la  ratio  legis.  -  E'  intuitivo  che  l'ampiezza
dell'interpretazione dell'art. 54-ter non e' insensibile alla  natura
dei  contrapposti  interessi  coinvolti:  quello  del  creditore   ad
ottenere la soddisfazione coattiva del proprio diritto di credito nel
piu' breve tempo possibile  e  quello  del  debitore  a  non  vedersi
privato della propria abitazione principale. 
    La  delimitazione  dei  perimetro  applicativo  della  norma   e'
collegata all'individuazione della  ragione  giustificatrice  sottesa
alla sua introduzione, che  secondo  lo  stesso  legislatore  mira  a
contenere gli  «effetti  negativi  dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19»,  quasi  a  voler  indicare  l'esistenza  di  un  nesso  di
strumentalita' tra la sospensione delle procedure  di  espropriazione
immobiliare - non tutte,  ma  solo  quelle  riguardanti  l'abitazione
principale dell'esecutato - ed il contenimento dell'epidemia. 
    Invero, a fronte di  tale  inusuale  precisazione  da  parte  del
legislatore,   deve   escludersi   che   la   sospensione    presenti
effettivamente punti di contatto con la tutela della salute pubblica:
il processo  di  espropriazione  non  sembra  di  per  se'  causa  di
diffusione del virus, e comunque non meno di altre attivita' che  non
sono state oggetto di  analoga  inibitoria;  in  caso  contrario,  la
sospensione   avrebbe   inoltre   riguardato,   o   avrebbe    dovuto
ragionevolmente  riguardare,  tutti  i  processi  di   espropriazione
immobiliare, a prescindere dal loro oggetto. 
    L'esigenza abitativa  dell'esecutato  sembra  parimenti  estranea
all'oggetto della «tutela» normativa.  Tale  interesse  e'  piu'  che
adeguatamente  assicurato  da  altre   norme   emergenziali,   e   in
particolare dagli articoli 103, comma 6 del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18, e dall'art. 13, comma 13, da decreto-legge  31  dicembre
2020, n. 183, che non consentono - anche in  caso  di  espropriazione
del bene per effetto di aggiudicazione e trasferimento del medesimo a
terzi  -  di  procedere  al  rilascio  coattivo   dell'immobile.   Il
legislatore ha infatti disposto «La sospensione  dell'esecuzione  dei
provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo,
[...] sino al  30  giugno  2021  limitatamente  ai  provvedimenti  di
rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai
provvedimenti  di  rilascio  conseguenti   all'adozione,   ai   sensi
dell'art. 586, comma 2 del codice di procedura civile, del decreto di
trasferimento di immobili pignorati ed abitati  dal  debitore  e  dai
suoi familiari» (sarebbe poi da comprendere se tale norma,  incidendo
pesantemente  sul  nucleo  essenziale  del  diritto  di   proprieta',
tutelato dall'art. 42, comma 1, della Costituzione sia  a  sua  volta
legittima,  benche'  si  tratti  di  un  aspetto  che   esula   dalla
fattispecie analizzata in  questa  sede  e  da  porre  al  vaglio  di
legittimita' costituzionale). Inoltre la sospensione, dato il  tenore
letterale della norma, prescinde dall'accertamento -  in  concreto  -
della  disponibilita',  da  parte   dell'esecutato,   di   abitazioni
ulteriori rispetto a quella principale, ovvero dalla possibilita' per
lo stesso di soddisfare in qualunque altro modo  tale  interesse.  Ne
deriva che non vi e' un  collegamento  tra  la  sua  applicazione  ed
eventuali esigenze abitative del soggetto espropriato. 
    Dovendosi escludere che l'art. 54-ter abbia limitato  il  diritto
del creditore di agire in  executivis  per  la  tutela  della  salute
individuale e pubblica, ovvero per tutelare le esigenze abitative dei
debitori, si ritiene che la disposizione non sia posta a presidio  di
interessi collettivi o individuali di rango  primario,  piegandosi  a
logiche assistenzialiste. Circostanza confermata  dal  fatto  che  la
norma non opera  alcuna  distinzione  tra  pignoramenti  anteriori  e
successivi allo stato di emergenza per la prima volta deliberato  dal
Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020,  con  la  conseguenza
che la sospensione e' totalmente sganciata dall'accertamento  di  una
qualunque correlazione tra la pandemia e l'espropriazione. 
