TRIBUNALE DI COSENZA 
         Prima sezione civile - ufficio esecuzioni mobiliari 
 
 
       Procedimento a n. R.G.E. 278/2015/e seguenti - riuniti 
 
    Il giudice delle esecuzioni, a  scioglimento  della  riserva  del
trentuno gennaio duemilaventidue, cosi' dispone. 
    In via pregiudiziale alle richieste delle parti e,  segnatamente,
sulla domanda di decretazione per urgenza interposta, ritiene  questo
GE di dovere postulare l'assorbenza in diritto, della disamina  sulla
legittimita' delle norme  da  interpretare  e/o  applicare,  rispetto
all'invocata applicazione del codice di rito, onde quanto appresso. 
    Si premette che: 
        il procedimento in epigrafe nasce a seguito  di  un  apposito
provvedimento di riunione affasciante svariati pignoramenti  eseguiti
da piu' creditori nei confronti  dell'Azienda  sanitaria  provinciale
(ASP) di Cosenza [e  con  terzo  tesoriere  la  Banca  nazionale  del
lavoro-BNL]; 
        superata   ogni   disputa   pregiudiziale   e/o   preliminare
all'esecuzione, attesa l'entita',  la  natura  e  la  diversita'  dei
titoli fatti valere dai numerosi creditori, il GE ha disposto una CTU
contabile al fine di accertare l'esatta quantificazione  del  petitum
dei creditori, in vista della validazione o meno sulla  richiesta  di
assegnazione; 
        il nominato CTU ha ultimato il proprio  lavoro,  evidenziando
che le somme di danaro rinvenute  presso  il  tesoriere  (giusta  sua
dichiarazione) sono capienti per soddisfare la  maggior  parte  delle
richieste presentate; 
    Considerato che: 
        le attivita' istruttorie afferenti  il  procedimento  de  quo
hanno  registrato   la   proficua   e   responsabile   collaborazione
processuale di tutte le parti coinvolte, in uno schema di  lealta'  e
probita' defensionale senza precedenti, essendo risultato  comune  il
fine  di  accertare  e/o  definire  ogni  pendenza  ultrarisalente  e
riguardante, peraltro e  forse  in  maniera  prevalente,  diritti  di
credito promananti da situazioni giuridiche attive non patrimoniali; 
        nelle more del procedimento e' intervenuto l'art. 117, quarto
comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in  legge  n.  77
del 2020 (1) (i cui effetti, per cio' che quivi interessa, sono stati
prorogati al 31 dicembre 2021, a seguito della legge  di  conversione
n. 21/2021);); 
        in sede di applicazione della legge de  quo,  all'interno  di
una cornice interpretativa che deve conto della  ratio  ordinamentale
prevista dal libro III del codice  di  rito,  e'  parso  quanto  meno
distonico,  in  punto   di   collocazione   esegetica   letterale   e
sistematica, la previsione di una  nuova  tipizzazione  ex  lege  che
sancisce   l'improcedibilita'   dell'esecuzione - rispetto   ad    un
corollario meno gravoso quale quello della sospensione  con  salvezza
del vincolato - in seno alla precettivita' cui agli art. 3, 24 e  111
della Costituzione; 
        la questione interpretativa rilevata da questo GE, era stata,
gia' in precedenza, esaustivamente esposta, motivata e  sintetizzata,
dal Tribunale  di  Napoli  -  XIV  sezione  civile  nel  procedimento
11675/2019 RGE - addi' 20 dicembre 2020 (2) ; 
        in tale ultima circostanza, il Tribunale  di  Napoli,  previa
sospensione, aveva rimesso gli atti del procedimento  esecutivo  alla
Corte  costituzionale,  dichiarando   d'ufficio   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art.  117,
quarto comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito  in  legge
n. 77 del 2020, in riferimento agli articoli 24 e 111 Cost.; 
        che, a seguire e per effetto delle  attivita'  di  rimessione
dei   GG   OO   (anche   quest'Ufficio   giudiziario)   alla    Corte
costituzionale, quest'ultima con sentenza n. 236 del 2021, depositata
in data 7 dicembre 2021 - richiamando altresi' i  precedenti  di  cui
alle pronunce n. 128 del 2021 (in tema di sospensione delle procedure
aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore) e n. 231  del
2021 (in tema di misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e
agli operatori economici, di lavoro, salute e  servizi  territoriali,
connesse   all'emergenza   da   COVID-19)    -    aveva    dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art 3, comma 8 dei decreto-legge
n. 183 del 2020, limitatamente agli effetti della proroga sino al  31
dicembre 2021; 
        che, successivamente, l'art.  16-septies,  lettera  g)  della
legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del  decreto-legge  21
ottobre 2021 n. 146 (la cui rubrica recita: Misure  di  rafforzamento
dell'Agenas e del servizio sanitario della Regione Calabria) ha cosi'
statuito: «Al fine di coadiuvare le attivita' previste  dal  presente
comma, assicurando al servizio sanitario della  Regione  Calabria  la
liquidita'  necessaria  allo  svolgimento  delle  predette  attivita'
finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei
confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di
cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118,  non
possono  essere  intraprese  o   proseguite   azioni   esecutive.   I
pignoramenti e le prenotazioni a  debito  sulle  rimesse  finanziarie
trasferite dalla Regione Calabria  agli  enti  del  proprio  servizio
sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in  vigore
della legge di conversione del presente decreto non producono effetti
dalla suddetta data e non vincolano gli enti del  servizio  sanitario
regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per  il  pagamento
dei debiti, delle somme agli stessi trasferite  durante  il  suddetto
periodo. Le disposizioni della presente lettera si applicano fino  al
31 dicembre 2025»; 
        che, sulla questione, in sede di interpretazione e  di  coeva
attuazione del disposto normativo,  ha  sollevato  esame  di  analisi
costituzionale il Tribunale di Crotone (3) ; 
    Ritenuto che: 
        che, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 8204/19  (4)  ,
ha  distinto  tra  sospensione   propria   per   pregiudizialita'   e
sospensione impropria in senso stretto (come  ad  esempio,  nel  caso
rimessione alla Corte costituzionale per sottoporre una questione  di
legittimita' costituzionale fatta valere da altro giudice); 
        come chiarito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di  Stato,
con ordinanza  del  15  ottobre  2014,  n.  28 - che  ha  ammesso  la
sospensione - «tale istituto e' conforme sia al principio di economia
dei mezzi processuali che a quello di ragionevole durata del processo
(che assumono un particolare rilievo nel processo  amministrativo  in
cui vengono in gioco interessi pubblici), in quanto, da un  lato,  si
evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte costituzionale
(e, quindi, alla  Corte  di  giustizia  Ue)  dispendiosi  adempimenti
correlati  alla  rimessione  della  questione  di  costituzionalita',
dall'altro si  previene  il  rischio  di  prolungare  la  durata  del
giudizio di costituzionalita' (e di riflesso di quelli a quo)»; 
        ragioni di celerita' processuale  esortano  a  rimettere  gli
atti alla Corte costituzionale, sulla base dei  medesimi  rilievi  in
diritto gia' tratteggiati, prima dal Tribunale di Napoli e da  ultimo
esaustivamente, dal Tribunale di Crotone e di cui  si  ratifica  ogni
ragionamento argomentativo-deduttivo; 
        si rinvengono obiettivi motivi in diritto per dubitare  della
legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies, lettera  g),  della
legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del  decreto-legge  21
ottobre 2021, n. 146; 

(1) La previsione dell'art. 117, quarto comma, del  decreto-legge  n.
    34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020,  si  compone  di
    tre periodi a tenore dei quali:  «Al  fine  di  far  fronte  alle
    esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione  del
    COVID-19 nonche' per assicurare al servizio  sanitario  nazionale
    la liquidita' necessaria allo svolgimento delle attivita'  legate
    alla citata  emergenza,  compreso  un  tempestivo  pagamento  dei
    debiti  commerciali,  nei  confronti  degli  enti  del   servizio
    sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23
    giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese  o  proseguite
    azioni  esecutive»  (primo  periodo):  3  «i  pignoramenti  e  le
    prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite  dalle
    regioni  agli  enti  del  proprio  servizio  sanitario  regionale
    effettuati prima della data di entrata  in  vigore  del  presente
    provvedimento non producono effetti dalla  suddetta  data  e  non
    vincolano  gli  enti  del  servizio  sanitario  regionale   e   i
    tesorieri,  i  quali  possono  disporre,  per  le  finalita'  dei
    predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e  al
    pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite  durante
    il suddetto periodo»  (secondo  periodo);  «Le  disposizioni  del
    presente comma si applicano fino  al  31  dicembre  2020»  (terzo
    periodo). 

(2) Tribunale  di  Napoli  XIVa  sezione   civile   procedimento   n.
