Ricorso ex art. 127 della costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  Uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi, 12 e' domiciliato  ex  lege,  contro  la  Regione
Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, con sede in  Milano
alla  Piazza  Citta'  di  Lombardia  n.  l  per  la  declaratoria  di
illeggittimita' costituzionale degli articoli 15, 17 e 24 della legge
regionale della Regione Lombardia n. 15 del 6 agosto 202l  pubblicata
sul B.U.R. Lombardia n. 32 del 10 agosto 2021  recante  «Assestamento
al bilancio 2021-2023 con  modifiche  di  leggi  regionali»  come  da
delibera del Consiglio dei ministri in data 7 ottobre 2021. 
    Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia  n.  32  del  10
agosto 2021 e' stata pubblicata la Legge Regionale della Lombardia n.
15 del 6 agosto 2021 recante «Assestamento al bilancio  2021  -  2023
con modifiche di leggi regionali». 
    Il  Presidente  del  Consiglio  ritiene  che   tale   legge   sia
censurabile con riferimento alle disposizioni di  cui  agli  articoli
15,  17  e  24  e  propone   pertanto   questione   di   legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' dell'art. 15 legge regionale Lombardia  n.  15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  sotto
il profilo della violazione delle competenze statali  in  materia  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema nonche' in relazione  all'art.
l, comma l, all'Allegato 3 del decreto  legislativo  75/2010  e  agli
articoli 184 e 184-ter decreto legislativo 152/06 (norme interposte). 
    L'art. 15 della legge R. 15/2021 cosi' dispone: 
        Art. 15 (Controllo, monitoraggio e tracciabilita'  dei  gessi
di defecazione da fanghi utilizzati in agricoltura). - l. Al fine  di
salvaguardare la qualita' delle produzioni agricole o anche dei suoli
e prevenire l'insorgere di  fenomeni  o  processi  di  degrado  e  di
inquinamento ambientale, nonche' a  tutela  della  salute,  i  fanghi
impiegabili per la produzione dei gessi di defecazione da fanghi, dei
gessi di defecazione o dei carbonati di calcio da defecazione per  il
relativo  utilizzo  sui  suoli  della  regione  sono  quelli   idonei
all'utilizzo agronomico e  conformi  agli  standard  ai  sensi  della
normativa statale e della specifica disciplina regionale attuativa di
riferimento. 
    2. In applicazione del principio di  precauzione  nell'azione  in
materia  ambientale  e  nelle  more  della  revisione   del   decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99  (Attuazione  della  direttiva  n.
86/278/CEE concernente la protezione  dell'ambiente,  in  particolare
del  suolo,  nell'utilizzazione  dei   fanghi   di   depurazione   in
agricoltura), all'utilizzo del  «gesso  di  defecazione  da  fanghi»,
secondo quanto previsto dalla scheda prodotto n. 23 dell'Allegato  3,
punto 2. l, del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 (Riordino e
revisione della disciplina  in  materia  di  fertilizzanti,  a  norma
dell'art. 13 della legge 7 luglio  2009,  n.  88),  si  applicano  le
regole di tracciabilita', di cui agli articoli 9, comma 3,  13  e  15
del decreto legislativo 99/1992,  previste  per  l'utilizzazione  dei
fanghi di depurazione in agricoltura. 
    3. Le disposizioni di cui  al  comma  2  si  applicano  anche  al
«carbonato di calcio da defecazione» e  al  «gesso  di  defecazione»,
ottenuti da fanghi di depurazione. 
    4. Con  una  o  piu'  deliberazioni,  la  Giunta  regionale  puo'
stabilire, per le finalita' di cui al comma  l,  eventuali  ulteriori
aspetti della disciplina sull'utilizzo dei fanghi in  agricoltura  da
applicare ai gessi di defecazione da fanghi, ai gessi di  defecazione
e ai carbonati di calcio da defecazione, prodotti utilizzando  fanghi
di depurazione. 
    5. Le previsioni di cui ai commi da  l  a  4  si  applicano  agli
utilizzi in agricoltura effettuati a partire dal 1° febbraio 2022. 
    6. Fermo restando quanto previsto al comma 5,  entro  centottanta
giorni dall'entrata in vigore  della  presente  legge,  le  autorita'
competenti riesaminano  le  autorizzazioni  gia'  rilasciate  per  la
produzione  dei  fertilizzanti  di  cui   al   comma   l,   ai   fini
dell'adeguamento alle disposizioni di cui al presente articolo». 
    Come   da   costante   giurisprudenza,   la    materia    «tutela
dell'ambiente»  (sentenze  28/2019,  215  e  150/2018  e   244/2016),
appartiene alla competenza esclusiva statale  «spettando  allo  Stato
l'adozione delle determinazioni che rispondono ad esigenze di  tutela
uniformi» (sentenza n. 231/2019). 