    Non solo. La norma non lascia al Giudice dell'esecuzione  neanche
la possibilita' di verificare le condizioni soggettive del  creditore
e del debitore, dovendo la sospensione applicarsi a prescindere dalle
esigenze del primo e della capacita' reddituale del secondo. 
    Il  legislatore  ha  giustificato  la  misura  in  ragione  degli
«effetti negativi  dell'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19»,  ma
senza che sia chiaro - all'atto pratico - su quale bene  o  interesse
si vadano a riverberare gli effetti negativi derivanti dall'epidemia.
Si tratta percio' di una formula «vuota», o in tutti i modi sfuggente
e di difficile percezione. 
    La volonta' normativa, a prescindere dall'incipit della norma, e'
percio' quella di tutelare - in ogni caso e a prescindere dai  motivi
dell'indebitamento -  il  patrimonio  del  debitore  dal  rischio  di
vedersi sottratta l'abitazione principale (e dunque anche  quando  ne
abbia altre) in un periodo di emergenza economica  e  sociale,  prima
ancora che sanitaria. In cio'  si  annida  l'effettiva  ratio  legis,
proteggete    il    patrimonio    del    debitore    dal     rischio.
dell'espropriazione   di   un   determinato   cespite   (l'abitazione
principale). Ancorche' - si ribadisce  e  preme  sottolinearlo  -  la
causa del debito e l'espropriazione siano in concreto anteriori  alla
dichiarazione  dello  stato  di  emergenza,  e  dunque  completamente
indipendenti dall'epidemia. 
    L'intervento   normativo   colpisce   indistintamente   tutti   i
creditori, a prescindere dalla relativa fascia di reddito,  e  dunque
finanche coloro che magari  l'abitazione  principale  neanche  se  la
possono permettere e che  per  i  quali  il  mancato  (o  anche  solo
ritardato) recupero  coattivo  del  credito  possa  essere  fonte  di
pregiudizi non meno rilevanti rispetto a quello subito dall'esecutato
che  con  il  suo  inadempimento  ha  provocato  l'altrui   legittima
richiesta di tutela esecutiva al potere statuale. 
    E' percio' oltremodo importante che in  sede  ermeneutica  ci  si
soffermi sull'effettiva ratio legis di una norma che, per effetto  di
un  coacervo  di   successivi   interventi   normativi,   formalmente
giustificati per far fronte ad una situazione di emergenza, e'  stata
di fatto stabilizzata nell'ordinamento (spingendosi ben oltre  il  31
gennaio 2020, che ad oggi e' ancora la data di scadenza  del  periodo
di  emergenza),  con  l'effetto   di   determinare   la   sostanziale
intangibilita' o inespropriabilita' - all'apparenza temporanea  -  di
un  determinato  bene  incluso  nel  patrimonio   del   debitore,   a
prescindere dalla concreta valutazione delle cause dell'indebitamento
e delle condizioni economiche dei soggetti coinvolti, e dunque  anche
nel caso in  cui  quella  del  creditore  sia  deteriore  rispetto  a
quell'esecutato (nulla esclude infatti  che  il  creditore  abbia  la
necessita' di ottenere il credito per soddisfare  esigenze  primarie,
laddove il debitore potrebbe  al  contrario  essere  proprietario  di
altri immobili ad uso abitativo ovvero possedere redditi che comunque
gli consentano di soddisfare le proprie esigenze abitative). 
    2.2. Segue: l'ambito applicativo della norma. - Per le  suesposte
considerazioni si ritiene che il  perimetro  soggettivo  e  oggettivo
della  sospensione   dell'esecuzione   prevista   dall'art.   54-ter,
incidendo negativamente sul diritto del creditore ad essere  tutelato
in executivis e in tempi ragionevoli, e senza correlati vantaggi  per
altri interessi di rango costituzionale  (cfr.  infra),  deve  essere
individuato sulla base di una lettura costituzionalmente orientata  e
restrittiva del testo normativo. 
    La norma deve essere circoscritta all'ipotesi in  cui  l'immobile
pignorato sia la dimora abituale del debitore, o al  piu'  del  terzo
proprietario (cfr. art. 604, comma 1, c.p.c.), ma non anche di  altri
soggetti. 