    11675/2019  R.G.E.  Il  giudice  dell'esecuzione,  dott.  Valerio
    Colandrea, letti gli atti  della  procedura  espropriativa  sopra
    indicata; sciogliendo  la  riserva  di  cui  all'udienza  del  19
    ottobre 2020; osserva § 1. La presente procedura espropriativa e'
    stata promossa nei confronti dell'Azienda ospedaliera di  rilievo
    nazionale A. Cardarelli ad istanza di Ferraro Paolo in  forza  di
    titolo esecutivo costituito dalla sentenza n. 668 del 12 febbraio
    2018 dalla Corte d'appello di Napoli contenente  la  condanna  al
    pagamento della  complessiva  somma  di  euro  240.000,00  (oltre
    rivalutazione ed interessi) a titolo di  risarcimento  dei  danni
    conseguiti al decesso del genitore Ferraro  Giuseppe.  Nel  corso
    della procedura il terzo pignorato Intesa San Paolo S.p.a. (quale
    tesoriere  del  sopracitato   ente)   ha   reso   la   prescritta
    dichiarazione di quantita', evidenziando al  riguardo  che  -  ai
    sensi dell'art. 1 del D.L. n. 9 del 1993, convertito in legge  n.
    67 del 1993 - l'azienda esecutata  ha  adottato  e  trasmesso  le
    delibere di quantificazione delle  somme  impignorabili,  nonche'
    precisando come - nel periodo temporalmente rilevante  -  non  si
    sarebbero determinati saldi creditori eccedenti  l'importo  delle
    somme     oggetto     della     quantificazione      ai      fini
    dell'impignorabilita'. A  fronte  di  siffatta  dichiarazione  il
    creditore pignorante  ne  ha  rilevato,  in  buona  sostanza,  il
    carattere positivo (stante  l'esistenza  di  saldi  creditori  in
    favore dell'ente)  ed  ha  eccepito  che  il  limite  dell'azione
    esecutiva   conseguente   all'adozione    delle    delibere    di
    quantificazione delle somme impignorabili sarebbe  inefficace  ed
    inoperante nel caso di specie. A sostegno di tale conclusione, in
    particolare  il  creditore  ha  postulato  l'esecuzione  a   cura
    dell'azienda ospedaliera di pagamenti per prestazioni per servizi
    diversi da quelli «vincolati». Segnatamente,  ha  disposto  copia
    del mandato n. 1404284 del 25  novembre  2019  (concernente,  per
    l'appunto, un  pagamento  prima  facie  riconducibile  a  servizi
    diversi da quelli  indispensabili)  e  -  sul  presupposto  della
    mancata prova da  parte  dell'azienda  esecutata  del  fatto  che
    l'esecuzione dei pagamenti diversi da quelli «vincolati»  avrebbe
    2 avuto luogo nel rispetto dell'ordine cronologico - ha domandato
    l'assegnazione  delle  somme  oggetto  della   dichiarazione   di
    quantita' da parte  del  tesoriere.  §  2.  Tanto  opportunamente
    premesso, alla luce della documentazione depositata dal creditore
    questo  giudice  sarebbe  chiamato  a  pronunciare  ordinanza  di
    assegnazione delle somme oggetto della dichiarazione di quantita'
    del terzo. Invero, in tema di riparto degli oneri di  allegazione
    e prova ai fini dell'operativita' del vincolo di impignorabilita'
    previsto dall'art. 1 del D.L. n. 9 del 1993, convertito in  legge
    n. 67 del 1993, la  prevalente  giurisprudenza  di  merito  e  di
    legittimita' e'  concorde  nel  fare  applicazione  del  medesimo
    principio affermato con riguardo all'impignorabilita' delle somme
    in  titolarita'  degli  enti  locali  ex   art.   159   T.U.E.L.,
    affermandosi in particolare  che  «il  creditore  procedente  che
    intenda far valere l'inefficacia del vincolo di  destinazione  e'
    onerato di allegare gli specifici pagamenti per  debiti  estranei
    eseguiti  successivamente  alla  delibera,  mentre,  in  base  al
    principio della vicinanza della  prova,  spetta  all'ente  locale
    provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a  mandati
    emessi nel rispetto del  dovuto  ordine  cronologico»  (Cass.  15
    settembre 2020, n.  19103,  in  motivazione).  Tuttavia,  occorre
    considerare come - nelle more  della  presente  procedura  -  sia
    sopravvenuta la disposizione dell'art.  117,  quarto  comma,  del
    d.l. n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020.  Dunque,
    a  fronte  di  una  situazione  di  potenziale  sussistenza   dei
    presupposti per la pronuncia dell'ordinanza  di  assegnazione  in
    ragione del fatto che, si ribadisce, vi e' stata l'allegazione di
    un pagamento per titoli diversi da quelli «vincolati»  e  non  e'
    stata  fornita  prova  del   rispetto   dell'ordine   cronologico
    dell'esecuzione  di  siffatti  pagamenti  a   cura   dell'azienda
    ospedaliera (stante la mancata costituzione di  quest'ultima  nel
    presente procedimento) occorre  verificare  in  quale  misura  la
    disposizione di legge sopravvenuta sia idonea ad  incidere  sulla
    perdurante vigenza del vincolo del pignoramento e, eventualmente,
    a precludere la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione. § 3. La
    previsione dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del  2020,
    convertito in legge n. 77 del 2020, si compone di tre  periodi  a
    tenore  dei  quali:  «Al  fine  di  far  fronte   alle   esigenze
    straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del  COVID-19
    nonche'  per  assicurare  al  servizio  sanitario  nazionale   la
    liquidita' necessaria allo  svolgimento  delle  attivita'  legate
    alla citata  emergenza,  compreso  un  tempestivo  pagamento  dei
    debiti  commerciali,  nei  confronti  degli  enti  del   servizio
    sanitario nazionale di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23
    giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese  o  proseguite
    azioni  esecutive»  (primo  periodo);  3  «I  pignoramenti  e  le
    prenotazioni addebito sulle rimesse finanziarie trasferite  dalle
    regioni  agli  enti  del  proprio  servizio  sanitario  regionale
    effettuati prima della data di entrata  in  vigore  del  presente
    provvedimento non producono effetti dalla  suddetta  data  e  non
    vincolano  gli  enti  del  servizio  sanitario  regionale   e   i
    tesorieri,  i  quali  possono  disporre,  per  le  finalita'  dei
    predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e  al
    pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite  durante
    il suddetto periodo»  (secondo  periodo);  «Le  disposizioni  del
    presente comma si applicano fino  al  31  dicembre  2020»  (terzo
    periodo). Per quanto in questa sede  specificatamente  interessa,
    occorre verificare il significato di attribuirsi alla fattispecie
    di improcedibilita' cosi' disciplinata per la  parte  concernente
    le procedure espropriative gia' pendenti nei confronti degli enti
    del servizio sanitario nazionale.  Al  riguardo,  ritiene  questo
    giudice  che  venga  in  gioco  una  fattispecie  di   definitiva
    «improcedibilita'» delle esecuzioni gia'  intraprese.  Queste  le
    ragioni. § 3.1. Anzitutto, a  sostegno  di  tale  interpretazione
    milita il tenore letterale della disposizione di  legge.  Invero,
    il legislatore ha espressamente sancito un divieto  generalizzato
    di agire esecutivamente nei confronti  degli  enti  del  servizio
    sanitario nazionale (ovviamente, per il limitato periodo preso in
    considerazione della norma): viene cioe' inibito  tanto  l'avvio,
    quanto l'ulteriore prosieguo  delle  procedure  espropriative  in
    danno   di   siffatti   enti.   Peraltro,   sotto   il    profilo
    dell'interpretazione  letterale   non   deve   trascurarsi   come
    l'ordinamento non ignori disposizioni normative che, per  contro,
    disciplinano espressamente peculiari fattispecie  di  sospensione
    di procedure espropriative nei confronti di determinate categorie
    di enti pubblici, fattispecie collegate ad  esigenze  lato  sensu
    «finanziarie» ed emergenziali: il riferimento e' alla  previsione
    dell'art. 243-bis, quarto comma,  TUEL,  la  quale  statuisce  la
    sospensione delle procedure espropriative pendenti nei  confronti
    di enti  locali  sottoposti  ad  una  procedura  di  riequilibrio
    finanziario pluriennale (sospensione operante  dalla  data  della
    relativa deliberazione  e  sino  all'approvazione  del  piano  di
    riequilibrio). Dunque, la circostanza per cui il sopracitato art.
