Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della  Giunta
regionale  pro  tempore  per  la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 6, 11, 12 e 14 e dell'art.  8
della legge della Regione Molise n. 7, del 23 maggio 2022, pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n.  26  del  25  maggio
2022, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2022 -
2024 in materia di entrate e di spese. Modificazioni  e  integrazioni
di leggi regionali», come da delibera del Consiglio dei ministri  del
21 luglio 2022. 
    In data  25  maggio  2022  e'  stata  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Molise n. 26 la legge regionale n. 7  del  23
maggio 2022, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio
2022 - 2024 in  materia  di  entrate  e  di  spese.  Modificazioni  e
integrazioni di leggi regionali». 
    Il provvedimento in esame, agli articoli 6, commi 2, 3, 6, 11, 12
e  14  e  8  si  pone   in   contrasto   con   diverse   disposizioni
costituzionali. 
    Pertanto, con il presente atto, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri impugna la citata legge regionale n.  7/2022,  affinche'  ne
sia dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale,  sulla  base  dei
seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Art. 6, comma 2: illegittimita' per violazione  del  principio  di
leale  collaborazione,  nonche'  per  contrasto  con  i  principi  di
copianificazione obbligatoria (articoli 135, 143 e  145  del  decreto
legislativo n. 42/2004, norme interposte) e con gli articoli 3,  9  e
97 della Costituzione. 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali»)  comma  2  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        2. Alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 25 (Interventi per
il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei
porticati), sono apportate le seguenti modifiche: 
          a) all'art. 1, comma  1,  ultimo  periodo,  le  parole  «30
aprile  2022»  sono  sostituite  dalle  seguenti  parole  «30  aprile
2023»;[..] 
    1. L'art. 6, comma 2, apporta modifiche e integrazioni alla legge
regionale 18 luglio 2008, n. 25, recante «Interventi per il  recupero
dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati». 
    In particolare, la lettera a) prevede che, all'art. 1,  comma  1,
ultimo periodo, le parole «30  aprile  2022»  sono  sostituite  dalle
seguenti parole «30 aprile 2023». 
    Per effetto di tale modifica, il periodo in questione -  inserito
dall' art. 7, comma 8, della legge regionale 4 maggio 2021,  n.  1  -
viene ad essere cosi' formulato: 
        «Nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali  al
predetto accordo e comunque fino al 30 aprile 2023, sono ammessi  gli
interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici,
anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica sulla base di
decreti ministeriali ove vigenti.». 
        Tale previsione e' stata inserita in chiusura  del  comma  1,
dell'art. 1 della legge regionale n. 25/2008,  dopo  che  la  Regione
Molise, in adempimento di un precedente impegno, aveva  inserito  nel
medesimo comma,  per  mezzo  della  legge  regionale  n.  14/2020,  i
seguenti periodi: 
    «Rimane fermo il rispetto delle disposizioni di cui alla Parte II
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137). Con riferimento ai beni tutelati ai sensi della  Parte
III del decreto legislativo n. 42/2004,  gli  interventi  comportanti
modifiche all'aspetto esteriore degli edifici sono  ammessi  soltanto
nei casi e nei limiti previsti dai piani paesaggistici  di  cui  agli
articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, ovvero dalla disciplina  d'uso
dei beni paesaggistici, di cui agli  articoli  140,  141  e  141-bis,
ovvero nei casi e nei limiti individuati  mediante  apposito  accordo
stipulato tra la Regione e il Ministero per i  beni  e  le  attivita'
culturali  e  per  il  turismo,  destinato  a  confluire  nei   piani
paesaggistici». 
    Orbene, il Governo aveva gia' osservato in sede di interlocuzioni
riguardanti la legge regionale n. 1 del 2021, che la regione, con  la
disciplina transitoria prevista in chiusura  del  comma  1,  adottata
unilateralmente, aveva in sostanza «sterilizzato» l'impegno adempiuto
per il tramite delle modifiche apportate con la  legge  regionale  n.
14/2020, questo volto a riportare  interventi  edilizi  straordinari,
che  impattano  anche  sul  paesaggio  vincolato,  nell'alveo   della
pianificazione paesaggistica. 
