Ricorso ex art. 127 della costituzione per il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma,
via dei Portoghesi, 12 e' domiciliato ex lege, contro la Regione
Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, con sede in Milano
alla Piazza Citta' di Lombardia n. l per la declaratoria di
illeggittimita' costituzionale degli articoli 15, 17 e 24 della legge
regionale della Regione Lombardia n. 15 del 6 agosto 202l pubblicata
sul B.U.R. Lombardia n. 32 del 10 agosto 2021 recante «Assestamento
al bilancio 2021-2023 con modifiche di leggi regionali» come da
delibera del Consiglio dei ministri in data 7 ottobre 2021.
Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 32 del 10
agosto 2021 e' stata pubblicata la Legge Regionale della Lombardia n.
15 del 6 agosto 2021 recante «Assestamento al bilancio 2021 - 2023
con modifiche di leggi regionali».
Il Presidente del Consiglio ritiene che tale legge sia
censurabile con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli
15, 17 e 24 e propone pertanto questione di legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti
Motivi
1) Illegittimita' dell'art. 15 legge regionale Lombardia n. 15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. sotto
il profilo della violazione delle competenze statali in materia di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema nonche' in relazione all'art.
l, comma l, all'Allegato 3 del decreto legislativo 75/2010 e agli
articoli 184 e 184-ter decreto legislativo 152/06 (norme interposte).
L'art. 15 della legge R. 15/2021 cosi' dispone:
Art. 15 (Controllo, monitoraggio e tracciabilita' dei gessi
di defecazione da fanghi utilizzati in agricoltura). - l. Al fine di
salvaguardare la qualita' delle produzioni agricole o anche dei suoli
e prevenire l'insorgere di fenomeni o processi di degrado e di
inquinamento ambientale, nonche' a tutela della salute, i fanghi
impiegabili per la produzione dei gessi di defecazione da fanghi, dei
gessi di defecazione o dei carbonati di calcio da defecazione per il
relativo utilizzo sui suoli della regione sono quelli idonei
all'utilizzo agronomico e conformi agli standard ai sensi della
normativa statale e della specifica disciplina regionale attuativa di
riferimento.
2. In applicazione del principio di precauzione nell'azione in
materia ambientale e nelle more della revisione del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva n.
86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare
del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in
agricoltura), all'utilizzo del «gesso di defecazione da fanghi»,
secondo quanto previsto dalla scheda prodotto n. 23 dell'Allegato 3,
punto 2. l, del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 (Riordino e
revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma
dell'art. 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88), si applicano le
regole di tracciabilita', di cui agli articoli 9, comma 3, 13 e 15
del decreto legislativo 99/1992, previste per l'utilizzazione dei
fanghi di depurazione in agricoltura.
3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche al
«carbonato di calcio da defecazione» e al «gesso di defecazione»,
ottenuti da fanghi di depurazione.
4. Con una o piu' deliberazioni, la Giunta regionale puo'
stabilire, per le finalita' di cui al comma l, eventuali ulteriori
aspetti della disciplina sull'utilizzo dei fanghi in agricoltura da
applicare ai gessi di defecazione da fanghi, ai gessi di defecazione
e ai carbonati di calcio da defecazione, prodotti utilizzando fanghi
di depurazione.
5. Le previsioni di cui ai commi da l a 4 si applicano agli
utilizzi in agricoltura effettuati a partire dal 1° febbraio 2022.
6. Fermo restando quanto previsto al comma 5, entro centottanta
giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le autorita'
competenti riesaminano le autorizzazioni gia' rilasciate per la
produzione dei fertilizzanti di cui al comma l, ai fini
dell'adeguamento alle disposizioni di cui al presente articolo».
Come da costante giurisprudenza, la materia «tutela
dell'ambiente» (sentenze 28/2019, 215 e 150/2018 e 244/2016),
appartiene alla competenza esclusiva statale «spettando allo Stato
l'adozione delle determinazioni che rispondono ad esigenze di tutela
uniformi» (sentenza n. 231/2019).
