IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                 Sezione staccata di Reggio Calabria 
 
ha pronunciato la presente 
 
                              Ordinanza 
 
    Sul ricorso numero di registro generale 721 del 2019, proposto da
Agostino Baggetta,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  Giuseppe
Macri', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    Contro  Asp  di  Reggio   Calabria,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; 
 
                         Per l'ottemperanza 
 
    Al giudicato  formatosi  sulla  sentenza  n.  743  emessa  il  21
dicembre 2018 dalla Corte  di  appello  di  Reggio  Calabria  -  Sez.
Lavoro, munita di formula esecutiva in data 22 gennaio  2019  e  come
tale notificata all'Asp di Reggio Calabria in data 25 gennaio 2019. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore il dott. Andrea De Col nella  Camera  di  consiglio  del
giorno 10 marzo 2021,  tenutasi  ex  art.  25  del  decreto-legge  28
ottobre 2020, n. 137 (convertito con legge 18 dicembre 2020, n.  176)
ed uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 
    1. Con il ricorso in esame, notificato il 9-10  dicembre  2019  e
depositato  il  15  dicembre  successivo,  parte  ricorrente   chiede
l'ottemperanza al giudicato  formatosi  sulla  sentenza  della  Corte
d'appello  di  Reggio  Calabria-Sez.  Lavoro  n.  743/2018   che   ha
condannato l'Asp di Reggio Calabria al pagamento di euro 1.020,06 per
retribuzioni  dovute  ad  incrementi   tabellari   riconosciuti   dai
contratti collettivi del comparto sanita' dal 1999 al 2004, oltre  al
rimborso delle  spese  processuali  e  del  rimborso  del  contributo
unificato. 
    In particolare, parte ricorrente, a fronte del mancato  pagamento
di tale somma, domanda a questo Tribunale amministrativo regionale di
dare piena ed integrale esecuzione al giudicato, invocando inoltre la
nomina, per l'ipotesi di perdurante inottemperanza, di un commissario
ad acta che provveda in luogo e a spese di quest'ultima. 
    2. L'Asp non si e' costituita in giudizio. 
    3. La sentenza della  cui  esecuzione  si  tratta  e  passata  in
giudicato, come da attestazione rilasciata  dalla  Cancelleria  della
Corte d'appello di Reggio Calabria il 20  settembre  2019,  e'  stata
ritualmente munita di formula esecutiva ed in  tale  forma  e'  stata
notificata all'Azienda sanitaria il 25 gennaio 2019  su  istanza  del
creditore  procedente,  mentre  e'  ormai  decorso  il   termine   di
centoventi giorni prescritto dall'art. 14, comma 1, decreto-legge  n.
669 del 1996. 
    4. Con  ordinanza  collegiale  resa  in  esito  della  Camera  di
consiglio del 27 gennaio 2021 il Tribunale, preso atto che il termine
del  31  dicembre  2020,   introdotto   dall'art.   117,   comma   4,
decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020,  conv.  in  legge  17  luglio
2020, n. 77, fino al quale era in vigore il divieto di  intraprendere
o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti  del  Servizio
sanitario nazionale di cui all'art. 19  del  decreto  legislativo  23
giugno 2011, n. 118 era stato prorogato al 31 dicembre 2021 dall'art.
3, comma  8,  del  decreto-legge  31  dicembre  2020,  n.  183  (c.d.
«Milleproroghe»), ha ritenuto opportuno rinviare la trattazione della
controversia ad una Camera di consiglio da tenersi in data successiva
all'eventuale conversione in legge del decreto-legge poc'anzi citato. 
    5. Il decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 e' stato convertito,
senza modifiche per quanto riguarda la proroga del divieto di  azioni
esecutive, con legge n. 21 del 26 febbraio 2021, sicche' l'art.  117,
comma 4, decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, conv.  in  legge  17
luglio 2020, n. 77, nella sua attuale formulazione, risulta essere il
seguente: «Al fine di  far  fronte  alle  esigenze  straordinarie  ed
urgenti  derivanti  dalla  diffusione  del   COVID-19   nonche'   per
assicurare al Servizio sanitario nazionale la  liquidita'  necessaria
allo  svolgimento  delle  attivita'  legate  alla  citata  emergenza,
compreso  un  tempestivo  pagamento  dei  debiti   commerciali,   nei
confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art.
