IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA Sezione staccata di Reggio Calabria ha pronunciato la presente Ordinanza Sul ricorso numero di registro generale 721 del 2019, proposto da Agostino Baggetta, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Macri', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Contro Asp di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Per l'ottemperanza Al giudicato formatosi sulla sentenza n. 743 emessa il 21 dicembre 2018 dalla Corte di appello di Reggio Calabria - Sez. Lavoro, munita di formula esecutiva in data 22 gennaio 2019 e come tale notificata all'Asp di Reggio Calabria in data 25 gennaio 2019. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore il dott. Andrea De Col nella Camera di consiglio del giorno 10 marzo 2021, tenutasi ex art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176) ed uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Con il ricorso in esame, notificato il 9-10 dicembre 2019 e depositato il 15 dicembre successivo, parte ricorrente chiede l'ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria-Sez. Lavoro n. 743/2018 che ha condannato l'Asp di Reggio Calabria al pagamento di euro 1.020,06 per retribuzioni dovute ad incrementi tabellari riconosciuti dai contratti collettivi del comparto sanita' dal 1999 al 2004, oltre al rimborso delle spese processuali e del rimborso del contributo unificato. In particolare, parte ricorrente, a fronte del mancato pagamento di tale somma, domanda a questo Tribunale amministrativo regionale di dare piena ed integrale esecuzione al giudicato, invocando inoltre la nomina, per l'ipotesi di perdurante inottemperanza, di un commissario ad acta che provveda in luogo e a spese di quest'ultima. 2. L'Asp non si e' costituita in giudizio. 3. La sentenza della cui esecuzione si tratta e passata in giudicato, come da attestazione rilasciata dalla Cancelleria della Corte d'appello di Reggio Calabria il 20 settembre 2019, e' stata ritualmente munita di formula esecutiva ed in tale forma e' stata notificata all'Azienda sanitaria il 25 gennaio 2019 su istanza del creditore procedente, mentre e' ormai decorso il termine di centoventi giorni prescritto dall'art. 14, comma 1, decreto-legge n. 669 del 1996. 4. Con ordinanza collegiale resa in esito della Camera di consiglio del 27 gennaio 2021 il Tribunale, preso atto che il termine del 31 dicembre 2020, introdotto dall'art. 117, comma 4, decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, conv. in legge 17 luglio 2020, n. 77, fino al quale era in vigore il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 era stato prorogato al 31 dicembre 2021 dall'art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d. «Milleproroghe»), ha ritenuto opportuno rinviare la trattazione della controversia ad una Camera di consiglio da tenersi in data successiva all'eventuale conversione in legge del decreto-legge poc'anzi citato. 5. Il decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 e' stato convertito, senza modifiche per quanto riguarda la proroga del divieto di azioni esecutive, con legge n. 21 del 26 febbraio 2021, sicche' l'art. 117, comma 4, decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, conv. in legge 17 luglio 2020, n. 77, nella sua attuale formulazione, risulta essere il seguente: «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalita' dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021». 6. Alla Camera di consiglio del 10 marzo 2021, tenutasi da remoto e sentito il difensore di parte ricorrente, la causa e' stata posta in decisione. 7. Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, del decreto-legge n. 34/2020, conv. in legge n. 77/2020, e s.m. nella parte in cui ha imposto il divieto di agire in executivis contro gli enti del Servizio sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2021. In tal senso, peraltro, si e' gia' espresso, seppur con riferimento puntuale alla tematica dei pignoramenti, il Tribunale di Napoli (XIV Sezione Civile) con ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale del 20 dicembre 2020, le cui condivisibili motivazioni verranno tra poco ampiamente richiamate. Pur ravvisando la sostanziale identita' della questione di costituzionalita' sollevata dal giudice partenopeo, si reputa di dover rimettere autonomamente la questione alla Corte costituzionale anche in ragione del fatto che l'ordinanza di rimessione adottata dal Tribunale di Napoli non riguarda l'illegittimita' costituzionale del divieto delle azioni esecutive cosi' come prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall'art. 3, comma 8, del decreto-legge n. 183/2020, ora convertito nella legge n. 21/2021, ma dell'art. 117, comma 4, recante l'originaria scadenza del divieto al 31 dicembre 2020. 