In detta materia, la disciplina statale «costituisce anche in
attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e
si impone sull'intero territorio nazionale come un limite alla
disciplina che le Regioni e le Province Autonome dettano in altre
materia di loro competenza, per evitare che esse deroghino allivello
di tutela ambientale stabilito dallo Stato (sentenze n. 314/09, 62/08
e 378/07)» (sentenze nn. 58 e 180/2015).
Al riguardo, occorre precisare che la normativa nazionale
riguardante la materia dei fertilizzanti risulta contenuta nel
decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, recante «Riordino e
revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma
dell'art. 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88», che all'articolo l,
comma l, lettera aa), prevede la definizione di «correttivi» ovvero
«i materiali da aggiungere al suolo in situ principalmente per
modificare e migliorare proprieta' chimiche anomale del suolo
dipendenti da reazione, salinita', tenore in sodio, cui tipi e
caratteristiche sono riportati nell'allegato 3» del decreto
legislativo 75/2010.
L'Allegato 3, al punto 2, del citato decreto legislativo 75/2010
elenca, poi, per tutti i tipi di correttivi, le modalita' di
preparazione, l'elenco dei componenti essenziali e altri requisiti e
caratteristiche, ivi specificando nella relativa scheda 2 al punto 23
- recante le prescrizioni per la preparazione del connettivo
denominato «gesso di defecazione da fanghi» - che per la sua
produzione e' consentito l'utilizzo dei fanghi di depurazione delle
acque reflue, i quali devono rispettare i requisiti di cui al decreto
legislativo 99/1992.
Nelle schede 21 e 22 riferite, invece, ai correttivi «gesso di
defecazione» e «carbonato di calcio di defecazione» non si rinviene,
nel medesimo allegato 3, del decreto legislativo 75/2010, riferimento
alcuno all'utilizzo dei fanghi di depurazione delle acque reflue per
la loro preparazione.
Tutto cio' premesso il comma l, dell'art. 15, nella sua attuale
formulazione, prevede la possibilita' che, anche per la preparazione
dei correttivi «gesso da defecazione» e «carbonato di calcio da
defecazione», sia possibile l'impiego dei fanghi di depurazione delle
acque reflue.
In tali termini, detta disposizione regionale pur richiamando,
dunque, la conformita' alla normativa statale di cui al decreto
legislativo 75/2010, si pone in contrasto con essa, in quanto
contrasta con la competenza esclusiva statale in materia di «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» (art. 117, comma 2, lettera s)
Cost.) materia «trasversale» e «prevalente», che si impone
integralmente nei confronti delle Regioni, anche ad autonomia
speciale, che non possono contraddirla, e a cui fa capo la disciplina
dei rifiuti, spettando, come visto, allo Stato, per costante
giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.
Infatti, il carattere trasversale della materia della tutela
dell'ambiente, se da un lato legittima le Regioni a provvedere
attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in
relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale,
dall'altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello
Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per
procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e
alla salvaguardia del territorio (cfr. ex plurimis, sentenze n. 150 e
n. 151 del 2018).
Il successivo comma 2 del medesimo art. 15 intende, altresi',
applicare all'utilizzo del correttivo «gesso di defecazione da
fanghi» le regole di tracciabilita' di cui agli articoli 9, comma 3,
13 e 15, del decreto legislativo 99/92, previste per l'utilizzazione
dei fanghi di depurazione in agricoltura.
A tal proposito occorre richiamare quanto stabilito dall'art.
184, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, che, nell'ambito della ivi prefissata definizione di rifiuti
speciali, ricomprende anche i fanghi prodotti dalla potabilizzazione
e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle
acque reflue, nonche' i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse
settiche e dalle reti fognarie.
