TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA 
            lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria 
 
    nella causa civile iscritta al n. r.g. 440-1/2022 il Giudice  del
lavoro dott. Mariarosa Pipponzi, sentite  le  parti,  a  scioglimento
della riserva assunta all'udienza del 28 aprile 2022  ha  pronunciato
la seguente ordinanza di rimessione  alla  Corte  costituzionale  nel
ricorso ex art. 700 c.p.c. in corso di causa promosso da  M          
Z              (C.F.                          ),     residente     in
Via                             , rappresentata, assistita  e  difesa
dall'avv.  Luca  Iuliano  (C.F.  LNILCU63E28B157N)  ed  elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Brescia - Via Sant'Orsola n.  64,
giusta mandato in calce al presente atto (le  comunicazioni  potranno
essere effettuate  all'indirizzo  di  posta  elettronica  certificata
luca.iuliano@brescia.pecavvocati.it),     -     parte      ricorrente
contro             (C.F.                        ),  in  persona   del
legale  rappresentante  pro  tempore,  con   sede   in              ,
pec                        - parte convenuta. 
 
                            Rilevato che: 
 
    -       M                 Z                  e'        dipendente
dell'                       dal  1993,  in  qualita'  di   Ausiliario
specializzato - A5 (matricola           ); 
    - e' stata in malattia  da  meta'           fino  al            ,
risultando idonea al lavoro in data           ; 
    - in data           con comunicazione prot. n.           e' stata
sospesa dal lavoro, ai sensi dell'art. 4 comma 3 del decreto-legge n.
44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76,  con  decorrenza  dal
senza retribuzione e senza altro emolumento  a  seguito  del  mancato
adempimento dell'obbligo vaccinale; 
    -  ha  contestato  il  fondamento   giuridico   della   normativa
emergenziale sottolineando, inoltre, che  gli  effetti  delle  misure
restrittive adottate dal Governo nel periodo emergenziale (cessato al
31 marzo 2022) non possono protrarsi  oltre  il  periodo  di  vigenza
dello stato di emergenza che, per stessa affermazione del Governo, ha
costituito  e  costituisce  il  presupposto  che  ne  giustifica   la
reiterata adozione; 
    - ha  eccepito  l'illegittimita'  dell'obbligo  vaccinale  ed  ha
sollevato eccezioni di costituzionalita' della normativa emergenziale
sotto vari profili rilevando  altresi'  il  contrasto  delle  vigenti
disposizioni con il regolamento U.E.  n.  536\2014  e  con  la  Carta
Fondamentale dell'Unione europea nonche' con la  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali e la natura discriminatoria della norma che le impedisce
di accedere al luogo di lavoro, in quanto non vaccinata; 
    - in relazione alla mancanza di retribuzione ed  alla  esclusione
anche dell'assegno alimentare  la  ricorrente  sostiene:  a)  che  la
sospensione dal lavoro con diritto alla conservazione del rapporto di
lavoro prevista dall'art. 4-ter comma 3 del decreto-legge n.  44/2021
conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76, ha natura cautelare  al  pari
della «sospensione cautelare» ex articoli 91 e  92  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 3/1957 seppur diretta  a  tutelare  un
interesse  pubblico  di  altra  natura;  b);  il  dettato   letterale
dell'art. 4-ter comma 3 decreto-legge 44/2021 conv.  dalla  legge  28
maggio 2021 n. 76, non esclude espressamente la tutela  prevista  per
il caso di sospensione del lavoratore pubblico, limitandosi a  negare
