Ricorso (ex art. 127, comma 1, Costituzione)  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12  (telefax  n.
06.96.51.40.00;  indirizzo  PEC  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),
giusta delibera del Consiglio dei ministri  adottata  nella  riunione
del 24 febbraio 2022 
    ricorrente contro la Regione  Toscana  (c.f.:  01386030488;  pec:
regionetoscana@postacert.toscana.it), in persona del Presidente della
Giunta Regionale in carica 
    intimata per la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge Regione Toscana del 28 dicembre 2021, n.  52,
pubblicata nel BUR n. 108 del 29 dicembre 2021, recante «Disposizioni
in materia di tagli colturali. Modifiche alla l. r. 39/2000» 
    per violazione degli articoli 9, e 117, commi  primo  e  secondo,
lett. s), Costituzione, in relazione agli  articoli  135,  136,  142,
143, 145, 146 e 149 del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio), all'art.  7,  comma  12,
del decreto legislativo n. 34/2008  (TUFF),  all'art.  36,  comma  3,
decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 e all'art.  6  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo (CEDU). 
    La legge regionale indicata in epigrafe, che  reca  «Disposizioni
in materia  di  tagli  colturali.  Modifiche  alla  l.  r.  39/2000»,
presenta profili di illegittimita' costituzionale, per le ragioni  di
seguito specificate, in relazione all'articolo 1 (unica  disposizione
di cui si compone), per violazione degli articoli 9 e  117,  primo  e
secondo comma, lett. s), della Costituzione, in quanto  in  contrasto
con gli articoli 135, 136, 142, 143, 145, 146 e 149  del  Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, nonche'  con  le  previsioni  di  cui
all'articolo 7, comma 12, del decreto  legislativo  n.  34  del  2018
(Testo  unico  in  materia  di  foreste  e  filiere  forestali),  con
l'articolo 36, comma 3, del decreto-legge n. 77 del 2021  (Governance
del Piano nazionale di  rilancio  e  resilienza  e  prime  misure  di
rafforzamento delle strutture amministrative  e  di  accelerazione  e
snellimento delle procedure), e all'art. 6 della Convenzione  europea
dei diritti dell'uomo (CEDU). 
    L'articolo di  cui  la  legge  regionale  si  compone  interviene
nell'ambito del regime autorizzatorio necessario  per  interventi  di
taglio colturale del bosco. 
    La premessa da  cui  muove  tale  legge  e'  rappresentata  dalla
esigenza  di   introdurre   un   chiarimento   relativo   al   regime
autorizzatorio necessario per i casi di taglio  colturale  di  boschi
ricompresi in aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi
dell'articolo 136 del decreto legislativo  n.  42/2004.  Infatti,  il
secondo considerato  del  preambolo  della  legge  regionale  recita:
«Anche in  seguito  ad  alcune  criticita'  emerse  recentemente  sul
territorio regionale, si  rende  opportuno  un  intervento  normativo
finalizzato a chiarire il  regime  applicativo  delle  autorizzazioni
necessarie allo svolgimento delle predette attivita' con  particolare
riferimento agli interventi da eseguirsi nei boschi ricompresi  nelle
aree dichiarate di notevole interesse pubblico di  cui  all'art.  136
del decreto legislativo n. 42/2004». 
    A tal fine l'art. 1 della legge,  intitolato  «Taglio  culturale.
Modifiche  all'articolo  47-bis   della   L.R.   39/2000»   inserisce
nell'articolo 47-bis della legge regionale n. 39 del 2000 il seguente
comma 4-bis: «Le disposizioni di cui al comma 4  si  applicano  anche
agli interventi  da  eseguirsi  nelle  aree  vincolate  per  il  loro
particolare valore  paesaggistico  ai  sensi  dell'articolo  136  del
decreto legislativo n. 42/2004, con la sola eccezione  di  quelle  in
cui la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardi in  modo
esclusivo i boschi.». Il richiamato comma  4  prevede  che  «I  tagli
colturali, comprese le opere connesse di cui all'articolo 49  per  la
cui esecuzione non sia necessario il  rilascio  di  autorizzazione  o
concessione edilizia, si attuano nelle forme previste ed  autorizzate
dalla presente legge, costituiscono interventi inerenti esercizio  di
attivita' agro-silvo-pastorale e per essi non e' richiesta, ai  sensi
dell'articolo   149   del    decreto    legislativo    n.    42/2004,
l'autorizzazione  di  cui  all'articolo  146   del   citato   decreto
legislativo.» In base a quest'ultima disposizione, i tagli  colturali
che,  sulla  base  delle  caratteristiche  individuate  dalla  norma,
possono  essere  considerati  alla  stregua   di   comuni   attivita'
agro-silvo-pastorali     non     necessitano      dell'autorizzazione
paesaggistica. 