Ebbene, la legge regionale in esame, attraverso la previsione
stabilita al comma 2, dell'art. 15, intende applicare la normativa
speciale di cui al decreto legislativo 99/1992, specificatamente
prevista per alcuni tipi di rifiuti (fanghi di depurazione delle
acque reflue), ai prodotti fertilizzanti, cosi' ponendosi in
contrasto sia con le disposizioni contenute nel decreto legislativo
75/2010 che riconoscono ai fertilizzanti conformi alle disposizioni
in esso contenute il titolo di prodotto, e sia con le disposizioni di
cui ai comma 5, dell'art. 184-ter, del decreto legislativo 152/2006,
che prevedono l'applicabilita' della disciplina in materia di
rifiuti, nell'ambito di un'operazione di recupero, esclusivamente
sino alla cessazione della qualifica di rifiuto ovvero, nel caso
specifico del «gesso di defecazione da fanghi», sino alla
preparazione del correttivo secondo le specifiche riportate nella
scheda 23, dell'allegato 3, punto 2, del decreto legislativo 75/2010,
e non durante il successivo utilizzo.
Infine, i commi 3 e 4 sottintendono ulteriormente alla
possibilita' di preparazione dei correttivi «gesso di defecazione» e
«carbonato di calcio di defecazione» attraverso l'utilizzo di fanghi
di depurazione delle acque reflue in sostituzione dei «materiali
biologici» come indicato nelle schede n. 21 e 22, dell'allegato 3,
punto 2, del citato decreto legislativo 75/2010, all'uopo dovendosi
richiamare le medesime considerazioni gia' espresse al riguardo in
relazione al precedente comma l.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo
eurounitario e statale, le anzidette disposizioni sono da ritenersi
in contrasto con il parametro costituzionale di' cui all'art. 117,
secondo comma, lettera s) Cost., in quanto intervengono in una
materia, quella della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,
attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato
(ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331
e 278 del 2010, n. 61 e 10 del 2009), nella quale rientra la
disciplina della gestione dei rifiuti (sentenza n. 249 del 2009,
infra citata), anche quando interferisca con altri interessi e
competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il
potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio
nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di
interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali
(tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del
2012, n. 244 del 2011, n. 225 e 164 del 2009 e n. 437 del 2008).
Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente
nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la
molteplicita' dei settori di intervento, assunte una struttura
complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto anche alle
attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la
conseguenza che, avendo riguardo alle diverse fasi e attivita' di
gestione del ciclo dei rifiuti e agli ambiti materiali ad esse
connessi, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione
degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone
sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che
le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro
competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela
ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n.
58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).
In considerazione di quanto precede, l'art. 15 L.R. 15/2021 deve
ritenersi illegittimo per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera s) Cost., in riferimento ai parametri statali interposti
dinanzi citati.
2) Illegittimita' dell'art. 17 legge regionale Lombardia n. 15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. sotto
il profilo della violazione delle competenze statali in materia di
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per contrasto
con il dettato normativo previsto dal D.L. 34/2020 (art. 4, commi
5-bis e 5-ter) conv., con modificazioni, in L.77/2020 (norme
interposte) nonche' dell'art. 117, terzo comma, Cost. in materia di
coordinamento della finanza pubblica.
L'art. 17 della legge R. 15/2021 dispone:
Art. 17 (Riconoscimento alle ASP degli importi di cui ai
budget contrattualizzati con ATS
per l'erogazione di prestazioni sanitarie e sociosanitarie).
- l. Alle Aziende di Servizi alla Persona (ASP) derivanti dalla
trasformazione delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza in attuazione della legge regionale 13 febbraio 2003, n.
l (Riordino della disciplina delle Istituzioni Pubbliche di
Assistenza e Beneficenza operanti in Lombardia), che rientrano nella
rete territoriale regionale quali enti gestori di unita' di offerta
preposte all'erogazione dei livelli di assistenza di cui al capo
quarto »assistenza sociosanitaria» del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (definizione e aggiornamento
dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. l, comma 7, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) che hanno dovuto
affrontare i maggiori costi legati alla gestione dell'emergenza
sanitaria entro un quadro normativa che le esclude dal campo di
applicazione dei soggetti che possono beneficiare della Cassa
Integrazione Guadagni - decreto legislativo 150/2015 e successivi,
legge 178/2020, decreto-legge 41/2021, decreto-legge 73/2021- e'
possibile riconoscere fino al l00 per cento del budget assegnato
nell'ambito dei contratti sottoscritti per l'esercizio 2020. Il
predetto riconoscimento tiene conto sia dell'attivita' ordinariamente
erogata nel caso dell'anno 2020 di cui deve essere rendicontata
l'effettiva produzione, sia, fino a concorrenza del predetto limite
massimo del l00 per cento del budget sottoscritto, di un contributo
una tantum legato all'emergenza in corso ed erogato a ristoro dei
soli costi fissi a rilevanza sanitaria sostenuti dalle ASP. A tal
fine si applicano le modalita' previste per l'attuazione delle norme
di cui agli articoli 4, commi 5-bis e 5-ter, e 109 del decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno
al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse
all'emergenza epidemiologica da COV/D-19) convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
2. La spesa di cui al comma l trova copertura nel quadro delle
risorse previste a legislazione vigente sull'esercizio 2020.
