IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                          (Sezione Seconda) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1108 del 2021, proposto da: Detto Factor  S.p.a.  -
in liquidazione, in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentata  e  difesa  dall'avvocato   Alessia   Melchiorri,   con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
    contro Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, in  persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentata   e   difesa
dall'avvocato Giuseppe Brogno, con domicilio digitale come da PEC  da
Registri di Giustizia; 
    per l'ottemperanza: 
        della sentenza del Tribunale di Cosenza del 5 maggio 2015, n.
668; 
        della sentenza del Tribunale di Cosenza del 14  agosto  2015,
n. 1366. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  di  Azienda  sanitaria
provinciale di Cosenza; 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2022  il
dott. Francesco Tallaro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
I. - I fatti di causa 
    I.1. - Con ricorso notificato il 21 giugno 2021 e  depositato  il
successivo 1° luglio, Detto Factor S.p.a. -  in  liquidazione  si  e'
rivolta a questo  Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  ottenere
l'ottemperanza di due sentenze, in forza delle quali essa  vanterebbe
nei confronti dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza ancora un
credito di euro 2.882.792,59 per sorte capitale, oltre agli interessi
ammontanti, alla data del  31  aprile  2021,  ad  euro  1.836.321,09,
nonche' oltre a euro  44.339,42  a  titolo  di  spese  legali  (cosi'
composte: euro 11.472,00  liquidate  nelle  sentenze;  euro  26,94  a
titolo di esborsi per copie delle sentenza; euro 4,98 quali spese  di
notifica; euro 32.835,50 per tassa di registro). 
    I.2. - Invero, su ricorso proposto da Detto Factor  S.p.a.  -  in
liquidazione, quale cessionaria  dei  crediti  vantati  dall'Istituto
Ninetta Rosano S.r.l.  per  l'erogazione  di  prestazioni  di  pronto
soccorso rese nel corso dell'anno 2007, in  data  7  agosto  2009  il
Tribunale di Cosenza aveva emesso il decreto ingiuntivo n. 1247,  con
il quale avevo intimato all'Azienda sanitaria provinciale di  Cosenza
il  pagamento  della   somma   di   euro   996.587,68,   oltre   alla
corresponsione di interessi moratori, per come richiesti in  ricorso,
nella misura di cui all'art. 5 decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.
231, calcolati  dal trentunesimo  giorno  dalla  presentazione  della
fattura per il 70%  del  credito  e  dal novantunesimo  giorno  dalla
presentazione  della  fattura  per  il  restante  30%,  nonche'  alla
rifusione delle spese e competenze del procedimento monitorio. 
    Proposta opposizione da parte dell'azienda ingiunta, il Tribunale
di Cosenza l'aveva rigettata con sentenza del 5 maggio 2015, n.  668,
passata in cosa giudicata. 
    Con la sentenza vi era stata altresi' condanna di parte opponente
alla rifusione, in favore di parte opposta, delle spese della fase di
opposizione. 
    I.3. - La seconda sentenza di cui Detto Factor S.p.a. ha  chiesto
l'ottemperanza e' stata pronunciata sempre dal Tribunale  di  Cosenza
il 14 agosto 2015, n. 1366. 
    Essa e' stata resa sull'opposizione proposta dall'ASP di  Cosenza
avverso il decreto ingiuntivo del 31 dicembre 2010, n. 1594, ottenuto
dalla diversa societa' Beta Skye S.r.l. per ulteriori crediti vantati
dall'Istituto Ninetta Rosano S.r.l. e da questa ceduti all'istante. 
    Il Tribunale di Cosenza ha rigettato la predetta opposizione,  ma
ha poi revocato, in virtu' del parziale pagamento  intervenuto  nelle
more, il decreto ingiuntivo opposto, condannando  l'azienda  intimata
al pagamento, in favore di Beta Skye  S.r.l.,  della  somma  di  euro
1.886.204,91, oltre alla corresponsione di  interessi  ai  sensi  del
decreto legislativo n. 231 del 2002 dalla costituzione in mora del 25
gennaio 2011, nonche' alla rifusione  delle  spese  processuali,  con
distrazione in favore del costituito procuratore. 