    In via preliminare, e' necessario evidenziare che il gia' vigente
comma 4, ricomprendendo i tagli colturali tra gli interventi inerenti
all'esercizio   agro-silvo-pastorale   ed    escludendoli    pertanto
dall'obbligo di acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica,  gia'
si poneva in contrasto con l'articolo 149 del decreto legislativo  n.
42 del  2004  (Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio),  che
distingue gli interventi relativi all'attivita' agro-silvo-pastorale,
esonerati dall'autorizzazione paesaggistica ai sensi della lettera b)
della disposizione in questione, da altri interventi quali il  taglio
colturale, esclusi dall'autorizzazione paesaggistica ai  sensi  della
lettera c) solo se  eseguiti  nei  boschi  e  nelle  foreste  di  cui
all'articolo 142, comma 1, lettera g). Di conseguenza, se  il  taglio
colturale e' effettuato in boschi o  foreste  ricompresi  nelle  aree
dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo  136
del Codice stesso, permane l'obbligo del rilascio dell'autorizzazione
paesaggistica. 
    Sembra palese che il legislatore nazionale ha  inteso  permettere
l'esecuzione  di  alcune  tipologie  di  taglio  boschivo   in   aree
sottoposte   a   vincolo   paesaggistico    senza    l'autorizzazione
paesaggistica  limitatamente   alle   aree   individuate   ai   sensi
dell'articolo 142, comma 1, lettera g),  ossia  le  aree  soggette  a
vincolo in ragione di alcuni  parametri  di  carattere  generale  («i
territori coperti da  foreste  e  da  boschi,  ancorche'  percorsi  o
danneggiati  dal  fuoco,   e   quelli   sottoposti   a   vincolo   di
rimboschimento, come definiti dall'articolo  2,  commi  2  e  6,  del
decreto legislativo 18  maggio  2001,  n.  227»).  Invece,  rimangono
escluse da  questa  possibilita',  in  quanto  non  previste  tra  le
fattispecie di cui all'articolo 149, le aree sottoposte a vincolo  in
virtu' di peculiari caratteristiche e del loro specifico valore, come
tali individuate mediante un apposito  provvedimento  amministrativo,
ai sensi dell'articolo 136 del citato Codice. 
    E' palese che l'impugnata legge regionale e' diretta  a  superare
le criticita' emerse a seguito del parere del Consiglio di  Stato  n.
1233 del 2020, reso in sede di ricorso  straordinario  al  Presidente
della  Repubblica,  con  il  quale  e'  stato  escluso  che  i  piani
antincendio  boschivo,  concernenti  aree  dichiarate   di   notevole
interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136  del  Codice  dei  beni
culturali  e  del  paesaggio,  possano  essere  approvati  senza   il
preventivo parere favorevole  della  Soprintendenza  territorialmente
competente.  Infatti,  secondo  il  Consiglio  di  Stato:   «l'errore
interpretativo che inficia la posizione regionale consiste  nell'aver
esteso ai boschi  e  foreste  sottoposti  a  vincolo  provvedimentale
(articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, gia'  legge  29
giugno 1939, n. 1497, il regime (meno severo) previsto per i boschi e
le foreste sottoposti a vincolo  ex  lege  [articolo  142,  comma  1,
lettera g) del predetto decreto legislativo  n.  42  del  2004,  gia'
legge 8 agosto 1985, n. 431]»)». Pertanto, come chiaramente affermato
anche dal Consiglio  di  Stato,  tale  diverso  regime  deriva  dalla
distinzione tra i boschi e le foreste  vincolati  sulla  base  di  un
apposito provvedimento amministrativo,  che  ne  abbia  accertato  il
notevole interesse pubblico paesaggistico ai sensi dell'articolo  136
del Codice, e i boschi e le foreste vincolati indistintamente ex lege
come categoria geografica, in base alla c.d. legge Galasso del  1985,
poi trasfusa nell'articolo 142, comma  1,  lettera  g),  del  vigente
Codice dei beni culturali e del paesaggio. Per la prima tipologia  di
boschi e foreste, sottoposti a vincolo provvedimentale,  l'esclusione
dell'autorizzazione paesaggistica preventiva per interventi  inerenti
all'esercizio dell'attivita' agro-silvo-pastorale e' limitata ai soli
interventi  «minori»  che  non  si  traducono  in  taglio  colturale,
forestazione, riforestazione, opere di  bonifica,  antincendio  e  di
conservazione.  Questi  ultimi  interventi  sono   invece   sottratti
all'obbligo  della  previa  autorizzazione  paesaggistica   solo   ed
esclusivamente  se  eseguiti  nei  boschi  e  nelle  foreste  di  cui
all'articolo  142,  comma  1,  lettera  g),   purche'   previsti   ed
autorizzati in base alla normativa in materia.  Ne'  puo'  ritenersi,
come espressamente escluso anche  dal  Consiglio  di  Stato,  che  le
suddette disposizioni  del  Codice  siano  state  in  qualche  misura
modificate dal piu' recente Testo  unico  in  materia  di  foreste  e
filiere forestali, di cui al decreto legislativo n. 34 del 2018  (cd.