    Inoltre, al fine di contemperare l'interesse tutelato dalla norma
con quello dei creditori a soddisfarsi in tempi ragionevoli sui  beni
della parte esecutata, si ritiene in ogni  caso  che  la  sospensione
inibisca solo il compimento degli atti liquidatori in senso  stretto,
ma non osti al compimento delle attivita' propedeutiche ai  medesimi,
dal momento che il completamento di queste ultime non  produce  alcun
effetto  espropriativo.   La   sospensione   abbraccia   percio'   il
provvedimento che autorizza la vendita e gli  adempimenti  successivi
che precedono  l'aggiudicazione  del  bene  (mentre  per  ragioni  di
coerenza sistematica la sospensione non  rileverebbe  quando  vi  sia
gia' stata l'aggiudicazione, stante la sua insensibilita' - ai  sensi
dell'art. 187-bis disposizioni di attuazione del codice di  procedura
civile - finanche agli eventi estintivi). 
3. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Il Giudice dell'esecuzione ha autorizzato la vendita  all'udienza
del 2 maggio 2016,  delegandone  le  operazioni  ai  sensi  dell'art.
591-bis del codice di procedura civile ad un professionista delegato. 
    Quest'ultimo, in data 4 gennaio 2021, ha chiesto la  rinnovazione
della delega per la prosecuzione delle operazioni di  vendita,  ossia
l'adozione di un provvedimento che partecipa della stessa natura  del
provvedimento che ha autorizzato la vendita e nel quale devono essere
fissati i tempi e le modalita'  per  la  prosecuzione  dell'attivita'
delegata. 
    Il Giudice rimettente e' percio' tenuto ad  indicare  il  termine
per la pubblicazione dell'avviso previsto dall'art. 570 del codice di
procedura civile e della scadenza del termine  per  la  presentazione
delle  offerte  d'acquisto  a  norma  dell'art.  571  del  codice  di
procedura civile, che non potrebbero  eccedere  i  centoventi  giorni
(arg. ex art. 569, comma 3, c.p.c.). 
    Tuttavia, posto che il certificato storico di residenza  prodotto
dal  delegato  ed  il  luogo  di  perfezionamento   della   notifica,
unitamente  allo  stato   di   occupazione   del   bene   documentato
dall'esperto stimatore, dimostrano che l'oggetto  dell'espropriazione
e' costituito dall'immobile presso  cui  la  parte  esecutata  dimora
abitualmente,  il  Giudice  dell'esecuzione  -  per   effetto   della
sospensione prevista dall'art.  54-ter  del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 - non puo' allo stato rinnovare la delega e  disporre  la
prosecuzione delle operazioni di vendita (con fissazione del prossimo
tentativo entro  un  termine  non  superiore  a  centoventi  giorni),
trattandosi di un atto  cui  si  disporrebbe  la  prosecuzione  delle
attivita'  di  liquidazione   in   senso   stretto.   Viceversa,   il
provvedimento giudiziale potrebbe essere  validamente  adottato  solo
successivamente al 30  giugno  2021,  salvo  che  medio  tempore  non
intervenga un'ulteriore proroga legislativa, circostanza che non puo'
essere aprioristicamente scartata dal momento che il  termine  finale
della sospensione  e'  gia'  stato  oggetto  di  ben  due  estensioni
normative (citate in premessa), che ne hanno dilatato  a  quattordici
mesi il periodo di efficacia (rispetto ai sei iniziali). Il  coacervo
degli interventi normativi che si sono succeduti, e da ultimo  l'art.
13, comma 14, del decreto-legge  31  dicembre  2020,  n.  183,  hanno
progressivamente stabilizzato il regime  della  sospensione,  che  in
origine  avrebbe  avuto  anche  un  orizzonte  temporale   abbastanza
contenuto. Una norma inizialmente efficace  per  sei  mesi  e'  stata
medio tempore oggetto di due proroghe successive e senza che vi siano
ad oggi elementi per  poter  escludere  che  il  legislatore  reiteri
analoghi interventi normativi. 
    L'ultimo di essi e' peraltro totalmente  sganciato  dalla  durata
dell'emergenza  sanitaria,  fermo  restando   che   non   vi   alcuna
correlazione tra il processo esecutivo e l'evoluzione della pandemia.
Ne  derivano  percio'  fondate  incertezze   sull'effettiva   ripresa
processo e sull'effettivita' della tutela in questa sede riconosciuta
ai creditori procedenti, Marco Scimone e Francesca Castellano. 