    117 abbia  optato  per  una  differente  formulazione  incentrata
    sull'espressa previsione di improcedibilita' (piuttosto  che  sul
    meccanismo  della  sospensione)  appare  sintomo  di  una  scelta
    significativamente  diversa,  nel  senso,  cioe',  della  vera  e
    propria «caducazione» del vincolo del pignoramento e non gia' del
    mero arresto temporaneo dell'ulteriore corso dell'esecuzione  con
    salvaguardia del vincolo  gia'  esistente.  4  Ne'  significativi
    elementi per una diversa soluzione provengono dalla relazione  di
    accompagnamento al testo del D.L. n. 34 del 2020, relazione nella
    quale  la  previsione  del  quarto  comma  dell'art.  117   viene
    giustificata sotto forma di «sospensione temporanea delle  azioni
    esecutive nei confronti degli enti sanitari fino al  31  dicembre
    2020». Invero, occorre considerare che:  da  un  lato,  i  lavori
    preparatori di un  testo  normativo  possono  al  piu'  disvelare
    l'intentio sottesa all'intervento legislativo, ma  non  escludono
    che il significato  della  previsione  adottata  debba  desumersi
    dall'assetto che  la  norma  abbia  concretamente  assunto  nella
    formulazione letterale e logico-sistematica; dall'altro  lato,  a
    parte l'estrema stringatezza della relazione  di  accompagnamento
    non  puo'  non  concordarsi   sul   carattere   a-tecnico   della
    terminologia adoperata, atteso che - attraverso una denominazione
    onnicomprensiva - si e' inteso in realta' esprimere  il  concetto
    di  una  sostanziale  e  generalizzata  inibitoria  delle  azioni
    esecutive (tanto quelle avviate ex novo nel periodo  considerato,
    quanto quelle gia' pendenti). § 3.2.  In  secondo  luogo,  ed  in
    collegamento con l'esegesi letterale della disposizione,  occorre
    tener  conto  della   ratio   dell'intervento   normativo   quale
    esplicitata nell'incipit del comma 4 (si ribadisce: «al  fine  di
    far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla
    diffusione  del  COVID-19  nonche'  per  assicurare  al  Servizio
    sanitario nazionale la  liquidita'  necessaria  allo  svolgimento
    delle attivita' legate alla citata emergenza ...»). A ben vedere,
    la  finalita'  affermata  expressis  verbis  dal  legislatore  di
    «assicurare  al  Servizio  sanitario  nazionale   la   liquidita'
    necessaria» potrebbe essere realizzata unicamente attraverso  una
    qualche forma  di  liberazione  delle  somme  vincolate,  laddove
    invece - qualora si opinasse nei termini di una  mera  temporanea
    sospensione  dell'ulteriore  corso  della  procedura  -  i   beni
    pignorati resterebbero comunque vincolati alla soddisfazione  dei
    crediti azionati esecutivamente, in tal  modo  determinandosi  la
    vanificazione del risultato legislativamente prefissato. In  tale
    prospettiva, cioe', il divieto di proseguire  le  procedure  gia'
    pendenti   apparirebbe   privo   di    sostanziale    ed    utile
    giustificazione: non sarebbe  infatti  idoneo  ad  assicurare  un
    risultato  effettivo  ne'  per  l'ente   esecutato   (stante   la
    persistenza del  vincolo  sulle  somme  pignorate),  ne'  per  il
    creditore che abbia gia' avviato l'azione esecutiva (per il quale
    vi sarebbe un differimento della  possibilita'  di  procedere  al
    soddisfacimento delle proprie ragioni sulle somme  comunque  gia'
    vincolate).  §  3.3.  La  soluzione  qui  prospettata  trova   un
    ulteriore supporto nell'interpretazione logico-sistematica  della
    previsione del quarto comma dell'art. 117 e, in particolar  modo,
    nell'esegesi congiunta delle disposizioni contenute nel  primo  e
    nel secondo periodo. 5 Al riguardo,  si  e'  visto  come  -  dopo
    l'affermazione generale contenuta nel primo periodo in ordine  al
    divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive  nei  confronti
    degli enti del servizio sanitario nazionale - il secondo  periodo
    della disposizione in esame contenga una disposizione ad hoc  per
    i procedimenti gia' pendenti. In particolare,  la  previsione  si
    dipana in una duplice e complementare direzione: da un  lato,  vi
    e'  la  comminatoria  di  una   (per   certi   versi   singolare)
    sopravvenuta «inefficacia» del pignoramento; dall'altro lato,  e'
    espressamente sancito il recupero  della  piena  «disponibilita'»
    delle somme ad opera degli enti del servizio sanitario  nazionale
    e dei rispettivi tesorieri. Cio' posto,  ritiene  questo  giudice
    che - pur a fronte di una formulazione non del tutto perspicua  -
    la previsione in discorso si riferisca  a  tutti  i  pignoramenti
    gia' pendenti e non solo a quelli che investano determinati  beni
    (ovverosia, le rimesse finanziarie  provenienti  dalle  regioni).
    Invero, in punto di diritto sarebbe difficilmente ipotizzabile un
    pignoramento che investa rimesse  finanziarie  provenienti  dalle
    regioni: come noto, gli enti  del  servizio  sanitario  nazionale
    sono soggetti al regime di tesoreria unica ai sensi  della  legge
    n. 720 del 1984, ragion per cui - ai sensi dell'art. 1-bis  della
    legge in questione - l'azione esecutiva non  puo'  che  svolgersi
    nei confronti del soggetto preposto al servizio di  tesoreria  ed
    in relazione alle  somme  giacenti  sulle  relative  contabilita'
    speciali.   Dunque,   una   limitazione   della   portata   della
    disposizione del secondo periodo ai soli pignoramenti concernenti
    le rimesse finanziarie provenienti dalle regioni  si  tradurrebbe
    nello svuotamento di significato della  disposizione  legislativa
    in esame, laddove, al  contrario,  l'origine  «emergenziale»  non
    esclude che essa debba essere collocata pur sempre nel quadro  di
    un determinato «sistema», cio' che rappresenta il  sostrato  alla
    luce  del  quale  ricostruire  il  significato  della  previsione
    medesima. Nel quadro cosi' delineato, allora, il riferimento alle
    rimesse finanziarie deve leggersi in  collegamento  non  gia'  ai
    pignoramenti pregressi (il quali non potrebbero che riguardare  -
    si ribadisce - il saldo cassa gestito  dal  soggetto  tesoriere),
    bensi' alle prenotazioni a debito eventualmente operate,  il  che
    giustifica la portata della specificazione contenuta.  in  questa
    prospettiva, dunque, la previsione del secondo periodo non appare
    disciplinare una fattispecie distinta  (e  speciale)  rispetto  a
    quella del primo periodo, bensi' costituisce la specificazione  -
    con riferimento alle procedure pregresse - del  divieto  generale
    di agire esecutivamente gia' sancito nel primo periodo. In  altri
    termini,  il  senso  della  disposizione  e'  di  specificare  le
    conseguenze del divieto di prosecuzione delle azioni esecutive in
    relazione alle procedure gia' pendenti, contemplando per esse  un
    meccanismo di sopravvenuta perdita di efficacia del vincolo 6 del
    pignoramento e - in via del tutto speculare - affermando la piena
    disponibilita' delle somme da parte degli  enti  debitori  e  dai
    rispettivi tesorieri. § 3.4. Infine,  un  ultimo  argomento  puo'
    individuarsi in una prospettiva per cosi' dire «storica», ponendo
    mente all'immediato  antecedente  della  disposizione  in  esame:
    ovverosia, la previsione dell'art. 1, comma 51,  della  legge  n.
    220 del  2010,  la  quale  pare  aver  rappresentato  il  modello
    normativo  al  quale  il   legislatore   dell'emergenza   si   e'
    materialmente ispirato. Sotto questo profilo, infatti, il  tenore
    dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n. 34 del 2020,  convertito
    in legge n. 77 del 2020, risulta pressoche' coincidente - mutatis
    mutandis - con quello di cui alla  prima  versione  dell'art.  1,
    comma 51, della legge n. 220  del  2010  (ovverosia  la  versione
    vigente prima della novella operata con l'art. 6-bis del D.L.  n.
    158 del 2012, convertito in legge n. 189 del 2012). A ben vedere,
    entrambe le disposizioni: contengono l'esplicitazione in premessa
    dell'esigenza  perseguita  dal  legislatore  di   assicurare   la
    concreta operativita' di pagamenti a cura degli enti del servizio
    sanitario nazionale (nel primo caso in dipendenza della procedura
    di ricognizione dei debiti per le regioni  soggette  a  piani  di
    rientro dei disavanzi sanitari; nel secondo caso in  collegamento
    con l'attivita' derivante dall'emergenza  epidemiologica  per  il
    COVID-19); affermano  conseguentemente  un  identico  divieto  di
    azioni  esecutive  onde  assicurare   il   raggiungimento   della
    finalita'  cosi'  affermata  (testualmente  sancendosi  che  «non
    possono  essere  intraprese  o  proseguite  azioni   esecutive»);
    disciplinano  in  termini  pressoche'  identici  la   sorte   dei
    pignoramenti  pregressi  e  delle  prenotazioni  a  debito   gia'
    operate, nel senso che in entrambi i casi si prevede che essi non
    producano effetto e che gli enti e i rispettivi tesorieri abbiano
    la  piena  disponibilita'  delle  somme  («i  pignoramenti  e  le
    prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite  dalle
    regioni ... effettuati prima  ...  non  producono  effetti  dalla
    suddetta data ... e non vincolano gli enti del servizio sanitario
    regionale e  i  tesorieri,  i  quali  possono  disporre,  per  le
    finalita'  dei  predetti  enti  ...  delle  somme   agli   stessi
    trasferite durante  il  suddetto  periodo»).  In  tale  contesto,
    peraltro, non appaiono rilevanti  le  differenze  presenti  nella
    successiva versione dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del
    2010,    differenze    riconducibili,    essenzialmente,     alla
    esplicitazione  di  una   vera   e   propria   «estinzione»   dei
    pignoramenti gia' pendenti («sono estinti di diritto  dalla  data
    di entrata in vigore della presente disposizione») e ad una  piu'
    incisiva  affermazione  della  riacquisizione  di  disponibilita'
    delle relative somme («dalla medesima data cessano  i  doveri  di
    custodia 7 sulle predette somme, con l'obbligo per i tesorieri di
    renderle  immediatamente  disponibili,  senza  previa   pronuncia
    giurisdizionale, per  garantire  l'espletamento  delle  finalita'
    indicate nel primo periodo»). Invero, come e' stato  sottolineato
    dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  186  del  2013,  la
    novella dell'art. 6-bis del D.L. n. 158 del 2012,  convertito  in
    legge  n.  189  del  2012,  ha  semplicemente  estremizzato   «le
    soluzioni gia' presenti nella previgente disciplina», della quale
    la novella ha rappresentato, a ben  vedere,  una  piu'  chiara  e
    perspicua  evoluzione  normativa.  Cio'  posto,  la   sostanziale
    identita' e continuita' tra il testo dell'art. 1, comma 51, della
    legge n. 220 del 2010 (quantomeno nella  versione  originaria)  e
    l'attuale previsione dell'art. 117 costituisce un elemento che  -
    sul piano interpretativo - induce a  ricostruire  la  portata  di
    quest'ultima disposizione in termini analoghi  a  quelli  che  la
    giurisprudenza aveva prospettato in passato con riferimento  alla
    prima:    ovverosia,    quale     improcedibilita'     definitiva
    dell'esecuzione in precedenza avviata nei  confronti  degli  enti
    del servizio sanitario  nazionale.  §  4.  La  conclusione  sopra
    raggiunta presenta indubbi aspetti di criticita' sotto il profilo
    costituzionale e in special modo -  come  meglio  si  vedra'  nel
    prosieguo - in riferimento ai parametri di cui agli articoli 24 e
    111 Cost. Prima di concentrare l'attenzione su siffatti  aspetti,
    tuttavia, non appare far luogo verificare  la  praticabilita'  di
    una diversa interpretazione diretta  ad  «attenuare»  i  riflessi
    della sanzione di improcedibilita' sulle procedure  espropriative
    gia' pendenti. nondimeno, ritiene questo giudice che la soluzione
    al quesito debba essere negativa. § 4.1. Anzitutto,  si  e'  gia'
    evidenziato come non sia possibile  interpretare  il  divieto  di
    proseguire le procedure espropriative gia' pendenti  nei  termini
    di  una  mera   sospensione   temporanea   dell'ulteriore   corso
    dell'esecuzione, con salvezza degli effetti dei pignoramenti gia'
    eseguiti.  Infatti,  vi  ostano  gli  elementi   complessivamente
    ricavabili   dalla   ricostruzione   letterale,   teleologica   e
    logico-sistematica della disposizione in esame. In altri termini,
    la praticabilita' di una mera «sospensione» appare  smentita  sia
    dall'espressa  previsione   nei   termini   di   improcedibilita'
    dell'esecuzione, sia dall'obiettivo  perseguito  dal  legislatore
    con  l'introduzione  del  divieto   (si   ribadisce,   «liberare»
    liquidita' in favore degli enti del servizio sanitario  nazionale
    al fine di far fronte alle maggiori  spese  legate  all'emergenza
    epidemiologica), sia dalla precisazione comunque operata in punto
    di sopravvenuta inefficacia dei pignoramenti pregressi. § 4.2. In
    secondo   luogo,   non   appare   plausibile   un'interpretazione
    restrittiva della disposizione  in  esame  che  -  collegando  il
    divieto del comma 4 alle precedenti previsioni 8 dei commi 1, 2 e
    3 dell'art. 117 - limiti l'operativita' di siffatto divieto  alle
    sole (maggiori) risorse  finanziarie  messe  a  disposizione  del
    servizio sanitario nazionale  in  conseguenza  dell'emergenza  da
    COVID-19. Indubbiamente, il divieto di  procedere  esecutivamente
    si colloca nel quadro  di  un  piu'  ampio  intervento  volto  ad
    «incrementare»  le   risorse   per   far   fronte   all'emergenza
    epidemiologica,  cio'  che  ha   avuto   luogo   sia   attraverso
    l'ampliamento dei trasferimenti dallo stato alle  regioni  (comma
    1), sia attraverso la previsione dell'obbligo per le  regioni  di
    integrale messa a  disposizione  di  tali  fondi  agli  enti  del
    servizio sanitario  (comma  3).  Tuttavia,  in  alcun  modo  quel
    divieto e' limitato ai soli trasferimenti finanziari operati  con
    il medesimo art. 117, ne' l'obiettivo dichiarato dal  legislatore
    di assicurare una maggiore liquidita' per gli enti  del  Servizio
    sanitario giustifica una  limitazione  di  tal  fatta.  In  altri
    termini, una tale prospettazione si tradurrebbe nell'elisione  di
    una rilevante parte del contenuto precettivo della norma,  atteso
    che non avrebbe ragion d'essere ne'  la  previsione  del  divieto
    (non  solo  di  iniziare,  ma  anche)  di  proseguire  le  azioni
    esecutive, ne' la sanzione di inefficacia dei  pignoramenti  gia'
    eseguiti alla data di entrata in  vigore  della  disposizione  di
    legge. § 4.3. Resta da verificare un'ultima  opzione:  quella  di
    un'interpretazione che - con riguardo ai pignoramenti pregressi -
    non  escluda   la   caducazione   degli   effetti   (e,   quindi,
    l'inoperativita' del vincolo gia' perfezionato sulle  somme),  ma
    postuli  comunque  il  carattere  meramente  temporaneo  di  tale
    fenomeno sotto forma di «reviviscenza» del vincolo  allo  spirare
    del termine  sancito  dal  legislatore  (ovviamente,  sulle  sole
    disponibilita' finanziarie successive).  Tuttavia,  neppure  tale
    soluzione appare plausibile. Anzitutto,  oltre  ai  sopra  citati
    elementi  di  carattere  letterale  e   logico-sistematico   deve
    evidenziarsi  come  un  fenomeno  del  genere  non  solo   appaia
    sostanzialmente  sconosciuto  al  vigente  ordinamento  giuridico
    processuale,  ma  ponga  soprattutto  inevitabili   problemi   in
    relazione   alle   modalita'   con   cui   operare   la   pretesa
    «riviviscenza» del vincolo del  pignoramento,  essendo  difficile
    ipotizzare  il  ripristino  automatico  sol  che  si  pensi  alle
    esigenze di certezza nei rapporti con  un  soggetto  estraneo  ai
    rapporti di debito-credito (tale essendo il terzo pignorato).  In
    ogni caso, poi, una soluzione del genere non escluderebbe  che  -
    stante la caducazione del vincolo del pignoramento  (sebbene  con
    un'efficacia  per  cosi'  dire  temporanea)  -  sarebbe  comunque
    paralizzato il diritto di  agire  esecutivamente  del  creditore.
    Dunque, non verrebbe  eliminato  quel  punto  di  «frizione»  con
    l'esigenza di assicurare la tutela costituzionale del diritto  di
    azione del creditore. 9 §  5.  Le  considerazioni  che  precedono
    comportano che, nel  caso  di  specie,  questo  giudice  dovrebbe
    procedere non gia' all'ordinanza  di  assegnazione,  bensi'  alla
    dichiarazione  di  definitiva  improcedibilita'  della   presente
    esecuzione. In conformita' alla complessiva interpretazione sopra
    operata, infatti la sopravvenuta previsione dell'art. 117, quarto
    comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in  legge  n.  77  del
    2020, si risolve  nel  venir  meno  dell'oggetto  dell'esecuzione
    intrapresa, cio' in conseguenza della  caducazione  ex  lege  del
    vincolo del pignoramento.  Tuttavia,  appare  legittimo  dubitare
    della compatibilita' di una  siffatta  conclusione  in  relazione
    alle disposizioni degli articoli 24 e 111 Cost. in tema di tutela
    giurisdizionale dei diritti  e  giusto  processo.  In  proposito,
    possono svolgersi le seguenti considerazioni generali. § 5.1.  E'
    noto come la Corte costituzionale  abbia  affrontato  in  plurime
    occasioni  la  questione   della   legittimita'   di   previsioni
    legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti
    di determinate categorie di enti pubblici (e,  in  special  modo,
    quelli del Servizio sanitario nazionale). Ai  fini  di  opportuna
    sintesi appare  sufficiente  richiamare  quanto  precisato  nella
    sentenza n.  186  del  2013,  nella  quale  -  nell'esaminare  la
    questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51,  della  legge
    n. 220 del 2010 (disposizione che, si ribadisce, ha rappresentato
    il modello di riferimento utilizzato anche nel caso di specie)  -
    i giudici  costituzionali  hanno  compendiato  le  condizioni  in
    presenza  delle  quali  la  previsione  del  divieto  di   azioni
    esecutive e la caducazione delle procedure  gia'  pendenti  possa
    ritenersi compatibile con i principi  degli  articoli  24  e  111
    cost. Nelle parole della Corte,  in  particolare,  un  intervento
    legislativo  di  tal  fatta  «puo'  ritenersi   giustificato   da
    particolari esigenze transitorie qualora, per un verso,  siffatto
    svuotamento  sia  limitato  ad  un  ristretto  periodo  temporale
    (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro  verso,
    le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi
    pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate  da
    disposizioni  di  carattere  sostanziale  che,  a   loro   volta,
    garantiscano, anche per  altra  via  che  non  sia  quella  della
    esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione  dei  diritti
    oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del  2012  e  n.
    364 del  2007)»  (Corte  cost.  sentenza  n.  186  del  2013,  in
    particolare par. 4.1.). § 5.2.  Cio'  posto,  con  riguardo  alla
    previsione potenzialmente  applicabile  nel  caso  di  specie  e'
    legittimo dubitare del rispetto delle condizioni sopra  indicate.