    I.4. - Come anticipato, Detto Factor S.p.a.  ha  chiesto  che  il
Tribunale Amministrativo Regionale adito ordini all'ASP di Cosenza il
compimento degli atti utili e necessari a dare  piena  esecuzione  al
giudicato  derivante  dalle  due  sentenze,   fissando   un   termine
perentorio  per  il  pagamento  del  complessivo  importo   di   euro
4.769.744,42, oltre ulteriori interessi ex decreto legislativo n. 231
del 2002 dal  1°  maggio  2021,  nonche'  il  pagamento  delle  spese
liquidate in ciascuna sentenza e la rifusione delle spese successive,
comprese quelle di registrazione. 
    La  societa'  ricorrente  ha,  inoltre,   chiesto   la   condanna
dell'azienda intimata al ristoro  di  tutti  i  danni  connessi  alla
violazione o elusione del giudicato per fatto e  volonta'  imputabili
solo alla pubblica amministrazione; nonche' la nomina immediata di un
Commissario ad acta. 
    I. 5. - L'ASP di Cosenza si e' costituita in giudizio con memoria
depositata il 28 luglio 2021. 
    Con essa e'  stata  dedotta  l'inammissibilita'  del  ricorso  in
ottemperanza, in base  a  quanto  disposto  dall'art.  117,  comma  4
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,  conv.  con  mod  con  legge  17
luglio  2020,  n.  77,  come  modificato   dall'art.   3,   comma   8
decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, conv. con mod. con  legge  26
febbraio 2021, n. 21. 
    Tale   norma   -   nelle    more    del    giudizio    dichiarata
costituzionalmente   illegittima    con    sentenza    della    Corte
costituzionale  del  24  novembre  2021,  n.  236  -   prevedeva   la
sospensione sino al 31 dicembre 2021 delle azioni esecutive  proposte
nei confronti degli Enti del Servizio sanitario nazionale. 
    I.6. - Con memoria depositata il 18 gennaio 2022, in vista  della
trattazione del ricorso, l'ASP di Cosenza  ha  integrato  le  proprie
difese, deducendo: 
        a) quanto alla sentenza n. 668 del 2015: 
          a1) il credito si sarebbe estinto in  forza  dell'ordinanza
del Tribunale di Cosenza del 22 dicembre 2021,  a  definizione  della
procedura esecutiva n. 387/2012 R.G.E.; 
          a2) in ogni caso, il giudizio di ottemperanza  risulterebbe
ab origine inammissibile per difetto di legittimazione attiva, avendo
Detto Factor S.p.a. - in liquidazione ceduto in blocco a Rubicon  SPV
S.r.l. «ogni e qualsiasi credito»; 
          a3) non vi  sarebbe,  inoltre,  prova  della  notifica  del
titolo esecutivo presso la sede legale dell'ASP di Cosenza, per  come
richiesto dall'art. 14 decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669,  conv.
con legge 28 febbraio 1997, n. 30; 
          a4) infine, con determina  del  10  giugno  2019,  n.  377,
sarebbe stato  disposto  e  quindi  eseguito  un  pagamento  di  euro
690,000,00, a seguito di provvedimento di  assegnazione,  ancora  una
volta da parte del Tribunale di Cosenza, con  ordinanza  n.  294  del
2018, relativa al procedimento n. 1221/2016 R.G.E. 
        b) quanto alla sentenza n. 1366 del 2015: 
          b1)  vi  sarebbe  un  evidente  difetto  di  legittimazione
attiva, essendo stata parte del giudizio la Beta Skye  S.r.l.  e  non
gia' la Detto Factor S.p.a. - in liquidazione; 
          b2) in  ordine  alle  spese  legali  vi  sarebbe  ulteriore
ragione di carenza di legittimazione attiva, essendo state  distratte
in favore dei procuratori costituiti; 
          b3) anche tale credito sarebbe stato  ceduto  in  blocco  a
Rubicon SPV S.r.l.; 
          b4) in ogni caso, vi sarebbe  stato,  come  si  evincerebbe
dagli avvisi di pagamento n. 5892 del 1° giugno 2010, n. 6110  del  7
agosto 2010, n. 8440 del 9 settembre 2010 e n. 10050 del  9  novembre
2010, il pagamento del credito riconosciuto con la sentenza. 