    A   fronte   della   prospettata   impugnativa   della   predetta
disposizione per violazione del principio  di  leale  collaborazione,
oltreche'  per  contrasto  con   i   principi   di   copianificazione
obbligatoria (articoli 135, 143 e 145 del codice) e con gli  articoli
3, 9 e 97 della Costituzione, il Presidente della Regione Molise, con
nota prot.  104241  del  23  giugno  2021  (All.  2),  aveva  assunto
l'impegno a riformulare  la  previsione  in  questione  nei  seguenti
termini: 
        «Nelle more della stipulazione dell'accordo di cui al periodo
precedente, e in ogni caso  non  oltre  il  31  dicembre  2021,  sono
ammessi gli interventi comportanti  modifiche  all'aspetto  esteriore
degli   edifici   anche   nei   territori   assoggettati   a   tutela
paesaggistica,   ferma   restando   la   necessita'   di    acquisire
l'autorizzazione paesaggistica.». 
    Sulla scorta di tale impegno e confidando nell'adempimento  dello
stesso, il Presidente del Consiglio non ha proceduto  all'impugnativa
dell'art. 7, comma 8, della legge regionale n. 1/2021 che ha inserito
il periodo in questione. 
    Senonche' la regione, con l'art. 6, comma 2,  lettera  a),  della
legge regionale ora impugnata non solo  non  ha  modificato  l'ultimo
periodo dell'art. 1, comma 1 della legge  regionale  n.  25/2008  nei
termini concordati, ma ha altresi' disposto la  proroga  di  un  anno
della disciplina transitoria ivi prevista. 
    La modifica apportata si pone in netto  contrasto  con  l'impegno
puntuale  assunto,  e  pertanto   viola   il   principio   di   leale
collaborazione. 
    Occorre  infatti   considerare   che   la   prassi   di   evitare
l'impugnazione di una legge regionale incostituzionale, allorche'  la
regione si impegni a modificarne il contenuto per emendarla dai  vizi
da  cui  e'  affetta,  ha  una  rilevante  finalita'  deflattiva  del
contenzioso costituzionale, che consente di raggiungere un  obiettivo
analogo ad una sentenza di accoglimento del  ricorso  del  Presidente
del  Consiglio,  mediante  il  (corretto)  riesercizio   del   potere
legislativo da parte della stessa regione. 
    Ma affinche' tale virtuoso modo di  operare  possa  dare  i  suoi
frutti, e'  pero'  necessario  che  gli  impegni  presi  vengano  poi
rispettati. 
    Se cio' non accade - come nel caso in esame - e'  innegabile  che
risulti  violato  il  principio  di  leale  collaborazione  che  deve
caratterizzare il rapporto tra Stato e regioni. 
    Ne consegue che  la  disciplina  transitoria  di  cui  all'ultimo
periodo dell'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 25/2008,  come
prorogata dalla legge regionale in esame, si pone  in  contrasto  con
l'impegno puntuale assunto in occasione della legge n. 1/2020, e  poi
adempiuto con la legge regionale n. 14/2020, e quindi, nuovamente, in
violazione del principio di leale collaborazione. 
    Tale ultimo impegno si colloca infatti nella scia  degli  accordi
di pianificazione assunti tra la regione  e  lo  Stato,  che  vengono
disattesi  con  questo  intervento;   si   deve   pertanto   ritenere
applicabile il principio, anche di recente affermato dalla Corte,  in
base al quale «alle regioni non sono certamente  preclusi  interventi
legislativi nella materia del "governo  del  territorio"  nelle  more
dell'adozione  del  piano  paesaggistico,   sempre   che   essi   non
contrastino con i puntuali contenuti delle eventuali intese raggiunte
prima  dell'approvazione  dell'accordo   definitivo»   (sentenza   n.
54/2021,  che  richiama  la  n.  86/2019).  L'impegno   assunto   dal
Presidente della regione ben puo' essere considerato, nei  contenuti,
(non solo un comportamento,  bensi')  anche  parte  integrante  delle
suddette intese. 
    L'elaborazione  unilaterale,  da  parte  della   regione,   della
disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati,  al
di fuori del  piano  paesaggistico,  sebbene  transitoria,  contrasta
inoltre con il principio di copianificazione obbligatoria e del ruolo
di vertice conferito al piano di cui agli articoli 135, 143 e 145 del
codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    Non spetta infatti alla regione  disciplinare  unilateralmente  i
beni  paesaggisticamente  tutelati,  in  quanto  la  sede   di   tale
disciplina e' individuata dal  codice  nel  piano  paesaggistico,  da
elaborarsi congiuntamente tra la regione e lo Stato. Si  ritiene  che
questo  vizio  si  estenda  conseguentemente   anche   alle   ipotesi
ampliative sopra descritte. 
    Il   legislatore   nazionale,   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa  esclusiva  in  materia  di  tutela  del  paesaggio,   ha
assegnato infatti al piano paesaggistico una  posizione  di  assoluta
preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. 
    L'art. 135,  comma  1,  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio dispone, in particolare, che: 
        «Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia
adeguatamente conosciuto, salvaguardato,  pianificato  e  gestito  in
ragione dei differenti valori espressi dai diversi  contesti  che  lo
costituiscono. A  tale  fine  le  regioni  sottopongono  a  specifica
normativa d'uso il territorio mediante  piani  paesaggistici,  ovvero
piani  urbanistico-territoriali  con  specifica  considerazione   dei
valori  paesaggistici,  entrambi  di   seguito   denominati:   "piani
paesaggistici".  L'elaborazione  dei  piani   paesaggistici   avviene
congiuntamente  tra  Ministero  e  regioni,  limitatamente  ai   beni
paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1,  lettere  b),  c)  e  d),
nelle forme previste dal medesimo art. 143». 
    I successivi articoli 143, comma 9, e 145, comma  3,  del  codice
citato  sanciscono,  poi,  l'inderogabilita'  delle  previsioni   del
predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti  nazionali
o regionali di sviluppo economico e la  loro  cogenza  rispetto  agli
strumenti  urbanistici,  nonche'  l'immediata  prevalenza  del  piano
paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale  e
urbanistica (cfr. sentenza n. 180/2008). 
    Mediante la suddetta disciplina statale, e' stata effettuata  una
scelta di principio la cui  validita'  e  importanza  e'  gia'  stata
evidenziata piu' volte dalla Corte, in occasione dell'impugnazione di
leggi regionali che  intendevano  mantenere  uno  spazio  decisionale
autonomo agli strumenti di pianificazione dei comuni e delle regioni,
eludendo la  necessaria  condivisione  delle  scelte  attraverso  uno
strumento di pianificazione sovracomunale, definito d'intesa  tra  lo
Stato e la regione. 
    La Corte ha infatti affermato l'esistenza di un  vero  e  proprio
obbligo, costituente un  principio  inderogabile  della  legislazione
statale, di  elaborazione  congiunta  del  piano  paesaggistico,  con
riferimento ai beni vincolati (sentenza n. 86/2019)  e  ha  rimarcato
come  l'impronta  unitaria  della  pianificazione  paesaggistica  «e'
assunta a valore  imprescindibile,  non  derogabile  dal  legislatore
regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una
metodologia uniforme nel rispetto della legislazione  di  tutela  dei
beni culturali  e  paesaggistici  sull'intero  territorio  nazionale»
(sentenze n. 182/2006 e 272/2009). 
    Pertanto la disposizione in esame deve ritenersi illegittima  per
violazione del  principio  di  leale  collaborazione,  oltreche'  per
contrasto con i principi di copianificazione  obbligatoria  (articoli
135, 143 e 145 del codice) e  con  gli  articoli  3,  9  e  97  della
Costituzione. 
    Stante il generale abbassamento del livello di tutela, la novella
contrasta anche con il valore  primario  e  assoluto  del  paesaggio,
riconosciuto dall'art. 9 della Costituzione (sentenza n. 367/2007). 
2) Art. 6, comma 3: illegittimita' per violazione degli articoli 97 e
117, comma 2, lettera  1)  della  Costituzione  nonche'  del  decreto
legislativo n. 165/2001 (norma interposta). 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali»)  comma  3  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        3. All'art. 21 della legge regionale 30  marzo  1995,  n.  10
(Nuovo ordinamento della formazione professionale),  il  comma  2  e'
sostituito dal seguente comma: 
          «2. Tutte le attivita' di cui al  comma  1  possono  essere
espletate anche mediante ricorso a figure esterne all'Amministrazione
regionale, ove il  dirigente  del  settore  istruzione  e  formazione
professionale ne ravvisi l'opportunita'.». 
    In virtu'  della  novella  legislativa,  viene  disposto  che  le
funzioni   inerenti   all'accertamento   dei   requisiti    per    il
riconoscimento del Centro di formazione professionale, delle sedi  di
svolgimento dei  corsi  e  la  vigilanza  ed  il  controllo  tecnico,
didattico,  amministrativo  e  contabile  sullo   svolgimento   delle
attivita' concorsuali di competenza della regione o delle  province -
nel caso in cui il dirigente  del  settore  istruzione  e  formazione
professionale ne ravvisi l'opportunita' -  possono  essere  espletate
anche  mediante  ricorso   a   figure   esterne   all'Amministrazione
regionale. 
    La  disposizione  non  chiarisce  in  virtu'  di  quali  istituti
giuridici possa eventualmente attuarsi il suddetto «ricorso a  figure
esterne dell'Amministrazione regionale», tenuto peraltro conto che il
ricorso a personale esterno, qualora attuato  mediante  contratti  di
collaborazione, deve avvenire nel rispetto  della  normativa  statale
vigente,  contenuta  nell'art.  7,  commi  6  e  6-bis  del   decreto
legislativo n. 165/2001, nonche' nell'art. 19, commi 6, 6-bis,  6-ter
del  medesimo  decreto  legislativo  per  le  ipotesi  di   incarichi
dirigenziali. 
    Tali disposizioni dettano specifici requisiti di legittimita' che
trovano  applicazione   nei   confronti   di   tutte   le   pubbliche
amministrazioni in quanto afferiscono alla  materia  dell'ordinamento
civile, di competenza esclusiva dello Stato, posto che  l'avvalimento
del personale di cui trattasi avviene mediante la stipulazione di  un
contratto di diritto privato. 
    Alla  luce  di  quanto  sopra,  la  disposizione  deve  ritenersi
illegittima in quanto si pone in contrasto con gli articoli 97 e 117,
comma 2, lettera 1) della Costituzione. 
3) Art. 6, comma 6: illegittimita' per violazione  del  principio  di
leale collaborazione, degli articoli 9 e 117, secondo comma,  lettera
s), della Costituzione, nonche' degli articoli 135,  143  e  145  del
codice  dei  beni  culturale  e  del  paesaggio,  costituenti   norme
interposte. 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali»)  comma  6  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        6. Alla legge regionale 11 dicembre 2009, n.  30  (Intervento
regionale straordinario volto a rilanciare  il  settore  edilizio,  a
promuovere le tecniche  di  bioedilizia  e  l'utilizzo  di  fonti  di
energia alternative e rinnovabili,  nonche'  a  sostenere  l'edilizia
sociale  da  destinare  alle  categorie  svantaggiate  e   l'edilizia
scolastica), sono apportate le seguenti modifiche: 
          a) all'art. 2, comma 10, secondo periodo,  dopo  la  parola
«anche»  e  prima  della  parola  «limitatamente»  sono  aggiunte  le
seguenti parole «in corso di costruzione e»; 
          b) all'art.  2-bis,  comma  1,  le  parole  ricomprese  tra
«ampliamento degli edifici» ed «esistenti alla data del  31  dicembre
2014» sono soppresse; 
          c) all'art. 6, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: 
«1. Nei comuni  sprovvisti  di  aree  libere  destinate  all'edilizia
economica o convenzionata o agevolata o  che  non  ne  dispongano  in
misura  sufficiente,  in   via   straordinaria   e'   consentita   la
presentazione, da parte di privati, imprese o consorzi, di  programmi
costruttivi finalizzati alla richiesta di nuove abitazioni  da  parte
di cooperative edilizie e/o sociali.»; 
          d)  all'art.  11,  comma  1,  sono  apportate  le  seguenti
modifiche: 
1) al primo periodo, le parole «31  dicembre  2022»  sono  sostituite
dalle parole «31 dicembre 2024»; 
2) all'ultimo periodo, le parole «30  aprile  2022»  sono  sostituite
dalle parole «30 aprile 2023». 
    L'art. 6, comma 6, apporta modifiche e  integrazioni  alla  legge
regionale n. 30/2009 (c.d. piano casa), che prevede  la  possibilita'
di  realizzare  numerosi  interventi  edilizi,  di  ampliamento,   di
recupero, di rinnovamento, anche nei centri storici, in  deroga  alle
previsioni dei regolamenti comunali  e  degli  strumenti  urbanistici
comunali,  con  l'effetto  di  ampliare  ulteriormente   le   ipotesi
previste, da considerare invece frutto di un  intervento  legislativo
del  tutto  eccezionale,  la  cui  durata   (ipotizzata   nell'intesa
Stato-regioni del 1° aprile 2009) era temporalmente limitata, fino  a
un massimo di soli 18 mesi. 
    In particolare, la lettera b) del comma 6,  interviene  sull'art.
2-bis, comma 1. Tale comma, prima della novella portata  dalla  legge
di cui all'oggetto, prevedeva che: 
        «1. Al fine di rigenerare il  patrimonio  edilizio  ricadente
nei centri storici di cui all'art.  2  del  decreto  ministeriale  n.
1444/1968,  e'  consentito  l'ampliamento  degli   edifici   ad   uso
residenziale esistenti alla data del 31 dicembre 2014, fino al 20 per
cento  del  volume  esistente,  se  diretto  all'esclusivo  scopo  di
migliorarne  la  vivibilita'  o  l'efficienza  energetica  oppure  la
fruibilita'    attraverso    la    eliminazione    delle     barriere
architettoniche». 
    Orbene, la lettera b) del comma  6  ha  previsto  che  le  parole
ricomprese tra «ampliamento degli edifici» ed  «esistenti  alla  data
del 31 dicembre 2014» sono soppresse. 
    In disparte l'incongrua formulazione della previsione  normativa,
l'effetto  sostanziale  della  novella  e'   quello   di   consentire
l'incremento volumetrico fino al 20 per cento per tutti gli  edifici,
e non gia' soltanto per quelli a uso residenziale. Inoltre, l' ambito
applicativo della disposizione non e' piu' limitato ai  soli  edifici
esistenti alla data del 31 dicembre 2014, ma e' esteso a qualsivoglia
costruzione, realizzata in qualunque tempo, e  persino  a  quelle  di
futura realizzazione. 
    Ancora, la lettera d) del comma 6, interviene sull'art. 11, comma
1,  della  legge  regionale  n.  30/2009,  apportando   le   seguenti
modifiche: 
        1) al primo  periodo,  le  parole  «31  dicembre  2022»  sono
sostituite dalle parole «31 dicembre 2024»; 
        2) all'ultimo  periodo,  le  parole  «30  aprile  2022»  sono
sostituite dalle parole «30 aprile 2023». 
    Per effetto di tali modifiche, viene dunque  anzitutto  prorogata
l'operativita' temporale della legge sul piano casa,  disponendo  che
le segnalazioni certificate di inizio  attivita'  o  la  denuncia  di
inizio attivita' di tutti gli interventi previsti nella legge possono
essere presentate non piu' fino al 31 dicembre 2022, bensi'  fino  31
dicembre 2024. 
    La seconda modifica interviene sull'ultimo periodo  del  comma  1
dell' art. 11, introdotto dall' art. 7, comma  7,  lettera  d)  della
legge regionale n. 1/2021, prevedendo, come visto, che le parole  «30
aprile 2022» sono sostituite dalle parole «30 aprile 2023». 
    Per effetto di tale modifica, il  periodo  risulta  dunque  cosi'
formulato: 
        «Nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali  al
predetto accordo e comunque fino al 30 aprile 2023, sono ammessi  gli
interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici,
anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica sulla base di
decreti ministeriali ove vigenti.». 
    Tale previsione e' stata inserita in chiusura del  comma  1,  del
citato art. 11,  dopo  che  la  Regione  Molise  aveva  inserito,  in
precedenza, nel medesimo comma, per mezzo della  legge  regionale  n.
14/2020, i seguenti periodi: 
        «Rimane fermo il rispetto  delle  disposizioni  di  cui  alla
Parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della  legge  6
luglio 2002, n. 137). Con riferimento ai beni tutelati ai sensi della
Parte  III  del  decreto  legislativo  n.  42/2004,  gli   interventi
comportanti  modifiche  all'aspetto  esteriore  degli  edifici   sono
ammessi  soltanto  nei  casi  e  nei  limiti   previsti   dai   piani
paesaggistici di cui agli articoli 135, comma  1,  e  143,  comma  2,
ovvero dalla disciplina d'uso dei beni  paesaggistici,  di  cui  agli
articoli 140, 141 e 141-bis, ovvero nei casi e nei limiti individuati
mediante apposito accordo stipulato tra la regione e il Ministero per
i beni e  le  attivita'  culturali  e  per  il  turismo  destinato  a
confluire nei piani paesaggistici». 
    Tale intervento normativo era seguito, a sua volta, a un  preciso
impegno del Presidente della Regione Molise, assunto, su proposta del
Governo, in sede di interlocuzione in ordine alla legge regionale  n.
1/2020, con la quale si era prorogata l'efficacia del piano casa. 
    In tale occasione si era  infatti  evidenziato  che  la  continua
proroga di interventi non assentibili  in  via  ordinaria  presentava
delle criticita' con la disciplina di tutela  dei  beni  culturali  e
paesaggistici  contenuta  nel  codice  dei  beni  culturali   e   del
paesaggio, e quindi con la potesta' legislativa  esclusiva  spettante
allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della
Costituzione. 
    Infatti  tali   interventi,   proprio   a   fronte   della   loro
ammissibilita', in origine, per  un  arco  di  tempo  limitato,  sono
collocati al di  fuori  del  necessario  quadro  di  riferimento  che
dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano  paesaggistico,
ai sensi degli articoli  135,  143  e  145  del  codice  di  settore.
Soltanto a quest'ultimo strumento, elaborato  d'intesa  tra  Stato  e
regione, spetta infatti di stabilire, per ciascuna area tutelata,  le
c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione  del  vincolo,
volti a  orientare  la  fase  autorizzatoria)  e  di  individuare  la
tipologia delle  trasformazioni  compatibili  e  di  quelle  vietate,
nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. 
    Si era pertanto concordato con la regione di inserire  nel  testo
normativo il necessario quadro di riferimento, costituito  dal  piano
paesaggistico regionale. 
    Ciononostante la regione, con l'art.  7,  comma  7,  lettera  d),
della  legge  regionale  n.  1/2021  ha  introdotto  una   disciplina
transitoria, appunto prevedendo  che,  nelle  more  dell'adozione  di
provvedimenti conseguenziali al predetto accordo e comunque  fino  al
30 aprile 2022, fossero ammessi gli interventi comportanti  modifiche
all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati
a  tutela  paesaggistica  sulla  base  di  decreti  ministeriali  ove
vigenti. 
    In sede di interlocuzioni riguardanti la legge n. 1 del 2021,  il
Governo aveva gia'  stigmatizzato  la  legittimita'  di  tale  ultima
previsione. 
    L'impegno puntuale assunto in occasione della legge n. 1/2020,  e
poi concretizzato con la LR. 14/2020, si collocava infatti sulla scia
degli accordi di pianificazione assunti tra la regione  e  lo  Stato,
che venivano a essere disattesi con l'anzidetto intervento. 
    A   fronte   della   prospettata   impugnativa   della   predetta
disposizione, il Presidente della Regione Molise, con la gia'  citata
nota prot. 104241 del 23 giugno 2021 (All.2), aveva assunto l'impegno
a riformulare la previsione in questione nei seguenti termini: 
        «Nelle more della stipulazione dell'accordo di cui al periodo
precedente, e in ogni caso  non  oltre  il  31  dicembre  2021,  sono
ammessi gli interventi comportanti  modifiche  all'aspetto  esteriore
degli   edifici   anche   nei   territori   assoggettati   a   tutela
paesaggistica,   ferma   restando   la   necessita'   di    acquisire
l'autorizzazione paesaggistica.». 
    Sulla scorta di tale impegno e confidando nell'adempimento  dello
stesso,  il  Presidente  del   Consiglio   non   ha   proceduto   con
l'impugnativa dell'art. 7, comma 7, lettera d),  della  citata  legge
regionale n. 1/2021, che ha inserito il periodo in questione. 
    Senonche' la regione, con l'art. 6, comma 6,  lettera  d),  della
legge regionale in esame, non solo non ha modificato l'ultimo periodo
dell'art. 1, comma 1 della legge regionale 18 luglio 2008, n. 25, nei
termini concordati, ma ha altresi' disposto una proroga  di  un  anno
della disciplina transitoria ivi prevista. 
    La modifica apportata si pone in netto  contrasto  con  l'impegno
puntuale assunto, e pertanto in violazione  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Inoltre,   la   stessa    disciplina    transitoria,    elaborata
unilateralmente dalla regione,  risulta  illegittima,  in  quanto  in
contrasto con l'impegno puntuale assunto in occasione della legge  n.
1/2020, e poi adempiuto con  la  legge  regionale  n.  14/2020.  Tale
impegno si colloca nello stesso solco degli accordi finalizzati  alla
elaborazione  congiunta  del  piano,  e  si  deve  pertanto  ritenere
applicabile il principio, anche di recente affermato dalla Corte,  in
base al quale: 
        «alle  regioni  non  sono  certamente   preclusi   interventi
legislativi nella materia del «governo  del  territorio»  nelle  more
dell'adozione  del  piano  paesaggistico,   sempre   che   essi   non
contrastino con i puntuali contenuti delle eventuali intese raggiunte
prima dell'approvazione dell'accordo definitivo» (sentenze n. 54/2021
e 86/2019). 
    Anche  tale  impegno,  come   gia'   evidenziato,   deve   essere
considerato parte integrante delle suddette intese. 
    L'elaborazione  unilaterale,  da  parte  della   regione,   della
disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati,  al
di fuori del  piano  paesaggistico,  sebbene  transitoria,  contrasta
inoltre con il principio di copianificazione obbligatoria e del ruolo
di vertice conferito al piano di cui agli articoli 135, 143 e 145 del
codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    Non spetta infatti alla regione, unilateralmente, disciplinare  i
beni paesaggisticamente tutelati, la cui disciplina  e'  rimessa  dal
codice  inderogabilmente  al  piano  paesaggistico,   da   elaborarsi
congiuntamente tra la regione e lo Stato. 
    Parimenti illegittima deve ritenersi la proroga della  legge  sul
piano casa disposta fino al 31 dicembre 2024. 
    Finalita' della legge regionale n. 30/2009, recante il c.d. piano
casa, era quella  di  consentire  interventi  «straordinari»  per  un
periodo temporalmente limitato. 
    Com'e' noto la Corte, intervenuta  al  riguardo,  ha  evidenziato
come il  c.d.  piano  casa  si  configuri  alla  stregua  di  «misura
straordinaria di rilancio del mercato edilizio» predisposta nel  2008
dal legislatore statale, contenuta nell'art. 11 del decreto-legge  n.
112/2008  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    In particolare l'art. 11, comma  5,  lettera  b),  prevedeva  che
detto piano potesse realizzarsi anche attraverso possibili: 
        «incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati  alla
dotazione  di  servizi,  spazi  pubblici  e  di  miglioramento  della
qualita' urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le  superfici
minime di spazi pubblici o riservati  alle  attivita'  collettive,  a
verde pubblico o a parcheggi di  cui  al  decreto  del  Ministro  dei
lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444». 
    Nel 2009, per dare attuazione a tale norma fece seguito  l'intesa
raggiunta in sede di  Conferenza  unificata,  stipulata  in  data  1°
aprile 2009, che ha consentito ai  legislatori  regionali  «(  ...  )
aumenti volumetrici (pari al 20 per cento o al 35 per cento  in  caso
di demolizione e ricostruzione) a fronte di un generale miglioramento
della qualita' architettonica e/o energetica del patrimonio  edilizio
esistente.» (sentenza n. 70/2020). 
    La predetta finalita' risulta tuttavia snaturata  dalla  regione,
la quale, attraverso le continue  proroghe  apportate  con  le  leggi
regionali che si  sono  susseguite  nel  tempo  -  da  ultimo  quella
prevista con  la  legge  regionale  in  esame  -  ha  determinato  la
sostanziale stabilizzazione delle deroghe consentite dalla  legge  n.
30  del  2009,  con  il  risultato  di  accrescere  enormemente,  per
sommatoria, il numero degli interventi  assentibili  in  deroga  alla
pianificazione urbanistica. 
    La scelta cosi' operata dalla regione si pone in contrasto con la
disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel
codice dei beni culturali e del  paesaggio  (decreto  legislativo  n.
42/2004), risultando invasiva della  potesta'  legislativa  esclusiva
spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione. 
    Cio' in quanto gli interventi di  trasformazione  urbanistica  ed
edilizia, proprio a fronte della loro ammissibilita', in origine, per
un arco di tempo estremamente limitato, sono collocati  al  di  fuori
del necessario quadro di riferimento che dovrebbe  essere  costituito
dalle previsioni del piano paesaggistico,  ai  sensi  degli  articoli
135, 143 e 145 del codice di settore. 
    Soltanto a quest'ultimo strumento, elaborato d'intesa tra Stato e
regione, spetta infatti di stabilire, per ciascuna area tutelata,  le
c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione  del  vincolo,
volti a  orientare  la  fase  autorizzatoria)  e  di  individuare  la
tipologia delle  trasformazioni  compatibili  e  di  quelle  vietate,
nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. 
    L'art. 11,  comma  1  della  legge  regionale  n.  30/2009,  come
modificato dalla legge regionale in esame, contrasta  dunque  con  la
scelta del legislatore statale di rimettere  alla  pianificazione  la
disciplina d'uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli)
ai fini dell'autorizzazione degli interventi, come esplicitata  negli
articoli 135,  143  e  145  del  codice  dei  beni  culturale  e  del
paesaggio,  costituenti  norme  interposte  rispetto   al   parametro
costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione 
    Al riguardo, occorre tenere presente che la parte III del  codice
dei beni culturali e del paesaggio delinea  un  sistema  organico  di
tutela  paesaggistica,  inserendo  i   tradizionali   strumenti   del
provvedimento   impositivo   del   vincolo   e    dell'autorizzazione
paesaggistica  nel  quadro  della  pianificazione  paesaggistica  del
territorio, che  deve  essere  elaborata  concordemente  da  Stato  e
regione. 
    Il   legislatore   nazionale,   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico
una   posizione   di   assoluta   preminenza   nel   contesto   della
pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145,  comma
3, del codice di settore sanciscono infatti  l'inderogabilita'  delle
previsioni del predetto strumento da  parte  di  piani,  programmi  e
progetti nazionali o  regionali  di  sviluppo  economico  e  la  loro
cogenza rispetto  agli  strumenti  urbanistici,  nonche'  l'immediata
prevalenza  del  piano  paesaggistico  su  ogni  altro   atto   della
pianificazione  territoriale  e   urbanistica   (cfr.   sentenza   n.
180/2008). 