    E' dunque evidente il nesso di strumentalita' fra la  risoluzione
della questione sollevata dal Giudice  a  quo  e  il  progredire  del
processo  esecutivo,  ormai  entrato  in  una  fase   di   indefinita
quiescenza, non dipendente dalle parti e non superabile da parte  dei
creditori  procedenti,  costretti  subire  gli  effetti  del   blocco
dell'espropriazione. 
4. La non manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    L'art.  54-ter  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,  ha
introdotto nell'ordinamento giuridico un'ipotesi di  sospensione  che
appare pregiudizievole per i creditori, i quali vedono  concretamente
congelato il proprio diritto ad agire esecutivamente  sull'abitazione
principale del debitore, che a norma dell'art. 2740 del codice civile
risponde dell'adempimento delle obbligazioni «con tutti i suoi beni»,
presenti e futuri. 
    La sospensione e' ancorata - come gia' anticipato -  ad  un  dato
neutro, ossia la destinazione dell'immobile pignorato  ad  abitazione
principale dell'esecutato, che pero' non e' un  indice  di  ricchezza
ne' di capacita' reddituale. 
    Il legislatore  non  sembra  aver  compiutamente  considerato  le
ripercussioni  pratiche  che  possono  astrattamente  concepirsi   in
relazione all'applicazione della norma, che per un verso ha immediate
e  intuibili  ricadute   negative   sugli   interessi   delle   parti
processuali, in primo luogo per i creditori, ponendosi  in  contrasto
con il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale  e  con
l'interesse di  esso  (che  puo'  peraltro  essere  comune  anche  al
debitore) alla conclusione del processo  in  tempi  ragionevoli;  per
altro verso rischia di produrre  effetti  deleteri  sul  mercato  del
credito, allorche' ad esso ci si rivolga per il reperimento di  somme
da destinare per l'acquisto dell'abitazione principale. 
    4.1.  Segue:  in  relazione   all'art.   24,   comma   1,   della
Costituzione. - La Corte costituzionale ha confermato, laddove ve  ne
fosse bisogno, che la garanzia  della  tutela  giurisdizionale  posta
dall'art. 24, comma 1, della Costituzione  comprende  anche  la  fase
dell'esecuzione forzata, la quale  e'  diretta  a  rendere  effettiva
l'attuazione del provvedimento giurisdizionale (Corte cost., sentenza
10 giugno 2010,  n.  198;  cfr.  altresi'  Corte  cost.,  sentenza  8
settembre 1995, n. 419; Corte cost.,  sentenza  25  luglio  1996,  n.
312). Tale considerazione e' stata  da  ultimo  ripresa  anche  dalla
Corte suprema di cassazione,  che  ha  affermato  «l'indefettibilita'
della tutela  giurisdizionale  in  sede  esecutiva,  quale  principio
ispiratore dell'ordinamento» (in questi termini Cassazione civ.  sez.
III, sentenza 11 giugno 2020, n. 11116, che rinvia a Cassazione civ.,
Sez. Un., sent. 23 luglio 2019, n. 19883 a n. 19888). 
    L'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sembrerebbe
porsi, in primo luogo, in rotta di collisione con diritto alla tutela
giurisdizionale, scolpito nell'art. 24, comma 1, della  Costituzione,
di cui il momento dell'esecuzione e' quello nel quale se  ne  afferma
l'effettivita'. A nulla vale riconoscere resistenza di un diritto  se
poi  il  legislatore   frappone   ostacoli   processuali   alla   sua
realizzazione. 
    L'affermazione che precede e' plasticamente  esemplificata  dalla
fattispecie di cui al  presente  procedimento,  in  cui  due  persone
fisiche stanno agendo nei confronti di altra persona  fisica  per  il
recupero di un credito risarcitorio (che ha trovato titolo, peraltro,
nel fatto illecito  dell'esecutata,  da  cui  e'  derivato  un  danno
all'appartamento - ossia all'abitazione - dei procedenti). 