i compensi o gli emolumenti accanto alle retribuzioni; c) la  mancata
previsione di un assegno alimentare per i lavoratori sospesi ai sensi
dell'art. 4-ter comma 3 del  decreto-legge  n.  44/2021  conv.  dalla
legge 28 maggio 2021 n. 76 risulta discriminatoria e viola  l'art.  3
della Costituzione e lede altresi' il diritto ad una esistenza libera
e  dignitosa.   (artt.   1,   2,   e   4,   36   Cost.)   conseguente
all'impossibilita' di percepire alcun reddito  per  il  sostentamento
proprio e dei propri famigliari; 
    - M           Z           ha concluso chiedendo la reintegrazione
sul posto di lavoro (anche in altre mansioni), a prescindere sia  dal
proprio status vaccinale sia dal possesso del green pass da  tampone,
con   il   pagamento   della   retribuzione    previo    accertamento
dell'illegittimita'  della  sospensione   disposta   dall'   ASST   e
disapplicando d'ufficio,  senza  necessita'  di  investire  la  Corte
costituzionale, l'art. 4 ter, comma 3 del decreto-legge  n.  44/2021,
convertito dalla legge n. 76/2021 come modificato  dal  decreto-legge
n. 172/2021. In via di urgenza  ha  chiesto  in  via  provvisoria  la
corresponsione,  della  retribuzione  per   tutto   il   periodo   di
sospensione o quantomeno il riconoscimento del  diritto  a  percepire
l'assegno alimentare; 
    - la                                    ,  si  e'  costituita  in
giudizio  chiedendo   il   rigetto   del   ricorso   sostenendo   che
«Nell'attuale contesto emergenziale, nel  bilanciamento  operato  dal
legislatore  tra  i  due   valori,   quello   dell'autodeterminazione
individuale e quello della salute pubblica, prevale quest'ultimo e la
previsione dell'obbligo vaccinale  del  personale  sanitario  risulta
l'unica soluzione possibile in questa fase  di  emergenza  contro  il
virus Sars-Cov2»; 
    - la parte convenuta ha ricordato  che  la  Corte  costituzionale
aveva gia' precisato  che  la  legge  impositiva  di  un  trattamento
sanitario non e' incompatibile con l'art 32 Cost. se  il  trattamento
e' diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di
chi vi e' assoggettato, ma anche a  preservare  lo  stato  di  salute
degli altri e ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n.
268/2017  nella  quale  e'  stato  chiarito  che  gli   obblighi   di
vaccinazioni obbligatorie possono essere considerati necessari in una
societa' democratica ed ha sottolineato altresi' che «E' evidente che
la copertura vaccinale puo' essere imposta ai cittadini  dalla  legge
solo con forme di coazione indiretta come quella relativa al possesso
del  Green  Certificate  o  quella  di  inibire  lo  svolgimento   di
determinate attivita' in assenza di vaccinazione,  quali  ad  esempio
quelle sanitarie»; 
    - parte  convenuta  ha  affermato  che  non  si  ravvisa  «alcuna
sostanziale incompatibilita' con la Convenzione Europea  dei  Diritti
dell'Uomo (e suoi Protocolli) dell'attuale legislazione italiana  che
prevede l'obbligo vaccinale» e  che  non  era  stata  violata  alcuna
disposizione della Comunita' europea e che gia' il Consiglio di Stato
aveva escluso la allegata violazione degli articoli l, 2, 3, 4, 35  e
36 (con decisione n. 7045 del 20 ottobre 2021); 
    - nelle more del giudizio  e'  intervenuto  il  decreto-legge  24
marzo 2022, n. 24 (in Gazzetta Ufficiale 24 marzo 2022, n. 70) con il
quale  fa  sospensione  dal  lavoro  e  dalla  retribuzione,  per  il
personale  delle  strutture  di  cui  all'art.  8-ter   del   decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 che non ha adempiuto all'obbligo
vaccinale, e' stata estesa sino al 31 dicembre 2022. 
 
                              Osserva: 
 
    Quanto all'ammissibilita' delle  questioni  di  costituzionalita'
sollevate in sede cautelare: 
      la Corte costituzionale si e' ripetutamente espressa  in  senso
favorevole in quanto non  risulti  esaurita  la  potestas  judicandi,
circostanza che non ricorre nel caso di specie, venendo  emanata  con
separato atto contestualmente al  presente  provvedimento,  solo  una
misura cautelare interinale,  la  quale  e'  provvisoria  e  rimarra'
efficace fino alla Camera di consiglio successiva  alla  restituzione
degli atti da parte  della  Corte  costituzionale  ed  e'  quindi  da
intendersi   condizionata   agli    esiti    dello    scrutinio    di
costituzionalita' richiesta (in  tal  senso  Corte  costituzionale  9
maggio 2013 n. 83 e Corte costituzionale 30 gennaio 2018 n. 10) 
    Questo giudice ritiene  che  le  questioni  di  costituzionalita'
segnalate dalla difesa della ricorrente siano parzialmente fondate: 
      a) l'art. 4 comma 7 decreto-legge n. 44/2021 conv. dalla  legge
28 maggio 2021 n. 76 con le modifiche introdotte dal decreto-legge n.
172/2021 conv. con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022,  n.  3,
richiamato dall'art. 4-ter comma 2 citato decreto, nella parte in cui
prevede che l'adibizione a mansioni diverse senza decurtazione  della
retribuzione, in  modo  da  evitare  il  rischio  di  diffusione  del
contagio da SARS- COV-2, e' ammessa. solo per il periodo  in  cui  la
vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita, pone  dubbi  di
compatibilita' con gli articoli 3 e 4  della  Costituzione  sotto  il
profilo della disparita' di  trattamento,  della  irragionevolezza  e
sproporzionalita' e della lesione del diritto al  lavoro  e  pertanto
tale questione va rimessa alla Corte costituzionale; 
      b) l'art. 4-ter comma 3  del  decreto-legge  n.  44/2021  conv.
dalla legge 28 maggio 2021 n. 76 nella parte in cui  recita  «Per  il
periodo di sospensione, non sono dovuti  la  retribuzione  ne'  altro
compenso  o  emolumento,   comunque   denominati»   pone   dubbi   di
compatibilita' con gli articoli 2 e 3 della Costituzione  e  pertanto
tale questione va rimessa alla Corte costituzionale. 
    Quanto alla rilevanza 
      la ricorrente e' dipendente della e quindi e'  soggetto  tenuto
ad adempiere l'obbligo vaccinale; 
      la  ricorrente  non  ha  ritenuto  di   adempiere   all'obbligo
vaccinale e non ha allegato di versare in una delle ipotesi in cui la
vaccinazione puo' essere omessa e differita; 
      la ricorrente e' stata sospesa con provvedimento del 13 gennaio
2021 e la sua sospensione  dal  servizio  e'  prevista  ora,  con  la
proroga introdotta  dal  decreto-legge  24  marzo  2022,  n.  24  (in
Gazzetta Ufficiale 24 marzo 2022, n. 70), sino al 31 dicembre 2022; 
      la ricorrente  ha  contestato  la  sospensione  ed  offerto  di
rendere la prestazione anche mediante assegnazione di altre mansioni; 
      la ricorrente agisce in via di urgenza anche  per  ottenere  il
riconoscimento dell'assegno alimentare previsto in via generale per i
pubblici dipendenti dall'art. 82 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 3/1957 che recita «All'impiegato sospeso e' concesso un
assegno  alimentare  in  misura  non  superiore  alla   meta'   dello
stipendio, oltre gli assegni per  carichi  di  famiglia»  e,  per  il
comparto sanita', dall'art. 68 C.C.N.L. comma 7  per  il  caso  della
sospensione cautelare in caso di procedimento penale; 
    Cio' premesso, ritiene questo Giudice che: 
      a) la locuzione utilizzata dall'art. 4 comma 7 decreto-legge n.
44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76 richiamato  dall'art.
4-ter comma 2 cit. decreto, nella formulazione attuale, non  consente
di riconoscere alla lavoratrice il diritto ad essere  reintegrata  ed
essendo  norma  speciale  non  pare  percorribile   ne'   la   strada
dell'interpretazione costituzionalmente orientata  sulla  base  degli
articoli 3 e 4 della Costituzione, ne' quella  della  disapplicazione
invocata per contrasto con la Carta dei  Diritti  Fondamentali  della
UE. 
      Infatti, l'obbligo imposto al giudice remittente  di  vagliare,
prima di sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale,  la
percorribilita'  di  tutte  le  ipotesi  ermeneutiche   astrattamente
possibili per attribuire alla norma un significato non  incompatibile
con  il  principi  costituzionali  incontra  il  limite  invalicabile
costituito   dalla   formulazione   letterale   della   disposizione.
Modificando la originaria formulazione del decreto-legge  n.  44\2021
conv. dalla legge 28 maggio 2021, il legislatore  ha  esplicitato  la
chiara  volonta'  di  porre  la  nuova  disciplina  in  rapporto   di
discontinuita' con quella precedente e di estromettere percio'  tutti
i lavoratori inadempienti  all'obbligo  vaccinale  dall'esercizio  di
tutte le attivita' nell'ambito delle strutture del comparto  sanita'.
Sicche' la sopravvenuta modificazione  della  disciplina  legislativa
preclude a questo giudicante in assoluto  ogni  possibilita'  di  una
interpretazione  restrittiva  in  contrasto   con   la   formulazione
letterale. 
      Per quanto riguarda, invece, la possibilita' di disapplicazione
per contrasto con la Carta dei  diritti  fondamentale  della  UE,  e'
sufficiente evidenziare che la materia degli obblighi  vaccinali  non
costituisce in se' oggetto di una disciplina dell'Unione  e  rispetto
ad essa ogni Stato mantiene nell'ordinamento interno ampio margine di
autonomia, come si ricava dalla adozione di misure differenziate  tra
gli  Stati  membri  in  merito  alla   previsione   di   vaccinazioni
obbligatorie. Secondo la costante giurisprudenza della CGUE i diritti
fondamentali  garantiti  nell'ordinamento  giuridico  dell'Unione  si
applicano  in  tutte   le   situazioni   disciplinate   dal   diritto
dell'Unione, ma non al di fuor di esse. La  Corte  costituzionale  ha
ripetutamente affermato (da ultimo con sentenza n. 194 del 2018)  che
le disposizioni della Carta sono applicabili agli Stati  Membri  solo
quando  questi  agiscono  nell'ambito  di  applicazione  del  diritto
dell'Unione  (Corte  costituzionale  sentenza  nn.   63/2016   e   n.
111/2017).  Cio'  in  quanto  l'art.  51  della  Carta  dei   diritti
fondamentali  e'  rigoroso  nel  prevederne   l'applicabilita'   alle
istituzioni,  organi   e   organismi   dell'Unione   e   agli   Stati
«esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione» (par. 1),  e
questi soggetti, che rispettano i diritti e osservano i principi, «ne
promuovono l'applicazione secondo  le  rispettive  competenze  e  nel
rispetto delle competenze conferite all'Unione  nei  Trattati»  (par.
1). Viene ribadito il contenuto dell'art. 6 TUE, affermando che (par.
2) la  Carta  «non  estende  l'ambito  di  applicazione  del  diritto
dell'Unione al di la' delle  competenze  dell'Unione,  ne'  introduce
competenze nuove o  compiti  nuovi  per  l'Unione,  ne'  modifica  le
competenze e i compiti definiti nei  Trattati».  In  conclusione,  la
forza  espansiva  dei  diritti  fondamentali  trova  un  limite   nel
principio  di  attribuzione  delle  competenze  che  caratterizza  la
struttura istituzionale o costituzionale dell'Unione. 