    Se e'  vero  che  l'orizzonte  temporale  della  disposizione  in
    discorso e stato oggettivamente limitato (operando il  divieto  -
    salvo ulteriori legislativi - sino al 10 31 dicembre  2020)  devi
    tuttavia osservarsi come non sia stato  delineato  un  meccanismo
    idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in  via  equivalente.
    Per la verita', il legislatore  non  ha  ignorato  l'esigenza  di
    contemplare - pur nel  quadro  di  una  situazione  indubbiamente
    emergenziale quale quella derivante dall'emergenza epidemiologica
    da COVID-19 - strumenti idonei ad assicurare  il  soddisfacimento
    delle ragioni dei creditori degli  enti  del  Servizio  sanitario
    nazionale. Sotto  questo  profilo,  infatti,  i  commi  5-11  del
    medesimo art. 117 hanno introdotto la possibilita' per le regioni
    di richiedere anticipazioni di liquidita' alla Cassa  depositi  e
    prestiti da destinare al «ai pagamenti dei debiti  certi  liquidi
    ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019  relativi  a
    somministrazioni,  forniture,  appalti  e  a   obbligazioni   per
    prestazioni  professionali»,  previsione  che  deve  leggersi  in
    collegamento con le statuizioni contenute nel precedente art. 115
    (istitutivo di un «Fondo  di  liquidita'  per  il  pagamento  dei
    debiti  commerciali  degli  enti  territoriali»   con   dotazione
    finanziaria ad hoc). Nondimeno, appare dubbia  l'effettivita'  di
    un siffatto meccanismo al fine  di  assicurare  la  tutela  delle
    ragioni dei crediti colpiti dal divieto di azioni esecutive, cio'
    ove si ponga mente al  fatto  che:  il  sistema  contemplato  dal
    legislatore non e' automaticamente collegato al divieto di azioni
    esecutive, bensi' si risolve nell'approntamento di un mero canale
    finanziario ulteriore in favore delle regioni;  conseguentemente,
    non  vi   e'   alcun   obbligo   ma   una   mera   facolta'   per
    l'amministrazione    regionale    interessata    di     avvalersi
    dell'anticipazione di  liquidita'  in  questione,  occorrendo  in
    particolare  una  deliberazione  ad   iniziativa   della   Giunta
    regionale da adottarsi entro un termine prefissato (deliberazione
    che  in  alcun  modo  configura  un  atto   dovuto);   infine   e
    soprattutto, non e'  contemplata  una  tutela  generalizzata  per
    qualsivoglia  credito  gia'  azionato   esecutivamente,   potendo
    l'anticipazione essere  destinata  all'estinzione  unicamente  di
    determinate tipologie di debiti (ovverosia,  quelli  «relativi  a
    somministrazioni,  forniture,  appalti  e  a   obbligazioni   per
    prestazioni professionali»), con la  conseguenza  per  cui  -  ad
    esempio - per un credito quale quello azionato nel caso di specie
    (si ribadisce, un'obbligazione a titolo  di  risarcimento  danni)
    non sarebbe ipotizzabile alcuna forma di  tutela  equivalente.  §
    5.3.  Le  considerazioni  che   precedono   inducono   allora   a
    configurare come rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
    questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  117,  quarto
    comma, del D.L. n. 34 del 2020, convertito in  legge  n.  77  del
    2020, sotto un duplice profilo: 11  anzitutto,  in  relazione  al
    parametro dell'art. 24 Cost., atteso che il «sacrificio» posto  a
    carico dei creditori degli enti del servizio sanitario  nazionale
    (sotto forma di improcedibilita'  delle  azioni  esecutive  dagli
    stessi gia' promosse) non appare «bilanciato» con  la  previsione
    di un sistema di effettiva tutela equivalente, con consequenziale
    vanificazione degli effetti  della  tutela  giurisdizionale  gia'
    conseguita nei procedimenti esecutivi promossi da quei creditori;
    in  secondo  luogo,  poi,  in  relazione  altresi'  al  parametro
    dell'art. 111 Cost. con riguardo al concetto della «parita' delle
    armi», atteso che, con la disposizione censurata, il  legislatore
    ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare  che  -
    pur   originata   da    comprensibili    preoccupazioni    legate
    all'emergenza  epidemiologica  in  corso  -  ha  determinato  uno
    sbilanciamento fra  due  posizioni  in  gioco,  esentando  quella
    pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, degli  effetti
    pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite.  Nella  misura
    in  cui  la   disposizione   dell'art.   117   dovrebbe   trovare
    applicazione nel caso di specie (con conseguente rilevanza  della
    questione  ai  fini  del  prosieguo  della  presente  procedura),
    pertanto,  ritiene  questo  giudice  di  disporre  d'ufficio   la
    rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la  soluzione
    della questione di legittimita' sopra prospettata.  P.Q.M.  Letto
    l'art.  23  della  legge  n.  87  del  1953:  Dichiara  d'ufficio
    rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di
    legittimita' dell'art. 117, quarto comma,  del  D.L.  n.  34  del
    2020, convertito in legge n. 77 del  2020,  in  riferimento  agli
    articoli 24 e 111 Cost. e per l'effetto:  Dispone  la  rimessione
    degli  atti  alla  Corte  costituzionale.  Dichiara  sospeso   il
    presente procedimento. Dispone la  comunicazione  della  presente
    ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento,
    alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della
    Camera dei deputati e del Senato  della  Repubblica.  Napoli,  20
    dicembre  2020.  Il   giudice   dell'esecuzione   dott.   Valerio
    Colandrea. 

(3) La previsione di cui all'art. 16-septies lett. g) della legge  n.
    17 dicembre 2021 n. 215,  di  conversione  del  decreto-legge  21
    ottobre 2021 n. 146, si inquadra  nell'ambito  di  una  presa  di
    posizione politico-normativa tesa a salvaguardare le esigenze  di
    liquidita' della sanita' calabrese,  oggetto  di  una  perdurante
    crisi  generale  e  oggetto  di  commissariamento  da  oltre   un
    decennio; purtuttavia la scelta operata dal legislatore evidenzia
    una plurima serie di criticita' e irrazionalita' rese ancor  piu'
    evidenti dal dichiarato  intento  di  assicurare  il  «tempestivo
    pagamento dei debiti commerciali». Ritiene questo giudice che con
    l'introduzione di tale fattispecie normativa venga in rilievo una
    nuova ipotesi di definitiva «improcedibilita'»  delle  esecuzioni
    pendenti, in  modo  non  dissimile  da  quanto  avvenuto  con  la
    disposizione di  cui  dell'art.  117  cit.,  prorogata  nei  suoi
    effetti temporali dall'art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del  2020
    e dichiarata in costituzionale con la piu' volte citata  sentenza
    n. 236 del 2021. A sostegno di tale esegesi milita  anzitutto  il
    tenore  letterale  della  disposizione  di  legge.   Invero,   il
    legislatore ha espressamente sancito un divieto generalizzato  di
    agire  esecutivamente  nei  confronti  degli  enti  del  servizio
    sanitario della Regione Calabria, inibendo tanto l'avvio,  quanto
    l'ulteriore prosieguo delle espropriazioni in danno di tali enti,
    per un arco temporale estremamente dilatato, sino al 31  dicembre
    2025. Dunque,  la  circostanza  per  cui  il  sopra  citato  art.
    16-septies, comma 2 lett. g) abbia «nuovamente»  optato  per  una
    formulazione    incentrata    sull'espressa     previsione     di
    improcedibilita' (piuttosto che sul meccanismo della sospensione)
    appare sintomatica di una scelta volta a configurare una  vera  e
    propria ipotesi di «caducazione» del vincolo del  pignoramento  e
    non  gia'  un  mero  arresto  temporaneo   dell'ulteriore   corso
    dell'esecuzione   con   salvaguardia   del   vincolo   esistente.
    L'evenienza e' resa evidente dalla espressa previsione  normativa
    per  cui  «i  pignoramenti  (...)  non  producono  effetti  dalla
    suddetta data e non vincolano gli  enti  del  servizio  sanitario
    regionale e  i  tesorieri,  i  quali  possono  disporre,  per  il
    pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite  durante
    il suddetto periodo». La conclusione raggiunta  presenta  indubbi
    aspetti  di   criticita'   sotto   il   profilo   costituzionale.
    Ciononostante, non appare fuor luogo verificare la praticabilita'
    di una diversa interpretazione diretta ad «attenuare» i  riflessi
    della sanzione di improcedibilita' sulle procedure  espropriative
    gia' pendenti. Nondimeno, ritiene questo giudice che la soluzione
    al quesito debba essere negativa. A tal riguardo non appare  fuor
    luogo  condividere  e  riportare   l'orientamento   efficacemente
    illustrato dal Tribunale di Napoli nell'ordinanza  di  rimessione
    del   20    dicembre    2020    (dott.    Colandrea),    relativa
    all'interpretazione  dell'art.  117  cit.  e  sovrapponibile   in
    relazione agli effetti anche  norma  in  esame  (art.  16-septies
    lett. g cit.)  Invero,  si  e'  gia'  evidenziato  come  non  sia
    possibile interpretare il  divieto  di  proseguire  le  procedure
    espropriative gia' pendenti nei termini di una  mera  sospensione
    temporanea dell'ulteriore  corso  dell'esecuzione,  con  salvezza
    degli effetti dei pignoramenti gia' eseguiti. In  secondo  luogo,
    non  appare  plausibile  un'interpretazione   restrittiva   della
    disposizione in esame che - collegando il  divieto  del  comma  2
    lett. g) alle precedenti previsioni dei commi 1, 2, lett.  da  a)
    ad f) - limiti  l'operativita'  di  siffatto  divieto  alle  sole
    (maggiori) risorse finanziarie messe a disposizione del  servizio
    sanitario nazionale per  il  superamento  della  crisi  sanitaria
    regionale. Indubbiamente, il divieto di procedere  esecutivamente
    si colloca nel quadro  di  un  piu'  ampio  intervento  volto  ad
    «incrementare» le risorse  per  far  fronte  alla  necessita'  di
    ovviare al grave  disavanzo  finanziario  del  sistema  sanitario
    regionale  calabrese  (ratio  espressa   lungo   l'intero   corso
    dell'art. 16-septies). Tuttavia, in alcun modo  quel  divieto  e'
    limitato ai soli trasferimenti finanziari operati con il medesimo
    art. 16-septies, ne' l'obiettivo dichiarato  dal  legislatore  di
    assicurare una maggiore liquidita'  per  gli  enti  del  servizio
    sanitario nazionale giustifica una limitazione di tal fatta.  Una
    tale prospettazione si tradurrebbe nell'elisione di una rilevante
    parte del  contenuto  precettivo  della  norma,  atteso  che  non
    avrebbe ragion d'essere ne' la previsione del divieto  (non  solo
    di iniziare, ma anche) di proseguire le azioni  esecutive.  Resta
    da verificare un'ultima opzione: quella di un'interpretazione che
    - con  riguardo  ai  pignoramenti  pregressi  -  non  escluda  la
    caducazione  degli  effetti  (e,  quindi,  l'inoperativita'   del
    vincolo giu' perfezionato sulle somme), ma  postuli  comunque  il
    carattere meramente temporaneo di tale fenomeno  sotto  forma  di
    «reviviscenza» del vincolo allo spirare del termine  sancito  dal
    legislatore (ovviamente, sulle  sole  disponibilita'  finanziarie
    successive). Tuttavia, neppure tale soluzione appare  plausibile.
    Anzitutto, oltre ai sopra citati elementi di carattere  letterale
    e logico-sistematico  deve  evidenziarsi  come  un  fenomeno  del
    genere non solo appaia  sostanzialmente  sconosciuto  al  vigente
    ordinamento   giuridico   processuale,   ma   ponga   soprattutto
    inevitabili problemi in relazione alle modalita' con cui  operare
    la pretesa «reviviscenza» del vincolo del  pignoramento,  essendo
    difficile ipotizzarne il ripristino automatico sol che  si  pensi
    alle esigenze di certezza nei rapporti con un  soggetto  estraneo
    alle vicende di debito-credito (tale essendo il terzo pignorato).
    Una tale interpretazione sovvertirebbe  infatti  principi  propri
    delle azioni esecutive consentendo  la  perdurante  pendenza  del
    processo espropriativo seppur  epurato  del  suo  effetto  tipico
    sostanziale, ossia del vincolo di  indisponibilita'  relativa  di
    cui all'art. 2913 del  codice  civile,  potendo  l'ente  disporre
    delle somme pignorate per tutto  l'arco  temporale  previsto.  In
    ogni caso, poi, una soluzione di tal genere non escluderebbe  che
    - stante la caducazione del vincolo del pignoramento (sebbene con
    un'efficacia  per  cosi'  dire  temporanea)  -  sarebbe  comunque
    paralizzato il diritto di  agire  esecutivamente  del  creditore.
    Dunque, non verrebbe  eliminato  quel  punto  di  «frizione»  con
    l'esigenza di assicurare la tutela costituzionale del diritto  di
    azione  del  creditore.  ****  Le  considerazioni  che  precedono
    comportano che, nel  caso  di  specie,  questo  giudice  dovrebbe
    procedere non gia' all'ordinanza  di  assegnazione,  bensi'  alla
    dichiarazione  di  definitiva  improcedibilita'  della   presente
    esecuzione. In conformita' alla complessiva interpretazione sopra
    operata,   infatti,   la   sopravvenuta   previsione    dell'art.
    16-septies, comma 2, lett. g) cit., si  risolve  nel  venir  meno
    dell'oggetto dell'esecuzione gia' intrapresa in conseguenza della
    caducazione ex  lege  del  vincolo  del  pignoramento.  Tuttavia,
    appare legittimo dubitare della compatibilita'  di  una  siffatta
    conclusione in relazione alle disposizioni degli artt. 24  e  111
    Cost. in teme di tutela  giurisdizionale  dei  diritti  e  giusto
    processo e cio' in virtu' di quanto rimarcato dalla stessa  Corte
    costituzionale  in  plurime  occasioni  relative   a   previsioni
    legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti
    di determinate categorie di enti pubblici (e,  in  special  modo,
    quelli del servizio sanitario nazionale). Ai  fini  di  opportuna
    sintesi appare anzitutto opportuno  richiamare  quanto  precisato
    nella sentenza n. 186 del 2013, nella quale -  nell'esaminare  la
    questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51,  della  legge
    n. 220 del 2010 (disposizione che ha rappresentato il modello  di
    riferimento utilizzato per l'art. 117 cit. e anche  nel  caso  di
    specie)  -  i  giudici  costituzionali   hanno   compendiato   le
    condizioni in presenza delle quali la previsione del  divieto  di
    zioni esecutive e la caducazione delle  procedure  gia'  pendenti
    possa ritenersi compatibile con i principi degli artt. 24  e  111
    Cost. Nelle parole della Corte un intervento legislativo  di  tal
    fatta  «puo'  ritenersi  giustificato  da  particolari   esigenze
    transitorie qualora,  per  un  verso,  siffatto  svuotamento  sia
    limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n.  155  del
    2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso,  le  disposizioni  di
    carattere  processuale  che  incidono   sui   giudizi   pendenti,
    determinandone   l'estinzione,    siano    controbilanciate    da
    disposizioni  di  carattere  sostanziale  che,  a   loro   volta,
    garantiscono, anche per  altra  via  che  non  sia  quella  della
    esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione  dei  diritti
    oggetto delle procedure  estinte  (in  tal  senso  cfr.  altresi'
    sentenze n. 277  del  2012  e  n.  364  del  2007)».  Ancor  piu'
    emblematiche le osservazioni della Corte nella piu' volte  citata
    sentenza n.  236  del  2021,  nella  quale  -  nell'esaminare  la
    questione della legittimita' dell'art.  117,  quarto  comma,  del
    d.l. n. 34 del 2020,  convertito  in  legge  n.  77  del  2020  e
    prorogato nei suoi effetti dall'art. 3, comma 8 del d.l.  n.  183
    del 2020 - e'  stato  osservato  che:  «l'originaria  durata  del
    «blocco» delle esecuzioni  e  dell'inefficacia  dei  pignoramenti
    disposti dall'art. 117, comma 4, del d.l.  n.  34  del  2020  era
    contenuta in poco piu' di sette mesi, dall'entrata in vigore  del
    19 maggio 2020 fino al 31 dicembre dello stesso anno.  La  misura
    si esauriva quindi nella prima fase dell'emergenza  pandemica  da
    COVID-19 - quella piu' acuta e destabilizzante -,  allorche'  una
    sospensione indistinta e generalizzata delle procedure  esecutive
    nei confronti degli enti  sanitari  poteva  dirsi  ragionevole  e
    proporzionata,  «per  agevolare  una  regolare  programmazione  e
    gestione amministrativa  e  contabile  dei  pagamenti»,  come  si
    esprime  la  relazione  illustrativa  al  disegno  di  legge   di
    conversione del d.l. n. 34 del 2020.  Sono  pertanto  fondate  le
    questioni di legittimita' costituzionale concernenti l'art.  117,
    comma 4, del d.l. n. 34 del  2020,  come  convertito,  nella  sua
    formulazione originaria. Nonostante  l'evoluzione  dell'emergenza
    sanitaria  e  la  possibilita'  di  ricalibrare  su  di  essa  la
    programmazione di cassa, l'art. 3, comma 8, del d.l. n.  183  del
    2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un  intero
    anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa  tra
    i  loro  diritti  giudizialmente  accertati   e   gli   interessi
    dell'esecutato pubblico. In tal modo, gli effetti negativi  della
    protrazione del «blocco» delle  esecuzioni  sono  stati  lasciati
    invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure  possono
    trovarsi anche soggetti cui e' stato riconosciuto un risarcimento
    in quanto gravemente danneggiati nella loro  salute  o  operatori
    economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente
    tollerabile ab origine, la misura e'  divenuta  sproporzionata  e
    irragionevole per effetto di una proroga di  lungo  corso  e  non
    bilanciata da una piu' specifica ponderazione degli interessi  in
    gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale  ex  art.
    24 Cost. nonche', al  contempo,  la  parita'  delle  parti  e  la
    ragionevole  durata  del   processo   esecutivo.   Il   protratto
    sacrificio  imposto  ai  creditori   sul   piano   della   tutela
    giurisdizionale avrebbe potuto essere  ricondotto  a  conformita'
    con i parametri costituzionale ove  fosse  stata  approntata  una
    tutela alternativa di contenuto sostanziale.  Se  e'  dubbio  che
    questa  potesse  rinvenirsi  nell'anticipazione   di   liquidita'
    prevista dall'art.  117,  comma  5  del  d.l.  n.  34  del  2020,
    considerato che l'accesso  ad  essa  era  rimesso  ad  un'opzione
    volontaria del debitore regionale, certo e' che il termine per la
    richiesta di provvista e' scaduto il 7  luglio  2020,  e  non  e'
    stato riaperto, cosicche',  seppure  un  meccanismo  compensativo
    sussisteva, esso e' venuto meno in regime di proroga. Deve essere
    quindi dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,
    comma  8,  del  d.l.  n.  183  del  2020,  come  convertito,  per
    violazione degli artt. 24 e  111  Cost.,  con  assorbimento  ella
    questione di cui all'art. 3 Cost.».  I  principi  espressi  dalla
    Corte trovano piena applicazione anche al caso di specie  ove  e'
    legittimo dubitare del rispetto delle condizioni  indicate.  Deve
    invero rilevarsi che l'orizzonte temporale della disposizione  in
    discorso (art. 16-septies, comma 2, lett. g) e' stato  ampiamente
    dilatato sino a tutto il 2025, in  assenza  di  alcun  meccanismo
    idoneo ad assicurare una tutela sostanziale in  via  equivalente.
    Occorre inoltre tener conto della ratio dell'intervento normativo
    quale esplicitata expressis verbis nell'incipit del comma 2 e nel
    comma 2, lett. g)  ove  si  legge:  «al  fine  di  assicurare  il
    rispetto  della  direttiva  europea  sui  tempi  di  pagamento  e
    l'attuazione del piano di rientro dei  disavanzi  sanitari  della
    Regione Calabria;  lett.  g)  (...)  al  fine  di  coadiuvare  le
    attivita' previste dal presente comma,  assicurando  al  servizio
    sanitario della Regione Calabria la  liquidita'  necessaria  allo
    svolgimento  delle  predette  attivita'  finalizzate   anche   al
    tempestivo pagamento dei debiti commerciali». In  altri  termini,
    al precipuo fine dii garantire il rientro dal disavanzo sanitario
    e  ovviare  ai  perduranti  ritardi  nei  pagamenti  dei   debiti
    commerciali  la  norma  intende  liberare  liquidita'  in  favore
    dell'esercizio sanitario regionale ad esclusivo danno  di  quelle
    stesse posizioni creditorie che intenderebbe tutelare.  In  tema,
    non puo' non evidenziarsi che la previsione  normativa  determina
    una  manifesta  lesione   dei   principi   cristallizzati   nelle
    disposizioni di cui agli artt. 24 e 111 Cost. in tema  di  tutela
    giurisdizionale dei diritti, giusto processo  e  sua  ragionevole
    durata; i creditori incisi dalla disposizione di legge in  esame,
    ancorche' muniti di titolo esecutivo e benche' parti attive di un
    gia'  avviato  processo  espropriativo,   subiscono   cosi'   una
    irragionevole frustrazione delle  proprie  legittime  ragioni  di
    credito, gia' frustrate per quasi due anni  dalla  causa  di  non
    procedibilita' disposta con l'art. 117 cit. In buona  sostanza  i
    titolari di diritti  di  credito  verso  gli  enti  del  servizio
    sanitario regionale dovrebbero sostenere a loro esclusivo danno i
    costi di una  improcedibilita'  che  da  maggio  2020  viene  ora
    sostanzialmente prorogata tutto il 2025 (di fatto determinando la
    caducazione del vincolo pignoratizio), nella labile speranza  che
    la liquidita' vincolata a loro favore in virtu'  di  pignoramenti
    intrapresi venga, quantomeno in parte, destinata a soddisfare  le
    loro ragioni. In pratica la norma manifesta una sorta di  anomalo
    meccanismo di composizione  concorsuale  dei  crediti  del  tutto
    avulso dal sistema ordinamentale e scevro da  qualsivoglia  forma
    di controllo giudiziale sulle modalita' attuative. A questo  unto
    deve essere ulteriormente  rimarcato  anche  la  disposizione  in
    esame, limitata nei suoi effetti al servizio sanitario  regionale
    calabrese, e' del tutto analoga a quella di cui all'art. 117  del
    d.l. n. 34/2020, dichiarato incostituzionale con sentenza n.  236
    del 2021 in ragione dell'ingiustificata proroga dal  31  dicembre
    2020 al 21 dicembre 2021 (si riporta nuovamente  il  testo  della
    norma: «Al fine di far  fronte  alle  esigenze  straordinarie  ed
    urgenti derivanti  dalla  diffusione  del  COVID-19  nonche'  per
    assicurare  al  Servizio  sanitario   nazionale   la   liquidita'
    necessaria allo svolgimento delle attivita'  legate  alla  citata
    emergenza,  compreso   un   tempestivo   pagamento   dei   debiti
    commerciali, nei confronti  degli  enti  del  Servizio  sanitario
    nazionale di cui all'art. 19 del decreto  legislativo  23  giugno
    2011, n. 118, non possono essere intraprese o  proseguite  azioni
    esecutive. I  pignoramenti  e  le  prenotazioni  a  debito  sulle
    rimesse  finanziarie  trasferite  dalle  regioni  agli  enti  del
    proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della  data
    di entrata in vigore del  presente  provvedimento  non  producono
    effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio
    sanitario regionale e di tesorieri, i quali possono disporre, per
    le   finalita'   dei   predetti   enti   legate   alle   gestione
    dell'emergenza sanitarie e al pagamento dei debiti,  delle  somme
    agli  stessi  trasferite  durante   il   suddetto   periodo.   Le
    disposizioni del presente comma si applicano fino al 31  dicembre
    2020»). In  definitiva,  le  uniche  sostanziali  differenze  tra
    l'art. 117 cit. e la norma di cui all'art.  16-septies  lett.  g)
    sono:  -  l'assenza  di  qualsivoglia  riferimento  all'emergenza
    pandemica da COVID-19; - la differente durata temporale della non
    procedibilita' che in tale ultimo caso e' ben piu' ampia (oltre 4
    anni) degli iniziali  7  mesi  previsti  dall'art.  117.  Ebbene,
    questo giudice ritiene che dal  momento  che  una  cosi'  ambigua
    causa  di  non  procedibilita'  non  ha  superato  il  vaglio  di
    costituzionalita'  per  le  ragioni  indicate   nella   riportata
    pronuncia n. 236 del 2021  (e  pur  nell'attualita'  della  crisi
    sanitaria da COVID-19) non appare  irragionevole  ipotizzare  una
    conclusione analoga rispetto a alla previsione  di  cui  all'art.
    16-septies comma 2 lett. g), specie considerato che  gli  effetti
    della disposizione di nuovo conio sono, come  visto,  ancor  piu'
    lesivi dei diritti costituzionali  dei  soggetti  coinvolti.  Sul
    punto, si ribadisce che nell'art. 16-septies cit.  scompare  ogni
    riferimento agli effetti dell'emergenza epidemiologica che  aveva
    legittimato  un  limitato  intervento  a  tutela   del   servizio
    sanitario (per soli 7 mesi - cosi' Corte Cost. n. 236 del  2021);
    la ratio ispiratrice dell'intervento non e' infatti riconnessa ad
    una grave e non prevedibile  crisi  sanitaria  bensi'  alla  sola
    necessita' di favorire il rientro dal disavanzo  sanitario  della
    Regione Calabria,  circostanza  non  certo  improvvisa  e  ignota
    (bensi' ignorata) posto che  il  commissariamento  della  sanita'
    calabrese perdura da oltre un decennio. A cio' si aggiunga che la
    dilatazione del periodo di non procedibilita' sino al 31 dicembre
    2025  rende  lampante  l'assenza  di  un'oculata  operazione   di
    bilanciamento tra i vari interessi coinvolti, incidendo  in  modo
    diretto e sostanziale anche sugli effetti della citata  pronuncia
    n. 236 del 2021. In relazione a tale ultimo  assunto  si  osserva
    che  nonostante   le   pronunce   dichiarative   d'illegittimita'
    costituzionale producano effetti  erga  omnes  con  efficacia  ex
    tunc, salvi i cc.dd. rapporti esauriti, nel  caso  dei  creditori
    del servizio sanitario calabrese  la  pronuncia  dichiarativa  di
    incostituzionalita' verrebbe, nei fatti, privata dei suoi effetti
    sostanziale e cio' poiche' la  norma  sopravvenuta  determina  un
    sostanziale prolungamento,  senza  soluzione  di  continuita'  di
    quanto disposto con la proroga di cui all'art. 3,  comma  8,  del
    d.l. n. 183 del 2020, dichiarata  incostituzionale  con  la  piu'
    volte citata sentenza n. 236 del 2021. E' del tutto evidente  che
    la declaratoria di incostituzionalita' di cui  alla  sentenza  n.
    236 sia intervenuta (dicembre 2021) allorquando la norma aveva di
    fatto esaurito i suoi  effetti  (previsti  sino  al  31  dicembre
    2021);  ne  consegue  che  la  disposizione   di   cui   all'art.