    L'effetto determinato dal coacervo di queste proroghe e'  percio'
paradossale. Marco Scimone e Francesca Castellano, la cui  abitazione
e' stata  danneggiata  e  che  hanno  diritto  a  ricevere  la  somma
necessaria per effettuarne il  ripristino,  sono  impossibilitati  ad
avvalersi della forza dello Stato per il recupero del proprio,  senza
che il legislatore si sia preoccupato di valutare  se  la  condizione
dei  creditori  sia  deteriore,  o  meno,  rispetta  a  quella  della
danneggiante-esecutata,   e    senza    alcuna    correlazione    tra
l'espropriazione e la pandemia. 
    Di fatto, per effetto  delle  proroghe  dell'efficacia  temporale
della sospensione, il diritto dei creditori ad agire in executivis e'
stato congelato, per un tempo solo in apparenza definito e, senza  il
riconoscimento di alcuna utilita' compensativa a favore di coloro che
pur avrebbero ragione ad  essere  tutelati  in  tempi  ragionevoli  a
fronte   dell'inerzia   del    debitore    che    ha    dato    causa
all'espropriazione. 
    La  sospensione  del  processo   esecutivo   si   traduce   nella
sospensione di un diritto costituzionale,  senza  che  sia  possibile
scorgere all'orizzonte -  per  le  ragioni  gia'  viste  in  sede  di
interpretazione della norma sospetta di illegittimita' - correlati  e
concreti benefici per altri beni giuridici di rango costituzionale. 
    In ragione delle  affermazioni  di  principio  e  delle  relative
applicazioni da parte del Giudice delle leggi e della  giurisprudenza
di legittimita', la sospensione delle procedure esecutive  aventi  ad
oggetto l'abitazione principale del debitore non appare ragionevole. 
    La ragionevolezza costituisce un limite dell'esercizio del potere
legislativo  e  la  sua  violazione  e'   sindacabile   dalla   Corte
costituzionale. 
    E' noto al giudice  a  quo  che  «Tutti  i  diritti  fondamentali
tutelati dalla Costituzione si trovano in  rapporto  di  integrazione
reciproca e non e' possibile pertanto individuare  uno  di  essi  che
abbia la prevalenza assoluta sugli altri» (Corte  cost.,  sentenza  9
maggio 2013, n. 85) e che la tutela deve essere sempre  «sistemica  e
non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in  potenziale
conflitto tra loro» (Corte cost., sentenza 28 novembre 2021, n. 264).
Viceversa, l'illimitata ovvero incondizionata espansione  di  uno  di
essi aprirebbe la  strada  alla  c.d.  tirannia  di  un  diritto  nei
confronti degli altri beni giuridici di rango costituzionale. 
    E' necessario che la limitazione dei diritti costituzionali - che
si traduce sempre in un pregiudizio per coloro che ne sono titolari -
sia adeguatamente compensata da un vantaggio a  favore  di  un  altro
bene giuridico di pari rango, e sempre a condizione che  l'intervento
sia necessario prima ancora che proporzionato. Se dalla  compressione
di un diritto costituzionale non deriva  un  beneficio  per  un'altra
situazione  giuridica  costituzionalmente  riconosciuta  e  protetta,
ovvero  se  alla  lesione  del  primo   non   consegue   la   maggior
realizzazione di un altro interesse, la norma  che  abbia  inciso  un
diritto costituzionale non appare ragionevole. 
    Nella fattispecie non appare manifestamente  infondato  affermare
che l'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, svilisca  -
alla prova dei fatti - l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale
senza  un  apprezzabile   vantaggio   per   altri   beni   di   rango
costituzionale. Anzi non sembra immotivato sostenere che la  norma  -
come si vedra' a proposito del conflitto  con  l'art.  47,  comma  2,
della Costituzione - determini effetti  distorsivi  che  vanno  anche
oltre  la  singola  procedura   esecutiva   interessata   dalla   sua
applicazione. 
    La norma non appresta alcun vantaggio per la salute individuale o
collettiva, dal momento  che  l'espropriazione  non  e'  di  per  se'
veicolo di contagio o di diffusione  del  virus,  potendo  anche  gli
accessi nell'immobile svolgersi mediante l'utilizzo di dispositivi di
protezione individuali. Oltretutto - come gia' anticipato - il  fatto
che la sospensione abbia  interessato  solo  le  procedure  esecutive
aventi  ad  oggetto  l'abitazione  principale  dei  debitori,   nulla
disponendo per le altre,  sta  ad  indicare  che  non  vi  e'  alcuna
correlazione tra l'art. 54-ter del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.