      Se l'art. 4 comma 7 del decreto-legge n.  44/2021  conv.  dalla
legge 28 maggio 2021 n. 76, nella parte in  cui  limita  ai  soggetti
esentati dall'obbligo vaccinale o a  coloro  che  hanno  ottenuto  il
differimento per il periodo di durata dello stesso,  la  possibilita'
di essere adibiti a «mansioni anche diverse, senza decurtazione della
retribuzione, in  modo  da  evitare  il  rischio  di  diffusione  del
contagio da SARS-CoV-2.» venisse ritenuta non conforme a Costituzione
la  domanda  di  reintegrazione  della  ricorrente  potrebbe  trovare
accoglimento  gia'  in  sede  cautelare,  stante  il  rinvio  operato
dall'art. 4-ter comma  2  citato  decreto,  e  da  cio'  consegue  la
rilevanza della questione sollevata. 
      b) l'art. 4-ter comma 3  del  decreto-legge  n.  44/2021  conv.
dalla legge 28 maggio 2021 n. 76 appare  inequivoco  nello  stabilire
che  per  il  periodo  di  sospensione  disposta   per   il   mancato
assolvimento dell'obbligo vaccinale «non sono dovuti la  retribuzione
ne' altro compenso od emolumento comunque denominato»; 
      la  locuzione  «ne'  altro  compenso  od  emolumento   comunque
denominato» appare insuscettibile di un'interpretazione che  consenta
di riconoscere alla ricorrente l'assegno alimentare che e',  appunto,
un emolumento erogato in assenza di prestazione lavorativa; 
      l'art. 4-ter comma 3 citato  decreto  e'  una  disposizione  di
carattere speciale e di conseguenza non pare percorribile  la  strada
dell'interpretazione  costituzionalmente  orientata  sulla  base   di
parametri invocati dalla parte ricorrente e cioe' gli articoli 2 e 3,
4 e 36 della Costituzione; non pare neppure possibile riconoscere  il
diritto all'assegno alimentare applicando in via analogica l'art.  82
decreto del Presidente della Repubblica  n.  3/1957,  ne'  l'art.  68
C.C.N.L. di comparto Sanita' pubblica  che  riconosce  al  dipendente
sospeso cautelarmente in caso di procedimento  penale  «un'indennita'
pari al 50% dello stipendio tabellare, nonche' gli assegni del nucleo
familiare e la retribuzione individuale di anzianita', ove spettanti»
essendo tali disposizioni specificamente  riferite  alle  sospensioni
cautelari derivanti da violazioni  aventi  rilevanza  disciplinare  e
penale. 
      Solamente ove l'art. 4-ter comma 3 del decreto-legge n. 44/2021
conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76 nella parte in cui recita «Per
il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione ne'  altro
compenso o emolumento,  comunque  denominati»  venisse  ritenuta  non
conforme a Costituzione la domanda  di  assegno  alimentare  potrebbe
trovare accoglimento gia' in sede cautelare e  da  cio'  consegue  la
rilevanza della questione sollevata. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza 
      a) al personale delle  strutture  di  cui  all'art.  8-ter  del
decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e' stato esteso l'obbligo
vaccinale in  origine  previsto  per  gli  esercenti  le  professioni
sanitarie e per il personale sanitario testualmente finalizzato «alla
tutela della salute pubblica» e per mantenere «adeguate condizioni di
sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» ed,
a prescindere da ogni considerazione in merito alla sua  idoneita'  a
raggiungere lo scopo (circostanza che la parte ricorrente  contesta),
non si puo' che rilevare che il pericolo di diffusione del virus, sia
uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato indipendentemente
dal fatto che  la  omessa  vaccinazione  sia  dovuta  ad  una  scelta
volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua salute. 
      A parita' di condizione (uguaglianza del pericolo  di  contagio
per gli altri dipendenti, per gli  ospiti  ed  i  pazienti),  non  si
comprende allora  per  quale  motivo  l'obbligo  di  repêchage  debba
sussistere solo a favore dei secondi (soggetti esentati o per i quali
la vaccinazione e' stata differita) e non anche a favore  dei  primi.
Ne' potrebbe sostenersi che, nel settore sanitario, la differenza  di
trattamento sia giustificata  da  esigenze  aziendali  essendo  stato
previsto il repêchage per gli esentati o differiti senza  limitazioni
ed  essendo  stato  altrettanto  totalmente  escluso  per  gli  altri
soggetti non vaccinati. 
      Pertanto  si  dubita  che  il  comma  7  del  citato  articolo,
nell'attuale  formulazione,  sia  contrario  all'art.  3  e  4  della
Costituzione  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  l'obbligo  di
repêchage sussista anche per coloro che scelgono di  non  vaccinarsi.
Cio' in primo luogo per violazione del principio  di  uguaglianza  ex
art. 3 della Costituzione e per irragionevolezza in quanto il diverso
trattamento previsto per coloro che hanno deciso di non vaccinarsi  e
coloro che non possono vaccinarsi (in quanto esenti o differiti)  non
appare sostenuto da alcuna giustificazione. Inoltre,  nel  precludere
al personale non vaccinato  per  libera  scelta  la  possibilita'  di
lavorare - anziche' applicare altre soluzioni quali,  solo  per  fare
degli esempi, il controllo tramite test di rilevazione  del  virus  e
l'assegnazione a mansioni diverse, ove possibili  -  lo  Stato  viene
meno al compito di rendere effettivo il diritto al lavoro (ex art.  4
della Costituzione) ed introduce una misura che si espone  al  dubbio
di  rivelarsi  eccessivamente  sbilanciata   e   sproporzionata,   ad
eccessivo detrimento  del  valore  della  dignita'  umana  stante  la
compressione assoluta del diritto al  lavoro  destinata  a  permanere
sino al 31 dicembre 2022, anche  oltre  il  termine  dello  stato  di
emergenza e solo per i lavoratori  del  comparto  sanitario.  Ne'  la
temporaneita' della misura interdittiva adottata dal  legislatore  e'
idonea di per se' a giustificare il sacrificio totale degli interessi
antagonisti atteso che la stessa e'  in  grado  di  produrre  effetti
gravemente pregiudizievoli  per  siffatta  categoria  di  lavoratori,
privati  di  ogni  possibilita'  di  svolgere  attivita'  lavorativa,
vieppiu' alla luce della disposta proroga. Si  rammenta  infatti  che
secondo quanto disposto dall'art. 60 D.P.R. 3/1957  «L'impiegato  non
puo' esercitare il commercio, l'industria, ne' alcuna  professione  o
assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare  cariche  in
societa' costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di  cariche
in societa' o enti per le quali la nomina e' riservata allo  Stato  e
sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente». 
      A cio' si aggiunga che l'originaria  formulazione  delle  norma
prevedeva, per il personale sanitario, la possibilita' di  attribuire
al dipendente non vaccinato, seppure  solo  ove  possibile,  mansioni
diverse. 
      Quanto alla compatibilita'  dell'intervenuta  modifica  che  ha
escluso tale possibilita', con  il  principio  della  ragionevolezza,
corollario del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3
comma  secondo  dalla  Costituzione,   si   dubita   altresi'   della
razionalita'  dell'estensione  del  divieto  di  svolgere   qualsiasi
attivita' lavorativa  -  incluse  quelle  che  non  comportano  alcun
rischio di diffusione del contagio da SARS - COV-2 - in relazione  ai
fini primari della tutela della salute pubblica  e  del  mantenimento
«di  adeguate   condizioni   di   sicurezza   nell'erogazione   delle
prestazioni di cura e assistenza». Questo Giudice non dubita  che  il
legislatore nella sua discrezionalita' possa  aggravare  gli  effetti
dell'accertamento della violazione di un obbligo,  ma  deve  comunque
individuare  degli  specifici  presupposti   che   siano   idonei   a
giustificare  detto  aggravamento.  Tali  presupposti  non  risultano
individuati atteso che rispetto  alla  disciplina  previgente  -  che
peraltro era rivolta esclusivamente  agli  esercenti  le  professioni
sanitarie ed agli operatori sanitari e non a tutto il personale delle
strutture di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo  30  dicembre
1992 n. 502 - lo scopo primario che la norma intende perseguire ossia
quello  della  tutela  della  salute  pubblica  in   una   situazione
emergenziale epidemiologia  mediate  la  garanzia  dell'accesso  alle
cure, alle prestazioni sanitarie in genere in condizioni di sicurezza
e' rimasto sostanzialmente immutato.  Cosi'  come  sono  immutate  le
esigenze connesse alla  tutela  della  sicurezza  negli  ambienti  di
lavoro.  Tale  modifica  con  la  quale  si  sospende  dal  lavoro  e
dall'intera retribuzione il lavoratore che  non  intende  vaccinarsi,
senza prevedere alcuna soluzione  alternativa  o  intermedia,  appare
quindi del tutto irragionevole e certamente sproporzionata allo scopo
che la normativa si prefigge. 
      b) la ricorrente agisce anche per  ottenere  il  riconoscimento
dell'assegno alimentare previsto  in  via  generale  per  i  pubblici
dipendenti dall'art. 82 del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 3/1957 che recita «All'impiegato sospeso e'  concesso  un  assegno
alimentare in misura non superiore alla meta' dello stipendio,  oltre
gli assegni per carichi  di  famiglia»  e  per  il  comparto  sanita'
dall'art. 68 C.C.N.L.; 
      l'art. 4-ter comma 3 del decreto-legge n. 44/2021  conv.  dalla
legge 28  maggio  2021  n.  76  sul  punto  appare  inequivoco  nello
stabilire che per il periodo di sospensione disposta per  il  mancato
assolvimento dell'obbligo vaccinale «non sono dovuti la  retribuzione
ne' altro compenso od emolumento comunque denominato»; 
      l'assegno alimentare  (un  emolumento  erogato  in  assenza  di
prestazione lavorativa) ha natura pacificamente  assistenziale  (cfr.
Consiglio di Stato sez. III  -  15  giugno  2015  n.  2939  Tribunale
amministrativo regionale Lombardia Sez. I Milano, 16 maggio  2002  n.
2070) essendo generalmente riconosciuto in caso  di  sospensione  dal
rapporto di lavoro per motivi disciplinari o cautelari  ed  e'  stata
considerata  dalla  Corte  costituzionale  misura   ragionevole   per
sopperire alle esigenze alimentari del lavoratore sospeso nei casi in
cui venga a mancare la  corrispettivita'  fra  le  prestazioni  delle
parti. Nella ordinanza n. 258\1988 si  afferma:  «appare  ragionevole
l'attribuzione  all'impiegato  sospeso  cautelarmene  di  un  assegno
alimentare in misura non superiore alla meta' dello stipendio  tenuto
conto  della  sospensione  dalla  prestazione   lavorativa   disposta
cautelarmente  nell'interesse  pubblico»  e  considerando   che   «il
precetto costituzionale posto dall'art. 36 Cost. ha riferimento  alla
tutela del lavoro e non anche alle particolari situazioni nelle quali
venga a mancare l'applicazione del principio di corrispettivita'  fra
le prestazioni delle parti»; 
      l'art. 2  della  Costituzione  nel  prevedere  una  particolare
tutela dell'individuo sia come singolo sia nelle  formazioni  sociali
ove si svolge la sua personalita' (tra  cui  rientrano  i  luoghi  di
lavoro) non  sembra  permettere  l'adozione  di  misure  che  possano
arrivare sino al punto di ledere la dignita' della persona come  puo'
avvenire quando alla persona sia preclusa ogni forma di sostentamento
per  far  fronte  ai  bisogni  primari  della   vita.   (cfr.   Corte
costituzionale 20 luglio 2021 n. 137). Come noto il diritto al lavoro
costituisce una delle principali prerogative dell'individuo su cui si
radica l'ordinamento italiano che trova  protezione  nell'ambito  dei
principio  fondamentali  della  Carta  Costituzionale  e  che   viene
tutelata non solo in quanto strumento attraverso  cui  ciascuno  puo'
sviluppare  la  propria  personalita'  potendo  cosi'   concorre   al
progresso materiale e spirituale della societa', ma  innanzitutto  in
quanto costituisce  il  mezzo  per  assicurare  alla  persona  ed  al
rispettivo nucleo famigliare attraverso  la  giusta  retribuzione  il
diritto fondamentale di vivere un esistenza libera e dignitosa . 
      E' questo che si verifica  nel  caso  in  esame  per  tutto  il
personale del comparto sanita' che non abbia ritenuto  di  vaccinarsi
essendo stata loro  sottratta  ogni  possibilita'  di  esercitare  la
propria attivita' lavorativa costituendo la  vaccinazione  «requisito
essenziale per lo svolgimento delle attivita' lavorative dei soggetti
obbligati» (ex art. 4-ter comma 2 del decreto-legge n. 44/2021  conv.
dalla legge 28 maggio 2021 n. 76.) e non potendo  accedere  a  quegli
istituti   che   tutelano   i   lavoratori   in   caso   di   perdita
dell'occupazione quali l'indennita' di disoccupazione (conservando il
posto di lavoro) essendo tale provvidenza in ogni  modo  preclusa  ai
dipendenti pubblici a tempo indeterminato,  ne'  possono  fruire,  in
quanto in eta' lavorativa, di quelle  provvidenze  che  presuppongono
una  determinata  anzianita'  anagrafica.  In   tal   modo   siffatti
lavoratori perdono ogni possibilita'  di  far  fronte  alle  esigenze
basilari della vita non potendo fare affidamento su alcuna  forma  di
sostegno economico per un periodo temporalmente rilevante (ad oggi e,
solo per loro, prorogato fino al 31 dicembre 2022). Ne' tale  lesione
appare giustificata dalla finalita' di «tutelare la salute pubblica e
mantenere adeguate condizioni di  sicurezza  nella  erogazione  delle
prestazioni di cura e di assistenza» ex art. 4 comma 1  decreto-legge
44/2021 nell'ambito di una  situazione  emergenziale,  in  quanto  le
conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato
(via   via   irrigidite   a   seguito   delle   modifiche   apportate
dall'originaria formulazione) appaiono eccessivamente  sproporzionate
e sbilanciate nell'ottica della necessaria considerazione degli altri
valori costituzionali coinvolti tra cui  la  dignita'  della  persona
umana; 
      la disposizione in esame si pone in contrasto anche con  l'art.
3 della  Costituzione  in  quanto,  a  fronte  di  una  condotta  non
integrante illecito ne' disciplinare ne' penale e  che  riguarda  una
fattispecie. 
      introdotta in una fase emergenziale ed in un contesto del tutto
eccezionale, nega al personale  del  comparto  sanitario  persino  la
corresponsione  di  quelle  indennita'  come   l'assegno   alimentare
generalmente  riconosciute  dall'ordinamento   per   sopperire   alle
esigenze alimentari del lavoratore sospeso anche laddove quest'ultimo
sia coinvolto in procedimenti penali  e  disciplinari  per  fatti  di
oggettiva gravita' posto che cio' genera una irragionevole disparita'
di trattamento nei confronti dei soggetti che hanno posto  in  essere
condotte che, proprio per  previsione  legislativa,  sono  esenti  da
alcun tipo di rilievo.