8. Il dato normativo e la sua ratio. L'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. decreto «Rilancio»), convertito nella legge n. 77/2020, e' una delle molteplici disposizioni intervenute a fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria da COVID 19. Il primo periodo dell'art. 117, comma 4, che e' quello che rileva nel caso di specie, prevede espressamente che non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, azioni tra cui rientra, per pacifica giurisprudenza, anche l'azione di ottemperanza di cui agli articoli 112 e segg. c.p.a. (v. sul punto Tribunale amministrativo regionale Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480). Sulla natura della disposizione in parola, questo Tribunale si era gia' espresso con la sentenza poc'anzi citata, ripresa in decisioni successive, considerandola in concreto un'ipotesi di «sospensione» dell'azione di ottemperanza, che comunque preclude o condiziona per un arco di tempo inizialmente limitato alla scadenza del 31 dicembre 2020 l'intervento sostitutivo ad opera del commissario ad acta. Chiara la finalita' della disposizione in questione resa gia' palese dal suo tenore letterale: assicurare la concreta operativita' dei pagamenti a cura degli enti del Servizio sanitario nazionale per fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria, rendendo sempre disponibili risorse economiche allocate nei bilanci degli enti del Servizio sanitario nazionale, altrimenti destinate al finanziamento di crediti nascenti da sentenze esecutive ed azionate attraverso i rimedi processual-civilistici dell'espropriazione forzata o del giudizio di ottemperanza previsto dall'art. 112 c.p.a.. Il perseguimento di tale risultato, suggerito dalla attuale situazione emergenziale, ma che preclude adesso l'effettivita' del rimedio sostitutivo dell'azione per ottemperanza fino alla data del 31 dicembre 2021, non appare, ad avviso di questo giudice, ne' ragionevole ne' proporzionato perche', nel bilanciamento tra i contrapposti interessi, quello del privato di veder soddisfatto il proprio credito pecuniario, gia' accertato con sentenza o atto equipollente, e quello pubblico di liberare risorse necessarie per lo svolgimento di attivita' legate alla citata eccezionale emergenza sanitaria, sacrifica il primo nella misura in cui il Legislatore prevede la proroga per continuare a rispondere al bisogno emergenziale senza considerare, a favore del creditore, paralleli meccanismi di tutela per equivalente. 9. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. La norma in esame, nel riferirsi alle azioni esecutive, e' certamente valevole anche per il giudizio di ottemperanza. In sede di prima applicazione, come gia' detto, questo Tribunale, tenuto conto del suo limitato ambito temporale di operativita' (sino al 31 dicembre 2020), ha ritenuto (v. sentenza n. 480/2020) di poter seguire un'interpretazione che di fatto attenuava i riflessi della sanzione di improcedibilita' sulle azioni esecutive pendenti, assegnando, da un lato, all'amministrazione debitrice un congruo spazio di tempo per provvedere spontaneamente (art. 114, comma 4, lettera a)) e affermando, dall'altro, che l'eccezionale «sospensione» dell'azione esecutiva nel processo amministrativo, introdotta dall'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, viene in rilievo solo nella successiva ed eventuale fase propriamente esecutiva affidata al commissario ad acta (art. 114, comma 4, lettera d)). Purtuttavia, a prescindere dalla qualificazione o meno di una causa di improcedibilita' o di sospensione in senso tecnico, la recente proroga sino al 31 dicembre 2021 del sostanziale «blocco» delle azioni esecutive nei confronti (anche) delle Asl rende la soluzione oggettivamente non piu' praticabile, stante l'aggravamento del margine di incertezza in ordine all'an e al quando del soddisfacimento delle legittime ragioni creditorie. Si rende, pertanto, necessario sollevare in questa sede questione di costituzionalita', atteso che soltanto a seguito del suo accoglimento sarebbe consentito al Tribunale di pronunciarsi sulla domanda di ottemperanza proposta dal ricorrente, domanda che, allo stato, appare fondata nel merito. 10. Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'. Il Collegio, avuto riguardo all'effetto paralizzante della norma richiamata sul diritto di credito di parte ricorrente, ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, decreto-legge n. 34/2020, conv. in legge n. 177/2020, e s.m. sia non manifestamente infondata in relazione agli articoli 24, commi 1 e 2, 111, comma 2, e 3 della Costituzione. Sul tema della legittimita' di disposizioni legislative rivolte ad inibire le azioni esecutive da intraprendere o gia' intraprese nei confronti di particolari categorie di creditori pubblici (come ad esempio gli enti del Servizio sanitario azionale) la Corte costituzionale, seppure in un contesto storico-normativo affatto diverso da quello attuale, si e' gia' pronunciata con la nota sentenza n. 186 del 12 luglio 2013. Nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge di stabilita' 2011»), che aveva imposto per la salvaguardia degli equilibri finanziari degli enti del SSN la temporanea impignorabilita' dei crediti delle Aziende sanitarie, la Corte costituzionale riconobbe che un intervento legislativo di tal fatta si poneva in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. In particolare, la sentenza chiariva che «un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)». Anche in quel caso, tra l'altro, si trattava di una disposizione «la cui durata nel tempio, inizialmente prevista per un anno, gia' era stata, con due provvedimenti di proroga adottati dal legislatore, differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013». In particolare, la Corte sottolineava che la compromissione del diritto del creditore del Servizio sanitario nazionale, a mezzo del provvedimento legislativo che impedisse il recupero coattivo delle somme, dovesse essere riequilibrata da disposizioni di carattere sostanziale tali, a loro volta, da garantire, anche per altra via che non fosse quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte. Per tali ragioni, la Corte costituzionale aveva ritenuto fondata, perche' in contrasto con l'art. 24 e 111 Cost., la questione di legittimita' costituzionale della norma de qua, ripristinando il diritto dei creditori ad agire esecutivamente per la soddisfazione dei loro diritti. 10.1. Le contrapposte tesi della giurisprudenza a confronto. Invero, nelle sue prime applicazioni, la norma ora in esame ha indotto i giudici di merito ad interpretazioni contrastanti sulla sua compatibilita' con il dettato costituzionale. Con ordinanza del 13 luglio 2020 il Tribunale di Napoli (XIV Sezione civile) ha ritenuto di non sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art, 117, comma 4, decreto-legge n. 34/2020, richiamando gli orientamenti ed i principi di diritto affermati dalla Consulta con riferimento a pregresse disposizioni recanti cause di impignorabilita' in danno degli enti del S.S.N. (come nel caso sopra descritto dall'art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010, modificato dall'art. 17, comma 4, lettera e) del decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011, e poi dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge n. 158/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012, a tutela delle provviste finanziarie delle regioni commissariate). Il Tribunale di Napoli, pur condividendo l'impostazione di fondo per cui la causa di improcedibilita' dell'azione esecutiva non risulta bilanciata da altre misure a tutela delle posizioni sostanziali dei creditori procedenti, ha ritenuto la questione manifestamente infondata in virtu' della differente ratio normativa dell'art. 117, comma 4, rivolta non al risanamento delle finanze in pregiudizio dei privati, ma a garantire in un particolare contesto emergenziale la disponibilita' delle risorse finanziarie necessarie a gestire la pandemia e, quindi, a garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza oltre quelli aggiuntivi derivanti dalla diffusione del virus, sicche' «non si rinviene una modalita' di esenzione, per la parte pubblica, dal rispondere economicamente degli effetti giudiziari di una condanna giudiziaria(con violazione dell'art. 111 Cost.), ma di una presa di posizione legislativa nel ritenere prevalente la tutela della salute e nell'approntare i mezzi per affrontare l'emergenza epidemiologica in corso (art. 2 Cost)». In adempimento ad inderogabili doveri di solidarieta' economico-sociale, legati alla necessita' di disporre all'occorrenza delle risorse economiche sufficienti a fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto, sarebbe giustificato, alla luce di questa prima opzione esegetica, il vulnus inferto dal legislatore ai diritti sostanziali e processuali dei creditori procedenti, tenuto conto del carattere temporaneo del loro sacrificio (fino al 31 dicembre 2020) e dell'esclusione di qualsivoglia causa di perenzione del diritto dovuta al decorso del tempo (art. 2945 del codice civile). Di contrario avviso si profila la posizione assunta, sempre dal Tribunale di Napoli (XIV Sezione), con la gia' citata ordinanza del 20 dicembre 2020. Innanzitutto, il giudice a quo, pur riconoscendo che il limitato orizzonte temporale della norma potrebbe in ipotesi attenuare gli effetti «espropriativi» dei diritti patrimoniali dei creditori, focalizza i dubbi di costituzionalita' sull'assenza