18,  e  la  tutela  del  diritto  alla  salute  ex  art.   32   della
Costituzione. 
    Laddove   invece   la   giustificazione   costituzionale    della
sospensione venga  ancorata  alla  cura  di  esigenze  abitative  dei
debitore, si osserva che l'art. 47, comma 2, della  Costituzione  non
sembra avallare limitazioni all'esercizio dell'azione esecutiva.  Una
cosa e' favorire o incoraggiare l'accesso al credito  per  conseguire
la proprieta' di un'abitazione altra cosa e' sancirne  la  temporanea
(ma a questo punto indeterminata)  inespropriabilita'.  Una  cosa  e'
sancire - come anche affermato in talune  convenzioni  internazionali
(art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e  art.
11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali  e
culturali) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
- il diritto al rispetto della vita privata e  del  domicilio,  altra
cosa e' affermare che il diritto del  creditore  non  possa  ottenere
tutela  delle  proprie   ragioni   sottoponendo   ad   espropriazione
l'abitazione  principale  del  debitore  inadempiente,  che  (a)   ha
contratto il debito, (b)  non  ha  adempiuto  la  prestazione  e,  in
ultimo, (c) ha provocato l'iniziativa processuale della  controparte.
Fermo restando che l'espropriazione produce i suoi effetti sul  piano
della titolarita' del diritto, per cui  l'interesse  del  debitore  a
conservare la detenzione del bene per  finalita'  abitative  e'  gia'
tutelata attraverso  la  sospensione  delle  procedure  esecutive  di
rilascio (salvo riproporre anche per il blocco dei rilasci coattivi i
medesimi dubbi di legittimita' costituzionale). 
    4.2. Segue: in relazione agli articoli 3, comma 2, e 47, comma 2,
della Costituzione. - Il legislatore non  sembra  aver  ponderato  il
pregiudizio che la sospensione rischia di arrecare agli interessi dei
creditori - non solo  quelli  «forti»  o  «istituzionali»,  ma  anche
quelli «occasionali» (come nella fattispecie)  -  in  un  momento  di
crisi economica. 
    Si e' gia' visto, esaminando la norma, che  da  essa  non  deriva
alcun vantaggio  per  la  collettivita',  ma  solo  per  il  debitore
(inadempiente). 
    E' noto tuttavia che la speditezza del processo  esecutivo  abbia
una diretta incidenza sulla salute dell'economia, poiche'  incoraggia
gli investimenti (interni e soprattutto esteri), aumenta  il  gettito
fiscale e riduce i costi del credito. 
    La progressiva stabilizzazione della sospensione ex  art.  54-ter
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, (unitamente alle altre  norme
che il legislatore dell'emergenza ha adottato a tutela  dello  status
quo), che da un iniziale  periodo  di  sei  mesi  e'  giunta  ad  una
sospensione di oltre quattordici, espone la collettivita' al pericolo
di un aumento (anche sensibile) dei tassi di interesse sui mutui  per
l'acquisto dell'abitazione; l'analisi  economica  della  disposizione
conduce a ritenere non manifestamente infondata la  possibilita'  che
l'accesso al credito per l'acquisto  dell'abitazione  principale  sia
sempre piu' complicato e oneroso per coloro che gia'  non  dispongono
di altri beni da dare in garanzia, aumentando percio' ancor  di  piu'
le diseguaglianze sociali. 
    4.3.  Segue:  in  relazione  all'art.   111,   comma   2,   della
Costituzione. - La sospensione in oggetto determina,  oggettivamente,
una  protrazione  dei  tempi   di   definizione   del   processo   di
espropriazione. Tale effetto potrebbe essere ritenuto  ragionevole  e
compatibile con  la  Costituzione  laddove  si  traduca  in  concreta
possibilita' per l'esecutato di ripianare l'esposizione  debitoria  e
sottrarre definitivamente il bene al pignoramento. Cosi' come accade,
in via ordinaria, allorche' le parti formulino istanza  congiunta  di
sospensione ai  sensi  dell'art.  624-bis  del  codice  di  procedura
civile. 
    Nella fattispecie, invece, l'effetto sospensivo  non  e'  rimesso
alla volonta' delle parti e potrebbe finanche ritorcersi anche contro
lo  stesso  debitore,  dal  momento  che  durante  il   corso   della
sospensione continuano a maturare gli interessi sulla  somma  dovuta,
ai sensi dell'art. 1224, comma 1, del codice civile. 