    16-septies, comma 2 lett. g) nel replicare in termini  pedissequi
    il  contenuto  dell'art.  117  cit.  determina   un   sostanziale
    prolungamento degli effetti di  una  norma  di  legge  dichiarata
    incostituzionale, ancorche' rispetto  al  solo  territorio  della
    Regione Calabria. A parere di questo  giudicante,  tale  limitata
    efficacia   territoriale   non   rappresenta    un    presupposto
    giustificativo dell'intervento, tale da consentire un superamento
    in via interpretativa delle criticita'  evidenziate,  all'opposto
    evidenzia  un  ulteriore  elemento  di  frizione   costituzionale
    rispetto al principio di eguaglianza di cui all'art.  3  Cost.  e
    del  suo   corollario   della   ragionevolezza.   In   tema,   la
    giurisprudenza della Corte costituzionale, sin dai primi anni  di
    attivita', ha affermato che l'eguaglianza «e' principio  generale
    che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obiettiva  struttura
    (cosi', sent. n. 25 del 1996)», nonche', secondo la sent. n.  204
    del 1982, «canone di coerenza (...) nel  campo  delle  norme  del
    diritto». La lettura che la giurisprudenza della  Corte  ha  dato
    del principio di eguaglianza - inteso in senso sia formale, quale
    regola della forza e dell'efficacia della legge, sia sostanziale,
    quale regola del contenuto della stessa - ha portato a  enucleare
    anche un generale principio di «ragionevolezza»,  alla  luce  del
    quale la legge deve regolare in maniera uguale situazioni  uguali
    a  in  maniera  razionalmente  diversa  situazione  diverse   «il
    principio di eguaglianza e' violato anche quando la legge,  senza
    un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini
    che si trovino in eguali  situazioni  (sent.  n.  15  del  1960),
    poiche'  l'art.  3  Cost.  vieta  disparita'  di  trattamento  di
    situazioni simili e discriminazioni irragionevoli  (sent.  n.  96
    del 1980)». L'applicazione di tali principi  al  caso  di  specie
    rende  ampiamente   legittimo   il   dubbio   circa   la   tenuta
    costituzionale della  disposizione  di  cui  all'art.  16-septies
    lett. g) della legge 17 dicembre 2021 n. 215, di conversione  del
    decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, rispetto al  profilo  della
    ragionevolezza dell'intervento e della disparita' di  trattamento
    in situazioni identiche. Il principio di  eguaglianza  e  il  suo
    corollario della  ragionevolezza  guardano  al  beneficiario  del
    diritto sicche', di conseguenza, del tutto immotivata  si  palesa
    la diversita' di  trattamento  su  base  regionale  riservata  ai
    titolari di diritti di  credito  nei  confronti  degli  enti  del
    servizio sanitario calabrese. Invero, gli effetti della norma  di
    legge  comportano  che  una  qualsivoglia   persona,   fisica   o
    giuridica, titolare di diritti di  credito  nei  confronti  degli
    enti del sistema sanitario potra' efficacemente  agire  a  tutela
    dei propri diritti in una qualunque regione d'Italia  (pur  nella
    perdurante vigenza crisi sanitaria da  COVID-19)  ma  non  se  il
    debitore  e'  un  ente  del  servizio  sanitario  della   Regione
    Calabria.  Ancora,  un  medesimo  soggetto  giuridico  che  vanti
    diritti di credito nei confronti di  plurimi  enti  del  servizio
    sanitario, sedenti in diverse regioni, potra' agire a tutela  dei
    propri  diritti  rivolgendosi  all'autorita'  giudiziaria  presso
    qualsiasi ufficio del territorio nazionale ad eccezione di quelli
    calabresi, il cui territorio sara' l'unico ad essere inciso da un
    profondo vulnus nella tutela  dei  diritti  e  nella  conseguente
    possibilita' di agire in giudizio. A cio' si aggiunga che oltre a
    degradare la tutela dei  diritti  in  un'unica  regione  italiana
    l'efficacia temporale di tale «blocco  sistematico»  e'  prevista
    sino al 31 dicembre 2025,  termine  di  gran  lunga  superiore  a
    quello indicato nelle precedenti norme  di  analogo  tenore,  pur
    dichiarate incostituzionali. La  giustificazione  dell'intervento
    non  trova  neppure  la   propria   fonte   nelle   imprevedibili
    difficolta' connesse all'emergenza pandemica (come avvenuto nelle
    altre disposizioni citate), bensi' nell'esigenza di attenuare gli
    effetti del fallimento sistematico del sistema  sanitario,  tanto
    nella fase di gestione in capo alla Regione Calabria  quanto  nel
    lungo decennio di gestione commissariale; il tutto  ad  esclusivo
    danno dei titolari di posizioni  creditorie,  impossibilitati  ad
    agire a tutela dei propri diritti (art. 24 Cost.) mediante  avvio
    di un processo giusto e ragionevole  nei  suoi  tempi  (art.  111
    Cost.),  in  manifesta  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai
    titolari di analoghi diritti vantati nei confronti  di  enti  dei
    servizi  sanitari  regionali  diversi  da  quelli  della  Regione
    Calabria (art. 3 Cost.) *** In definitiva, le considerazioni  che
    precedono  inducono  a   configurare   come   rilevante   e   non
    manifestamente   infondata   la   questione    di    legittimita'
    costituzionale dell'art. 16-septies lett. g) della  legge  n.  17
    dicembre 2021 n. 215, di conversione del decreto-legge 21 ottobre
    2021 n. 146, sotto un triplice profilo: Anzitutto,  in  relazione
    al parametro dell'art. 24 Cost., atteso che il «sacrificio» posto
    a  carico  dei  creditori  degli  enti  del  servizio   sanitario
    regionale (sotto forma di improcedibilita' delle azioni esecutive
    dagli stessi  gia'  promosse)  non  appare  «bilanciato»  con  la
    previsione di un sistema di  effettiva  tutela  equivalente,  con
    consequenziale vanificazione Firmato Da:  Rizzuti  Davide  Emesso
    Da:     ARUBAPEC      S.P.A.      NG      CA      3      Serial#:
    29d72d69b7b5a85c6b1594dd4553c430  degli  effetti   della   tutela
    giurisdizionale  gia'  conseguita  nei   procedimenti   esecutivi
    promossi da quei creditori; in secondo luogo, poi,  in  relazione
    altresi' al  parametro  dell'art.  111  Cost.  con  riguardo   al
    concetto  della  «parita'  delle  armi»,  atteso  che,   con   la
    disposizione censurata, il legislatore ha finito  per  introdurre
    una fattispecie di ius singulare che - pur originata  da  ragioni
    afferenti la  necessita'  di  operare  un  rientro  al  disavanzo
    finanziario - ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni
    in gioco, esentando quella pubblica, di  cui  lo  Stato  risponde
    economicamente,  dagli  effetti  pregiudizievoli  delle  condanne
    giudiziarie subite; in terzo luogo, in relazione al principio  di
    eguaglianza  di  cui  all'art.  3  e  del  suo  corollario  della
    ragionevolezza, posto  che  la  norma  in  esame  ha  determinato
    un'effettiva disparita' di  trattamento  tra  posizioni  analoghe
    introducendo  un  blocco  sistematico  in  un'unica  regione  del
    territorio nazionale con l'ulteriore  conseguenza  di  prolungare
    (rispetto ai soli creditori degli  enti  del  servizio  regionale
    calabrese)  gli  effetti  di  una  disposizione  normativa   gia'
    dichiarata incostituzionale con la  sentenza  n.  236  del  2021.
    Nella misura in cui la disposizione dell'art. 16-septies comma  2
    lett. g) dovrebbe trovare applicazione nel caso  di  specie  (con
    conseguente rilevanza della questione ai fini del prosieguo della
    presente procedura), pertanto, ritiene questo giudice di disporre
    d'ufficio la rimessione degli atti alla Corte costituzionale  per
    la soluzione della questione di legittimita'  sopra  prospettata.
    P.Q.M. Letto l'art. 23 della  legge  n.  87  del  1953:  dichiara
    d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata  la  questione
    di legittimita' dell'art. 117, quarto comma, del D.L. n.  34  del
    2021, convertito in legge n. 77 del  2021,  in  riferimento  agli
    artt. 24 e 111 Cost. e per l'effetto;  -  Dispone  la  rimessione
    degli atti alla  Corte  costituzionale.  -  Dichiara  sospeso  il
    presente procedimento. - Dispone la comunicazione della  presente
    ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti del procedimento,
    alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della
    Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.  Cosi'  deciso
    in Crotone in data 1°  febbraio  2022  Il  giudice  dott.  Davide
    Rizzuti 

(4) Occorre distinguere tra sospensione propria per  pregiudizialita'
    (art. 295 c.p.c., secondo cui «Il giudice dispone che il processo
    sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice  deve
    risolvere una controversia,  dalla  cui  definizione  dipende  la
    decisione della causa») e sospensione impropria in senso  stretto
    (incidente di costituzionalita',  questione  eurounitaria)  e  in
    senso lato (sospensione  per  questione  di  costituzionalita'  o
    eurounitaria   sollevata   da   altro   giudice),   istituto   di
    elaborazione giurisdizionale che, in  assenza  di  una  contraria
    disposizione normativa, e' stato pensato per ragioni di  economia
    processuale, per evitare plurime rimessioni a diverso giudice  di
    identica questione sollevata in altro giudizio.