    Infine,  l'ASP  di  Cosenza  ha  dedotto  che   il   ricorso   in
ottemperanza sarebbe inammissibile o comunque improcedibile in virtu'
della sospensione delle  esecuzioni  nei  confronti  degli  Enti  del
servizio  sanitario  della   Regione   Calabria   disposta   con   il
sopravvenuto art. 16-septies, comma 2, lettera  g)  decreto-legge  21
ottobre 2021, n. 146, conv. con mod. con legge 17 dicembre  2021,  n.
215. 
    I.7. - Il 21 gennaio 2022 Detto Factor S.p.a. ha depositato a sua
volta memoria, prendendo posizione sulle eccezioni processuali  e  di
merito sollevate dall'azienda intimata. 
    Innanzitutto, essa ha negato che  i  crediti  di  cui  si  tratta
rientrino tra quelli ceduti a Rubicon SPV S.r.l. 
    Quindi, ha escluso che i pagamenti effettuati dall'ASP di Cosenza
possano essere ritenuti  liberatori,  essendo  stati  effettuati  nei
confronti della societa' cedente. 
    Ha poi precisato che l'ordinanza del Tribunale di Cosenza del  22
dicembre 2021, a definizione della procedura n. 387/2021  R.G.E.,  e'
successiva alla proposizione del ricorso in ottemperanza e,  in  ogni
caso, ha assegnato solo le  somme  necessarie  alla  rifusione  delle
spese di lite liquidate con la sentenza n. 668 del 2015. 
    Ha inoltre allegato che, se e' vero che la sentenza n.  1366  del
2015 e' stata resa in favore  di  Beta  Skye  S.r.l.,  tale  societa'
avrebbe retrocesso a Detto Factor S.p.a. - in liquidazione i  crediti
oggetto della pronuncia. 
    Ancora, ha lamentato l'illegittimita', anche  per  contrasto  con
gli articoli 2 e 24 Costituzione, del citato art.  16-septies,  comma
2, lettera g) decreto-legge n. 215 del 2021. 
    Infine, ha ipotizzato il rinvio nella  trattazione  del  ricorso,
onde attendere l'esito di  due  procedure  esecutive  avviate  per  i
medesimi crediti. 
    I.8 - Il ricorso, previo deposito di ulteriore memoria di replica
da parte dell'ASP di Cosenza, e' stato trattato all'udienza  camerale
del 9 febbraio 2022 e spedito in decisione. 
II. - La questione di legittimita' costituzionale 
    E'  opinione  del  Tribunale  Amministrativo  Regionale  che  sia
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale   dell'art.   16-septies,   comma   2,   lettera    g)
decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di
conversione, e cioe' la legge 17 dicembre 2021, n. 215, per contrasto
con l'art. 24 della Costituzione, da solo  e,  nella  misura  in  cui
riguardi anche il giudizio d'ottemperanza svolto davanti  al  giudice
amministrativo,  in  combinata   lettura   con   l'art.   113   della
Costituzione. 
III. - La rilevanza della questione 
    III.1.  -  La  disposizione  della  cui  compatibilita'  con   la
Costituzione si dubita  cosi'  recita:  «al  fine  di  coadiuvare  le
attivita' previste dal  presente  comma  (e  cioe'  le  attivita'  di
controllo,  liquidazione  e  pagamento  delle  fatture,  sia  per  la
gestione corrente che per  il  pregresso,  nonche'  le  attivita'  di
monitoraggio e di gestione  del  contenzioso,  NDR),  assicurando  al
servizio sanitario della Regione Calabria  la  liquidita'  necessaria
allo  svolgimento  delle  predette  attivita'  finalizzate  anche  al
tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti
del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19  del
decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118,  non  possono  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della
presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». 