    Del resto, non e' previsto che il Giudice  dell'esecuzione  possa
vagliare (a) se l'esposizione debitoria sia maturata  in  conseguenza
dell'emergenza sanitaria ovvero (b) se in conseguenza di quest'ultima
il debitore non sia piu' in grado di reperire le  risorse  necessarie
per  soddisfare  il  creditore  procedente  e  quelli   eventualmente
intervenuti, sottraendo cosi bene al vincolo del pignoramento. 
    La  durata  della  sospensione  e'  peraltro  disancorata   dalla
«emergenza epidemiologica da COVID-19», che lo stesso legislatore  ha
ritenuto   di   dover   espressamente   indicare   come   presupposto
giustificativo  del  blocco  delle  espropriazioni  delle  abitazioni
principali.  L'attuale  termine  finale  dell'art.  54-ter  e'  stato
esteso, da ultimo, al 30 giugno 2021, mentre la scadenza dello  stato
di emergenza - ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge 25 marzo  2020,
n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020,  n.
35 - e' al momento fissata al 31 gennaio 2021. 
    Sul punto non appare superfluo osservare  che  «il  rispetto  del
diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo,  sancito
dall'art. 111,  comma  2,  Cost.  e  dagli  articoli  6  e  13  della
Convenzione  europea  dei  diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, impone al giudice - ai sensi degli articoli 175  e  127
c.p.c. - di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad
una sollecita definizione dello stesso»  (Cass.  civ.,  Sez.  Un.,  3
novembre 2008, n. 26373; Cassazione civ. sez. III, 17 giugno 2013, n.
15106; Cassazione civ., sez. II, ordinanza 21 maggio 2018, n. 12515).
Tale principio di diritto, seppur affermato in fattispecie diverse da
quella al vaglio del  Giudice  dell'esecuzione,  e'  comune  ad  ogni
processo. La stessa giurisprudenza  costituzionale  l'ha  in  passato
richiamato in materia esecutiva. 
    La ragionevole durata del processo non costituisce solo il limite
per le parti e per il Giudice,  al  quale  spetta  la  direzione  del
processo a mente degli articoli 484, ultimo comma, e  175  codice  di
procedura civile;  e'  prima  di  tutto  un  obiettivo  al  quale  il
legislatore deve informare l'esercizio della potesta' legislativa. 
    L'art. 54-ter determina indubbiamente un'espansione della  durata
del processo, che in concreto  non  potra'  essere  proseguito  prima
della prossima scadenza del 30 giugno 2021, senza che  sia  possibile
individuare un contraltare, ossia affermare che da  essa  derivi  una
concreta utilita' per alcuna delle parti. Salvo che  l'interesse  non
sia quello dell'esecutato  a  sottrarsi  all'espropriazione,  sebbene
cio' sia in evidente antitesi  con  la  finalita'  istituzionale  del
processo esecutivo ed e' percio' giuridicamente irrilevante  ai  fini
del giudizio di ragionevolezza. 
    4.4.  Segue:  in  relazione  all'art.   117,   comma   1,   della
Costituzione.  -  Non  sembra  infine  manifestamente  infondata   la
questione  di  legittimita'  costituzionale  della   norma   rispetto
all'art. 117, comma 1, della Costituzione, secondo  cui  la  potesta'
legislativa dello Stato deve essere  esercitata  nel  rispetto  della
Carta costituzionale, nonche' dei vincoli derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali. 
    L'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia  dei
diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'   fondamentali,   cosi'   come
interpretata dalla Corte europea dei diritti  dell'uomo  (alla  quale
compete l'interpretazione e l'applicazione del trattato ex  art.  32,
paragrafo 1, e alle cui pronunce lo Stato italiano - nelle sue  varie
articolazioni - e'  tenuto  a  conformarsi  a  norma  dell'art.  46),
garantisce il  diritto  di  ottenere  entro  un  termine  ragionevole
l'esecuzione del provvedimento adottato all'esito del processo, quale
imprescindibile   condizione    di    effettivita'    della    tutela
giurisdizionale (cfr. Corte europea dei diritti dell'uomo, Hornsby c.
Grecia [GC], ric. n. 18357/91, 19 marzo 1997, parr. 40-41). 