di un meccanismo normativo idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in via equivalente. Per vero, il richiamato art. 117, nel suo complesso articolato, fissa delle priorita' legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, non escludendo il pagamento di debiti pregressi, tanto da prevedere anche il ricorso a forme di anticipazioni di liquidita', per le regioni «i cui enti del Servizio sanitario nazionale a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19 non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali» (comma 5). Purtuttavia, per questa seconda opzione esegetica, cio' non sarebbe sufficiente a preservare la norma dalle censure di illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione, derivante dall'assenza di un adeguato grado di bilanciamento richiesto dalla Corte costituzionale e non soddisfatto dalla disposizione normativa in commento, laddove prevede che gli enti «possono disporre, per le finalita' legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo». Sotto altro profilo, l'art. 117, comma 4, si porrebbe inoltre in aperto contrasto con altre norme, contenute anche nel medesimo «Decreto Rilancio», volte ad incentivare e velocizzare i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni. L'art. 115 introduce, in particolare, l'istituzione di un «fondo di liquidita' per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali», mentre e' l'art. 116 a garantire, in favore degli enti locali, delle regioni e delle province autonome, una «anticipazione di liquidita'» per far fronte al pagamento di crediti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019. Sotto quest'ultimo aspetto, le regioni non avrebbero nemmeno l'obbligo, ma semplicemente la facolta' di avvalersi dello strumento di anticipazione di liquidita' a favore del pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2019 relativi «a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali», con la conseguenza che resterebbero «improcedibili» le azioni esecutive aventi ad oggetto crediti di altra natura, per esempio risarcitoria o anche retributiva, come nel caso oggetto del presente giudizio. In conclusione, con l'ordinanza del 20 dicembre 2020 il Tribunale di Napoli ha ritenuto l'art. 117, comma 4, costituzionalmente illegittimo sia per violazione dell'art. 24 Cost., introducendo una norma speciale elidente la possibilita' di soddisfazione effettiva e concreta dei diritti del creditore nella misura in cui l'improcedibilita' delle azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale non risulta bilanciato da altrettanto effettivi soluzioni di tutela equivalente, sia per violazione dell'art. 111 Cost., atteso che con la disposizione censurata «il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che - pur originata da comprensibili preoccupazioni legate all'emergenza epidemiologica un corso - ha determinato uno sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite». 10.2. La posizione del Tribunale amministrativo regionale Calabria - Sezione di Reggio Calabria. 10.2.1. La sezione condivide le questioni di legittimita' costituzionale sollevate da ultimo con l'ordinanza del 20 dicembre 2020 del Tribunale di Napoli e rileva che l'art. 117, comma 4, del «Decreto Rilancio», incidendo retroattivamente su posizioni consolidate per effetto di una procedura esecutiva giurisdizionale e vanificando il rimedio del giudizio di ottemperanza avanti al giudice amministrativo, si pone in evidente contrasto con il principio di effettivita' del diritto di difesa sancito dall'art. 24, commi 1 e 2, Costituzione, il cui esercizio, in virtu' della proroga disposta dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 183/2020 (conv. nella legge n. 21/2021), viene impedito per un arco temporale (dal 20 maggio 2020 al 31 dicembre 2021 ossia per un anno e sette mesi) che, ad avviso del collegio, va oltre i canoni della proporzionalita' e della ragionevolezza, anche perche', a fronte dell'imprevedibilita' e dell'incertezza dell'evoluzione pandemica, il detto termine rischia di prolungarsi per un tempo indefinito con grave pregiudizio per i creditori istanti. In altre parole, il sospetto di legittimita' costituzionale espresso dal Tribunale di Napoli, in relazione alla mancanza nell'ordinamento vigente di disposizioni di natura sostanziale tese a «controbilanciare» il «blocco» transitorio delle esecuzioni e/o dei pignoramenti proposti o da proporre contro gli enti del Servizio sanitario nazionale, appare intensificarsi in virtu' dell'intervenuto - ed irragionevole per come tra poco si dira' - differimento del termine di improcedibilita' (o sospensione) dell'azione fino al 31 dicembre 2021. Tra l'altro, si osserva che la novella operata dal c.d. decreto «Milleproroghe» ha