Il riconoscimento previsto nella disposizione tiene conto s1a
dell'attivita' ordinariamente erogata nel corso dell'anno 2020 di cui
deve essere rendicontata l'effettiva produzione, sia, fino a
concorrenza del predetto limite massimo del 100 per cento del budget
sottoscritto, di un contributo una tantum legato all'emergenza in
corso ed erogato a ristoro dei soli costi fissi a rilevanza sanitaria
sostenuti dalle ASP.
A tal fine si applicano le modalita' previste per l'attuazione
delle norme di cui agli articoli 4, commi 5-bis e 5-ter, e 109 del
decreto-legge 19 maggio 2020, n 34.
In merito, occorre evidenziare che le Aziende di' Servizi alla
Persona (ASP) operanti in Lombardia derivano dalla trasformazione
delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e non
sono parte del perimetro sanitario e del consolidato sanita'.
Le ASP hanno un peculiare regime giuridico caratterizzato dal
mantenimento di un'intensa disciplina pubblicistica (sebbene vi siano
orientamenti non univoci se debbano considerarsi enti pubblici
economici o non economici) e sono dotate di autonomia statutaria,
regolamentare, patrimoniale, contabile, tecnica e gestionale e
operano con criteri imprenditoriali con obbligo di pareggio di
bilancio (L.R. n. 1/2003).
Il contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di
contrattazione e delle relative aree dirigenziali per il triennio
2016-2018, all'art. 4, include le ASP (ex IPAB) che svolgono
prevalentemente funzioni assistenziali nel comparto delle funzioni
locali.
L' ANAC ha osservato che le stesse ASP sarebbero da ricomprendere
fra gli enti pubblici regionali a cui si applicano le disposizioni
del decreto legislativo 33/2013 (Comunicato del Presidente del 10
aprile 2015).
Nella sentenza n. 161/2012 la Corte ha rilevato che «mutuano
caratteri misti e peculiari sia dalle disciolte IPAB che dal
contesto programmatorio ed operativo in cui vengono inserite» e che
«le accomuna alle IPAB la natura di ente pubblico».
Tanto premesso, sebbene possa risultare comprensibile individuare
la ratio della disposizione nella necessita' di garantire, nel
contesto pandemico, la continuita' dei servizi sociosanitari
territoriali erogati (dal momento che la rete di offerta gestita
dalle ASP in Lombardia e' molto estesa e costituisce una componente
molto importante della rete di' offerta sociosanitaria), tuttavia,
l'art. 4, commi 5-bis e 5-ter del decreto-legge n. 34/2020,
richiamato nella disposizione in esame, stabilisce per le regioni e
province autonome di Trento e Bolzano la possibilita' di riconoscere
alle strutture destinatarie di un budget «fino a un massimo del 90
per cento del budget assegnato nell'ambito degli accordi e dei
contratti di cui all'art. 8-quinquies del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, stipulati per l'anno 2020, ferma restando la
garanzia di riequilibrio economico del Servizio sanitario regionale»
al presentarsi di precise condizioni indicate dalla medesima legge
nazionale.
La ratio della norma nazionale, infatti, risiede nel fornire
comunque un ristoro economico per quelle strutture che durante la
pandemia, a causa della sospensione delle attivita' assistenziali
differibili, hanno visto una riduzione delle loro attivita' e non
hanno quindi potuto raggiungere il 100% del budget assegnato e
sottoscritto.
Tant'e' vero che la norma nazionale prevede altresi' che «resta
fermo il riconoscimento, nell'ambito del budget assegnato per l'anno
2020, in caso di produzione del volume di attivita' superiore al 90
per cento e fino a concorrenza del budget previsto negli accordi e
contratti stipulati per l'anno 2020, come rendi contato dalla
medesima struttura interessata».
Il riconoscimento del 100% del budget previsto dall'art. 17 della
legge in esame, secondo le modalita' della normativa nazionale
richiamata, come si evince, e' contrario alla ratio della norma
nazionale e induce una spesa non giustificata dalle attivita'
assistenziali a carico del SSR lombardo.
Pertanto, la norma in esame si pone in contrasto con il
decreto-legge n. 34/2020, in violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera m) Cost., in materia di determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni; cio' in quanto vengono distratte le risorse
assegnate ai livelli essenziali di assistenza (LEA). La disposizione
si pone altresi' in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cast. In
materia di coordinamento della finanza pubblica.
3) Illegittimita' dell'art. 24 legge regionale Lombardia n. 15/2021
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. sotto
il profilo della violazione delle competenze statali in materia di
tutela dell'ambiente nonche' in relazione all'art. 3, comma 29, legge
549/95 (norma interposta) nonche' degli articoli 3, 41 e 120 Cost.
L'art. 24 legge R. 15/2021 cosi' dispone:
Art. 24 (Modifiche all'art. 53 della l.r. 10/2003 in materia
di ecotassa). - 1. All'art. 53 della legge regionale 14 luglio 2003,
n. 10 (Riordino delle disposizioni legislative regionali in materia
tributaria - testo unico della disciplina dei tributi regionali) sono
apportate le seguenti modifiche:
a) Le lettere a) e b) del comma 3 sono sostituite dalle
seguenti:
«a) Per i rifiuti inerti dalle operazioni di costruzione e
demolizione individuati dalla Giunta regionale ai sensi del comma 9:
7,00 euro per tonnellata;
b )Per rifiuti inerti diversi da quelli di cui alla lettera
a): 5,00 euro per tonnellata»;
b) Le lettere da a) a c) del comma 4 sono sostituite dalle
seguenti:
«a) Per tutti i rifiuti, ad eccezione di quelli riportati
alle lettere b) e c): 19,00 euro per tonnellata;
b) Per i rifiuti contenenti amianto conferiti in discariche
per rifiuti non pericolosi mono rifiuto o in cella appositamente ed
esclusivamente dedicata ai rifiuti costituiti da materiali da
costruzione contenenti amianto: 7,00 euro per tonnellata;
c) Per i rifiuti costituiti da ceneri e scorie derivanti da
operazioni di incenerimento e coincenerimento di rifiuti: 15,00 euro
per tonnellata»;
c) La lettera d) del comma 4 e' soppressa;
d) Il comma 5 e' sostituito dal seguente:
«5. Per tutti i rifiuti conferiti in discariche per rifiuti
pericolosi si applica l'importo di 20,00 euro per tonnellata.»;
e) Il comma 5-bis e' sostituito dal seguente:
«5-bis. Per i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi
conferiti nelle discariche per rifluti non pericolosi si applica
l'aliquota di cui al comma 5.»;
f) Al comma 7 le parole « lettera d)» sono sostituite dalle
seguenti: «lettera a)»;
g) Al comma 8 le parole e «5 lettera a)» sono sostituite
dalle seguenti: «e 5»;
h) Al comma 9 sono aggiunte, infine, le seguenti parole:
«e fornisce specifiche indicazioni per quanto riguarda
l'applicazione dell'ecotassa ai rifiuti utilizzati per la costruzione
delle discariche o per gli strati di copertura delle discariche, in
base al criterio di favorire le effettive operazioni di recupero e
l'utilizzo di rifiuti in sostituzione di materia prima, qualora ne
ricorrano i presupposti.».
2. Le modifiche dell'art. 53 della l.r. 10/2003, disposte dal
comma l, lettere da a) a g) del presente articolo si applicano a
decorrere dal 1° gennaio 2022;
fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La Giunta regionale, entro il 31 dicembre 2021, adotta le
indicazioni applicative di cui all'art. 53 comma 9, della l.r.
10/2003, come modificata dal comma l del presente articolo».
L'art. 24 sopra citato contrasta con la competenza esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» (art.
117, comma 2, lettera s). Cost.) materia «trasversale» e «prevalente»
(che si impone integralmente nei confronti delle Regioni) e a cui fa
capo la disciplina dei rifiuti, spettando, allo Stato, per costante
giurisprudenza, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme
sull'intero territorio nazionale.
Come si e' gia' evidenziato infatti, il carattere trasversale
della materia della tutela dell'ambiente, se da un lato legittima le
Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o
concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia
ambientale, dall'altro non costituisce limite alla competenza
esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio
nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela
dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (cfr. ex plurimis,
sentenze n. 150 e n. 151 del2018).
L'art. 24, nell'introdurre una serie di modifiche in materia di
«c.d. ecotassa» all'art. 53 della L.R. n. 10/2003, prevede:
l. alla lettera a) la sostituzione, al comma 3 dell'art. 53,
della misura del tributo relativo ai «rifiuti inerti dalle operazioni
di costruzione e demolizione individuati dalia Giunta regionale»,
nonche' della misura del tributo relativo ai «rifiuti inerti diversi
da quelli di cui alla lettera a)»;
2. alla lettera b) la sostituzione delle lettera a), b) e c)
del comma 4 dell'art. 53, prevedendo a regime gli importi del tributo
relativo ai rifiuti conferiti in discariche per rifiuti non
pericolosi, ai rifiuti contenenti amianto ed ai rifiuti costituiti da
ceneri e scene derivanti da operazioni di incenerimento e
coincenerimento dei rifiuti;
3. alla lettera c) la soppressione della lettera d) del comma
4 dell'art. 53, in quanto ricompresa nella precedente lettera a);
4. alla lettera d) la sostituzione del comma 5 dell'art. 53,
che, nella sua nuova formulazione, dispone che per tutti i rifiuti
conferiti in discariche per rifiuti pericolosi si applica
indistintamente l'importo di 20 euro per tonnellata;
5. alle lettera e) e f) la sostituzione del comma 5-bis
dell'art. 53 in materia di rifiuti pericolosi stabili e non reattivi,
conferiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi e modifica il
comma 7 del medesimo art. 53, adeguando le disposizioni di tali commi
alle modifiche apportate ai commi precedenti;
6. alla lettera g) la modifica del comma 8 stabilendo che la
maggiorazione del 50 per cento, prevista per i rifiuti speciali
derivanti da «impianti di recupero e smaltimento nei quali vengono
trattati anche rifiuti urbani che provengano da comuni ubicati fuori
dal territorio regionale», si applica, oltre che sull'aliquota
stabilita dal comma 4, lettera a) (gia' prevista in precedenza, pari
a 19,00 euro per i rifiuti conferiti in discariche per rifiuti non
pericolosi e 7,00 euro per i rifiuti contenenti amianto), anche
sull'aliquota prevista dal comma 5 (pari a 20,00 euro per tonnellata
sui rifiuti conferiti in discariche per rifiuti pericolosi).
Ebbene la novellata disposizione contenuta al comma 8 del
predetto art. 53 della L.R. 10 del 2003, risulta avere il seguente
contenuto:
«Fatti salvi i casi eccezionali e di urgenza, qualora i
rifiuti speciali, derivanti da impianti di recupero e smaltimento nei
quali vengono trattati anche rifiuti urbani, provengano da comuni
ubicati fuori dal territorio regionale, le aliquote di cui ai commi
4, lettera a), e 5 sono maggiorate del 50 per cento. Qualora la
maggiorazione determini il superamento del limite massimo
dell'aliquota d'imposta unitaria issato dall'art. 3, comma 29, della
legge 549/1995, il tributo e' automaticamente adeguato al predetto
limite».