TUFF). 
    Infatti, l'articolo 7, comma 12, del citato Testo unico,  prevede
che le regioni e i competenti organi territoriali  statali,  mediante
piani paesaggistici regionali o specifici accordi di  collaborazione,
stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge  7  agosto  1990,  n.
241, concordino gli interventi previsti e autorizzati dalla normativa
in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la  forestazione,
la  riforestazione,  le  opere  di   bonifica,   antincendio   e   di
conservazione,  da   eseguirsi   nei   boschi   tutelati   ai   sensi
dell'articolo 136 del Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio  e
ritenuti paesaggisticamente compatibili con  i  valori  espressi  nel
provvedimento di vincolo. 
    Pertanto, la Regione Toscana con la legge  in  esame,  invece  di
affrontare le criticita' emerse sul territorio - come dichiarato  nel
preambolo alla legge stessa - estende  la  fattispecie  censurata  in
sede   di   ricorso   straordinario,   rendendola    strutturale    e
contravvenendo  cosi'  a  quanto  gia'  puntualmente   rilevato   dal
Consiglio di Stato. 
    Il presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  pertanto  il
presente ricorso, affidato al seguente motivo di 
 
                               Diritto 
 
    Incostituzionalita' dell'art. 1  della  Regione  Toscana  del  28
dicembre 2021, n. 52, per violazione degli articoli 9, e 117, 1° e 2°
comma, lett. s), Costituzione, in relazione agli articoli  135,  136,
142, 143, 145, 146 e 149 del decreto legislativo n.  42/2004  (Codice
dei beni culturali e  del  paesaggio),  all'art.  7,  comma  12,  del
decreto legislativo n. 34 del 2018 (Testo unico in materia di foreste
e filiere forestali), all'art. 36, comma 3, del decreto-legge  n.  77
del 2021 (Governance del Piano nazionale di rilancio e  resilienza  e
prime misure di rafforzamento delle  strutture  amministrative  e  di
accelerazione e snellimento delle procedure),  ed  all'art.  6  della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). 
    1. Come si e' sopra illustrato, l'art. 1  della  legge  in  esame
inserisce nell'articolo 47-bis della legge regionale n. 39  del  2000
il seguente comma 4-bis: «Le  disposizioni  di  cui  al  comma  4  si
applicano anche agli interventi da eseguirsi nelle aree vincolate per
il loro particolare valore paesaggistico ai sensi  dell'articolo  136
del decreto legislativo n. 42/2004, con la sola eccezione  di  quelle
in cui la dichiarazione di notevole interesse  pubblico  riguardi  in
modo esclusivo i boschi.». Il richiamato  comma  4  prevede  che:  «I
tagli colturali, comprese le opere connesse di  cui  all'articolo  49
per  la  cui  esecuzione  non   sia   necessario   il   rilascio   di
autorizzazione  o  concessione  edilizia,  si  attuano  nelle   forme
previste  ed  autorizzate   dalla   presente   legge,   costituiscono
interventi inerenti esercizio di attivita' agro-silvo-pastorale e per
essi non  e'  richiesta,  ai  sensi  dell'articolo  149  del  decreto
legislativo n. 42/2004, l'autorizzazione di cui all'articolo 146  del
citato decreto legislativo.» 