inciso solo sul termine «a sfavore» del creditore di cui al comma 4, prorogandolo, come si e' piu' volte ricordato, di un intero anno, ma non e' intervenuta sul termine del comma 5 (inizialmente correlato alla previsione di cui al comma 4) entro il quale le regioni potevano chiedere, con deliberazione di Giunta, un'anticipazione di liquidita' alla Cassa depositi e prestiti, che e' rimasto fissato al periodo (ormai decorso) 15 giugno - 7 luglio 2020, rendendo cosi' ancor piu' insoddisfacente e inadeguato il supposto e pur parziale meccanismo compensativo. La limitazione al diritto costituzionale di agire (anche in via esecutiva) a tutela dei propri diritti appare vieppiu' irragionevole, avuto riguardo a quanto ritenuto dalla stessa Corte costituzionale rispetto alla necessita' di una integrazione reciproca tra tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione (Corte costituzionale, 9 maggio 2013, n. 85) e rispetto all'esigenza di assicurare una tutela «sistemica e non frazionata in una serie di norme ed in potenziale conflitto tra loro» (Corte costituzionale, 28 novembre 2012, n. 264). Difatti nella fattispecie in questione - cosi' come di recente sottolineato dall'ordinanza del 13 gennaio 2021 con la quale il Tribunale di Barcellona di Pozzo di Gotto ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale sul termine di sospensione dell'efficacia dei pignoramenti immobiliari, introdotta dall'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, inserito dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, come poi prorogato dall'art. 13, comma 14, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 183, conv. in legge 18 dicembre 2020, n. 176 - «l'illimitata ovvero incondizionata espansione di uno di essi aprirebbe la strada alla c.d. tirannia di un diritto nei confronti degli altri beni giuridici di rango costituzionale», con la conseguenza che appare non manifestamente infondato sul piano costituzionale che l'art. 117, comma 4, al pari dell'art. 54-ter, «svilisca - alla prova dei fatti - l'effettivita' della tutela giurisdizionale senza un apprezzabile vantaggio per altri beni di rango costituzionale». Cio' e' tanto piu' vero nel caso di debiti maturati nei confronti della pubblica amministrazione, per i quali e' gia' normativamente previsto un differimento dell'esecuzione dall'art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, che la Corte costituzionale ha ritenuto conforme ai precetti costituzionali quale «spatium adimplendi» per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti, che «persegue lo scopo di evitare il blocco dell'attivita' amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche» (Corte costituzionale, 23 aprile 1998, n. 142). 10.2.2. Risulta altresi' violato il principio del giusto processo costituzionalizzato dall'art. 111, comma 2, perche', a cascata, la norma censurata, da un lato, altera la condizione di parita' delle armi, determinando uno squilibrio nel rapporto tra debitore e creditore a tutto vantaggio del primo (gia' fruitore del termine ex art. 14, decreto-legge n. 669/1996), e, dall'altro, incide fortemente sulla ragionevole durata del processo che e' tutelata, come noto, anche a livello sovranazionale (v. art. 47 Carta di Nizza). La natura pubblica e le finalita' emergenziali di tutela della salute, di cui il soggetto debitore e' chiamato a farsi carico costituiscono, infatti, il fondamento, ma anche il limite dell'apprezzabilita' del sacrificio imposto alla pretesa creditoria del privato, il cui credito potrebbe essere stato giudizialmente riconosciuto a tutela di interessi altrettanto fondamentali (come, ad esempio, salute, lavoro, attivita' d'impresa) rispetto a quello che l'art. 117, comma 4, e' rivolto a salvaguardare nel rispetto della doverosa ricerca di un delicato equilibrio dei valori costituzionali in gioco. 10.2.3. La proroga al 31 dicembre 2021, introdotta dal decreto-legge n. 183/2020, conv. in legge n. 21/2021, presenta inoltre autonomi aspetti di contrasto con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento normativo riservato dallo stesso «Decreto Milleproroghe» ad altre categorie di creditori. Un primo aspetto di irragionevolezza della proroga al 31 dicembre 2021 puo' ravvisarsi nella sua temporale incongruenza ed asimmetria rispetto al termine di durata del presupposto stato di emergenza sanitaria che, in virtu' dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 2 del 14 gennaio 2021 (conv. in legge n. 29 del 12 marzo 2021), e' stato spostato dal 31 gennaio 2021 al 30 aprile 2021. Ne deriva che la fissazione del termine al 31 dicembre 2021, slegato dall'emergenza sanitaria, appare casuale, illogico e rende intrinsecamente e altrettanto illogica, oltre che non proporzionata, l'estensione