19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere
intraprese  o  proseguite  azioni  esecutive.  I  pignoramenti  e  le
prenotazioni a debito  sulle  rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati
prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento  non
producono effetti dalla suddetta data e non vincolano  gli  enti  del
Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre,
per  le  finalita'   dei   predetti   enti   legate   alla   gestione
dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme  agli
stessi trasferite durante il suddetto periodo.  Le  disposizioni  del
presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021». 
    6. Alla Camera di consiglio del 10 marzo 2021, tenutasi da remoto
e sentito il difensore di parte ricorrente, la causa e'  stata  posta
in decisione. 
    7. Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
117, comma 4,  del  decreto-legge  n.  34/2020,  conv.  in  legge  n.
77/2020, e s.m. nella parte in cui ha imposto il divieto di agire  in
executivis contro gli enti del Servizio sanitario nazionale  fino  al
31 dicembre 2021. 
    In  tal  senso,  peraltro,  si  e'  gia'  espresso,  seppur   con
riferimento puntuale alla tematica dei pignoramenti, il Tribunale  di
Napoli (XIV Sezione Civile) con ordinanza di  rimessione  alla  Corte
costituzionale del 20 dicembre 2020, le cui condivisibili motivazioni
verranno tra poco ampiamente richiamate. 
    Pur  ravvisando  la  sostanziale  identita'  della  questione  di
costituzionalita' sollevata dal  giudice  partenopeo,  si  reputa  di
dover rimettere autonomamente la questione alla Corte  costituzionale
anche in ragione del fatto che l'ordinanza di rimessione adottata dal
Tribunale di Napoli non riguarda l'illegittimita' costituzionale  del
divieto delle azioni  esecutive  cosi'  come  prorogato  fino  al  31
dicembre 2021 dall'art. 3, comma 8, del  decreto-legge  n.  183/2020,
ora convertito nella legge n. 21/2021, ma  dell'art.  117,  comma  4,
recante l'originaria scadenza del divieto al 31 dicembre 2020. 
    8. Il dato normativo e la sua ratio. 
    L'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020,  n.  34  (c.d.
decreto «Rilancio»), convertito nella legge n. 77/2020, e' una  delle
molteplici disposizioni intervenute a fronteggiare la  situazione  di
emergenza sanitaria da COVID 19. 
    Il primo periodo dell'art. 117, comma 4, che e' quello che rileva
nel caso di specie, prevede  espressamente  che  non  possano  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del
Servizio sanitario nazionale, azioni tra cui  rientra,  per  pacifica
giurisprudenza, anche l'azione di ottemperanza di cui  agli  articoli
112 e segg. c.p.a. (v. sul punto Tribunale  amministrativo  regionale
Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480). 
    Sulla natura della disposizione in parola,  questo  Tribunale  si
era gia'  espresso  con  la  sentenza  poc'anzi  citata,  ripresa  in
decisioni  successive,  considerandola  in  concreto  un'ipotesi   di
«sospensione» dell'azione di ottemperanza, che  comunque  preclude  o
condiziona per un arco di tempo inizialmente limitato  alla  scadenza
del  31  dicembre  2020  l'intervento  sostitutivo   ad   opera   del
commissario ad acta. 
    Chiara la finalita' della disposizione  in  questione  resa  gia'
palese dal suo tenore letterale: assicurare la concreta  operativita'
dei pagamenti a cura degli enti del Servizio sanitario nazionale  per
fronteggiare la situazione di emergenza  sanitaria,  rendendo  sempre
disponibili risorse economiche allocate nei bilanci  degli  enti  del
Servizio sanitario nazionale, altrimenti destinate  al  finanziamento
di crediti nascenti da sentenze esecutive ed  azionate  attraverso  i
rimedi  processual-civilistici  dell'espropriazione  forzata  o   del
giudizio di ottemperanza previsto dall'art. 112 c.p.a.. 
    Il perseguimento  di  tale  risultato,  suggerito  dalla  attuale
situazione emergenziale, ma che preclude  adesso  l'effettivita'  del
rimedio sostitutivo dell'azione per ottemperanza fino alla  data  del
31 dicembre 2021, non  appare,  ad  avviso  di  questo  giudice,  ne'
ragionevole  ne'  proporzionato  perche',  nel  bilanciamento  tra  i
contrapposti interessi, quello del privato di  veder  soddisfatto  il
proprio credito  pecuniario,  gia'  accertato  con  sentenza  o  atto
equipollente, e quello pubblico di liberare risorse necessarie per lo
svolgimento di attivita' legate  alla  citata  eccezionale  emergenza
sanitaria, sacrifica il primo nella  misura  in  cui  il  Legislatore
prevede  la  proroga  per  continuare   a   rispondere   al   bisogno
emergenziale senza considerare, a  favore  del  creditore,  paralleli
meccanismi di tutela per equivalente. 
    9.   Sulla   rilevanza   della    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    La norma in  esame,  nel  riferirsi  alle  azioni  esecutive,  e'
certamente valevole anche per il giudizio di ottemperanza. 
    In sede di prima applicazione, come gia' detto, questo Tribunale,
tenuto conto del suo limitato ambito temporale di operativita'  (sino
al 31 dicembre 2020), ha ritenuto (v. sentenza n. 480/2020) di  poter
seguire un'interpretazione che di fatto attenuava  i  riflessi  della
sanzione  di  improcedibilita'  sulle  azioni   esecutive   pendenti,
assegnando, da un  lato,  all'amministrazione  debitrice  un  congruo
spazio di tempo per provvedere spontaneamente  (art.  114,  comma  4,
lettera a)) e affermando, dall'altro, che l'eccezionale «sospensione»
dell'azione  esecutiva  nel   processo   amministrativo,   introdotta
dall'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, viene in
rilievo  solo  nella  successiva  ed  eventuale   fase   propriamente
esecutiva affidata al commissario ad acta (art. 114, comma 4, lettera
d)). 
    Purtuttavia, a prescindere dalla qualificazione  o  meno  di  una
causa di improcedibilita' o  di  sospensione  in  senso  tecnico,  la
recente proroga sino al 31 dicembre  2021  del  sostanziale  «blocco»
delle azioni esecutive nei  confronti  (anche)  delle  Asl  rende  la
soluzione oggettivamente non piu' praticabile, stante  l'aggravamento
del  margine  di  incertezza  in  ordine  all'an  e  al  quando   del
soddisfacimento delle legittime ragioni creditorie. 
    Si rende, pertanto, necessario sollevare in questa sede questione
di  costituzionalita',  atteso  che  soltanto  a  seguito   del   suo
accoglimento sarebbe consentito al Tribunale  di  pronunciarsi  sulla
domanda di ottemperanza proposta dal ricorrente,  domanda  che,  allo
stato, appare fondata nel merito. 
    10.  Sulla  non  manifesta  infondatezza   della   questione   di
costituzionalita'. 
    Il Collegio, avuto riguardo all'effetto paralizzante della  norma
richiamata sul diritto di credito di parte ricorrente, ritiene che la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  117,  comma  4,
decreto-legge n. 34/2020, conv. in legge n. 177/2020, e s.m. sia  non
manifestamente infondata in relazione agli articoli 24, commi 1 e  2,
111, comma 2, e 3 della Costituzione. 
    Sul tema della legittimita' di disposizioni  legislative  rivolte
ad inibire le azioni esecutive da intraprendere o gia' intraprese nei
confronti di particolari categorie di  creditori  pubblici  (come  ad
esempio  gli  enti  del  Servizio  sanitario   azionale)   la   Corte
costituzionale, seppure  in  un  contesto  storico-normativo  affatto
diverso da quello  attuale,  si  e'  gia'  pronunciata  con  la  nota
sentenza n. 186 del 12 luglio 2013. 
    Nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
51, della legge n. 220 del 2010 («Disposizioni per la formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato-legge  di  stabilita'
2011»),  che  aveva  imposto  per  la  salvaguardia  degli  equilibri
finanziari degli enti del  SSN  la  temporanea  impignorabilita'  dei
crediti delle Aziende sanitarie, la  Corte  costituzionale  riconobbe
che un intervento legislativo di tal fatta si poneva in contrasto con
l'art. 24 della Costituzione. 
    In  particolare,  la  sentenza  chiariva   che   «un   intervento
legislativo - che di fatto svuoti di  contenuto  i  titoli  esecutivi
giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto  debitore  -  puo'
ritenersi giustificato da particolari esigenze  transitorie  qualora,
per un verso, siffatto  svuotamento  sia  limitato  ad  un  ristretto
periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per
altro verso, le disposizioni di carattere  processuale  che  incidono
sui   giudizi   pendenti,    determinandone    l'estinzione,    siano
controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro
volta, garantiscano, anche per altra via che  non  sia  quella  della
esecuzione  giudiziale,  la  sostanziale  realizzazione  dei  diritti
oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012  e  n.  364
del 2007)». 
    Anche in quel caso, tra l'altro, si trattava di una  disposizione
«la cui durata nel tempio, inizialmente prevista per  un  anno,  gia'
era stata, con due provvedimenti di proroga adottati dal legislatore,
differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013». 
    In particolare, la Corte sottolineava che la  compromissione  del
diritto del creditore del Servizio sanitario nazionale, a  mezzo  del
provvedimento legislativo che impedisse il  recupero  coattivo  delle
somme, dovesse essere  riequilibrata  da  disposizioni  di  carattere
sostanziale tali, a loro volta, da garantire, anche per altra via che
non  fosse  quella  della  esecuzione  giudiziale,   la   sostanziale
realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte. 
    Per tali ragioni, la Corte costituzionale aveva ritenuto fondata,
perche' in contrasto con l'art. 24  e  111  Cost.,  la  questione  di
legittimita' costituzionale della  norma  de  qua,  ripristinando  il
diritto dei creditori ad agire esecutivamente  per  la  soddisfazione
dei loro diritti. 
    10.1. Le contrapposte tesi della giurisprudenza a confronto. 
    Invero, nelle sue prime applicazioni, la norma ora  in  esame  ha
indotto i giudici di merito ad interpretazioni contrastanti sulla sua
compatibilita' con il dettato costituzionale. 
    Con ordinanza del 13 luglio 2020  il  Tribunale  di  Napoli  (XIV
Sezione  civile)  ha  ritenuto  di  non  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art, 117, comma 4, decreto-legge  n.
34/2020, richiamando  gli  orientamenti  ed  i  principi  di  diritto
affermati dalla Consulta con  riferimento  a  pregresse  disposizioni
recanti cause di impignorabilita' in  danno  degli  enti  del  S.S.N.
(come nel caso sopra descritto dall'art. 1, comma 51, della legge  n.
220/2010,  modificato  dall'art.  17,  comma  4,   lettera   e)   del
decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 111/2011, e poi dall'art. 6-bis, comma 2, lettere  a)  e  b),  del
decreto-legge n. 158/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 189/2012, a  tutela  delle  provviste  finanziarie  delle  regioni
commissariate). 
    Il Tribunale di Napoli, pur condividendo l'impostazione di  fondo
per cui  la  causa  di  improcedibilita'  dell'azione  esecutiva  non
risulta  bilanciata  da  altre  misure  a  tutela   delle   posizioni
sostanziali  dei  creditori  procedenti,  ha  ritenuto  la  questione
manifestamente infondata in virtu' della differente  ratio  normativa
dell'art. 117, comma 4, rivolta non al risanamento delle  finanze  in
pregiudizio dei privati, ma a garantire in  un  particolare  contesto
emergenziale la disponibilita' delle risorse finanziarie necessarie a
gestire la pandemia e, quindi, a garantire l'erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza  oltre  quelli  aggiuntivi  derivanti  dalla
diffusione del virus, sicche'  «non  si  rinviene  una  modalita'  di
esenzione, per la parte pubblica, dal rispondere economicamente degli
effetti  giudiziari  di  una  condanna   giudiziaria(con   violazione
dell'art. 111 Cost.), ma di una presa di  posizione  legislativa  nel
ritenere prevalente la tutela della salute e nell'approntare i  mezzi
per affrontare l'emergenza epidemiologica in corso (art. 2 Cost)». 
    In   adempimento   ad   inderogabili   doveri   di   solidarieta'
economico-sociale, legati alla necessita' di disporre  all'occorrenza
delle  risorse  economiche  sufficienti  a  fronteggiare  l'emergenza
sanitaria in atto, sarebbe giustificato, alla luce  di  questa  prima
opzione esegetica, il  vulnus  inferto  dal  legislatore  ai  diritti
sostanziali e processuali dei creditori procedenti, tenuto conto  del
carattere temporaneo del loro sacrificio (fino al 31 dicembre 2020) e
dell'esclusione di  qualsivoglia  causa  di  perenzione  del  diritto
dovuta al decorso del tempo (art. 2945 del codice civile). 
    Di contrario avviso si profila la posizione assunta,  sempre  dal
Tribunale di Napoli (XIV Sezione), con la gia' citata  ordinanza  del
20 dicembre 2020. 
    Innanzitutto, il giudice a quo, pur riconoscendo che il  limitato
orizzonte temporale della norma potrebbe  in  ipotesi  attenuare  gli
effetti  «espropriativi»  dei  diritti  patrimoniali  dei  creditori,
focalizza i dubbi di costituzionalita' sull'assenza di un  meccanismo
normativo  idoneo  ad  assicurare  una  tutela  sostanziale  in   via
equivalente. 
    Per vero, il richiamato art. 117, nel suo  complesso  articolato,
fissa delle priorita' legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e
al pagamento dei  debiti,  non  escludendo  il  pagamento  di  debiti
pregressi,  tanto  da  prevedere  anche  il  ricorso   a   forme   di
anticipazioni di liquidita', per le regioni «i cui enti del  Servizio
sanitario nazionale  a  seguito  della  situazione  straordinaria  di
emergenza  sanitaria  derivante  dalla  diffusione  dell'epidemia  da
COVID-19 non riescono a far fronte  ai  pagamenti  dei  debiti  certi
liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi
a  somministrazioni,  forniture,  appalti  e   a   obbligazioni   per
prestazioni professionali» (comma 5). 
    Purtuttavia, per  questa  seconda  opzione  esegetica,  cio'  non
sarebbe  sufficiente  a  preservare  la  norma   dalle   censure   di
illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 24 e  111
della Costituzione, derivante dall'assenza di un  adeguato  grado  di
bilanciamento richiesto dalla Corte costituzionale e non  soddisfatto
dalla disposizione normativa in commento,  laddove  prevede  che  gli
enti  «possono  disporre,  per  le  finalita'  legate  alla  gestione
dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme  agli
stessi trasferite durante il suddetto periodo». 
    Sotto altro profilo, l'art. 117, comma 4, si porrebbe inoltre  in
aperto contrasto  con  altre  norme,  contenute  anche  nel  medesimo
«Decreto Rilancio», volte ad incentivare e  velocizzare  i  pagamenti
dei debiti delle pubbliche amministrazioni. L'art. 115 introduce,  in
particolare,  l'istituzione  di  un  «fondo  di  liquidita'  per   il
pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali», mentre  e'
l'art. 116 a garantire, in favore degli enti locali, delle regioni  e
delle province autonome, una «anticipazione di  liquidita'»  per  far
fronte al pagamento di crediti certi, liquidi ed  esigibili  maturati
alla data del 31 dicembre 2019. 
    Sotto quest'ultimo aspetto,  le  regioni  non  avrebbero  nemmeno
l'obbligo, ma semplicemente la facolta' di avvalersi dello  strumento
di anticipazione di liquidita' a  favore  del  pagamento  dei  debiti
certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2019 relativi  «a
somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni
professionali», con la conseguenza che  resterebbero  «improcedibili»
le azioni esecutive aventi ad oggetto crediti di  altra  natura,  per
esempio risarcitoria o anche retributiva, come nel caso  oggetto  del
presente giudizio. 
    In conclusione, con l'ordinanza del 20 dicembre 2020 il Tribunale
di  Napoli  ha  ritenuto  l'art.  117,  comma  4,  costituzionalmente
illegittimo sia per violazione dell'art. 24 Cost.,  introducendo  una
norma speciale elidente la possibilita' di soddisfazione effettiva  e
concreta  dei   diritti   del   creditore   nella   misura   in   cui
l'improcedibilita' delle azioni esecutive nei  confronti  degli  enti
del  Servizio  sanitario  nazionale   non   risulta   bilanciato   da
altrettanto  effettivi  soluzioni  di  tutela  equivalente,  sia  per
violazione dell'art.  111  Cost.,  atteso  che  con  la  disposizione
censurata «il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di
ius singulare che - pur  originata  da  comprensibili  preoccupazioni
legate all'emergenza epidemiologica un  corso  - ha  determinato  uno
sbilanciamento fra  le  due  posizioni  in  gioco,  esentando  quella
pubblica, di cui lo  Stato  risponde  economicamente,  dagli  effetti
pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite». 
    10.2.  La  posizione  del  Tribunale   amministrativo   regionale
Calabria - Sezione di Reggio Calabria. 
    10.2.1.  La  sezione  condivide  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale sollevate da ultimo con l'ordinanza  del  20  dicembre
2020 del Tribunale di Napoli e rileva che l'art. 117,  comma  4,  del
«Decreto   Rilancio»,   incidendo   retroattivamente   su   posizioni
consolidate per effetto di una procedura esecutiva giurisdizionale  e
vanificando il rimedio del giudizio di ottemperanza avanti al giudice
amministrativo, si pone in evidente contrasto  con  il  principio  di
effettivita' del diritto di difesa sancito dall'art. 24, commi 1 e 2,
Costituzione, il cui esercizio,  in  virtu'  della  proroga  disposta
dall'art. 3, comma 1, del  decreto-legge  n.  183/2020  (conv.  nella
legge n. 21/2021), viene impedito  per  un  arco  temporale  (dal  20
maggio 2020 al 31 dicembre 2021 ossia per un anno e sette mesi)  che,
ad avviso del collegio, va oltre i canoni  della  proporzionalita'  e
della ragionevolezza, anche perche', a fronte dell'imprevedibilita' e
dell'incertezza dell'evoluzione pandemica, il detto  termine  rischia
di prolungarsi per un tempo indefinito con grave  pregiudizio  per  i
creditori istanti. 
    In altre  parole,  il  sospetto  di  legittimita'  costituzionale
espresso  dal  Tribunale  di  Napoli,  in  relazione  alla   mancanza
nell'ordinamento vigente di disposizioni di natura sostanziale tese a
«controbilanciare» il «blocco» transitorio delle esecuzioni  e/o  dei
pignoramenti proposti o da proporre  contro  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale, appare intensificarsi in virtu' dell'intervenuto
- ed irragionevole per come tra  poco  si  dira' -  differimento  del
termine di improcedibilita' (o sospensione) dell'azione  fino  al  31
dicembre 2021. 
    Tra l'altro, si osserva che la novella operata dal  c.d.  decreto
«Milleproroghe» ha inciso solo sul termine «a sfavore» del  creditore
di cui al comma 4, prorogandolo, come si e' piu' volte ricordato,  di
un intero anno, ma  non  e'  intervenuta  sul  termine  del  comma  5
(inizialmente correlato alla previsione di cui al comma 4)  entro  il
quale le regioni potevano  chiedere,  con  deliberazione  di  Giunta,
un'anticipazione di liquidita' alla Cassa depositi e prestiti, che e'
rimasto fissato al periodo (ormai decorso) 15 giugno - 7 luglio 2020,
rendendo cosi' ancor piu' insoddisfacente e inadeguato il supposto  e
pur parziale meccanismo compensativo. 
    La limitazione al diritto costituzionale di agire (anche  in  via
esecutiva) a tutela dei propri diritti appare vieppiu' irragionevole,
avuto riguardo a quanto ritenuto dalla  stessa  Corte  costituzionale
rispetto alla necessita' di una integrazione reciproca  tra  tutti  i
diritti   fondamentali    tutelati    dalla    Costituzione    (Corte
costituzionale, 9 maggio 2013, n.  85)  e  rispetto  all'esigenza  di
assicurare una tutela «sistemica e non frazionata  in  una  serie  di
norme ed in potenziale conflitto tra loro» (Corte costituzionale,  28
novembre 2012, n. 264). 
    Difatti nella fattispecie in questione - cosi'  come  di  recente
sottolineato dall'ordinanza del 13  gennaio  2021  con  la  quale  il
Tribunale di Barcellona di Pozzo di Gotto ha sollevato  la  questione
di   legittimita'   costituzionale   sul   termine   di   sospensione
dell'efficacia dei  pignoramenti  immobiliari,  introdotta  dall'art.
54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, inserito  dalla  legge
di conversione 24 aprile 2020, n. 27, come  poi  prorogato  dall'art.
13, comma 14, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 183, conv.  in  legge
18 dicembre  2020,  n.  176  -  «l'illimitata  ovvero  incondizionata
espansione di uno di essi aprirebbe la strada alla c.d.  tirannia  di
un  diritto  nei  confronti  degli  altri  beni  giuridici  di  rango
costituzionale», con la conseguenza  che  appare  non  manifestamente
infondato sul piano costituzionale che l'art. 117, comma 4,  al  pari
dell'art. 54-ter, «svilisca - alla prova dei fatti  -  l'effettivita'
della tutela giurisdizionale  senza  un  apprezzabile  vantaggio  per
altri beni di rango costituzionale». 
    Cio' e' tanto piu' vero nel caso di debiti maturati nei confronti
della pubblica amministrazione, per i quali  e'  gia'  normativamente
previsto   un   differimento   dell'esecuzione   dall'art.   14   del
decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, che la  Corte  costituzionale
ha  ritenuto  conforme  ai  precetti  costituzionali  quale  «spatium
adimplendi» per l'approntamento dei mezzi  finanziari  occorrenti  al
pagamento dei crediti, che «persegue lo scopo di  evitare  il  blocco
dell'attivita' amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti  di
fondi,  contemperando  in  tal  modo  l'interesse  del  singolo  alla
realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad  una  ordinata
gestione delle risorse finanziarie pubbliche» (Corte  costituzionale,
23 aprile 1998, n. 142). 
    10.2.2. Risulta altresi' violato il principio del giusto processo
costituzionalizzato dall'art. 111, comma 2, perche',  a  cascata,  la
norma censurata, da un lato, altera la condizione  di  parita'  delle
armi,  determinando  uno  squilibrio  nel  rapporto  tra  debitore  e
creditore a tutto vantaggio del primo (gia' fruitore del  termine  ex
art. 14, decreto-legge n. 669/1996), e, dall'altro, incide fortemente
sulla ragionevole durata del processo che  e'  tutelata,  come  noto,
anche a livello sovranazionale (v. art. 47 Carta di Nizza). 
    La natura pubblica e le finalita' emergenziali  di  tutela  della
salute, di cui il  soggetto  debitore  e'  chiamato  a  farsi  carico
costituiscono,  infatti,  il   fondamento,   ma   anche   il   limite
dell'apprezzabilita' del sacrificio imposto alla  pretesa  creditoria
del privato, il cui  credito  potrebbe  essere  stato  giudizialmente
riconosciuto a tutela di interessi altrettanto fondamentali (come, ad
esempio, salute, lavoro, attivita' d'impresa) rispetto a  quello  che
l'art. 117, comma 4, e' rivolto a salvaguardare  nel  rispetto  della
doverosa ricerca di un delicato equilibrio dei valori  costituzionali
in gioco. 
    10.2.3.  La  proroga  al  31  dicembre   2021,   introdotta   dal
decreto-legge n.  183/2020,  conv.  in  legge  n.  21/2021,  presenta
inoltre autonomi aspetti di contrasto con l'art. 3 della Costituzione
sotto il profilo della disparita' di trattamento normativo  riservato
dallo stesso «Decreto Milleproroghe» ad altre categorie di creditori. 
    Un primo aspetto di irragionevolezza della proroga al 31 dicembre
2021 puo' ravvisarsi nella sua temporale incongruenza  ed  asimmetria
rispetto al termine di durata  del  presupposto  stato  di  emergenza
sanitaria che, in virtu' dell'entrata in vigore del decreto-legge  n.
2 del 14 gennaio 2021 (conv. in legge n. 29 del 12  marzo  2021),  e'
stato spostato dal 31 gennaio 2021 al 30 aprile 2021. 
    Ne deriva che la fissazione del  termine  al  31  dicembre  2021,
slegato dall'emergenza sanitaria, appare casuale,  illogico  e  rende
intrinsecamente e altrettanto illogica, oltre che non  proporzionata,
l'estensione temporale prevista dall'art. 117, comma 4. 
    In secondo luogo, l'art. 3, comma 8,  decreto-legge  n.  183/2020
(«Al comma 4, dell'art. 117, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,  le
parole  "31  dicembre  2020"  sono  sostituite  dalle  seguenti:  "31
dicembre 2021"),  confluito  giustappunto  nella  norma  di  sospetta
incostituzionalita', si pone in intrinseca distonia con  altre  norme
dello  stesso  decreto  c.d.  «Milleproroghe»,   che   prevedono   in
particolare (art. 13, comma 13, in tema di proroga al 30 giugno  2021
dello sfratto  di  immobili  adibiti  ad  esigenze  abitative)  o  in
generale (art. 19 in tema  di  termini  previsti  dalle  disposizioni
legislative di cui all'allegato 1 che sono prorogati fino  alla  data
di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da  COVID-19  e
comunque  non  oltre  il  30  aprile  2021),  termini  ad   quem   di
«sospensione»  dell'azione  esecutiva   temporalmente   differenziati
rispetto a quello previsto dall'art. 117,  comma  4,  attualmente  in
vigore. L'aver previsto un termine  di  proroga  piu'  lungo  per  il
soddisfacimento coattivo di crediti vantati a qualsiasi titolo  verso
le ASL innesca un trattamento normativo  deteriore  rispetto  a  quei
creditori come, ad  esempio,  i  locatori  titolari  di  uno  sfratto
esecutivo, che sono tenuti ad attendere un termine molto  piu'  breve
per ottenere il rilascio dell'immobile di proprieta'. E cio'  per  di
piu' nei confronti di soggetti altrettanto «deboli», come quelli  che
potrebbero agire in  via  esecutiva  contro  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale (si pensi a chi ottiene una sentenza esecutiva di
condanna per il rimborso di spese  mediche  o  per  il  pagamento  di
crediti retributivi o comunque collegati a diritti fondamentali). 
    Il prolungato blocco delle azioni esecutive e', inoltre destinato
ad operare addirittura anche in danno dei soggetti creditori  a  loro
volta coinvolti nella gestione dell'emergenza sanitaria (si pensi  ai
crediti delle strutture  mediche  specialistiche  accreditate,  delle
farmacie o delle imprese fornitrici di ausili e presidi sanitari). 
    Se  allora  la  ratio  del  blocco  delle  azioni  esecutive  nei
confronti delle ASL fino al 31 dicembre 2021 e' quella di «far fronte
alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del
COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio  sanitario  nazionale  la
liquidita' necessaria allo svolgimento delle  attivita'  legate  alla
citata  emergenza,  compreso  un  tempestivo  pagamento  dei   debiti
commerciali»,   cio'   tuttavia   non    puo'    portare    ad    una
contraddittorieta' del sistema e illogica disparita' di  trattamento,
pena la violazione del principio di uguaglianza proclamato  dall'art.
3 della Costituzione, rispetto a posizioni del rapporto  obbligatorio
sostanzialmente analoghe per le  quali  si  prevedono  condizioni  di
procedibilita'  dell'azione  temporalmente  diverse   o   addirittura
rispetto a situazioni di soggetti chiamati a loro volta a far  fronte
alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla pandemia. 
    11. In conclusione, per quanto fin qui esposto si ritiene che  la
disposizione in esame si ponga in contrasto con: 
        a) l'art. 24, commi 1 e 2,  Costituzione,  in  quanto  -  per
effetto delle proroghe dell'efficacia temporale del divieto di azioni
esecutive verso le ASL  -  il  diritto  dei  creditori  di  agire  in
executivis e' stato ulteriormente congelato per un tempo molto lungo,
solo in apparenza  definito  e  senza  il  riconoscimento  di  alcuna
utilita' compensativa a favore di coloro che pur avrebbero ragione ad
essere tutelati  in  tempi  ragionevoli  a  fronte  della  perdurante
inerzia del debitore inadempiente; 
        b) l'art. 111, comma  2,  Costituzione,  poiche'  genera  una
disparita' tra le parti in causa, ponendo  l'amministrazione  in  una
posizione di ingiustificato privilegio, e un oggettivo  prolungamento
dei  tempi  di  definizione  del  processo  esecutivo  e  cio'  nella
considerazione che la ragionevole durata del processo non costituisce
solo il limite per le parti, ma e' prima di  tutto  un  obiettivo  al
quale  il  legislatore  deve  informare  l'esercizio  della  potesta'
legislativa; 
        c)  l'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte   in   cui,
inserendosi in modo temporalmente asimmetrico in un sistema normativo
di proroga generalizzata  imperniato  sul  comune  presupposto  della
situazione di emergenza sanitaria in atto,  prevede  un  termine  (31
dicembre  2021)  sganciato  dallo  stato  di  emergenza  sanitaria  e
comunque diverso  da  quello  previsto  in  situazioni  creditorie  e
debitorie sostanzialmente analoghe ed omogenee o persino in danno  di
soggetti coinvolti nella gestione della emergenza sanitaria. 
    12. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente  infondata,  questo  tribunale  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, del decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34, come convertito nella legge 17 luglio 2020, n.
177, come modificato dall'art.  3,  comma  8,  del  decreto-legge  28
dicembre 2020, n. 183, convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21
per contrasto con gli articoli 24, commi 1 e 2, 111,  comma  2,  e  3
della  Costituzione,  secondo  i  profili  e  per  le  ragioni  sopra
indicate, con sospensione del presente giudizio. 
    Riserva al definitivo ogni  ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese.