IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
                       Sezione giurisdizionale 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1015 del  2019,  proposto  dalla  sig.ra  Valentina
Caminneci, rappresentata e difesa dall'avvocato Girolamo Rubino,  con
domicilio digitale come da  PEC  da  Registri  di  Giustizia;  contro
Regione siciliana, Regione Sicilia - Giunta regionale di Governo,  in
persona dei  rispettivi  legali  rappresentanti  pro  tempore,  tutti
rappresentati e  difesi  dall'avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
domiciliataria per legge in Palermo, via  Villareale  n.  6,  per  la
riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per  la
Sicilia (Sezione terza) n. 867/2019: 
    Visto il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti  di  costituzione  in  giudizio  della  Presidenza
Regione siciliana e della  Regione  Sicilia  -  giunta  regionale  di
Governo; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore  nell'udienza  smaltimento  del  giorno  3  maggio  2022
tenutasi ai sensi del combinato disposto del comma 4-bis dell'art. 87
c.p.a. e dell'art. 13-quater disp. att.  c.p.a.,  il  Cons.  Antonino
Caleca e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; 
    1.  Con  la  sentenza  in  epigrafe   appellata,   il   Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sicilia -  sede  di  Palermo -   ha
respinto il ricorso di primo grado merce'  la  originaria  ricorrente
(ed  odierna  appellante)  Valentina  Caminneci  aveva  impugnato  il
decreto n. 1017 del 7 novembre 2011, con il quale il Presidente della
Regione  siciliana  ha  respinto  il  ricorso  straordinario  da  lei
presentato; la deliberazione della Giunta regionale siciliana n.  262
del 29 settembre 2011, nonche'  tutti  gli  altri  atti  presupposti,
conseguenti o connessi. 
    2. In punto di fatto,  la  complessa  vicenda  processuale,  puo'
cosi' essere sinteticamente ricostruita. 
    2.1. La originaria ricorrente: 
      a) aveva partecipato al  concorso  pubblico  per  la  copertura
di settanta posti di dirigente tecnico archeologo del ruolo dei  Beni
Culturali di cui alla Tabella A della legge regionale n.  8/99  (art.
1, bando di concorso), bandito dall'Assessorato regionale  BB.CC.AA.,
con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana
- Serie speciale concorsi  del  14  aprile  2000  del  quale  poi  e'
risultata  vincitrice;  detto  bando  prevedeva  che  sarebbe   stato
corrisposto ai  vincitori  il  trattamento  economico  corrispondente
all'VIII livello retributivo di cui alla Tabella A  del  decreto  del
Presidente della Regione siciliana n. 11 del 20 gennaio 1995; 
      b) successivamente, scaduto il  termine  per  la  presentazione
delle domande, e' sopravvenuta la legge  regionale  n.  10  del  2000
(Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego  e  di  lavoro  alle
dipendenze della Regione siciliana), la quale ha dettato disposizioni
transitorie  che -  secondo  l'impostazione  ricorsuale  -  avrebbero
prodotto refluenze  anche  sui  rapporti  instaurati  a  seguito  del
predetto concorso. In particolare, la ricorrente  sosteneva  che  dal
tenore letterale delle disposizioni di cui all'art.  6  della  citata
legge regionale n. 10/2000 e  di  cui  all'art.  2  del  decreto  del
Presidente della Regione Siciliana n. 11/2001, in  sede  di  adozione
del  «Regolamento  attuativo  dell'art.  6,  comma  2,  della   legge
regionale  15  maggio  2000,  n.  10»,  risultasse  evidente  che  il
legislatore regionale avesse inteso prevedere la  corrispondenza  fra
la vecchia figura del dirigente tecnico (VIII livello retributivo)  e
la nuova del dirigente inquadrato nella  III  fascia  dell'istituendo
ruolo unico dei dirigenti dell'amministrazione regionale siciliana. 
      c) con D.D.G. n. 5359 del 3 marzo  2005  l'amministrazione  ha,
pero', disposto la nomina dell'odierna  ricorrente  attribuendole  il
trattamento    retributivo    corrispondente    al    VII     livello
(corrispondente,  secondo  quanto  prospettato  dalla  difesa,   alla
posizione economica D1). 
      d) la sig.ra  Caminneci  provvedeva  percio'  ad  impugnare  il
prefato  D.D.G.  n.  5359  del  2005  con  ricorso  straordinario  al
Presidente della Regione siciliana, chiedendone l'annullamento  nella
parte in cui era stato disposto l'inquadramento della  stessa,  nella
categoria «D»; 
      e) con parere n. 644/2006 (reso nell'adunanza del  11  dicembre
2007), le Sezioni riunite del Consiglio di  Giustizia  amministrativa
per la Regione siciliana,  (d'ora  innanzi  anche  CGARS)  ritenevano
fondato e meritevole di accoglimento  il  ricorso,  riconoscendo,  in
particolare, che «il corretto inquadramento della  ricorrente  stessa
non poteva che essere proprio quello di dirigente di terza fascia»; 
      f) successivamente, stante  la  mancata  adozione  del  decreto
decisorio di competenza del Presidente della Regione,  la  ricorrente
aveva inoltrato  apposita  diffida  alla  quale,  la  amministrazione
regionale,  aveva  risposto  annunciando,  con  la  nota   prot.   n.
20683/535058, la sospensione sine die del procedimento avviato con la
proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Regione; 
      g) contro questa nota, la signora Caminneci era insorta con  un
primo ricorso, al fine di ottenerne  l'annullamento,  deducendo  che,
stante l'asserita  abrogazione  tacita  dell'art.  9,  comma  5,  del
decreto legislativo n. 373/2003,  per  sopravvenuta  incompatibilita'
con il novellato art. 14 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 1199 del 1971 a opera della legge n.  69  del  2009,  non  sarebbe
stata ammessa l'adozione di un  decreto  decisorio  non  conforme  al
parere del C.G.A; 
      h) tale ricorso venne rigettato  dal  Tribunale  amministrativo
regionale con la sentenza n. 14329 del 17 dicembre 2010, con la quale
e' stata sostenuta la cogenza della previsione  di  cui  all'art.  9,
comma 5, decreto legislativo n. 373 del 2003 anche  dopo  le  novita'
introdotte  dalla  legge  n.  69  del  2009  in   tema   di   ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica; 
      i) l'appello proposto dalla Caminneci alla  detta  sentenza  di
questo Tribunale, venne pure rigettato dal C.G.A. con la sentenza  n.
536 dell'11 giugno 2012, con la  quale  si  ritenne  che  il  ricorso
introduttivo,  che  il  Tribunale  amministrativo   regionale   aveva
respinto nel merito, era in  realta'  inammissibile  per  difetto  di
interesse, in quanto proposto avverso un atto giuridicamente privo di
ogni attitudine lesiva, essendo di natura  endoprocedimentale  (cosi'
il  C.G.A.,   in   particolare:   «Il   provvedimento   formale   che
concretamente pregiudica la posizione dell'appellante e'  infatti  il
decreto Presidenziale, nel frattempo adottato, col quale  il  ricorso
straordinario da questa a suo tempo proposto  e'  stato  respinto  in
difformita' dal parere reso da questo Consiglio di Giustizia in  sede
consultiva.»); 
      l) la signora Caminneci quindi, con il ricorso di  primo  grado
(nelle more della decisione d'appello di cui alla  superiore  lettera
i) insorse contro il decreto presidenziale n.  1017  del  7  novembre
2011, (notificatole il 21 dicembre 2011) con il quale  il  Presidente
della Regione siciliana ha respinto il ricorso straordinario  da  lei
presentato e contro gli atti a esso prodromici ossia la deliberazione
della Giunta regionale Siciliana n. 262 del 29 settembre 2011  avente
ad oggetto «autorizzazione al Presidente della Regione a decidere  in
difformita' al parere del C.G.A. n. 644/06 del 11  dicembre  2007»  e
delle allegate note dell'ufficio legislativo e legale prot. nn. 7163,
7164, 7165 e 7166 del 9 marzo 2011, tutte conosciute dalla ricorrente
in data 21 dicembre 2011. 
    2.2.  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  ha  respinto   il
ricorso, in sostanza richiamando le conclusioni  cui  era  giunto  in
precedenza con la citata sentenza n.  14329  del  17  dicembre  2010,
sostenendo che l'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373  del
2003  (che  prevede  la  possibilita'  di   decisione   del   ricorso
straordinario in maniera difforme dal parere  del  competente  organo
consultivo) non potrebbe ritenersi essere stato tacitamente abrogato,
per sopravvenuta incompatibilita' con la legge n. 69  del  2009  (che
invece ha prescritto la decisione finale in  maniera  necessariamente
conforme al parere), in ragione della peculiare  natura  del  decreto
legislativo n. 373 del 2003, il quale reca «norme di attuazione dello
Statuto della Regione siciliana» ed ha rango sovraordinato alla legge
ordinaria 
    3. Avverso la sentenza in epigrafe, pubblicata il 25  marzo  2019
e' stato tempestivamente proposto appello (passato il 25 ottobre 2019
e depositato in pari data),  merce'  il  quale  l'odierna  appellante
(gia'  originaria  ricorrente  rimasta   soccombente),   dopo   avere
dettagliatamente ripercorso i fatti oggetto di  causa,  ha  sostenuto
che: 
      a)  principaliter,  dovesse  ritenersi   l'illegittimita'   del
decreto impugnato in quanto, nell'essersi discostato dal parere  reso
dal CGARS in sede consultiva aveva  esercitato  un  potere,  previsto
dall' art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 373 del 2003  ormai
venuto meno, a cagione della  tacita  abrogazione,  per  sopravvenuta
incompatibilita', di tale disposizione con la legge n. 69 del 2009; 
      b) in via logicamente subordinata, ha chiesto venisse sollevata
questione di legittimita' costituzionale del citato art. 9, comma  5,
del decreto legislativo  n.  373  del  2003  per  conflitto  con  gli
articoli 3, 24, 102 e 113 della Costituzione,  e  per  disparita'  di
trattamento. 
    4.   Con   memoria   depositata   in   data   9   febbraio   2022
l'amministrazione regionale appellata (che in data 5 novembre 2019 si
era costituita con atto di stile) ha chiesto respingersi  il  ricorso
in quanto infondato, ed ha richiamato in proposito le conclusioni cui
era pervenuto di recente il parere delle Sezioni riunite del CGARS n.
61/2020. 
    4.1. Con memoria di replica depositata  in  data  6  aprile  2022
l'appellante ha insistito nelle proprie difese. 
    5. Alla odierna Camera di consiglio del 3 maggio 2020 la causa e'
stata trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Seguendo la tassonomia propria  delle  questioni  (secondo  le
coordinate ermeneutiche dettate dall'Adunanza plenaria n. 5 del 2015)
il Collegio procedera' nel seguente modo: 
      I) in primo luogo esaminera' - ex  officio  -  la  problematica
concernente  l'ammissibilita'  del   ricorso   di   primo   grado   e
dell'odierno appello: cio' in quanto sul  punto  non  si  e'  formato
alcun giudicato interno, posto che il giudice di primo grado  non  ha
esaminato  espressamente  la  questione  di  rito,   limitandosi   ad
affermare   «in   disparte   ogni   considerazione    sulla    dubbia
ammissibilita' del gravame stante che, sostanzialmente, la ricorrente
contesta il decreto di decisione del ricorso straordinario per il suo
contenuto»; 
      II) successivamente procedera' ad una breve illustrazione della
centralita'  e  rilevanza  delle   censure   prospettate,   e   delle
conseguenze cui condurrebbe l'accoglimento di una delle medesime; 
      III) verra' svolta poi, una breve  esposizione  dei  fondamenti
comuni delle censure, con riferimento alle innovazioni  normative  ed
ai  recenti  orientamenti  giurisprudenziali  che  hanno  interessato
l'istituto del ricorso straordinario al Capo dello Stato e per quanto
di immediato interesse, l'affine istituto del  ricorso  straordinario
al Presidente della Regione siciliana; 
      IV)  di  seguito,  si  esaminera'  la   doglianza   concernente
l'asserita tacita abrogazione, per sopravvenuta incompatibilita'  con
la legge n. 69 del 2009 dell'art. 9, comma 5, del decreto legislativo
n. 373 del 2003 e cio',  non  soltanto  in  quanto  avanzata  in  via
prioritaria dall'appellante, ma in quanto  logicamente  pregiudiziale
rispetto alla questione di legittimita' costituzionale prospettata; 
      V) in ultimo -  anticipandosi  il  convincimento  del  Collegio
secondo cui la doglianza di cui al punto IV della esposizione non sia
fondata  -  ci  si  concentrera'  sulle  questioni   concernenti   la
ammissibilita',  rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale prospettata. 
    2. Sub I) Cio' premesso, quanto al primo profilo  suindicato,  il
Collegio nel procedere d'ufficio a tale scrutinio (armonicamente  con
il principio di cui a Ad. Plen. 26 aprile 2018 n. 4, secondo cui «nel
processo amministrativo, il giudice di secondo  grado  puo'  rilevare
d'ufficio la sussistenza dei presupposti e delle  condizioni  per  la
proposizione  del  ricorso  di  primo  grado  -   ivi   compresa   la
tempestivita' del ricorso medesimo, non potendosi formare  sul  punto
un giudicato implicito, preclusivo  alla  deduzione  officiosa  della
questione») non nutre dubbi  circa  l'ammissibilita'  dell'originario
ricorso di primo grado e dell'odierno appello. 
    2.1 Va rilevato infatti che entrambi gli  atti  introduttivi  del
giudizio sono tempestivi e (ma il punto verra'  meglio  chiarito  nel
prosieguo  dell'esposizione)  risultano  supportati  da  un  concreto
interesse. 
    2.2. E'  vero  che  l'impugnazione  investe  il  «contenuto»  del
decreto decisorio, ma la censura afferisce ad un profilo preliminare,
ed investe il potere del Presidente della Regione di discostarsi  dal
parere reso in sede consultiva. 
    2.3. Nessuna preclusione, poi, puo' rinvenirsi  a  cagione  della
circostanza che in precedenza l'odierna appellante avesse proposto il
ricorso rigettato  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  con  la
sentenza n. 14329 del 17  dicembre  2010:  detta  sentenza,  nel  suo
dispositivo  reiettivo,  infatti   venne   confermata   con   diversa
motivazione da questo C.G.A.R.S con la sentenza n. 536 dell'11 giugno
2012, con la quale si ritenne che il ricorso  introduttivo,  (che  il
Tribunale amministrativo regionale aveva respinto nel  merito)  fosse
in realta' inammissibile per difetto di interesse in quanto  proposto
avverso un atto di natura endoprocedimentale. 
    2.4. Non  integra,  quindi,  bis  in  idem  l'odierna  iniziativa
processuale: costituirebbe anzi,  insanabile  aporia,  integrante  un
sostanziale  diniego  di  giustizia,  che  l'odierna   appellante   -
risoltasi  ad  impugnare  un  atto  qualificato  nella  sentenza  del
C.G.A.R.S n. 536 dell'11 giugno 2012 di natura endoprocedimentale,  e
vistasi per  tale  ragione  dichiarare  inammissibile  il  ricorso  -
subisse  una   declaratoria   di   inammissibilita'   della   odierna
impugnazione ( che la stessa ha tempestivamente proposto  avverso  il
decreto  decisorio  proprio  conformandosi  al  dictum  di  cui  alla
sentenza n. 536 dell'11 giugno 2012) pur  conservando  un  inalterato
interesse all'annullamento dell'atto cosi' impugnato. 
    3. Sub II) Quanto al secondo profilo oggetto di disamina, ritiene
il  Collegio  che,  tenuto  conto  delle  censure   prospettate,   la
problematica lamentata da parte appellante  assuma  portata  centrale
nell'odierno processo. 
    3.1. Invero, l'appellante lamenta che l'atto  impugnato  (decreto
n. 1017 del 7 novembre 2011) sia illegittimo in quanto  non  conforme
al parere n. 644/2006 reso  (nell'adunanza  del  11  dicembre  2007),
dalle Sezioni riunite  del  Consiglio  di  Giustizia  amministrativa;
detta circostanza non risulta contestata  dall'amministrazione  (art.
64 cpa)ed e' comunque evidente, sol che si compulsi il  tenore  degli
atti soprarichiamati. 
    3.2. Entrambe le censure appellatorie contestano la  legittimita'
del  decreto  n.  1017  del  7  novembre  2011,  sostenendo  che  non
rientrasse tra i  poteri  del  Presidente  della  regione  quello  di
discostarsi dal parere reso dal CGARS in sede consultiva. 
    3.3. Il detto decreto e' stato emesso in  epoca  successiva  alla
entrata in vigore dall'art 69 della legge n. 69 del 18 giugno 2009; 
    3.4.  Sembra  al  Collegio   evidente   che   l'accoglimento   di
qualsivoglia  delle  due   (tra   esse   reciprocamente   escludenti)
prospettazioni     appellatorie     condurrebbe      all'annullamento
dell'impugnato decreto n. 1017 del 7 novembre 2011 (ma sul  punto  ci
si soffermera' piu' diffusamente di seguito). 
    4. Sub III) Le doglianze dell'appellante presentano  un  sostrato
comune, che puo' essere cosi' sintetizzato: il  rimedio  del  ricorso
straordinario al Capo dello Stato - al  quale  va  attribuita  natura
«giustiziale» - e' stato profondamente trasformato dall'art 69  della
legge n. 69 del  18  giugno  2009  che  ne  ha  accentuato  i  tratti
«giurisdizionali». 
    4.1. Le caratteristiche  salienti  di  tale  «novella»,  riposano
infatti: 
      nell'avere  previsto  che  il  Consiglio  di  Stato   in   sede
consultiva possa sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
delle norme delle quali dovesse fare applicazione (novellato art.  13
del decreto del Presidente della Repubblica del 24 novembre  1971  n.
1199); 
      nell'avere soppresso il potere  dell'Autorita'  governativa  di
discostarsi dal contenuto del parere reso dal Consiglio di  Stato  in
sede consultiva (novellato art. 14 del decreto del  Presidente  della
Repubblica del 24 novembre 1971 n. 1199). 
    4.2. Da tali innovazioni normative si e'  fatto  discendere  poi,
per via giurisprudenziale: 
      la ricorribilita' del decreto emesso in sede di  decisione  del
ricorso Straordinario alle  Sezioni  Unite  della  Suprema  Corte  di
cassazione per motivi attinenti  alla  giurisdizione  al  pari  delle
sentenze del Consiglio di  Stato  (Cassazione  civile  sez.  un.,  19
dicembre 2012, n. 23464 e giurisprudenza successiva); 
      la  eseguibilita'  coattiva  del  decreto  emesso  in  sede  di
decisione di ricorso straordinario con il  rimedio  del  giudizio  di
ottemperanza (tutta la giurisprudenza successiva a Cassazione  civile
sez.  un.  ,  28  gennaio  2011,  n.  2065,  che   peraltro   estende
espressamente il rimedio alla decisione  resa  dal  Presidente  della
Regione siciliana). 
    4.3.  La   cronologicamente   successiva   disposizione   (avente
carattere innovativo e non interpretativo:  Consiglio  di  Stato  ad.
gen. , 3 agosto 201, n. 7) di cui all' art. 7  comma  8  del  decreto
legislativo  n.  104  del  2010  nello  stabilire  che  «il   ricorso
straordinario e' ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione  amministrativa»   avrebbe   vieppiu'   confermato   la
tendenziale  compiuta  attrazione  verso  l'attribuzione  di   tratti
marcati di giurisdizionalita' a  tale  istituto  (Cassazione  civile,
sez. lav. , 16 luglio 2013 , n. 17375 «per effetto  della  previsione
di cui all'art. 7, comma 8, del  cod.  proc.  amm.,  che  ammette  il
ricorso straordinario al Capo dello Stato solo  per  le  controversie
devolute  alla  giurisdizione   amministrativa,   vanno   considerati
inammissibili i ricorsi straordinari proposti dopo  il  16  settembre
2010 - data di entrata in vigore del  decreto  legislativo  2  luglio
2010, n. 104 - in controversie che esulano  dalla  giurisdizione  del
giudice amministrativo.»). 
    4.4.  La  parte  appellante  ha  quindi   fatto   seguire   detta
esposizione da una articolata considerazione che  puo'  essere  cosi'
sintetizzata: 
      costituiva jus receptum, in giurisprudenza la circostanza che: 
        I) anche  il  Cgars  in  sede  consultiva  potesse  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale  (Corte  costituzionale,  13
novembre 2013, n. 265); 
        II) che il decreto  presidenziale  decisorio  potesse  essere
coattivamente eseguito con il rimedio del giudizio di ottemperanza; 
        III) che il medesimo «conforme al parere»  fosse  ricorribile
alle Sezioni Unite della  Suprema  Corte  di  cassazione  per  motivi
attinenti alla giurisdizione (ex aliis Cassazione civile sez.  un.  ,
Cassazione civile sez. un. , 15 marzo 2012, n. 4129, 28 gennaio 2011,
n. 2065); 
      in tale complesso quadro, non poteva che ritenersi  che  l'art.
9, comma 5, del decreto legislativo  n.  373  del  2003  fosse  stato
implicitamente abrogato  dal  legislatore  nazionale;  ove  si  fosse
opinato diversamente,  tale  norma,  in  quanto  eccentrica  rispetto
all'assetto  strutturale  attribuibile  all'istituto  avrebbe  dovuto
ritenersi collidente con la Costituzione. 
    5. Sub IV) Come anticipato in premessa, il Collegio  non  ritiene
ne'   astrattamente    percorribile,    ne'    fondata,    l'opinione
dell'appellante volta a sostenere l'implicita  abrogazione  dell'art.
9, comma 5, del decreto legislativo n.  373  del  2003  che  in  tesi
sarebbe stata effettuata  dal  legislatore  merce'  il  gia'  a  piu'
riprese richiamato art. 69 della legge n. 69 del 2009; cio',  per  le
molteplici ragioni che di seguito succintamente si elencano. 
    5.1.   Richiamando   considerazioni   che   verranno   nuovamente
approfondite di seguito, si osserva in proposito che: 
      a)  la  disposizione  fondante   dell'istituto,   si   rinviene
nell'art. 23 del regio-decreto legislativo del 15 maggio 1946 n.  455
recante lo Statuto della Regione  siciliana  convertito  dalla  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che cosi' prevede: 
        «Gli organi giurisdizionali centrali avranno  in  Sicilia  le
rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le  sezioni
del Consiglio di Stato e della Corte dei conti  svolgeranno  altresi'
le   funzioni,   rispettivamente,   consultive   e    di    controllo
amministrativo e contabile. 
        I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo,
dai Governi dello Stato e della Regione. 
        I ricorsi amministrativi,  avanzati  in  linea  straordinaria
contro atti amministrativi regionali, saranno decisi  dal  Presidente
della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato»; 
      b) l'istituto trova la sua compiuta disciplina sub art.  9  del
decreto legislativo n. 373 del 24 dicembre  2003  recante  «norme  di
attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti
l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti  al  Consiglio  di
Stato» che cosi' statuisce: 
        «Il  Consiglio  di  giustizia   amministrativa,   nella   sua
composizione     consultiva,     e'     organo     di      consulenza
giuridico-amministrativa del Governo regionale. 
        La legge  regionale,  ferma  restando  l'obbligatorieta'  del
parere sugli atti regolamentari del Governo della Regione,  determina
gli altri casi  in  cui  e'  richiesto  il  parere  obbligatorio  del
Consiglio di giustizia amministrativa. E'  in  facolta'  del  Governo
regionale di chiedere il parere del Consiglio in ogni altra ipotesi. 
        Quando il parere riguarda materie che  incidano  notevolmente
sugli interessi generali dello Stato o di altre Regioni, il Consiglio
puo' deferirne l'esame all'Adunanza generale del Consiglio di  Stato,
sentita sul punto  la  Regione.  In  tale  caso  l'Adunanza  generale
esamina  gli  affari  su  preavviso  del   Consiglio   di   giustizie
amministrativa  e  con  l'intervento  di  almeno  due  magistrati  di
quest'ultimo. 
        Sui ricorsi straordinari di cui all'art. 23 dello Statuto  il
parere e' obbligatorio  ed  e'  reso  dalla  adunanza  delle  Sezioni
riunite del Consiglio di giustizia amministrativa. Per  la  validita'
dell'adunanza e' richiesta la presenza di almeno nove membri. 
        Qualora il Presidente della Regione non intenda  decidere  il
ricorso in maniera conforme al  parere  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare  alla
deliberazione  della  Giunta  regionale.  All'Adunanza  generale  del
Consiglio di Stato, composta  ai  sensi  del  comma  3,  e'  altresi'
devoluta  la  cognizione  dei  conflitti  di  competenza,   in   sede
consultiva,  tra  il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  e  il
Consiglio di Stato»; 
      c) ora, ove si volesse ritenere (il Collegio cosi'  non  opina,
ma la  tematica  sara'  meglio  sviluppata  successivamente)  che  la
possibilita' per il Presidente della Regione di decidere  il  ricorso
straordinario difformemente dal parere  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa discenda direttamente dal disposto di  cui  all'ultimo
comma dell'art. 23 dello Statuto («.....decisi dal  Presidente  della
Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato») sarebbe
evidente che la tesi appellatoria non avrebbe nessuna possibilita' di
essere accolta: e' infatti precipitato  del  principio  di  gerarchia
delle fonti che una legge ordinaria, quale e' la legge n. 69  del  18
giugno 2009 giammai avrebbe potuto  produrre  un  effetto  abrogativo
(anche se implicito/tacito) su una fonte «superior» quale e' la legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; 
      d) ma ad analoghe conseguenze -  che  necessitano  di  un  piu'
articolato approfondimento - si perviene laddove si  ritenga  (ed  e'
questa, lo si anticipa, l'opinione del Collegio) che la  disposizione
fondante il potere  del  Presidente  della  Regione  di  decidere  il
ricorso straordinario  difformemente  dal  parere  del  Consiglio  di
giustizia amministrativa si rinvenga sub art. 9 comma V  del  decreto
legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003; 
      e) premesso infatti che (correttamente ad avviso del  Collegio)
la censura dell'appellante e'  stata  calibrata  unicamente  su  tale
specifica ipotesi in ultimo citata, e  che  l'intero  contraddittorio
processuale si e' dipanato intorno a tale evenienza,  si  osserva  in
proposito che: 
        e. 1. e' ben noto al Collegio  che  tale  tesi  e'  stata  in
passato autorevolmente sostenuta (Cassazione civile  sez.  un.  ,  28
gennaio 2011, n. 2065: «l'evoluzione del sistema, che porta dunque  a
configurare la decisione su ricorso straordinario come  provvedimento
che,  pur  non  essendo  formalmente  giurisdizionale,  e'   tuttavia
suscettibile di tutela  mediante  il  giudizio  d'ottemperanza,  deve
trovare  applicazione,  in  guisa  di  corollario,  per  la   analoga
decisione resa dal Presidente della Regione siciliana ai sensi  della
sopra richiamata normativa regionale, modellata - come s'e'  visto  -
sulla disciplina dettata per il ricorso straordinario al  Capo  dello
Stato -dovendosi dunque riconoscere  carattere  vincolante  anche  al
parere espresso dal Consiglio di Giustizia amministrativa e dovendosi
ammettere il potere di  tale  organismo  di  sollevare  questioni  di
legittimita' costituzionale rilevanti ai  fini  dell'espressione  del
parere;  al  riguardo,  la  dottrina  parla  di  abrogazione   tacita
indiretta delle disposizioni del decreto legislativo n. 373 del  2003
che contrastino con le previsioni introdotte della legge  n.  69  del
2009, art. 69»); 
        e.2. Il Collegio, tuttavia, non puo' concordare con tale, pur
autorevole, ricostruzione. 
        e.3. Vi osta, in senso  contrario,  la  considerazione  (cfr.
Corte costituzionale,  4  novembre  2004,  n.  316)  che  al  decreto
legislativo n. 373 del 24  dicembre  2003  che  enuclea  la  speciale
disciplina  del   Consiglio   di   giustizia   amministrativa,   vada
riconosciuto rango primario in quanto recante norme di attuazione  di
statuti speciali (cfr. sentenze n. 353 del 2001, n. 213 e n. 137  del
1998); esso, -come gli altri testi consimili- va pertanto considerato
fonte  a  competenza  «riservata  e  separata»  rispetto   a   quella
esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (cfr. sentenze n.
213 e n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n.  160  del  1985),  tale  da
potere  introdurre  una  disciplina  particolare  ed  innovativa,   a
condizione pero' di rispettare il «limite della  corrispondenza  alle
norme e alla finalita' di attuazione dello statuto, nel contesto  del
principio di autonomia regionale» (sentenze n. 353 del 2001 e n.  212
del 1984). 
    Nella  costatazione  che  decreti  di  attuazione  degli  Statuti
speciali sono gli unici atti con forza di legge che non hanno,  prima
o dopo la loro emanazione, un controllo del Parlamento,  si  appalesa
di inalterata attualita' l'insegnamento  della  Corte  costituzionale
(cfr. sentenza n. 180/1980)  che  li  ha  definiti  appunto  fonti  a
competenza «separata e riservata», con una procedura approvativa  che
vede l'emanazione da parte del  Governo  previo  parere  obbligatorio
della  Commissione  paritetica  soprarichiamata,  e  che  qualificata
Dottrina ha definito di «collaborazione», poiche' viene sostituito il
controllo parlamentare sull'atto finale, emanato dal Presidente della
Repubblica senza alcun intervento delle Camere. 
    Puo' dirsi essere stata tracciata, quindi,  una  vera  e  propria
«riserva» in favore delle norme di attuazione, il cui ambito non puo'
essere invaso ne' dalle leggi ordinarie dello Stato, ne',  tantomeno,
dalle leggi regionali (in tal senso le sentenze 22 dicembre 1980,  n.
180, 25 luglio 1983, n. 237, 18 luglio 1984, n. 212). 
    Il  procedimento  cosi'  delineato   valorizza   il   ruolo   che
l'ordinamento costituzionale,  a  partire  dall'art.  5  della  Carta
Fondamentale  riconosce  all'istituto  dell'autonomia  regionale,   e
tantopiu' a quella «speciale» della Sicilia. 
    I principi suindicati,  sono  stati  di  recente  ribaditi  dalla
giurisprudenza (Cons. Giust. Amm. Sicilia sez. giurisd. -  29  maggio
2014, n. 296; Consiglio di Stato,  Sez.  V,  14  settembre  2021,  n.
6282). 
        e.4. Mantiene quindi  inalterata  vitalita'  l'intuizione  di
qualificata Dottrina, secondo cui i decreti legislativi  emanati  per
attuare gli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale operano ad un
livello ultraprimario sicche' non solo le leggi regionali,  ma  anche
quelle statali sono tenute a prestarvi osservanza; essi,  nell'ambito
della loro competenza «si collocano, nella gerarchia delle  fonti,  a
un livello (subcostituzionale, si', ma) piu' alto rispetto agli  atti
legislativi appena nominati», sotto  tale  profilo,  puo'  in  ultimo
evidenziarsi che ad analoghe conclusioni e' giunto il CGARS  in  sede
consultiva nel parere n. 61 del 2020 (n. affare 309/20199) capo 12.5; 
      g) tale articolazione  dell'appello  va  quindi  disattesa,  in
quanto non condivisibile sul piano del rispetto della gerarchia delle
fonti. 
      h) Ad abundantiam, osserva il Collegio, peraltro, che  la  tesi
dell'appellante volta a  sostenere  una  «abrogazione  implicita»  ad
opera del legislatore del 2009, non persuade neppure sotto un profilo
squisitamente logico: si osserva in proposito, infatti, che, come  e'
noto, la Costituzione della Repubblica non dedica alcuna disposizione
alla disciplina dei ricorsi amministrativi e neppure,  tra  essi,  al
ricorso straordinario al Capo dello Stato. 
    L'unica  fonte  di  rango  costituzionale   che   disciplina   la
fattispecie,  e'  proprio  quella   contenuta   sub   art.   23   del
regio-decreto legislativo del  15  maggio  1946  n.  455  recante  lo
Statuto della Regione siciliana convertito dalla legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2 al quale e' stata data attuazione dal  decreto
legislativo n. 373 del 24 dicembre 2003. 
    Appare del tutto inipotizzabile che il legislatore ordinario  del
2009 abbia voluto incidere (perdipiu'  tacitamente)  su  dette  fonti
normative (che, comunque, si ritiene aver dimostrato essere collocate
su un gradino superiore nella gerarchia  delle  fonti  rispetto  alla
legge  n.  69  del  2009)   e   parimenti   implausibile   (oltreche'
irrilevante, a fini ermeneutici e ricostruttivi) sarebbe,  ipotizzare
una  «dimenticanza»  del  legislatore  in  tal  senso;  di  converso,
l'opzione ermeneutica che nega l'ipotesi  dell'avvenuta  «abrogazione
implicita» sembra la piu' coerente  con  l'impianto  sistemico  della
Costituzione in punto di valorizzazione dell'autonomia regionale. 
    6. Sub V.  Resta  a  questo  punto,  da  esaminare  la  «censura»
prospettata in via gradatamente subordinata, con la quale si chiede a
questo Cgars di sollevare la questione di legittimita' costituzionale
della disposizione di cui art. 9 comma V del decreto  legislativo  n.
373 del 24 dicembre 2003, nella parte  in  cui  ivi  si  dispone  che
«qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il  ricorso
in  maniera  conforme  al   parere   del   Consiglio   di   giustizia
amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l'affare  alla
deliberazione della Giunta regionale». 
    Anche per quanto in precedenza esposto, la rilevanza nell'odierno
giudizio della dedotta questione di legittimita'  costituzionale  non
sembra   necessiti   di   particolare   dimostrazione:    l'eventuale
declaratoria di illegittimita' della disposizione di cui al  comma  V
dell'art. 9 del decreto legislativo n.  373  del  24  dicembre  2003,
farebbe retroattivamente venir meno, in  un  rapporto  che  non  puo'
certamente dirsi esaurito, il potere del Presidente della Regione  di
discostarsi dal  parere  (di  contrario  segno)  reso  dalla  Sezione
consultiva  di  questo  Cgars;  cio'  non  produrrebbe  alcun   vuoto
normativo, in quanto questa e' l'unica disposizione  che  differenzia
l'istituto giustiziale regionale rispetto a quello  nazionale,  ed  a
piu' riprese si e'  affermato,  in  giurisprudenza,  che  le  (altre)
disposizioni della legge n. 69 del 18 giugno 2009 nella parte in  cui
hanno  novellato  il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  24
novembre 1971, n. 1199 sono applicabili  al  corrispondente  istituto
«siciliano» (Corte costituzionale, 13 novembre  2013,  n.  265,  piu'
diffusamente citata di seguito); pertanto, in sede di riedizione  del
potere successivamente all'annullamento  del  decreto  impugnato,  il
decreto decisorio dovrebbe conformarsi al parere reso  dalla  Sezione
Consultiva del Ggars, e pertanto la pretesa  dell'odierna  appellante
ne risulterebbe soddisfatta. 
    6.1. A tal proposito, deve essere in primo luogo chiarito  quanto
in precedenza soltanto accennato: il  Collegio  non  ritiene  che  il
potere attribuito al Presidente della Regione di decidere il  ricorso
straordinario difformemente dal parere  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa discenda direttamente dal disposto di  cui  all'ultimo
comma dell'art. 23 dello  Statuto  («..decisi  dal  Presidente  della
Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato»). 
    Il silenzio del  legislatore  costituzionale  sul  punto  non  si
presta ad  una  interpretazione  della  voce  participiale  «sentite»
espressiva della possibilita' implicita  di  potersi  discostare  dal
parere, e di converso, l'espressione «decisi dal»  sembra  unicamente
volta  ad  individuare  l'Autorita'  competente  ad  adottare  l'atto
conclusivo del procedimento. 
    Opinando diversamente,  peraltro,  verrebbe  fatto  di  chiedersi
perche',  successivamente,  in  sede  di  adozione  della   normativa
primaria attuativa ex decreto legislativo  n.  373  del  24  dicembre
2003, si sia sentita la necessita' di  specificare  espressamente  la
sussistenza di tale potesta' in capo al Presidente della  Regione  ed
il quomodo dell'esercizio di tale potere. 
    6.2. Tale convincimento,  esonera  il  Collegio  dall'addentrarsi
nella affascinante problematica della possibilita'  di  investire  la
Corte costituzionale dello  scrutinio  di  una  legge  costituzionale
(laddove  la  si  ritenga   contrastante   con   altre   disposizioni
costituzionali, ovvero con principi fondamentali della  Costituzione)
per  concentrarsi  sulla  questione  centrale  del  processo  -   che
peraltro, come si e' prima chiarito, e' stata l'unica sulla quale  si
e' dipanato il contraddittorio, anche in primo grado. 
    E' comunque appena il caso di rammentare che gia' in  passato  la
Corte costituzionale, proprio con riferimento allo statuto siciliano,
con la sentenza 22 gennaio 1970, n. 6 ha dichiarato  illegittimi  gli
articoli 26 e 27 dello Statuto siciliano, e che,  pur  non  potendosi
revocare  in  dubbio  la  evenienza  che  una  legge   costituzionale
approvativa di uno Statuto di una Regione da autonomia  differenziata
contenga  disposizioni  di  natura  giurisdizionale,  queste  debbano
comunque  armonizzarsi  con  il   sistema   delineato   dalla   carta
fondamentale che prevede che a tutti  i  cittadini  siano  assicurati
rimedi aventi identica consistenza a tutela delle  proprie  posizioni
di diritto soggettivo ed interesse legittimo. 
    6.3.  Nell'auspicio  di  aver   esaurientemente   dimostrato   in
precedenza la rilevanza  della  questione  di  costituzionalita'  che
viene in rilievo nella presente  controversia,  puo'  ora  procedersi
all'esame  della  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale prospettata dalla parte appellante. 
    I punti dai quali occorre muovere, ad avviso del Collegio, sono i
seguenti.  L'avvenuto  innesto  in  seno  all'istituto  del   ricorso
straordinario di elementi e caratteristiche giurisdizionali e'  stata
ribadita dalla Corte costituzionale (decisioni 7  febbraio  2020,  n.
13, 10 giugno  2016  n.  133  e  26  marzo  2014,  n.  73)  essendosi
osservando che, per effetto delle modifiche, di cui all'art. 69 della
legge 18 giugno 2009, n. 69 e di cui all'art. 7, comma 8, del  codice
del processo amministrativo di cui al decreto  legislativo  2  luglio
2010,  n.  104,  "l'istituto  ha  perduto  la  propria   connotazione
puramente  amministrativa  e  ha  assunto  la  qualita'  di   rimedio
giustiziale  amministrativo,  con   caratteristiche   strutturali   e
funzionali in  parte  assimilabili  a  quelle  tipiche  del  processo
amministrativo». 
    La decisione della Corte costituzionale 9 febbraio 2018, n. 24 e'
stata tranchant nel ricondurre la  trasformazione  dell'istituto  del
ricorso straordinario al Presidente  della  Repubblica  proprio  alle
modifiche introdotte dalla legge n. 69 del  2009  -  che  hanno  reso
vincolante il parere del Consiglio di Stato e hanno consentito che in
quella   sede   vengano   sollevate   questioni    di    legittimita'
costituzionale. 
    Allo stato, v'e' uniformita' di vedute, in giurisprudenza,  sulla
circostanza che il decreto decisorio  del  ricorso  straordinario  al
Presidente della Regione, in regime di alternativita' con il  ricorso
giurisdizionale,  e  «riservato»  alle   Materie   rientranti   nella
giurisdizione amministrativa ex art. 7 ultimo comma cpa, sia: 
      eseguibile merce' il rito dell'ottemperanza; 
      ricorribile  alle  Sezioni  Unite  della   Suprema   Corte   di
cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. 
    E che cio' possa avvenire, pero', soltanto  ove  il  decreto  sia
«conforme al parere»: Cassazione civile sez. un., 15 giugno 2017,  n.
14858. 
    V'e' del pari uniformita' di vedute in  ordine  alla  circostanza
che la Sezione Consultiva del Cgars possa: 
      sollevare questione interpretativa Ue ex art. 267 del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea (cio',  per  il  vero,  sin  da
tempo risalente ed antecedente  al  2009:  sentenza  della  Corte  di
giustizia 16 ottobre 1997, in cause riunite C-69/96 e 79/96,  che  ha
dato ingresso alle questioni di interpretazione di norme comunitarie,
sollevate dal Consiglio  di  Stato  in  sede  di  parere  su  ricorso
straordinario al Capo dello Stato); 
      sollevare    questione    di    legittimita'     costituzionale
(«superandosi» quanto nell'antevigente quadro normativo  statuito  da
Corte costituzionale, 17 dicembre 2004, n. 392 e n. 254 del 2004  con
riferimento  al  Consiglio  di  Stato)  come   affermato   da   Corte
costituzionale, 13 novembre 2013, n. 265 laddove si  e'  testualmente
rilevato, al considerando II, quanto di seguito »: 
      si  deve  preliminarmente  riconoscere  la  sussistenza   della
legittimazione del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la
Regione  siciliana  -  sezioni  riunite  a  sollevare  questione   di
legittimita'  costituzionale  in   sede   di   parere   sul   ricorso
straordinario al Presidente della Regione siciliana». Ai sensi  degli
articoli 23, quarto comma, del regio decreto  legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della  Regione  siciliana),
e9, comma 4, del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373  (Norme
di  attuazione  dello  Statuto  speciale  della   Regione   siciliana
concernenti l'esercizio nella regione  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio di Stato), i  ricorsi  amministrativi,  avanzati  in  linea
straordinaria contro atti amministrativi regionali, sono  decisi  dal
Presidente della Regione, su parere obbligatorio reso  dalle  sezioni
riunite  del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa.  Il  medesimo
decreto legislativo, dopo  aver  chiarito  che  le  due  sezioni  che
compongono il predetto Consiglio costituiscono sezioni distaccate del
Consiglio di Stato (art. 1, comma 2), prevede all'art. 12,  comma  1,
che: «Per  l'organizzazione  e  il  funzionamento  del  Consiglio  di
giustizia amministrativa in sede consultiva e in sede giurisdizionale
si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti  per  il
Consiglio di Stato». 
    Il  citato  rinvio  rende  applicabile  anche  al  Consiglio   di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana -  sezioni  riunite
quanto previsto per il Consiglio di Stato dall'art. 13, primo  comma,
del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199
(Semplificazione   dei   procedimenti   in   materia    di    ricorsi
amministrativi) - come modificato dall'art. 69,  primo  comma,  della
legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo  economico,
la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di  processo
civile) - secondo cui l'organo consultivo, «Se ritiene che il ricorso
non possa essere deciso indipendentemente dalla  risoluzione  di  una
questione   di   legittimita'   costituzionale   che   non    risulti
manifestamente  infondata,  sospende  l'espressione  del  parere   e,
riferendo  i  termini  e  i  motivi  della  questione,  ordina   alla
segreteria   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, ai sensi e per gli effetti di  cui  agliarticoli  23e
seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche'  la  notifica  del
provvedimento ai soggetti ivi indicati». 
    Non rileva la circostanza che, nel caso  di  specie,  il  ricorso
straordinario  sia  stato  proposto  nel  1996,  ossia  prima   della
menzionata  modifica  normativa.  Invero,  in  mancanza  di   diversa
prescrizione, essa  risulta  applicabile  in  ragione  del  principio
tempus regit actum,  considerato  che  la  richiesta  del  parere  al
Consiglio di giustizia amministrativa e' stata inoltrata il 10 giugno
2011, quando era gia' in vigore la nuova versione dell'art. 13, primo
comma, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  1199  del
1971(sentenza della Corte di cassazione - sezioni unite n. 20569  del
6 settembre 2013, che richiama altresi' la precedente sentenza  delle
stesse sezioni unite n. 23464 del 19 dicembre 2012).». 
    Nel descritto quadro,  che  sembra  al  Collegio  costituisca  il
«diritto  vivente,  si  ritiene  poter  esprimere  il  convincimento,
secondo cui: 
      a) l'esigenza di una uniformita' di disciplina  sul  territorio
nazionale, sia presidiata dall' attribuzione allo Stato, ex art. 117,
lett. l), della Costituzione «della legislazione esclusiva in materia
di giurisdizione e norme processuali; ordinamento  civile  e  penale;
giustizia  amministrativa»;  e  del  pari  debba  sottolinearsi   che
analoghe esigenze la carta  costituzionale  abbia  riservato  -  alla
successiva lettera m),  dell'art.  117  -  alla  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»
il che individua  un  solido  riferimento  anche  laddove  si  voglia
(continuare ad) attribuire  all'istituto  del  ricorso  straordinario
natura meramente giustiziale attuativo di una  forma  di  difesa  non
declinata per via «giurisdizionale»; 
        a.1) e, per altro verso, e' appena il  caso  di  sottolineare
che  la   materia   dell'ordinamento   civile   e   della   giustizia
amministrativa non e' stata  devoluta  alla  Regione  siciliana,  non
rientrando nelle materie di cui all'art. 24 dello Statuto; 
      b)  il  principio  di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione postuli, tra l'altro, che  a  tutti  i  cittadini  della
Repubblica venga attribuito un identico corredo di rimedi giustiziali
e giurisdizionali (in questa ultima ipotesi, intersecandosi cosi' gli
articoli 24 e 111 comma II della Carta fondamentale); 
      c) non assuma dirimente rilievo immorare  sulla  qualificazione
da attribuire al detto rimedio del ricorso straordinario: sia che  si
voglia rimanere attestati  sulla  natura  «giustiziale»  del  rimedio
suddetto,  sia  che  si  voglia  sostenere   la   avvenuta   compiuta
giurisdizionalizzazione  dello  stesso,  la  disposizione  della  cui
costituzionalita' si subita sembra introdurre una discriminazione  ed
una compromissione del diritto di difesa in danno di taluni soggetti; 
      d) e segnatamente, in danno dei soggetti ricorrenti  (Consiglio
di Stato, sez. I , 21 ottobre 2010 , n. 1499) che abbiano  deciso  di
avvalersi del detto rimedio per impugnare atti amministrativi emanati
dagli organi regionali o da organi dipendenti, controllati o vigilati
dalla  Regione  Sicilia,  ivi  compresi  quelli  degli  enti   locali
destinati a spiegare effetti nel territorio della Regione  siciliana,
rispetto  ai  ricorrenti  che  abbiano  impugnato  atti  destinati  a
spiegare effetti nel territorio della Repubblica: 
        I) ed invero, se si considera  qualificante  (  in  punto  di
avvenuta    «giurisdizionalizzazione    dell'istituto)     l'avvenuta
soppressione «nazionale» del potere di  discostarsi  dal  parere  del
Consiglio di Stato, nella constatazione che tale  potere  e'  rimasto
integro in sede di ricorso al Presidente della Regione siciliana,  ne
discende che i ricorrenti che abbiano deciso di avvalersi  del  detto
rimedio  per  impugnare  atti  amministrativi  destinati  a  spiegare
effetti nel territorio della Regione siciliana, siano privati  di  un
rimedio giurisdizionale (ed  attributari  di  un  «semplice»  rimedio
giustiziale) che e'  invece  attribuito  ai  ricorrenti  che  abbiano
impugnato atti destinati a  spiegare  effetti  nel  territorio  della
Repubblica; 
        II) se invece (ed  e'  questa  l'opinione  del  Collegio)  si
ritenga  preferibile  prescindere  da   valutazioni   in   punto   di
inquadramento (e quindi  o  si  ritenga  che,  pur  in  presenza  del
permanere integro del potere in  capo  al  Presidente  della  Regione
siciliana  di  discostarsi  dal  parere  reso  dal  Cgars   in   sede
consultiva,  ugualmente  il  rimedio  de  quo  abbia  assunto  natura
giurisdizionale,  ovvero,  piu'  radicalmente,  che  sia   l'istituto
nazionale che quello  corrispondente  «siciliano»  mantengano  tratti
meramente giustiziali) non sembra  dubitabile  che  a  cagione  della
previsione normativa della cui costituzionalita' si dubita, il  detto
«rimedio» sia foriero di minori garanzie per il cittadino  ricorrente
avverso  atti  amministrativi  destinati  a  spiegare   effetti   nel
territorio della Regione siciliana, rispetto ai cittadini  ricorrenti
che abbiano prescelto l'analogo  rimedio  «nazionale»  per  impugnare
atti destinati a spiegare effetti nel territorio della Repubblica. 
      e)  in  disparte,  ogni  altra  considerazione,   infatti,   le
condivisibili argomentazioni in forza delle quali si e' ritenuto: che
(Corte costituzionale, 9 febbraio 2018, n.  24)  i  decreti  decisori
resi nel regime normativo precedente alle modifiche di cui alla legge
n.  69   del   2019   non   fossero   coercibili   con   il   rimedio
dell'ottemperanza; che vieppiu' non lo siano, ovviamente,  i  decreti
presidenziali adottati in difformita'  al  parere  del  Consiglio  di
Stato, previa delibera del Consiglio dei ministri (Cassazione civile,
sez. un. , 15 giugno 2017, n. 14858); e che condizione  decisiva  per
la ricorribilita' innanzi alle Sezioni Unite della Suprema  Corte  di
cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione sia la conformita'
del decreto al parere reso in  sede  consultiva  (Cassazione  civile,
sez. un. , 19 dicembre 2012 n. 23464 considerando  20  e  21)  sembra
manifestino inalterata attualita'; 
      f) e pertanto, sembra evidente che nella vigenza  del  disposto
ex art. 9  comma  V  del  decreto  legislativo  n.  373  del  2003  -
quantomeno con riferimento ai decreti decisori  emessi  discostandosi
dal parere consultivo - le parti  (non  soltanto  il  ricorrente,  ma
anche gli eventuali controinteressati e le amministrazioni che non si
siano avvalse della facolta' di chiedere  la  trasposizione  in  sede
giurisdizionale) verrebbero  ad  essere  private  di  un  corredo  di
garanzie e rimedi invece esperibili nel territorio della Repubblica; 
      g)   cio',   peraltro,   avverrebbe   sulla   scorta   di   una
determinazione del Presidente della Regione  che,  seppur  certamente
debba essere motivata (Corte costituzionale, 31 dicembre  1986  ,  n.
298) non sarebbe  in  alcun  modo  preconizzabile  al  momento  della
determinazione del ricorrente di avvalersi del detto rimedio (e delle
scelta delle altre parti di non chiedere la  trasposizione),  il  che
appare  intersecare  in  modo  decisivo,  non  soltanto  il  disposto
dell'art. 24 della Costituzione ma, anche  quello  cui  all'art.  111
della Costituzione, quanto alla ricorribilita' dei provvedimenti  del
Giudice amministrativo; 
      h) e' ben vero - per prevenire  una  possibile  obiezione-  che
trattasi pur sempre  di  un  rimedio  facoltativamente  esperibile  e
collocato  in  regime  di   alternativita'   con   quello   ordinario
giurisdizionale: ma tenuto  conto  che  questo  antico  strumento  di
tutela,  preesistente  alla   stessa   giurisdizione   amministrativa
(Costituzioni generali di Vittorio Amedeo II,  Re  di  Sardegna,  del
1723 e Statuto albertino) e  divenuto  poi  strumento  di  «giustizia
delegata», attraverso una serie di  interventi  che  vanno  dal  1859
(legge del Regno di Sardegna n. 3707 del 30  ottobre  1859)  al  1907
continua  ad  essere  frequentemente  prescelto  dai  ricorrenti  per
molteplici ragioni (per la velocita' della risposta, per il costo non
elevato, e, non ultimo, per la maggior ampiezza del termine entro cui
proporre  l'impugnazione)  sembra  al  Collegio  che   la   segnalata
difformita' di disciplina dell'istituto siciliano rispetto  a  quello
nazionale inveri una forma di  disparita'  di  trattamento,  sotto  i
dianzi richiamati profili (art. 3 della Carta fondamentale). 
    Non sembra superfluo, infine, ad avviso del Collegio, valutare la
problematica, tenendo conto della latitudine della previsione di  cui
l'art. 9, comma 5, del decreto  legislativo  n.  373  del  2003;  dal
tenore letterale di tale ultima disposizione, invero,  non  potendosi
ricavare  alcuna  perimetrazione  del  potere  del  Presidente  della
Regione di decidere il ricorso in senso  difforme  dal  parere  («con
motivata richiesta») sembra potersi  evincere  che  lo  stesso  possa
dispiegarsi in ogni caso, e quali che siano stati  gli  «accadimenti»
verificatisi durante l' iter percorso dalla  Sezione  consultiva  del
CGARS per rendere il proprio parere. 
    Non resterebbero esclusi,  quindi,  i  casi  in  cui  la  Sezione
consultiva del  CGARS  avesse  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale, ovvero  questione  interpretativa  ex  art.  267  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ed il  parere  si  sia
successivamente conformato alle autorevoli indicazioni provenienti da
tali Corti; laddove, muovendo dal  tenore  letterale  della  predetta
disposizione si concordasse con tale -  ampia  ed  indefinita-portata
della medesima, essa sembrerebbe collidere, per un verso  (quanto  al
diritto europeo) con gli articoli 11 e 117 comma I della Costituzione
e  per  altro  verso  con  l'art.  136   della   Carta   Fondamentale
«confermato» dall'art. 30 comma III della legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Per quanto non dirimente, si osserva  conclusivamente,  quanto  a
tale ultimo profilo, che anche la direttiva sui ricorsi  straordinari
al Presidente della Regione siciliana -  Disciplina  dell'istituto  e
aggiornamenti legislativi e giurisprudenziali. Rispetto  dei  termini
per l'istruzione (Direttiva presidenziale 19 giugno 2020 in  Gazzetta
Ufficiale della Regione  siciliana  3  luglio  2020)  nel  richiamare
nell'ampia premessa l'art. 9, comma:-5 del decreto legislativo n. 373
del 2003 non prevede alcun divieto di discostarsi  per  l'ipotesi  in
cui il parere sia stato reso all'esito di un procedimento in cui  sia
stata sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale,  ovvero
questione interpretativa comunitaria(«la  decisione  del  ricorso  e'
adottata con decreto  del  Presidente  della  Regione  siciliana,  in
maniera conforme al parere del CGARS. 
    Se il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in
conformita' deve sottoporre l'affare alla deliberazione della  Giunta
regionale, con motivata richiesta. A meri fini informativi, L'ULL  e'
tenuto a comunicare con solerzia al CGARS  le  eventuali  ipotesi  di
decisione  in  difformita'  della  Giunta  regionale  e  le  relative
motivazioni di supporto.  «ancorche'  le  modifiche  al  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  1199/1971,  introdotte  dal  secondo
comma  dell'art.  69  della  legge  del 18  giugno   2009,   n.   69,
relativamente  alla  necessita'  che   la   decisione   del   ricorso
straordinario sia conforme  al  parere  dell'organo  consultivo,  non
siano applicabili nell'ordinamento siciliano, e'  da  ritenersi  che,
anche in sede di ricorso straordinario al  Presidente  della  Regione
siciliana, il Consiglio di giustizia amministrativa  possa  demandare
alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, cui tale funzione spetta
in via esclusiva, l'esame pregiudiziale in ordine  alla  validita'  o
interpretazione di un atto dell'Unione, quando la  definizione  della
questione sia rilevante ai fini della decisione della controversia in
sede straordinaria.»). 
    Alla stregua delle superiori considerazioni, ai  sensi  dell'art.
23 comma 2 1. 11 marzo 1953 n. 87, questo CGARS solleva questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  9  comma  5,   del   decreto
legislativo n. 373 del 2003 per contrasto con gli articoli 3,  11,24,
111, 117 comma 1,136 della Costituzione, ritenendola rilevante e  non
manifestamente infondata. 
    Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai  sensi  e  per  gli
effetti di cui agli articoli  79  e  80  c.p.a.  e  295  c.p.c.,  con
trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine  alle
spese e' riservata alla decisione definitiva.