    In detta materia, la disciplina  statale  «costituisce  anche  in
attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e
si impone  sull'intero  territorio  nazionale  come  un  limite  alla
disciplina che le Regioni e le Province  Autonome  dettano  in  altre
materia di loro competenza, per evitare che esse deroghino  allivello
di tutela ambientale stabilito dallo Stato (sentenze n. 314/09, 62/08
e 378/07)» (sentenze nn. 58 e 180/2015). 
    Al  riguardo,  occorre  precisare  che  la  normativa   nazionale
riguardante  la  materia  dei  fertilizzanti  risulta  contenuta  nel
decreto legislativo 29  aprile  2010,  n.  75,  recante  «Riordino  e
revisione della disciplina  in  materia  di  fertilizzanti,  a  norma
dell'art. 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88», che  all'articolo  l,
comma l, lettera aa), prevede la definizione di  «correttivi»  ovvero
«i materiali da  aggiungere  al  suolo  in  situ  principalmente  per
modificare  e  migliorare  proprieta'  chimiche  anomale  del   suolo
dipendenti da reazione,  salinita',  tenore  in  sodio,  cui  tipi  e
caratteristiche  sono  riportati   nell'allegato   3»   del   decreto
legislativo 75/2010. 
    L'Allegato 3, al punto 2, del citato decreto legislativo  75/2010
elenca, poi,  per  tutti  i  tipi  di  correttivi,  le  modalita'  di
preparazione, l'elenco dei componenti essenziali e altri requisiti  e
caratteristiche, ivi specificando nella relativa scheda 2 al punto 23
-  recante  le  prescrizioni  per  la  preparazione  del   connettivo
denominato  «gesso  di  defecazione  da  fanghi»  - che  per  la  sua
produzione e' consentito l'utilizzo dei fanghi di  depurazione  delle
acque reflue, i quali devono rispettare i requisiti di cui al decreto
legislativo 99/1992. 
    Nelle schede 21 e 22 riferite, invece, ai  correttivi  «gesso  di
defecazione» e «carbonato di calcio di defecazione» non si  rinviene,
nel medesimo allegato 3, del decreto legislativo 75/2010, riferimento
alcuno all'utilizzo dei fanghi di depurazione delle acque reflue  per
la loro preparazione. 
    Tutto cio' premesso il comma l, dell'art. 15, nella  sua  attuale
formulazione, prevede la possibilita' che, anche per la  preparazione
dei correttivi «gesso da  defecazione»  e  «carbonato  di  calcio  da
defecazione», sia possibile l'impiego dei fanghi di depurazione delle
acque reflue. 
    In tali termini, detta disposizione  regionale  pur  richiamando,
dunque, la conformita' alla  normativa  statale  di  cui  al  decreto
legislativo 75/2010,  si  pone  in  contrasto  con  essa,  in  quanto
contrasta con la competenza esclusiva statale in materia  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema»  (art.  117,  comma  2,  lettera  s)
Cost.)  materia  «trasversale»  e   «prevalente»,   che   si   impone
integralmente  nei  confronti  delle  Regioni,  anche  ad   autonomia
speciale, che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina
dei  rifiuti,  spettando,  come  visto,  allo  Stato,  per   costante
giurisprudenza costituzionale, la competenza  a  fissare  livelli  di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    Infatti, il carattere  trasversale  della  materia  della  tutela
dell'ambiente, se da  un  lato  legittima  le  Regioni  a  provvedere
attraverso  la  propria  legislazione  esclusiva  o  concorrente   in
relazione  a  temi  che  hanno  riflessi  sulla  materia  ambientale,
dall'altro non costituisce limite  alla  competenza  esclusiva  dello
Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio  nazionale  per
procedimenti e competenze che attengono alla tutela  dell'ambiente  e
alla salvaguardia del territorio (cfr. ex plurimis, sentenze n. 150 e
n. 151 del 2018). 
    Il successivo comma 2 del medesimo  art.  15  intende,  altresi',
applicare  all'utilizzo  del  correttivo  «gesso  di  defecazione  da
fanghi» le regole di tracciabilita' di cui agli articoli 9, comma  3,
13 e 15, del decreto legislativo 99/92, previste per  l'utilizzazione
dei fanghi di depurazione in agricoltura. 
    A tal proposito occorre  richiamare  quanto  stabilito  dall'art.
184, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.
152, che, nell'ambito della ivi  prefissata  definizione  di  rifiuti
speciali, ricomprende anche i fanghi prodotti dalla  potabilizzazione
e  da  altri  trattamenti  delle  acque  e  dalla  depurazione  delle
acque reflue, nonche' i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle  fosse
settiche e dalle reti fognarie. 