    In base a quest'ultima disposizione, i tagli colturali che, sulla
base delle caratteristiche individuate dalla  norma,  possono  essere
considerati alla stregua di comuni attivita' agro-silvo-pastorali non
necessitano dell'autorizzazione paesaggistica. 
    L'impugnata norma introduce  nell'ordinamento  regionale  toscano
un'ampia ipotesi di esenzione  dall'autorizzazione  paesaggistica  di
quasi tutti gli interventi di taglio boschivo in  aree  tutelate  con
specifico vincolo paesaggistico individuato ai sensi  degli  articoli
136 e seguenti del decreto legislativo n. 42/2004  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio), sebbene la competenza in  materia  spetti
in via esclusiva al legislatore statale. 
    Le previsioni di cui agli articoli 136, 142, 146 e 149 del Codice
dei beni culturali  e  del  paesaggio,  costituiscono  infatti  norme
interposte, la cui violazione integra il contrasto  con  la  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del  paesaggio
di cui all'articolo  117,  secondo  comma,  lett.  s),  Costituzione.
Codesta Corte costituzionale ha in piu' occasioni  affermato  che  la
conservazione dell'ambiente e del paesaggio e' materia di  competenza
esclusiva dello Stato ai  sensi  dell'articolo  117,  secondo  comma,
lett.  s),  Costituzione,  non  potendo  il   legislatore   regionale
introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano
una disciplina uniforme, valevole in tutto il territorio nazionale, e
in particolare non potendo disciplinare in modo difforme dalla  legge
statale   i   presupposti   e    il    procedimento    di    rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica  (Corte  costituzionale  22  luglio
2021, n. 160). Ad avviso di codesta Corte, infatti, «La procedura  di
autorizzazione paesaggistica disciplinata  dalla  normativa  statale,
non derogabile da parte delle Regione, e' volta a  stabilire  proprio
se un determinato intervento abbia o meno  un  impatto  paesaggistico
significativo» (Corte costituzionale n.  189  del  2016)  e  «[i]  il
principio  di  prevalenza  della  tutela  paesaggistica  deve  essere
declinato nel senso che al legislatore regionale  e'  impedito  [...]
adottare normative che deroghino o contrastino con  norme  di  tutela
paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di
tutela in senso stretto» (sentenza  n.  74  del  2021.  Nello  stesso
senso, cfr. anche le sentenze n. 101, n. 54 e n. 29  del  2021).  Per
quanto concerne la nozione di bosco, con la sentenza n. 141 del  2021
codesta Corte costituzionale ha affermato  che  «Le  regioni  possono
dunque intervenire sia sulla definizione di bosco sia  su  quelle  di
aree assimilate e di aree escluse, fermo restando che non possono  in
nessun caso ridurre il livello di tutela e  conservazione  assicurato
dalla normativa statale sopra richiamata». 
    2. Si evidenzia, inoltre, che la modifica  normativa,  introdotta
unilateralmente dalla Regione, si pone  in  contrasto  anche  con  la
disciplina prevista dal Testo unico in materia di foreste  e  filiere
forestali (decreto legislativo n. 34 del  2018).  Infatti,  ai  sensi
dell'articolo 7, comma 12, del TUFF, gli interventi forestali ammessi
all'interno di boschi sottoposti a vincoli ex articolo 136 del Codice
dei beni culturali e del paesaggio, vanno individuati  esclusivamente
nell'ambito  della  pianificazione  paesaggistica  oppure  attraverso
accordi tra la Regione e il Ministero della cultura, ai  sensi  della
legge n. 241  del  1990,  nel  rispetto  di  specifiche  linee  guida
stabilite  a  livello  statale  con  decreto  interministeriale.   Si
rappresenta in proposito che, nell'anno 2020, allo scopo di  giungere
all'accordo previsto dall'articolo 7, comma 12, del  TUFF,  e'  stato
istituito uno specifico tavolo tecnico tra i rappresentanti regionali
del Ministero della cultura e il settore forestazione  della  Regione
Toscana,  attualmente  impegnato  a  valutare  la   possibilita'   di
ricondurre alcuni interventi  selvi-colturali  previsti  dalla  legge
regionale n. 39 del 2000 e dal Regolamento forestale,  approvato  con
DPGR 48/R/2003, tra le semplificazioni o  gli  esoneri  previsti  dal
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  31  del  2017,  benche'
eseguiti in aree dichiarate di notevole interesse pubblico  ai  sensi
dell'articolo 136 del Codice. Anche il Consiglio  di  Stato,  con  il
parere n. 1233 del 2020, ha  ribadito  l'esigenza  di  procedere  con
accordi tra Ministero della cultura e Regione per l'individuazione di
interventi  forestali  ritenuti  compatibili  con  i  dispositivi  di
vincolo. 
    Infine, si  segnala  che  nelle  more  dell'individuazione  degli
interventi  forestali  ritenuti  compatibili  con  i  dispositivi  di
vincolo ex articolo 136  del  Codice,  il  legislatore  nazionale  ha
ammesso  che   possano   essere   ricondotti   al   procedimento   di
autorizzazione paesaggistica  semplificata  soltanto  gli  interventi
espressamente previsti dal decreto-legge  n.  77  del  2021,  recante
«Semplificazioni in materia di economia  montana  e  forestale»,  che
all'articolo 36, comma 3, dispone quanto  segue:  «Sono  soggetti  al
procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica  13  febbraio  2017,  n.  31,
anche se interessano aree vincolate ai sensi  dell'articolo  136  del
decreto legislativo n. 22 gennaio 2004, n.  42,  e  nel  rispetto  di
quanto previsto dal Piano Forestale di Indirizzo territoriale  e  dai
Piani  di  Gestione  Forestale  o  strumenti   equivalenti   di   cui
all'articolo 6 del testo unico di cui al  decreto  legislativo  n.  3
aprile 2018, n. 34, ove adottati, i seguenti interventi ed  opere  di
lieve entita': 
      a) interventi selvicolturali di prevenzione dei rischi  secondo
un piano di tagli dettagliato; 
      b) ricostituzione e restauro  di  aree  forestali  degradate  o
colpite  da  eventi  climatici  estremi  attraverso   interventi   di
riforestazione e sistemazione idraulica; 
      c)  interventi  di  miglioramento  delle   caratteristiche   di
resistenza e resilienza ai cambiamenti climatici dei boschi». 
    La norma regionale in esame,  pertanto,  ponendosi  in  contrasto
anche con la citate disposizione del TUFF, nonche' con l'articolo 36,
comma 3  del  decreto-legge  n.  77  del  2021,  invade  la  potesta'
legislativa statale in materia di tutela del paesaggio e  viene  meno
al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni  su  cui  e'
basata la co-pianificazione  paesaggistica,  espressamente  posto  in
rilievo dal menzionato articolo 7, comma 12, del TUFF. 
    Il contrasto con i parametri interposti costituiti  dall'articolo
7, comma 12, del TUFF, nonche' con la disciplina della pianificazione
paesaggistica contenuta negli articoli 135, 143 e 145 del Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, nonche' nell'articolo  36,  comma  3,
del decreto-legge n. 77 del 2021, integra  la  violazione,  da  parte
della disposizione regionale in  esame,  dell'articolo  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    3. La norma regionale in esame contrasta anche con  l'articolo  9
della Costituzione, in base al quale il paesaggio costituisce  valore
costituzionale primario e assoluto (Corte costituzionale n.  378  del
2007), perche' la Regione, escludendo la necessita' di autorizzazione
paesaggistica per i tagli colturali e le opere connesse da  eseguirsi
nelle  aree  dichiarate  di  notevole  interesse  pubblico  ai  sensi
dell'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del  paesaggio,  ha
determinato l'abbassamento dei livelli di tutela posti a presidio dei
beni paesaggistici. 
    4. L'impugnata norma si pone altresi'  in  contrasto  con  l'art.
117, primo comma, Costituzione, in quanto paralizza l'esecuzione  del
giudicato, in violazione dei principi affermati dall'art. 6 CEDU. 
    Al riguardo si osserva che, come affermato  dalla  giurisprudenza
amministrativa, il parere del Consiglio di Stato in sede  di  ricorso
straordinario, recepito dal decreto presidenziale  che  definisce  il
ricorso, produce l'effetto di giudicato e la relativa  esecuzione  e'
coercibile  mediante  il   giudizio   di   ottemperanza,   ai   sensi
dell'articolo 112,  comma  1,  lett.  b),  del  Codice  del  processo
amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010.  (Cons.
Stato, Ad. Plen., 6 maggio 2013, n. 9 e n. 10). 
    Ad avviso dell'Adunanza plenaria, infatti, «Una  volta  acquisito
che  la  paternita'  effettiva  della  decisione  e'  da   ricondurre
all'apporto consultivo del Consiglio di Stato connotato da una suitas
giurisdizionale e che, pertanto, il provvedimento finale e' meramente
dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in
modo compiuto e definitivo, si deve convenire che l'atto finale della
procedura e' esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal
parere del Consiglio di Stato che, in posizione  di  terzieta'  e  di
indipendenza e nel rispetto delle regole del  contraddittorio,  opera
una verifica di legittimita' dell'atto impugnato (cosi'  Cass.,  Sez.
Un.,  19  dicembre  2012,  n.  23464).  In  definitiva   il   decreto
presidenziale che recepisce il parere, pur non  essendo,  in  ragione
della natura dell'organo e della forma dell'atto, un atto formalmente
e soggettivamente giurisdizionale, e' estrinsecazione sostanziale  di
funzione giurisdizionale che culmina in una decisione  caratterizzata
dal crisma dell'intangibilita', propria del giudicato,  all'esito  di
una procedura in unico grado  incardinata  sulla  base  del  consenso
delle parti» (Cons. Stato, ad. Plen., sent. n. 9/2013 cit.) 
    Parimenti, l'Adunanza plenaria con la sentenza n.  10  del  2013,
confermando il  precedente  arresto,  ha  cosi'  statuito  in  merito
all'esecutivita' del decreto  presidenziale  adottato  a  seguito  di
ricorso straordinario: «La questione dell'ammissibilita' del  ricorso
per ottemperanza dei decreti di accoglimento di ricorsi  straordinari
al Capo dello Stato, adottati a seguito  del  parere  obbligatorio  e
vincolante del Consiglio di Stato, e' stata  gia'  risolta  in  senso
positivo sia dalla giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  (per
tutte SS.UU. n. 2065  del  28  gennaio  2011)  sia  dalla  successiva
giurisprudenza  amministrativa  recepita  da  questa  Adunanza  (vedi
sentenza n. 18/2012  cit.),  che  hanno  fatto  leva  sul  rammentato
riconoscimento della natura intrinsecamente  giurisdizionale  di  una
procedura culminante in  una  decisione  caratterizzata,  nel  regime
generale di alternativita', dalla stabilita' tipica del giudicato  e,
quindi, bisognosa di una tutela esecutiva  pienamente  satisfattoria.
Tale  indirizzo  ha  condivisibilmente  affermato  che   il   decreto
presidenziale, divenuto  definitivo,  e'  assimilabile  al  giudicato
amministrativo e,  quindi,  e'  suscettibile  di  ottemperanza  sulla
scorta dei  lineamenti  normativi  enucleati  dagli  articoli  112  e
seguenti del codice del processo amministrativo». 
    Nel caso di specie, il sopra citato parere del Consiglio di Stato
n. 1233 del 2020 doveva  essere  eseguito  dalla  Regione  acquisendo
l'autorizzazione paesaggistica  in  relazione  al  piano  antincendio
boschivo. Diversamente, la Regione non solo non si  e'  conformata  a
tale   parere,   venendo   meno    alla    prescritta    acquisizione
dell'autorizzazione paesaggistica, ma e'  intervenuta  normativamente
con la disposizione censurata, allo  scopo  concreto  di  paralizzare
l'esecuzione del giudicato formatosi sul predetto parere. 
    Pertanto, la disposizione regionale  si  pone  in  contrasto  con
l'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo  (CEDU),
posto a presidio del diritto al processo, che  ricomprende  anche  il
diritto alla corretta esecuzione del giudicato,  come  confermato  da
consolidata  giurisprudenza  (vedasi,   a   titolo   esemplificativo,
l'ordinanza del Consiglio di Stato 11 settembre 2013, n. 4499). 
    La normativa censurata si pone quindi in contrasto con l'articolo
117, primo comma, della Costituzione, per  violazione  del  parametro
interposto costituito dall'articolo 6 CEDU, secondo gli  orientamenti
seguiti dalla  costante  giurisprudenza  costituzionale  in  tema  di
efficacia delle norme della CEDU sin dalle sentenze n. 349 e  n.  348
del 2007, sistematicamente confermate dalla giurisprudenza successiva
(cfr., ex multis, Corte costituzionale n. 308 del 2013). 
    Per questi  motivi  il  presidente  del  Consiglio  dei  ministri
propone  il  presente  ricorso  e  confida  nell'accoglimento   delle
seguenti.