A tal riguardo, occorre evidenziare che i criteri determinativi
del tributo de quo sono risultano differenti dai criteri stabiliti a
livello statale dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante «Misure
di razionalizzazione della finanza pubblica», il cui art. 3, comma 29
prevede che:
«L'ammontare dell'imposta e' fissato, con legge della regione
entro il 31 luglio di ogni anno per l'anno successivo, per
chilogrammo di rifiuti conferiti, in misura non inferiore ad euro
0,001 e non superiore ad euro 0,01 per i rifiuti ammissibili al
conferimento in discarica per i rifiuti inerti ai sensi dell'art. 2
del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
13 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo
2003; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e non superiore ad euro
0,02582 per i rifiuti ammissibili ai conferimento in discarica per
rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del
medesimo decreto». - omissis -
Da cio' deriva che la Regione, nel rideterminare, con il
novellato art. 53 L.R. 10/2003, risulta essersi discostata dai
criteri applicativi previsti dal suddetto art. 3, comma 29 della
legge n. 549/1995, prevedendo una tassazione piu' elevata rispetto a
quella consentita dalla legislazione statale e ponendosi, pertanto,
in contrasto con essa.
Siffatta previsione, oltre a violare il suddetto parametro
statale interposto costituito dalla legge n. 549/1995, si traduce di
fatto in una misura potenzialmente limitativa all'introduzione di
rifiuti speciali di provenienza extraregionale, con il conseguente
concretarsi di un ostacolo alla libera circolazione delle cose.
Trattasi di una imposizione tributaria superiore alla misura
massima prevista dal legislatore nazionale, che colpisce la
circolazione dei beni e che si appalesa di per se' discriminatoria
nei confronti di soggetti collocati fuori dal territorio regionale.
Da cio' deriva il contrasto con i parametri di cui agli articoli
3, 41 e 120 Cost., atteso che la norma regionale censurata,
rispettivamente:
a. introduce un trattamento sfavorevole per le imprese
esercenti l'attivita' di smaltimento operanti al di fuori del
territorio regionale;
b. restringe la liberta' di iniziativa economica in assenza
di concrete e giustificate ragioni attinenti alla tutela della
sicurezza, della liberta' e della dignita' umana, valori che non
possono ritenersi posti in pericolo dall'attivita' di smaltimento
controllato e ambientalmente compatibile dei rifiuti;
c. introduce un ostacolo alla libera circolazione di cose tra
le Regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di
ordine sanitario o ambientale (cfr. sentenza n. 335 del 2001),
violando il vincolo generale imposto alle Regioni dall'art. 120,
primo comma, Cost. che vieta ogni misura atta ad ostacolare «in
qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra
le Regioni» (sentenze n. 10 del 2009 cit.; n. 164 del2007 n. 247 del
2006; n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002).
Ebbene, la disposizione regionale non appare coerente con
principi affermati da codesta Corte nella sentenza n. 82/2021 in tema
di aumento del tributo speciale per il conferimento in discarica di
rifiuti provenienti da fuori regione, introdotte dalla Regione Valle
d'Aosta. In tale decisione e' stato chiarito che il riconoscimento
dell'autonomia finanziaria delle regioni in materia ambientale e la
conseguente differenziazione impositiva tra regioni (si veda l'art. 8
del decreto legislativo n. 68/2011 che ha inserito l'imposta sulle
emissioni sonore degli aeromobili civili tra i tributi ceduti alle
Regioni ed ha parzialmente ceduto la tassa automobilistica, oppure la
legge n. 42 del 2009, che ha previsto tributi propri regionali tra i
quali rientrano quelli funzionali alla tutela dell'ambiente) «non
puo' mai degenerare in un'ulteriore differenziazione stabilita solo
in ragione del mero transito di un determinato bene attraverso il
confine regionale», in quanto «si tratterebbe, infatti, proprio di'
quell'uso patologico dell'autonomia impositiva che il Costituente ha
inteso scongiurare con l'art. 120 della Carta fondamentale» che vieta
reintroduzione di' «dazi all'importazione», cioe' di ostacoli fiscali
alla libera circolazione delle merci tra le Regioni.