    Tale osservazione segue al recente monito della Corte suprema  di
cassazione  sull'importanza  e  sulla   centralita'   dell'esecuzione
forzata, «ineludibile  complemento  della  tutela  di  ogni  diritto,
costituendo uno strumento di effettivita'  del  sistema  giuridico  e
cosi' dello stesso Stato democratico moderno» (Cass. civ., sez.. III,
sentenza 11 giugno 2020, n. 11116). 
    La medesima giurisprudenza di legittimita'  ha  per  altro  verso
osservato che «il diritto a  un  ricorso  effettivo  ad  un  giudice,
consacrato anche dall'art. 47 della Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea (adottata a Nizza il 7 dicembre 2000 e confermata
con adattamenti a Strasburgo il  12  dicembre  2007;  pubblicata,  in
versione consolidata, nella Gazzetta  Ufficiale  dell'Unione  europea
del 30 marzo 2010, n. C83, pagg. 389  ss.;  efficace  dalla  data  di
entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ratificato in  Italia  con
legge 2 agosto 2008, n. 130, avutasi addi' 1° dicembre 2009), sarebbe
illusorio se l'ordinamento giuridico di uno Stato membro  consentisse
che una decisione  giudiziaria  definitiva  e  obbligatoria  restasse
inoperante a danno di una parte (Corte giustizia dell'Unione europea,
30 giugno 2016, Torna  e  Biroul  Executorului  Judecatoresc  Horatin
Vasile Cruduleci, 051205/15, punto 43;  Corte  giustizia  dell'Unione
europea,  Grande  Camera,  29  luglio  2019,  Alekszij  Torubarov  c/
Bevandorlasi es Menekeiltugyi Hivatal, C-556/17, punto 57)». 
    Per altro verso la compatibilita' costituzionale dell'art. 54-ter
deve confrontarsi con l'art. 1 del protocollo addizionale n. 1  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, a  mente  del  quale  ogni  persona  fisica  o
giuridica ha diritto al rispetto dei sui beni. 
    La giurisprudenza di Strasburgo ha  ricondotto  nel  concetto  di
«bene»  qualsiasi   entita'   materiale   o   immateriale   che   sia
economicamente  valutabile,  dunque  anche  i  diritti   di   credito
derivanti da  una  decisione  giudiziaria.  In  tal  senso  e'  stato
affermato che l'impossibilita'  di  adire  un  giudice  per  ottenere
l'esecuzione di un credito certo ed esigibile comporta una violazione
del citato art. 1 del protocollo addizionale n. 1  sulla  «Protezione
della proprieta' e dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  in
materia di «Diritto a un  equo  processo»  (cfr.  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, De Luca c. Italia, ric. n. 43870/04, 24  settembre
2013, e, Pennino c. Italia, ric. n. 43892/04, 24 settembre 2013). Non
e' ammesso che l'ordinamento interno di uno Stato contraente consenta
che una sentenza esecutiva non possa  essere  di  fatto  eseguita  in
danno della parte soccombente, perche' la  sua  esecuzione  e'  parte
integrante del processo. 
    L'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, per effetto
delle modifiche di cui all'art. 4,  comma  1,  del  decreto-legge  28
ottobre 2020, n. 137, e da  ultimo,  per  quel  che  in  questa  sede
rileva, dall'art. 13, comma 14, dei decreto-legge 31  dicembre  2020,
n, 183, che ne ha esteso la vigenza temporale al 30 giugno  2021,  ha
di fatto reso inoperante la condanna  portata  dal  titolo  esecutivo
posto a fondamento dell'espropriazione, senza che  sia  astrattamente
ipotizzabile che tale previsione arrechi vantaggi a beni o  interessi
di rango costituzionale non minori dei pregiudizi segnalati.  Non  si
ravvisa l'esistenza di una connessione razionale e ragionevole tra lo
strumento della sospensione del processo di  esecuzione  e  la  ratio
della  norma,  ossia  salvaguardare  incondizionatamente  e  per   un
(in)certo   periodo   di   tempo   il   patrimonio    del    debitore
dall'espropriazione dell'abitazione principale, a  prescindere  dalla
ragioni oggettive che hanno causato il  credito  e  dalle  condizioni
soggettive delle parti processuali (stato di bisogno  dei  creditori,
abbienza del debitore, e cosi' via).