    III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre
che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice  di  procedura
civile,  anche  al  giudizio  di  ottemperanza,   che,   secondo   la
consolidata  giurisprudenza  amministrativa,  ha  funzione  e  natura
esecutiva, allorche' sia  attivato  ai  fini  dell'esecuzione  di  un
provvedimento di giudice civile. 
    Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un  titolo
formatosi davanti al giudice  ordinario,  il  giudice  amministrativo
deve svolgere un'attivita'  meramente  esecutiva  senza  possibilita'
d'integrare la sentenza, (cfr., tra le tante, Cons. Stato,  Sez.  VI,
13 maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V,  2  febbraio  2009,  n.
561; Cons. Stato, Sez. VI, 8  settembre  2008,  n.  4288;  C.G.A.,  8
settembre  2014,  n.   522)   dovendosi   limitare   all'accertamento
dell'esistenza   di   un   comportamento   omissivo   o   elusivo   e
all'attuazione  del  disposto  della  pronuncia  del  giudice  civile
passata in giudicato, trovando in essa un limite invalicabile (in tal
senso, Cons. Stato, Sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 145). 
    Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al  giudizio  di
ottemperanza la sospensione  delle  procedure  esecutive  individuali
prevista tanto all'art.  243-bis,  comma  4  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio
di bilancio di un ente locale (cfr. CGA  28  ottobre  2014,  n.  586;
Tribunale amministrativo regionale Sicilia  -  Catania,  Sez.  I,  11
luglio 2013, n. 2045), tanto dall'art.  248,  comma  2  del  medesimo
testo normativo per il caso di dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4
settembre 2018, n. 5184; Tribunale amministrativo regionale  Lazio  -
Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440; 
    III. 3. - Occorre, a  questo  punto,  prendere  posizione  su  un
orientamento  formatosi   nella   giurisprudenza   amministrativa   a
proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti
del Servizio Sanitario disposta in  passato  con  leggi  che  saranno
richiamate ultra. 
    Un certo orientamento (cfr. Cons.  Stato,  Sez.  III,  11  luglio
2013, n. 3726; Tribunale amministrativo regionale Calabria  -  Reggio
Calabria, 31 luglio 2020, n. 480) ritenne che la sospensione operasse
soltanto per la fase propriamente esecutiva, svolta  dal  Commissario
ad acta nominato dal giudice amministrativo, giacche' l'accoglimento,
da parte del  giudice,  della  domanda  di  ottemperanza  si  risolve
nell'ordine  alla  stessa  amministrazione  debitrice  di  provvedere
all'esecuzione entro un dato termine, rafforzando cosi' un ordine che
scaturisce gia' dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. 
    Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento  teste'
descritto. 
    Innanzitutto, esso opera una  distinzione,  quanto  agli  effetti
della sospensione, tra la fase dell'ottemperanza  svolta  davanti  al
giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario  ad  acta  da
esso nominato. Di tale distinzione, pero',  non  v'e'  traccia  nelle
varie previsioni legislative succedutesi, che, come  quella  oggi  in
rilievo, si limitano  a  vietare  che  le  azioni  esecutive  vengano
«intraprese» o «proseguite» nei confronti  degli  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale.  Peraltro,  l'uso  del  verbo   «intraprendere»
richiama  semanticamente  e  logicamente   l'attenzione   alla   fase
introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e  cioe'  al  momento  della
proposizione del ricorso. 
    In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale,
se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice
amministrativo,  quella  che  vede  il  Commissario  ad   acta   come
protagonista - hanno come unica finalita'  l'attuazione  del  comando
giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. 
    Infine, una simile opzione ermeneutica  comporterebbe  spreco  di
attivita'  giurisdizionale,  richiedendo  la  pronuncia  del  giudice
amministrativo sulla domanda  di  ottemperanza  senza  che,  poi,  il
privato  possa  ottenere  la  soddisfazione   del   credito   agitato
esecutivamente; e comportando elevate probabilita'  di  incidenti  di
esecuzione  proprio  in  ordine  all'applicabilita'   della   ridetta
sospensione. 
    III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua  evidenza  la  rilevanza
dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g)  decreto-legge
21 ottobre 2021, n. 146,  infatti,  questo  Tribunale  Amministrativo
Regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente  e  in  via  del  tutto
preliminare, improcedibile il ricorso proposto da Detto Factor S.p.a.
- in liquidazione, senza  dover  esaminare  le  altre  argomentazioni
difensive che l'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza ha esposto. 
    III.5 - Infatti, e' vero che l'ente intimato ha dedotto anche, in
via  preliminare,  l'inammissibilita'   del   ricorso   per   mancata
notificazione della sentenza n. 668 del  2015  all'Azienda  sanitaria
provinciale di Cosenza, ai sensi dell'art. 14  decreto-legge  n.  660
del 1996. 
    Tale eccezione di natura preliminare, pero',  riguarda  uno  solo
dei due titoli esecutivi su cui si fonda  l'azione  di  ottemperanza,
sicche', ove anche fosse fondata, non escluderebbe la  necessita'  di
questo Tribunale di pronunciarsi sull'azione di ottemperanza proposta
da Detto Factor S.p.a. - in liquidazione  per  la  soddisfazione  del
credito accertato con la sentenza n. 1366 del 2015. 
    D'altra parte,  a  parere  del  Tribunale,  la  questione,  posta
dall'eccezione  di  mancata  notifica   del   titolo,   deve   essere
logicamente affrontata solo allorche'  si  ammetta  in  via  generale
l'attuale esperibilita' dell'azione  di  ottemperanza  nei  confronti
degli Enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, cosa che la
norma, della cui legittimita' si dubita, esclude. 
    III.6.  -  Le  altre  difese  articolate  dall'Azienda  sanitaria
provinciale intimata attengono al merito. 
    Infatti, la questione  relativa  all'avvenuta  soddisfazione  dei
crediti agitati esecutivamente afferisce  all'attuale  esistenza  del
credito vantato da Detto Factor S.r.l. 
    Le problematiche relative alla titolarita' dal  lato  attivo  dei
crediti, posto che la sentenza n. 1366 del  2015  ha  pronunciato  in
favore di Beta Skye S.r.l. e posto che vi sarebbe stata  la  cessione
in blocco e pro soluto dei crediti a Rubicon SPV  S.r.l.,  riguardano
anch'esse la fondatezza dell'azione di ottemperanza, necessitando  di
un esame di merito precluso dall'art. 16-septies, comma 2, lettera g)
decreto-legge n. 146 del 2021. 
IV - La non manifesta infondatezza della questione 
    IV.1. - Il dubbio  di  incompatibilita'  tra  l'art.  16-septies,
comma 2, lettera g) decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146,  e  l'art.
24 della Costituzione e' alimentato dall'esame  della  giurisprudenza
della Corte costituzionale. 
    Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in
giudizio  per  la  tutela  dei   propri   diritti   comprende   anche
l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione
del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). 
    La tutela in sede esecutiva, infatti,  e'  componente  essenziale
del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno
strumento   indispensabile   per    l'effettivita'    della    tutela
giurisdizionale  perche'  consente  al  creditore  di  soddisfare  la
propria pretesa in mancanza di adempimento  spontaneo  da  parte  del
debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n.  198  del
2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del  1998;  ordinanza
n. 331 del 2001). 
    La fase di esecuzione  coattiva  delle  decisioni  di  giustizia,
proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della  funzione
giurisdizionale,   deve   ritenersi   costituzionalmente   necessaria
(sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di  effettivita'
della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante
di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n.  304  del
2011). 
    E' certo  riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  la
conformazione  degli  istituti  processuali,  con  il  limite   della
manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008);
ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga  un'ingiustificabile
compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del  2018;  negli
stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del  2021,  n.  271  del
2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). 
    La  sospensione  delle  procedure  esecutive   deve   costituire,
pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che  di
fatto svuoti di contenuto i titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti
nei confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato
da  particolari   esigenze   transitorie   qualora   [...]   siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza
n. 186 del 2013). 
    E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza  di  altri
diritti meritevoli di tutela - puo'  procrastinare  la  soddisfazione
del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche  in  sede
esecutiva. 
    Deve pero' sussistere un ragionevole bilanciamento tra  i  valori
costituzionali   in   conflitto,   da   valutarsi   considerando   la
proporzionalita'  dei  mezzi  scelti  in  relazione   alle   esigenze
obiettive da soddisfare e alle  finalita'  perseguite  (ex  plurimis,
cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011,  n.
229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). 
    IV.2. - Sulla base dei principi teste' illustrati,  la  Corte  ha
gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186,
l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n.  220,  sia  nel  testo
risultante a seguito delle  modificazioni  introdotte  dall'art.  17,
comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98,  conv.  con
mod. con legge 15 luglio 2011, n. 111, sia  nel  testo  risultante  a
seguito delle  ulteriori  modificazioni  apportate  dall'art.  6-bis,
comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre  2012,  n.  158,
conv. con mod. con legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in  cui
prevedeva che, nelle regioni gia' commissariate in quanto  sottoposte
a piano di rientro  dei  disavanzi  sanitari,  non  potessero  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive, anche  ai  sensi  dell'art.
112  c.p.a.,  nei  confronti  delle  aziende   sanitarie   locali   e
ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2012. 
    La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto
svuoti di contenuto i  titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti  nei
confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato  da
particolari esigenze transitorie  qualora,  per  un  verso,  siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale  (sentenze
n. 155  del  2004  e  n.  310  del  2003)  e,  per  altro  verso,  le
disposizioni  di  carattere  processuale  che  incidono  sui  giudizi
pendenti,  determinandone  l'estinzione,  siano  controbilanciate  da
disposizioni  di   carattere   sostanziale   che,   a   loro   volta,
garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione
giudiziale, la sostanziale realizzazione dei  diritti  oggetto  delle
procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). 
    Viceversa, la disposizione  in  quella  sede  censurata,  la  cui
durata nel tempo,  inizialmente  prevista  per  un  anno,  era  stata
differita di ulteriori due anni sino al 31  dicembre  2013,  oltre  a
prevedere la estinzione  delle  procedure  esecutive  iniziate  e  la
contestuale cessazione del vincolo  pignoratizio  gravante  sui  beni
bloccati ad istanza dei creditori  delle  aziende  sanitarie  ubicate
nelle regioni commissariate, con derivante e  definitivo  accollo,  a
carico degli esecutanti, della spese di esecuzione  gia'  affrontate,
non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo  di
ordinate  procedure  concorsuali  garantite  da  adeguata   copertura
finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali
sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. 
    Essa, pertanto, si  poneva,  in  entrambe  le  sue  versioni,  in
contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto, in  conseguenza
della norma censurata, venivano vanificati gli effetti  della  tutela
giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle  aziende
sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. 
    Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi  da  piu'  di  un
triennio,  nella  impossibilita'  di  trarre  dal  titolo   da   loro
conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa,  ma  dovevano,
altresi', sopportare, in considerazione della  automatica  estinzione
(o, nella versione precedente,  della  inefficacia)  delle  procedure
esecutive  gia'  intraprese   e   della   liberazione   dal   vincolo
pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da  loro
anticipati per l'avvio della procedura stessa. 
    Ne' si verificava la condizione che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, rende legittimo il  blocco  delle  azioni  esecutive,
cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come  detto,
canalizzasse in una unica procedura  concorsuale  le  singole  azioni
esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non
si rinvenivano nei  piani  di  rientro  cui  la  disposizione  faceva
riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori  trovasse
una modalita' sostitutiva di soddisfazione. 
    La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di
tale tipo di procedura ne' identificava le risorse finanziarie da cui
attingere per il suo eventuale svolgimento. 
    La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza  che,
con la disposizione censurata, il legislatore statale  avesse  creato
una fattispecie di ius singulare che  determinava  lo  sbilanciamento
fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di  cui  lo
Stato risponde economicamente, dagli  effetti  pregiudizievoli  della
condanna giudiziaria, con  violazione  del  principio  della  parita'
delle parti di cui all'art. 111 della Costituzione. 
    Ne'  poteva,   infine,   valere   a   giustificare   l'intervento
legislativo censurato il fatto che  questo  potesse  essere  ritenuto
strumentale ad  assicurare  la  continuita'  della  erogazione  delle
funzioni  essenziali  connesse  al  servizio  sanitario:  infatti,  a
presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da  tempo  essere
posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge  18
gennaio 1993, n. 9, conv. con mod. con legge 18 marzo 1993, n. 67, in
base alla  quale  e'  assicurata  la  impignorabilita'  dei  fondi  a
destinazione  vincolata  essenziali  ai  fini  della  erogazione  dei
servizi sanitari. 
    IV.3. - Recentissimamente, con la sentenza del 7  dicembre  2021,
n.  236,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre  2020,
n. 183, conv. con legge 26 febbraio 2021,  n.  21,  che,  in  ragione
dell'emergenza derivante dall'epidemia di Covid-19,  aveva  prorogato
la sospensione delle esecuzioni e l'inefficacia dei pignoramenti  nei
confronti  degli  enti  del  Servizio   sanitario   nazionale,   gia'
precedentemente disposta. 
    Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata
sentenza n. 186 del 2013,  la  Corte  ha  precisato  che,  nonostante
l'evoluzione  dell'emergenza   sanitaria   e   la   possibilita'   di
ricalibrare su di essa la programmazione di  cassa,  la  disposizione
censurata aveva prorogato la misura in danno  dei  creditori  per  un
intero anno senza alcun aggiornamento della  valutazione  comparativa
tra  i  loro  diritti  giudizialmente  accertati  e   gli   interessi
dell'esecutato pubblico. 
    In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del  «blocco»
delle esecuzioni  venivano  lasciati  invariabilmente  a  carico  dei
creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche  soggetti  cui  e'
stato riconosciuto un risarcimento in quanto  gravemente  danneggiati
nella salute o  operatori  economici  a  rischio  di  espulsione  dal
mercato. 
    Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta
sproporzionata e irragionevole per effetto di una  proroga  di  lungo
corso e non bilanciata  da  una  piu'  specifica  ponderazione  degli
interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela  giurisdizionale
ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita'  delle
parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. 
    Il protratto sacrificio imposto  ai  creditori  sul  piano  della
tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita'
con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una  tutela
alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era  stata  nella
specie predisposta. 
    IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede  va  applicata
replica,  a  parere  di  questo  Tribunale,  tutti   i   profili   di
illegittimita'   evidenziati   con    riferimento    ai    precedenti
provvedimenti di sospensione. 
    Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro  anni  (che
si aggiungono ai quasi due anni in  cui,  sino  alla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 236 del  2021,  le  procedure  esecutive  nei
confronti di tutti gli enti del  servizio  sanitario  nazionale  sono
rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. 
    Non prevede una  procedura  concorsuale  idonea  a  garantire  la
soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. 
    Crea  un'ingiustificata  disparita'  tra  debitore   pubblico   e
creditori  privati,  tra  i  quali  possono  ben   esservi   soggetti
socialmente o economicamente svantaggiati. 
    Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24
della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad  agire,
anche esecutivamente. 
    IV.  5  -  La  violazione  dell'art.  24  della  Costituzione  si
apprezza, trattandosi di giudizio di ottemperanza davanti al  giudice
amministrativo, anche in combinato  disposto  con  l'art.  113  della
Costituzione, che assicura  sempre  «la  tutela  giurisdizionale  dei
diritti  e  degli  interessi  legittimi  dinanzi   agli   organi   di
giurisdizione ordinaria o amministrativa» e ne vieta  l'esclusione  o
la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per  determinate
categorie di atti. 
    Infatti, cio' che la norma  in  questione  determina  e'  proprio
l'impossibilita' per il creditore degli Enti del  servizio  sanitario
regionale della Calabria di ottenere dal  giudice  amministrativo  la
tutela  giurisdizionale  esecutiva,  in  ragione  del   provvedimento
giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario. 
    Risulta quindi violato anche l'art. 113 della Costituzione. 
    V. - Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai
sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla  Corte
costituzionale, affinche'  decida  della  questione  di  legittimita'
costituzionale che, con la  presente  ordinanza,  incidentalmente  si
pone.