    Ebbene, la legge regionale in  esame,  attraverso  la  previsione
stabilita al comma 2, dell'art. 15, intende  applicare  la  normativa
speciale di cui  al  decreto  legislativo  99/1992,  specificatamente
prevista per alcuni tipi di  rifiuti  (fanghi  di  depurazione  delle
acque  reflue),  ai  prodotti  fertilizzanti,  cosi'   ponendosi   in
contrasto sia con le disposizioni contenute nel  decreto  legislativo
75/2010 che riconoscono ai fertilizzanti conformi  alle  disposizioni
in esso contenute il titolo di prodotto, e sia con le disposizioni di
cui ai comma 5, dell'art. 184-ter, del decreto legislativo  152/2006,
che  prevedono  l'applicabilita'  della  disciplina  in  materia   di
rifiuti, nell'ambito di  un'operazione  di  recupero,  esclusivamente
sino alla cessazione della qualifica  di  rifiuto  ovvero,  nel  caso
specifico  del  «gesso  di  defecazione   da   fanghi»,   sino   alla
preparazione del correttivo secondo  le  specifiche  riportate  nella
scheda 23, dell'allegato 3, punto 2, del decreto legislativo 75/2010,
e non durante il successivo utilizzo. 
    Infine,  i  commi  3  e  4   sottintendono   ulteriormente   alla
possibilita' di preparazione dei correttivi «gesso di defecazione»  e
«carbonato di calcio di defecazione» attraverso l'utilizzo di  fanghi
di depurazione delle acque  reflue  in  sostituzione  dei  «materiali
biologici» come indicato nelle schede n. 21 e  22,  dell'allegato  3,
punto 2, del citato decreto legislativo 75/2010,  all'uopo  dovendosi
richiamare le medesime considerazioni gia' espresse  al  riguardo  in
relazione al precedente comma l. 
    Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro  normativo
eurounitario e statale, le anzidette disposizioni sono  da  ritenersi
in contrasto con il parametro costituzionale di'  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera  s)  Cost.,  in  quanto  intervengono  in  una
materia,  quella  della  «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,
attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa  dello  Stato
(ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n.  331
e 278 del 2010, n.  61  e  10  del  2009),  nella  quale  rientra  la
disciplina della gestione dei rifiuti  (sentenza  n.  249  del  2009,
infra citata),  anche  quando  interferisca  con  altri  interessi  e
competenze, di modo che  deve  intendersi  riservato  allo  Stato  il
potere di fissare livelli di tutela uniforme  sull'intero  territorio
nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni  alla  cura  di
interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali
(tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013,  n.  54  del
2012, n. 244 del 2011, n. 225 e 164 del 2009 e n. 437 del 2008). 
    Tale disciplina, «in  quanto  appunto  rientrante  principalmente
nella tutela dell'ambiente, e dunque  in  una  materia  che,  per  la
molteplicita'  dei  settori  di  intervento,  assunte  una  struttura
complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto  anche  alle
attribuzioni  regionali»  (sentenza  n.  249  del   2009),   con   la
conseguenza che, avendo riguardo alle diverse  fasi  e  attivita'  di
gestione del ciclo dei  rifiuti  e  agli  ambiti  materiali  ad  esse
connessi, la disciplina statale  «costituisce,  anche  in  attuazione
degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si  impone
sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina  che
le Regioni e le Province autonome dettano in altre  materie  di  loro
competenza, per evitare che  esse  deroghino  al  livello  di  tutela
ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze  n.
58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). 
    In considerazione di quanto precede, l'art. 15 L.R. 15/2021  deve
ritenersi illegittimo per violazione dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s) Cost., in  riferimento  ai  parametri  statali  interposti
dinanzi citati. 
2) Illegittimita' dell'art. 17 legge regionale Lombardia  n.  15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.  sotto
il profilo della violazione delle competenze statali  in  materia  di
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per contrasto
con il dettato normativo previsto dal D.L.  34/2020  (art.  4,  commi
5-bis  e  5-ter)  conv.,  con  modificazioni,  in  L.77/2020   (norme
interposte) nonche' dell'art. 117, terzo comma, Cost. in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    L'art. 17 della legge R. 15/2021 dispone: 
        Art. 17 (Riconoscimento alle ASP  degli  importi  di  cui  ai
budget contrattualizzati con ATS 
        per l'erogazione di prestazioni sanitarie e  sociosanitarie).
- l. Alle Aziende di  Servizi  alla  Persona  (ASP)  derivanti  dalla
trasformazione  delle   Istituzioni   Pubbliche   di   Assistenza   e
Beneficenza in attuazione della legge regionale 13 febbraio 2003,  n.
l  (Riordino  della  disciplina  delle   Istituzioni   Pubbliche   di
Assistenza e Beneficenza operanti in Lombardia), che rientrano  nella
rete territoriale regionale quali enti gestori di unita'  di  offerta
preposte all'erogazione dei livelli di  assistenza  di  cui  al  capo
quarto »assistenza sociosanitaria» del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (definizione  e  aggiornamento
dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. l, comma 7, del
decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.  502)  che  hanno  dovuto
affrontare i  maggiori  costi  legati  alla  gestione  dell'emergenza
sanitaria entro un quadro normativa  che  le  esclude  dal  campo  di
applicazione  dei  soggetti  che  possono  beneficiare  della   Cassa
Integrazione Guadagni - decreto legislativo  150/2015  e  successivi,
legge 178/2020,  decreto-legge  41/2021,  decreto-legge  73/2021-  e'
possibile riconoscere fino al l00  per  cento  del  budget  assegnato
nell'ambito dei  contratti  sottoscritti  per  l'esercizio  2020.  Il
predetto riconoscimento tiene conto sia dell'attivita' ordinariamente
erogata nel caso dell'anno  2020  di  cui  deve  essere  rendicontata
l'effettiva produzione, sia, fino a concorrenza del  predetto  limite
massimo del l00 per cento del budget sottoscritto, di  un  contributo
una tantum legato all'emergenza in corso ed  erogato  a  ristoro  dei
soli costi fissi a rilevanza sanitaria sostenuti  dalle  ASP.  A  tal
fine si applicano le modalita' previste per l'attuazione delle  norme
di cui agli articoli 4, commi 5-bis e 5-ter, e 109 del  decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute,  sostegno
al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche  sociali  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COV/D-19)    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. 
    2. La spesa di cui al comma l trova copertura  nel  quadro  delle
risorse previste a legislazione vigente sull'esercizio 2020. 
    Il riconoscimento previsto nella  disposizione  tiene  conto  s1a
dell'attivita' ordinariamente erogata nel corso dell'anno 2020 di cui
deve  essere  rendicontata  l'effettiva  produzione,  sia,   fino   a
concorrenza del predetto limite massimo del 100 per cento del  budget
sottoscritto, di un contributo una  tantum  legato  all'emergenza  in
corso ed erogato a ristoro dei soli costi fissi a rilevanza sanitaria
sostenuti dalle ASP. 
    A tal fine si applicano le modalita'  previste  per  l'attuazione
delle norme di cui agli articoli 4, commi 5-bis e 5-ter,  e  109  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n 34. 
    In merito, occorre evidenziare che le Aziende  di'  Servizi  alla
Persona (ASP) operanti in  Lombardia  derivano  dalla  trasformazione
delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e  non
sono parte del perimetro sanitario e del consolidato sanita'. 
    Le ASP hanno un peculiare  regime  giuridico  caratterizzato  dal
mantenimento di un'intensa disciplina pubblicistica (sebbene vi siano
orientamenti  non  univoci  se  debbano  considerarsi  enti  pubblici
economici o non economici) e sono  dotate  di  autonomia  statutaria,
regolamentare,  patrimoniale,  contabile,  tecnica  e  gestionale   e
operano con  criteri  imprenditoriali  con  obbligo  di  pareggio  di
bilancio (L.R. n. 1/2003). 
    Il contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di
contrattazione e delle relative aree  dirigenziali  per  il  triennio
2016-2018,  all'art.  4,  include  le  ASP  (ex  IPAB)  che  svolgono
prevalentemente funzioni assistenziali nel  comparto  delle  funzioni
locali. 
    L' ANAC ha osservato che le stesse ASP sarebbero da ricomprendere
fra gli enti pubblici regionali a cui si  applicano  le  disposizioni
del decreto legislativo 33/2013 (Comunicato  del  Presidente  del  10
aprile 2015). 
    Nella sentenza n. 161/2012 la  Corte  ha  rilevato  che  «mutuano
caratteri  misti  e  peculiari  sia  dalle  disciolte  IPAB  che  dal
contesto programmatorio ed operativo in cui vengono inserite»  e  che
«le accomuna alle IPAB la natura di ente pubblico». 
    Tanto premesso, sebbene possa risultare comprensibile individuare
la ratio  della  disposizione  nella  necessita'  di  garantire,  nel
contesto  pandemico,  la  continuita'   dei   servizi   sociosanitari
territoriali erogati (dal momento che  la  rete  di  offerta  gestita
dalle ASP in Lombardia e' molto estesa e costituisce  una  componente
molto importante della rete di'  offerta  sociosanitaria),  tuttavia,
l'art.  4,  commi  5-bis  e  5-ter  del  decreto-legge  n.   34/2020,
richiamato nella disposizione in esame, stabilisce per le  regioni  e
province autonome di Trento e Bolzano la possibilita' di  riconoscere
alle strutture destinatarie di un budget «fino a un  massimo  del  90
per cento del  budget  assegnato  nell'ambito  degli  accordi  e  dei
contratti di cui all'art.  8-quinquies  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502, stipulati per l'anno 2020, ferma  restando  la
garanzia di riequilibrio economico del Servizio sanitario  regionale»
al presentarsi di precise condizioni indicate  dalla  medesima  legge
nazionale. 
    La ratio della norma  nazionale,  infatti,  risiede  nel  fornire
comunque un ristoro economico per quelle  strutture  che  durante  la
pandemia, a causa della  sospensione  delle  attivita'  assistenziali
differibili, hanno visto una riduzione delle  loro  attivita'  e  non
hanno quindi potuto  raggiungere  il  100%  del  budget  assegnato  e
sottoscritto. 
    Tant'e' vero che la norma nazionale prevede altresi'  che  «resta
fermo il  riconoscimento, nell'ambito del budget assegnato per l'anno
2020, in caso di produzione del volume di attivita' superiore  al  90
per cento e fino a concorrenza del budget previsto  negli  accordi  e
contratti  stipulati  per  l'anno  2020,  come  rendi  contato  dalla
medesima struttura interessata». 
    Il riconoscimento del 100% del budget previsto dall'art. 17 della
legge in  esame,  secondo  le  modalita'  della  normativa  nazionale
richiamata, come si evince,  e'  contrario  alla  ratio  della  norma
nazionale  e  induce  una  spesa  non  giustificata  dalle  attivita'
assistenziali a carico del SSR lombardo. 
    Pertanto,  la  norma  in  esame  si  pone  in  contrasto  con  il
decreto-legge n. 34/2020, in violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera m) Cost., in materia di determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni;  cio'  in  quanto  vengono  distratte  le  risorse
assegnate ai livelli essenziali di assistenza (LEA). La  disposizione
si pone altresi' in contrasto con l'art. 117, terzo comma,  Cast.  In
materia di coordinamento della finanza pubblica. 
3) Illegittimita' dell'art. 24 legge regionale Lombardia  n.  15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  sotto
il profilo della violazione delle competenze statali  in  materia  di
tutela dell'ambiente nonche' in relazione all'art. 3, comma 29, legge
549/95 (norma interposta) nonche' degli articoli 3, 41 e 120 Cost. 
    L'art. 24 legge R. 15/2021 cosi' dispone: 
        Art. 24 (Modifiche all'art. 53 della l.r. 10/2003 in  materia
di ecotassa). - 1. All'art. 53 della legge regionale 14 luglio  2003,
n. 10 (Riordino delle disposizioni legislative regionali  in  materia
tributaria - testo unico della disciplina dei tributi regionali) sono
apportate le seguenti modifiche: 
        a) Le lettere a) e b)  del  comma  3  sono  sostituite  dalle
seguenti: 
          «a) Per i rifiuti inerti dalle operazioni di costruzione  e
demolizione individuati dalla Giunta regionale ai sensi del comma  9:
7,00 euro per tonnellata; 
          b )Per rifiuti inerti diversi da quelli di cui alla lettera
a): 5,00 euro per tonnellata»; 
        b) Le lettere da a) a c) del comma 4  sono  sostituite  dalle
seguenti: 
          «a) Per tutti i rifiuti, ad eccezione di  quelli  riportati
alle lettere b) e c): 19,00 euro per tonnellata; 
          b) Per i rifiuti contenenti amianto conferiti in discariche
per rifiuti non pericolosi mono rifiuto o in cella  appositamente  ed
esclusivamente  dedicata  ai  rifiuti  costituiti  da  materiali   da
costruzione contenenti amianto: 7,00 euro per tonnellata; 
          c) Per i rifiuti costituiti da ceneri e scorie derivanti da
operazioni di incenerimento e coincenerimento di rifiuti: 15,00  euro
per tonnellata»; 
        c) La lettera d) del comma 4 e' soppressa; 
        d) Il comma 5 e' sostituito dal seguente: 
          «5. Per tutti i rifiuti conferiti in discariche per rifiuti
pericolosi si applica l'importo di 20,00 euro per tonnellata.»; 
        e) Il comma 5-bis e' sostituito dal seguente: 
          «5-bis. Per i rifiuti pericolosi  stabili  e  non  reattivi
conferiti nelle discariche per  rifluti  non  pericolosi  si  applica
l'aliquota di cui al comma 5.»; 
        f) Al comma 7 le parole « lettera d)» sono  sostituite  dalle
seguenti: «lettera a)»; 
        g) Al comma 8 le parole e  «5  lettera  a)»  sono  sostituite
dalle seguenti: «e 5»; 
        h) Al comma 9 sono aggiunte, infine, le seguenti parole: 
          «e fornisce  specifiche  indicazioni  per  quanto  riguarda
l'applicazione dell'ecotassa ai rifiuti utilizzati per la costruzione
delle discariche o per gli strati di copertura delle  discariche,  in
base al criterio di favorire le effettive operazioni  di  recupero  e
l'utilizzo di rifiuti in sostituzione di materia  prima,  qualora  ne
ricorrano i presupposti.». 
    2. Le modifiche dell'art. 53 della  l.r.  10/2003,  disposte  dal
comma l, lettere da a) a g) del  presente  articolo  si  applicano  a
decorrere dal 1° gennaio 2022; 
    fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge. 
    3. La Giunta regionale, entro il  31  dicembre  2021,  adotta  le
indicazioni applicative di  cui  all'art.  53  comma  9,  della  l.r.
10/2003, come modificata dal comma l del presente articolo». 
    L'art. 24 sopra citato  contrasta  con  la  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»  (art.
117, comma 2, lettera s). Cost.) materia «trasversale» e «prevalente»
(che si impone integralmente nei confronti delle Regioni) e a cui  fa
capo la disciplina dei rifiuti, spettando, allo Stato,  per  costante
giurisprudenza, la competenza a fissare livelli  di  tutela  uniforme
sull'intero territorio nazionale. 
    Come si e' gia' evidenziato  infatti,  il  carattere  trasversale
della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima  le
Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione  esclusiva  o
concorrente in relazione a temi  che  hanno  riflessi  sulla  materia
ambientale,  dall'altro  non  costituisce  limite   alla   competenza
esclusiva dello Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio
nazionale per procedimenti e competenze  che  attengono  alla  tutela
dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (cfr.  ex  plurimis,
sentenze n. 150 e n. 151 del2018). 
    L'art. 24, nell'introdurre una serie di modifiche in  materia  di
«c.d. ecotassa» all'art. 53 della L.R. n. 10/2003, prevede: 
        l. alla lettera a) la sostituzione, al comma 3 dell'art.  53,
della misura del tributo relativo ai «rifiuti inerti dalle operazioni
di costruzione e demolizione  individuati  dalia  Giunta  regionale»,
nonche' della misura del tributo relativo ai «rifiuti inerti  diversi
da quelli di cui alla lettera a)»; 
        2. alla lettera b) la sostituzione delle lettera a), b) e  c)
del comma 4 dell'art. 53, prevedendo a regime gli importi del tributo
relativo  ai  rifiuti  conferiti  in  discariche  per   rifiuti   non
pericolosi, ai rifiuti contenenti amianto ed ai rifiuti costituiti da
ceneri  e  scene  derivanti  da   operazioni   di   incenerimento   e
coincenerimento dei rifiuti; 
        3. alla lettera c) la soppressione della lettera d) del comma
4 dell'art. 53, in quanto ricompresa nella precedente lettera a); 
        4. alla lettera d) la sostituzione del comma 5 dell'art.  53,
che, nella sua nuova formulazione, dispone che per  tutti  i  rifiuti
conferiti  in  discariche   per   rifiuti   pericolosi   si   applica
indistintamente l'importo di 20 euro per tonnellata; 
        5. alle lettera e) e  f)  la  sostituzione  del  comma  5-bis
dell'art. 53 in materia di rifiuti pericolosi stabili e non reattivi,
conferiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi e  modifica  il
comma 7 del medesimo art. 53, adeguando le disposizioni di tali commi
alle modifiche apportate ai commi precedenti; 
        6. alla lettera g) la modifica del comma 8 stabilendo che  la
maggiorazione del 50 per  cento,  prevista  per  i  rifiuti  speciali
derivanti da «impianti di recupero e smaltimento  nei  quali  vengono
trattati anche rifiuti urbani che provengano da comuni ubicati  fuori
dal  territorio  regionale»,  si  applica,  oltre  che  sull'aliquota
stabilita dal comma 4, lettera a) (gia' prevista in precedenza,  pari
a 19,00 euro per i rifiuti conferiti in discariche  per  rifiuti  non
pericolosi e 7,00 euro  per  i  rifiuti  contenenti  amianto),  anche
sull'aliquota prevista dal comma 5 (pari a 20,00 euro per  tonnellata
sui rifiuti conferiti in discariche per rifiuti pericolosi). 
    Ebbene  la  novellata  disposizione  contenuta  al  comma  8  del
predetto art. 53 della L.R. 10 del 2003, risulta  avere  il  seguente
contenuto: 
        «Fatti salvi i casi  eccezionali  e  di  urgenza,  qualora  i
rifiuti speciali, derivanti da impianti di recupero e smaltimento nei
quali vengono trattati anche rifiuti  urbani,  provengano  da  comuni
ubicati fuori dal territorio regionale, le aliquote di cui  ai  commi
4, lettera a), e 5 sono maggiorate  del  50  per  cento.  Qualora  la
maggiorazione   determini   il   superamento   del   limite   massimo
dell'aliquota d'imposta unitaria issato dall'art. 3, comma 29,  della
legge 549/1995, il tributo e' automaticamente  adeguato  al  predetto
limite». 
    A tal riguardo, occorre evidenziare che i  criteri  determinativi
del tributo de quo sono risultano differenti dai criteri stabiliti  a
livello statale dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante «Misure
di razionalizzazione della finanza pubblica», il cui art. 3, comma 29
prevede che: 
        «L'ammontare dell'imposta e' fissato, con legge della regione
entro  il  31  luglio  di  ogni  anno  per  l'anno  successivo,   per
chilogrammo di rifiuti conferiti, in misura  non  inferiore  ad  euro
0,001 e non superiore ad euro  0,01  per  i  rifiuti  ammissibili  al
conferimento in discarica per i rifiuti inerti ai sensi  dell'art.  2
del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
13 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo
2003; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e non superiore ad euro
0,02582 per i rifiuti ammissibili ai conferimento  in  discarica  per
rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del
medesimo decreto». - omissis - 
    Da  cio'  deriva  che  la  Regione,  nel  rideterminare,  con  il
novellato art.  53  L.R.  10/2003,  risulta  essersi  discostata  dai
criteri applicativi previsti dal suddetto  art.  3,  comma  29  della
legge n. 549/1995, prevedendo una tassazione piu' elevata rispetto  a
quella consentita dalla legislazione statale e  ponendosi,  pertanto,
in contrasto con essa. 
    Siffatta  previsione,  oltre  a  violare  il  suddetto  parametro
statale interposto costituito dalla legge n. 549/1995, si traduce  di
fatto in una misura  potenzialmente  limitativa  all'introduzione  di
rifiuti speciali di provenienza extraregionale,  con  il  conseguente
concretarsi di un ostacolo alla libera circolazione delle cose. 
    Trattasi di una  imposizione  tributaria  superiore  alla  misura
massima  prevista  dal  legislatore  nazionale,   che   colpisce   la
circolazione dei beni e che si appalesa di  per  se'  discriminatoria
nei confronti di soggetti collocati fuori dal territorio regionale. 
    Da cio' deriva il contrasto con i parametri di cui agli  articoli
3,  41  e  120  Cost.,  atteso  che  la  norma  regionale  censurata,
rispettivamente: 
        a.  introduce  un  trattamento  sfavorevole  per  le  imprese
esercenti  l'attivita'  di  smaltimento  operanti  al  di  fuori  del
territorio regionale; 
        b. restringe la liberta' di iniziativa economica  in  assenza
di concrete  e  giustificate  ragioni  attinenti  alla  tutela  della
sicurezza, della liberta' e della  dignita'  umana,  valori  che  non
possono ritenersi posti in  pericolo  dall'attivita'  di  smaltimento
controllato e ambientalmente compatibile dei rifiuti; 
        c. introduce un ostacolo alla libera circolazione di cose tra
le Regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure  di
ordine sanitario o  ambientale  (cfr.  sentenza  n.  335  del  2001),
violando il vincolo generale  imposto  alle  Regioni  dall'art.  120,
primo comma, Cost. che vieta  ogni  misura  atta  ad  ostacolare  «in
qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose  fra
le Regioni» (sentenze n. 10 del 2009 cit.; n. 164 del2007 n. 247  del
2006; n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002). 
    Ebbene,  la  disposizione  regionale  non  appare  coerente   con
principi affermati da codesta Corte nella sentenza n. 82/2021 in tema
di aumento del tributo speciale per il conferimento in  discarica  di
rifiuti provenienti da fuori regione, introdotte dalla Regione  Valle
d'Aosta. In tale decisione e' stato chiarito  che  il  riconoscimento
dell'autonomia finanziaria delle regioni in materia ambientale  e  la
conseguente differenziazione impositiva tra regioni (si veda l'art. 8
del decreto legislativo n. 68/2011 che ha  inserito  l'imposta  sulle
emissioni sonore degli aeromobili civili tra i  tributi  ceduti  alle
Regioni ed ha parzialmente ceduto la tassa automobilistica, oppure la
legge n. 42 del 2009, che ha previsto tributi propri regionali tra  i
quali rientrano quelli funzionali  alla  tutela  dell'ambiente)  «non
puo' mai degenerare in un'ulteriore differenziazione  stabilita  solo
in ragione del mero transito di un  determinato  bene  attraverso  il
confine regionale», in quanto «si tratterebbe, infatti,  proprio  di'
quell'uso patologico dell'autonomia impositiva che il Costituente  ha
inteso scongiurare con l'art. 120 della Carta fondamentale» che vieta
reintroduzione di' «dazi all'importazione», cioe' di ostacoli fiscali
alla libera circolazione delle merci tra le Regioni. 
    In  altri  termini,   «l'esercizio   dell'autonomia   finanziaria
regionale  consistente  nel  differenziare  l'entita'   del   tributo
speciale per il deposito in discarica di quella speciale  «merce»  (o
«prodotto») a rilevanza ambientale  costituita  dai  rifiuti  non  e'
sufficiente di per se' a garantire la legittimita' costituzionale  di
una  differenziazione  del  prelievo  a  seconda  della   provenienza
regionale o extra regionale del rifiuto da smaltire. Cio', neppure se
l'entita' del tributo speciale sia stata fissata (come nella  specie)
nel rispetto dei limiti della manovra  quantitativa  consentita  alla
Regione dalla normativa statale di cui all'art. 3,  comma  29,  della
legge n. 549 del l995». 
    Del resto, la giurisprudenza costituzionale si e'  occupata  piu'
volte  del  problema  relativo  alla  legittimita'  del  divieto   di
smaltimento  in  ambito   regionale   di   rifiuti   di   provenienza
extraregionale, stabilendo che il principio di autosufficienza di cui
all'art. 182, comma 5 (ora comma 3, a decorrere dal 25 dicembre 2010,
in forza dell'art. 8, comma l, lettera b, del decreto  legislativo  3
dicembre 2010, n. 205,  recante  «Disposizioni  di  attuazione  della
direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  19
novembre 2008 relativa ai rifiuti e che  abroga  alcune  direttive»),
che, identificando net territorio regionale l'ambito ottimale,  vieta
lo  smaltimento  dei  rifiuti  di   produzione   extraregionale,   e'
applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi (sentenze n. 10 del
2009 e n. 335 del 2001), per i quali, non essendo  preventivabile  in
modo  attendibile  la  dimensione  quantitativa  e  qualitativa   del
materiale da smaltire, diviene  impossibile  individuare  «un  ambito
territoriale ottimale, che valga a  garantire  l'obiettivo  specifico
dell'autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335  del  200l);
il suddetto principio non puo' valere  ne'  per  i  rifiuti  speciali
pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 161  del  2005,  n.  505  del
2002, n. 281 del  2000),  ne'  per  quelli  speciali  non  pericolosi
(sentenze n. 10 del 2009 e n. 335 del 2001),  fatti  salvi  eventuali
accordi regionali o internazionali. 
    Sempre nella sentenza  n.  82/2021,  la  Corte  ha  chiarito  che
utilizzare  la  leva  fiscale  dell'ecotassa   per   discriminare   i
conferimenti  in  discarica  di  rifiuti  speciali   non   pericolosi
provenienti da fuori Regione - analogamente a quanto ha  previsto  la
regione Lombardia - non e' in ogni caso riconducibile a una legittima
attuazione dei principi di autosufficienza e prossimita',  precisando
che  «tale  norma  appare  piuttosto  dissimulare  il  tentativo   di
sottrarsi  alle  implicazioni,  anche  in  termini  di  solidarieta',
connesse alla necessita' di garantire una rete adeguata  e  integrata
per  lo  smaltimento  dei  rifiuti  speciali  non  pericolosi.  Essa,
infatti,  determina,  nel  differenziale  imposto  a  questi  ultimi,
l'effetto sostanziale di  introdurre,  in  contrasto  con  l'espressa
previsione   dell'art.   120,   primo   comma,   Cost.,   un   «dazio
all'importazione», cioe' un ostacolo fiscale alla libera circolazione
delle merci tra le Regioni». 
    Pertanto, le disposizioni  regionali  che  stabiliscono  ostacoli
assoluti o  relativi  allo  smaltimento  di  rifiuti  di  provenienza
extraregionale diversi da  quelli  urbani  non  pericolosi,  sono  da
ritenersi in contrasto con l'art. 120 Cost., » ... sotto  il  profilo
dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le
regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma
economico sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del  1997,
e riprodotti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (sentenza n.  10
del 2009)». 
    In conclusione  la  norma  impugnata,  determinando  un  ostacolo
fiscale  al  costituzionalmente   garantito   principio   di   libera
circolazione delle merci e ponendosi, altresi', in  contrasto  con  i
criteri fondamentali recati dalle norme di riforma  economico-sociale
introdotti dal decreto  legislativo  n.  22/1997,  e  riprodotti  dal
decreto legislativo n. 152/2006 (sentenza n. 10 del 2009), non e'  da
ritenersi riconducibile a un  esercizio  legittimo  delle  competenze
regionali,  non  potendo  queste  alterare  in  peius  gli   standard
ambientali statali (in tali termini, sentenze n. 7 del 2019, n. 139 e
n. 74 del 2017). 
    In particolare, la previsione di aumento del  50  per  cento  del
tributo per rifiuti provenienti  da  comuni  ubicati  fuori  regione,
contenuta  nella  novellata  legge  n.  10  del  2003  della  Regione
Lombardia,   produce   l'effetto    sostanziale    di    un    «dazio
all'importazione»,  in  contrasto  con   il   principio   di   libera
circolazione delle merci tra le Regioni, sancito all'art. 120,  primo
comma Cost. 
    In considerazione di quanto precede,  l'art.  24  deve  ritenersi
illegittimo per violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s)
Cost., in riferimento ai parametri statali interposti dinanzi  citati
nonche' per violazione degli articoli 3, 41 e 120 Cost.