In altri termini, «l'esercizio dell'autonomia finanziaria
regionale consistente nel differenziare l'entita' del tributo
speciale per il deposito in discarica di quella speciale «merce» (o
«prodotto») a rilevanza ambientale costituita dai rifiuti non e'
sufficiente di per se' a garantire la legittimita' costituzionale di
una differenziazione del prelievo a seconda della provenienza
regionale o extra regionale del rifiuto da smaltire. Cio', neppure se
l'entita' del tributo speciale sia stata fissata (come nella specie)
nel rispetto dei limiti della manovra quantitativa consentita alla
Regione dalla normativa statale di cui all'art. 3, comma 29, della
legge n. 549 del l995».
Del resto, la giurisprudenza costituzionale si e' occupata piu'
volte del problema relativo alla legittimita' del divieto di
smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza
extraregionale, stabilendo che il principio di autosufficienza di cui
all'art. 182, comma 5 (ora comma 3, a decorrere dal 25 dicembre 2010,
in forza dell'art. 8, comma l, lettera b, del decreto legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, recante «Disposizioni di attuazione della
direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19
novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive»),
che, identificando net territorio regionale l'ambito ottimale, vieta
lo smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale, e'
applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi (sentenze n. 10 del
2009 e n. 335 del 2001), per i quali, non essendo preventivabile in
modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del
materiale da smaltire, diviene impossibile individuare «un ambito
territoriale ottimale, che valga a garantire l'obiettivo specifico
dell'autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 200l);
il suddetto principio non puo' valere ne' per i rifiuti speciali
pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 161 del 2005, n. 505 del
2002, n. 281 del 2000), ne' per quelli speciali non pericolosi
(sentenze n. 10 del 2009 e n. 335 del 2001), fatti salvi eventuali
accordi regionali o internazionali.
Sempre nella sentenza n. 82/2021, la Corte ha chiarito che
utilizzare la leva fiscale dell'ecotassa per discriminare i
conferimenti in discarica di rifiuti speciali non pericolosi
provenienti da fuori Regione - analogamente a quanto ha previsto la
regione Lombardia - non e' in ogni caso riconducibile a una legittima
attuazione dei principi di autosufficienza e prossimita', precisando
che «tale norma appare piuttosto dissimulare il tentativo di
sottrarsi alle implicazioni, anche in termini di solidarieta',
connesse alla necessita' di garantire una rete adeguata e integrata
per lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi. Essa,
infatti, determina, nel differenziale imposto a questi ultimi,
l'effetto sostanziale di introdurre, in contrasto con l'espressa
previsione dell'art. 120, primo comma, Cost., un «dazio
all'importazione», cioe' un ostacolo fiscale alla libera circolazione
delle merci tra le Regioni».
Pertanto, le disposizioni regionali che stabiliscono ostacoli
assoluti o relativi allo smaltimento di rifiuti di provenienza
extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, sono da
ritenersi in contrasto con l'art. 120 Cost., » ... sotto il profilo
dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le
regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma
economico sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997,
e riprodotti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (sentenza n. 10
del 2009)».
In conclusione la norma impugnata, determinando un ostacolo
fiscale al costituzionalmente garantito principio di libera
circolazione delle merci e ponendosi, altresi', in contrasto con i
criteri fondamentali recati dalle norme di riforma economico-sociale
introdotti dal decreto legislativo n. 22/1997, e riprodotti dal
decreto legislativo n. 152/2006 (sentenza n. 10 del 2009), non e' da
ritenersi riconducibile a un esercizio legittimo delle competenze
regionali, non potendo queste alterare in peius gli standard
ambientali statali (in tali termini, sentenze n. 7 del 2019, n. 139 e
n. 74 del 2017).
In particolare, la previsione di aumento del 50 per cento del
tributo per rifiuti provenienti da comuni ubicati fuori regione,
contenuta nella novellata legge n. 10 del 2003 della Regione
Lombardia, produce l'effetto sostanziale di un «dazio
all'importazione», in contrasto con il principio di libera
circolazione delle merci tra le Regioni, sancito all'art. 120, primo
comma Cost.
In considerazione di quanto precede, l'art. 24 deve ritenersi
illegittimo per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s)
Cost., in riferimento ai parametri statali interposti dinanzi citati
nonche' per violazione degli articoli 3, 41 e 120 Cost.