temporale prevista dall'art. 117, comma 4. In secondo luogo, l'art. 3, comma 8, decreto-legge n. 183/2020 («Al comma 4, dell'art. 117, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole "31 dicembre 2020" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 2021"), confluito giustappunto nella norma di sospetta incostituzionalita', si pone in intrinseca distonia con altre norme dello stesso decreto c.d. «Milleproroghe», che prevedono in particolare (art. 13, comma 13, in tema di proroga al 30 giugno 2021 dello sfratto di immobili adibiti ad esigenze abitative) o in generale (art. 19 in tema di termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all'allegato 1 che sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021), termini ad quem di «sospensione» dell'azione esecutiva temporalmente differenziati rispetto a quello previsto dall'art. 117, comma 4, attualmente in vigore. L'aver previsto un termine di proroga piu' lungo per il soddisfacimento coattivo di crediti vantati a qualsiasi titolo verso le ASL innesca un trattamento normativo deteriore rispetto a quei creditori come, ad esempio, i locatori titolari di uno sfratto esecutivo, che sono tenuti ad attendere un termine molto piu' breve per ottenere il rilascio dell'immobile di proprieta'. E cio' per di piu' nei confronti di soggetti altrettanto «deboli», come quelli che potrebbero agire in via esecutiva contro gli enti del Servizio sanitario nazionale (si pensi a chi ottiene una sentenza esecutiva di condanna per il rimborso di spese mediche o per il pagamento di crediti retributivi o comunque collegati a diritti fondamentali). Il prolungato blocco delle azioni esecutive e', inoltre destinato ad operare addirittura anche in danno dei soggetti creditori a loro volta coinvolti nella gestione dell'emergenza sanitaria (si pensi ai crediti delle strutture mediche specialistiche accreditate, delle farmacie o delle imprese fornitrici di ausili e presidi sanitari). Se allora la ratio del blocco delle azioni esecutive nei confronti delle ASL fino al 31 dicembre 2021 e' quella di «far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonche' per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali», cio' tuttavia non puo' portare ad una contraddittorieta' del sistema e illogica disparita' di trattamento, pena la violazione del principio di uguaglianza proclamato dall'art. 3 della Costituzione, rispetto a posizioni del rapporto obbligatorio sostanzialmente analoghe per le quali si prevedono condizioni di procedibilita' dell'azione temporalmente diverse o addirittura rispetto a situazioni di soggetti chiamati a loro volta a far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla pandemia. 11. In conclusione, per quanto fin qui esposto si ritiene che la disposizione in esame si ponga in contrasto con: a) l'art. 24, commi 1 e 2, Costituzione, in quanto - per effetto delle proroghe dell'efficacia temporale del divieto di azioni esecutive verso le ASL - il diritto dei creditori di agire in executivis e' stato ulteriormente congelato per un tempo molto lungo, solo in apparenza definito e senza il riconoscimento di alcuna utilita' compensativa a favore di coloro che pur avrebbero ragione ad essere tutelati in tempi ragionevoli a fronte della perdurante inerzia del debitore inadempiente; b) l'art. 111, comma 2, Costituzione, poiche' genera una disparita' tra le parti in causa, ponendo l'amministrazione in una posizione di ingiustificato privilegio, e un oggettivo prolungamento dei tempi di definizione del processo esecutivo e cio' nella considerazione che la ragionevole durata del processo non costituisce solo il limite per le parti, ma e' prima di tutto un obiettivo al quale il legislatore deve informare l'esercizio della potesta' legislativa; c) l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, inserendosi in modo temporalmente asimmetrico in un sistema normativo di proroga generalizzata imperniato sul comune presupposto della situazione di emergenza sanitaria in atto, prevede un termine (31 dicembre 2021) sganciato dallo stato di emergenza sanitaria e comunque diverso da quello previsto in situazioni creditorie e debitorie sostanzialmente analoghe ed omogenee o persino in danno di soggetti coinvolti nella gestione della emergenza sanitaria. 12. Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, questo tribunale solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito nella legge 17 luglio 2020, n. 177, come modificato dall'art. 3, comma 8, del decreto-legge 28 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21 per contrasto con gli articoli 24, commi 1 e 2, 111, comma 2, e 3 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del presente giudizio. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese.