IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA Sezione Seconda Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1303 del 2021, proposto da Maria Assunta Pistorino, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Arieta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Brogno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'ottemperanza della sentenza del Tribunale di Paola, n. 336/2017, pubblicata il 13 aprile 2017; visti il ricorso e i relativi allegati; visti tutti gli atti della causa; visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza; relatore nella Camera di consiglio del giorno 9 marzo 2022 il dott. Alberto Ugo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. I. - I Fatti di causa I.1. - Con sentenza n. 336/2017, pubblicata il 13 aprile 2017, il Tribunale di Paola ha condannato l'Azienda Provinciale di Cosenza «al risarcimento del danno, in favore della parte attrice [Sig.ra Maria Assunta Pistorino] nella misura di euro 14.504,65, oltre lucro cessante, come in motivazione, e interessi legali dal giorno della pubblicazione della sentenza fino al soddisfo'», nonche' «al pagamento, in favore della parte attrice [Sig.ra Maria Assunta Pistorino], delle spese processuali che determina in euro 483,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per compensi di avvocato oltre IVA e rimborso ex art. 2, decreto ministeriale n. 55/2014». La predetta sentenza del Tribunale di Paola e' stata munita della formula esecutiva in data 28 aprile 2017 ed e' stata ritualmente notificata dalla sig.ra Maria Assunta Pistorino all'Azienda Provinciale di Cosenza in data 16 maggio 2017. Da tale data e', quindi, decorso il termine dilatorio di centoventi giorni previsto ex lege per le esecuzioni contro le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici. La medesima sentenza e' passata in giudicato in data 14 novembre 2017, non essendo stata proposta impugnazione, come risulta dall' attestazione rilasciata dalla cancelleria del Tribunale di Paola depositata in giudizio. I.2. - A fronte del perdurante inadempimento dell'Amministrazione, con ricorso notificato in data 15 luglio 2021, depositato nella Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale in data 28 luglio 2021, la ricorrente sig.ra Maria Assunta Pistorino ha chiesto che il T.A.R. adito ordini all'A.S.P. di Cosenza il compimento degli atti utili e necessari a dare piena esecuzione al giudicato nascente dalla predetta sentenza n. 336/2017 del Tribunale di Paola. I.3. - L'A.S.P. di Cosenza si e' costituita in giudizio con memoria depositata il 7 settembre 2021. Con tale memoria, la resistente ha dedotto l'inammissibilita' del ricorso in ottemperanza, in base a quanto disposto dall'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni con legge 17 luglio 2020, n. 77, come modificato dall'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni con legge 26 febbraio 2021, n. 21, in forza del quale e' stata disposta la sospensione, sino al 31 dicembre 2021, delle azioni esecutive proposte nei confronti degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale. Con la medesima memoria di costituzione, l'A.S.P. di Cosenza ha chiesto anche il rigetto nel merito del ricorso in ottemperanza. I.4. - Il ricorso e' stato trattato all'udienza camerale del 9 marzo 2022 e spedito in decisione. II. - La questione di legittimita' costituzionale L'art. 117, comma 4, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, invocato dalla ricorrente a fondamento dell'eccezione di inammissibilita' del ricorso introduttivo, e' stato medio tempore dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte costituzionale del 24 novembre 2021, n. 236. Tale eccezione e', di conseguenza, infondata. Per la decisione della causa in oggetto viene, invece, piu' propriamente in rilievo l'art. 16-septies, comma 2, lett. g), decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215. E' opinione del Tribunale Amministrativo Regionale che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g), citato, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, da solo e, nella misura in cui riguardi anche il giudizio d'ottemperanza svolto davanti al giudice amministrativo, in combinata lettura con l'art. 113 della Costituzione. III. - La rilevanza della questione III.1. - La disposizione della cui compatibilita' con la Costituzione si dubita cosi' recita: «al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma [ossia le attivita' di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, sia per la gestione corrente che per il pregresso, nonche' le attivita' di monitoraggio e di gestione del contenzioso, NDR], assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice di procedura civile, anche al giudizio di ottemperanza, che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, ha funzione e natura esecutiva, allorche' sia attivato ai fini dell'esecuzione di un provvedimento di giudice civile. Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un titolo formatosi davanti al giudice ordinario, il giudice amministrativo deve svolgere un'attivita' meramente esecutiva senza possibilita' d'integrare la sentenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 561; Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A., 8 settembre 2014, n. 522), dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza di un comportamento omissivo o elusivo e all'attuazione del disposto della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando in essa un limite invalicabile (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 145). Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al giudizio di ottemperanza la sospensione delle procedure esecutive individuali prevista tanto dall'art. 243-bis, comma 4, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio di bilancio di un Ente locale (cfr. CGA 28 ottobre 2014, n. 586; TAR Sicilia - Catania, Sez. I, 11 luglio 2013 , n. 2045), quanto dall'art. 248, comma 2 del medesimo testo normativa per il caso di dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2018, n. 5184; TAR Lazio - Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440). III. 3. - Occorre, a questo punto, prendere posizione su un orientamento formatosi nella giurisprudenza amministrativa a proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti del Servizio Sanitario disposta in passato con leggi che saranno richiamate ultra. Un certo orientamento interpretativo (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2013, n. 3726; TAR Calabria - Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480) ha ritenuto che la sospensione operi soltanto per la fase propriamente esecutiva, svolta dal Commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, giacche' raccoglimento, da parte del giudice, della domanda di ottemperanza si risolve nell'ordine alla stessa amministrazione debitrice di provvedere all'esecuzione entro un dato termine, rafforzando cosi' un ordine che scaturisce gia' dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento teste' descritto. Innanzitutto, esso opera una distinzione, quanto agli effetti della sospensione, tra la fase dell'ottemperanza svolta davanti al giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario ad acta da esso nominato. Di tale distinzione, pero', non v'e' traccia nelle varie previsioni legislative succedutesi, che, come quella oggi in rilievo, si limitano a vietare che le azioni esecutive vengano «intraprese» o «proseguite» nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale. Peraltro, l'uso del verbo «intraprendere» richiama semanticamente e logicamente l'attenzione alla fase introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e cioe' al momento della proposizione del ricorso. In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale, se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice amministrativo e quella che vede il Commissario ad acta come protagonista - hanno come unica finalita' l'attuazione del comando giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. Infine, una simile opzione ermeneutica comporterebbe spreco di attivita' giurisdizionale, richiedendo la pronuncia del giudice amministrativo sulla domanda di ottemperanza senza che, poi, il privato possa ottenere la soddisfazione del credito azionato esecutivamente; e comportando elevate probabilita' di incidenti di esecuzione proprio in ordine all'applicabilita' della ridetta sospensione. III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua evidenza la rilevanza dei dubbi di legittimita' costituzionale. Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, infatti, questo Tribunale Amministrativo Regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente e in via del tutto preliminare, improcedibile il ricorso proposto dalla sig.ra Maria Assunta Pistorino, senza dover esaminare la fondatezza della pretesa svolta dalla ricorrente e le argomentazioni difensive che l'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza ha esposto. IV - La non manifesta infondatezza della questione IV - Il dubbio di incompatibilita' tra l'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, e l'art. 24 della Costituzione e' alimentato dall'esame della giurisprudenza della Corte costituzionale. Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). La tutela in sede esecutiva, infatti, e' componente essenziale del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l'effettivita' della tutela giurisdizionale, perche' consente al ereditare di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998; ordinanza n. 331 del 2001). La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria (sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n. 304 del 2011). E' certo riservata alla discrezionalita' del legislatore la conformazione degli istituti processuali, con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della disciplina (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008); ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga un 'ingiustificabile compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del 2018; negli stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del 2021, n. 271 del 2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - puo' ritenersi giustificalo da particolari esigenze transitorie qualora [...] siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza n. 186 del 2013). E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza di altri diritti meritevoli di tutela - puo' procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva. Deve, pero', sussistere un ragionevole bilanciamento trai valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalita' dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalita' perseguite (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). IV.2. - Sulla base dei principi teste' illustrati, la Corte ha gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186, l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n. 220, sia nel testo risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall'art. 17, comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni con legge 15 luglio 2011, n. 111, sia nel testo risultante a seguito delle ulteriori modificazioni apportate dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni con legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in cui prevedeva che, nelle Regioni gia' commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dei disavanzi sanitari, non potessero essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche ai sensi dell'art. 112 c.p.a., nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2012. La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). Viceversa, la disposizione in quella sede censurata, la cui durata nel tempo, inizialmente prevista per un anno, era stata differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013, oltre a prevedere la estinzione delle procedure esecutive iniziate e la contestuale cessazione del vincolo pignoratizio gravante sui beni bloccati ad istanza dei creditori delle aziende sanitarie ubicate nelle Regioni commissariate (con derivante e definitivo accollo, a carico degli esecutanti, della spese di esecuzione gia' affrontate), non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo di ordinate procedure concorsuali garantite da adeguata copertura finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. Essa, pertanto, si poneva, in entrambe le sue versioni, in contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto, in conseguenza della norma censurata, venivano vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi da piu' di un triennio, nella impossibilita' di trarre dal titolo da loro conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa, ma dovevano, altresi', sopportare, in considerazione dell'automatica estinzione (o, nella versione precedente, della inefficacia) delle procedure esecutive gia' intraprese e della liberazione dal vincolo pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da loro anticipati per l'avvio della procedura stessa. Ne' si verificava la condizione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, rende legittimo il blocco delle azioni esecutive, cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come detto, canalizzasse in una unica procedura concorsuale le singole azioni esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non si rinvenivano nei piani di rientro cui la disposizione faceva riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori trovasse una modalita' sostitutiva di soddisfazione. La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di tale tipo di procedura, ne' identificava le risorse finanziarie da cui attingere per il suo eventuale svolgimento. La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza che, con la disposizione censurata, il legislatore statale avesse creato una fattispecie diius singulare che determinava lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parita' delle parti di cui all'art. 111 della Costituzione. Ne' poteva, infine, valere a giustificare l'intervento legislativo censurato il fatto che questo potesse essere ritenuto strumentale ad assicurare la continuita' della erogazione delle funzioni essenziali connesse al servizio sanitario: infatti, a presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da tempo essere posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito con modificazioni con legge 18 marzo 1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari. IV.3. - Recentissimamente, con la sentenza del 7 dicembre 2021, n. 236, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni con legge 26 febbraio 2021, n. 21, che, in ragione dell'emergenza derivante dall'epidemia di Covid-19, aveva prorogato la sospensione delle esecuzioni e l'inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, gia' precedentemente disposta. Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata sentenza n. 186 del 2013, la Corte ha precisato che, nonostante l'evoluzione dell'emergenza sanitaria e la possibilita' di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, la disposizione censurata aveva prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell'esecutato pubblico. In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del «blocco» delle esecuzioni venivano lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui e' stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una piu' specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita' delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita' con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era stata nella specie predisposta. IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede va applicata replica, a parere di questo Tribunale, tutti i profili di illegittimita' evidenziati con riferimento ai precedenti provvedimenti di sospensione. Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro anni (che si aggiungono ai quasi due anni in cui, sino alla sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2021, le procedure esecutive nei confronti di tutti gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale sono rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. Non prevede una procedura concorsuale idonea a garantire la soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. Crea un'ingiustificata disparita' tra debitore pubblico e creditori privati, tra i quali possono ben esservi soggetti socialmente o economicamente svantaggiati. Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24 della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad agire, anche esecutivamente. IV. 5 - Nella misura in cui l'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge n. 146 del 2021 si applica, come gia' illustrato, anche al giudizio d'ottemperanza d'innanzi al giudice amministrativo, la violazione dell'art. 24 della Costituzione si apprezza anche in combinato disposto con l'art. 113 della Costituzione, che assicura sempre «la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa» e ne vieta l'esclusione o la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Infatti, cio' che la norma in questione determina e' proprio l'impossibilita' per il creditore degli Enti del servizio sanitario regionale della Calabria di ottenere dal giudice amministrativo la tutela giurisdizionale esecutiva, in ragione del provvedimento giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario, d'innanzi agli organi di giustizia amministrativa. Risulta quindi violato anche l'art. 113 della Costituzione. V. - Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla Corte costituzionale, affinche' decida della questione di legittimita' costituzionale che, con la presente ordinanza, incidentalmente si pone