    Come gia' ricordato, la Corte ha affermato l'esistenza di un vero
e  proprio  obbligo,  costituente  un  principio  inderogabile  della
legislazione   statale,   di   elaborazione   congiunta   del   piano
paesaggistico,  con  riferimento  ai  beni  vincolati  (sentenza   n.
86/2019) e ha rimarcato che l'impronta unitaria della  pianificazione
paesaggistica «e' assunta a valore  imprescindibile,  non  derogabile
dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso
a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della  legislazione
di tutela dei beni culturali e paesaggistici  sull'intero  territorio
nazionale» (sentenze n. 182/2006 e n. 272/2009). 
    In linea con la propria costante giurisprudenza, la Corte,  anche
di recente, ha affermato, con riguardo alla proroga  delle  normative
di c.d. piano casa, che: 
        «E' proprio l'indefinito succedersi delle proroghe,  ancorate
all'entrata in vigore di una nuova legge regionale  sul  governo  del
territorio o a termini di volta in volta differiti, che  interferisce
con la tutela paesaggistica e  determina  il  vulnus  denunciato  dal
ricorrente. 
        La  previsione  impugnata,   nel   sancire   per   un   tempo
apprezzabile un'ulteriore proroga di disposizioni che  derogano  alla
pianificazione urbanistica, consente reiterati e rilevanti incrementi
volumetrici   del   patrimonio   edilizio   esistente,   isolatamente
considerati e svincolati da una organica disciplina del  governo  del
territorio, che lo stesso legislatore  regionale  individua  come  la
sede piu'  appropriata  per  la  regolamentazione  di  interventi  di
consistente impatto, nel rispetto dei limiti posti dallo  statuto  di
autonomia alla potesta' legislativa primaria. 
        La legge  regionale,  consentendo  interventi  parcellizzati,
svincolati  da  una  coerente  e   stabile   cornice   normativa   di
riferimento, trascura  l'interesse  all'ordinato  sviluppo  edilizio,
proprio della  pianificazione  urbanistica,  e  cosi'  danneggia  "il
territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente,  nel
suo aspetto paesaggistico e ambientale» (sentenza n.  219  del  2021,
punto 4.2. del Considerato in  diritto)"»  (sentenza  n.  24/2022,  §
6.5.2. in diritto). 
    Per quanto esposto  le  disposizioni  indicate  devono  ritenersi
illegittime  laddove  dispongono  la  proroga   di   interventi   non
assentibili in via ordinaria in quanto si pongono in contrasto con la
disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel
codice dei beni culturali e del paesaggio, e quindi con  la  potesta'
legislativa esclusiva spettante allo Stato ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione. 
    In  conclusione,  l'elaborazione  unilaterale  regionale,   della
disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati,  al
di fuori del  piano  paesaggistico  contrasta  con  il  principio  di
copianificazione obbligatoria e del ruolo  di  vertice  conferito  al
piano di cui agli articoli  135,  143  e  145  del  codice  dei  beni
culturali e  del  paesaggio,  in  quanto  non  spetta  alla  regione,
unilateralmente, disciplinare i beni paesaggisticamente tutelati,  la
cui disciplina  e'  rimessa  dal  codice  inderogabilmente  al  piano
paesaggistico, da elaborarsi  congiuntamente  tra  la  regione  e  lo
Stato. 
    E' inoltre illegittima la proroga  della  legge  sul  piano  casa
disposta fino al 31 dicembre 2024. Finalita' della legge regionale n.
30 del 2009, recante il  c.d.  piano  casa,  era  infatti  quella  di
consentire interventi «straordinari»  per  un  periodo  temporalmente
limitato. La scelta operata dalla regione contrasta con la disciplina
di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel codice dei
beni culturali e del paesaggio  di  cui  al  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, risultando invasiva della  potesta'  legislativa
esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione. 
    L'art. 11,  comma  1  della  legge  regionale  n.  30/2009,  come
modificato dalla legge regionale in esame, contrasta  dunque  con  la
scelta del legislatore statale di rimettere  alla  pianificazione  la
disciplina d'uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli)
ai fini dell'autorizzazione degli interventi, come esplicitata  negli
articoli 135,  143  e  145  del  codice  dei  beni  culturale  e  del
paesaggio,  costituenti  norme  interposte  rispetto   al   parametro
costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione. 
4) Art. 6, comma 11: illegittimita' per violazione degli articoli 3 e
9  della  Costituzione,  nonche'  117,  comma  1,  lettera  e)  della
Costituzione. 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma  11  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        11. Alla legge  regionale  11  aprile  1997,  n.  9  (Tutela,
valorizzazione e gestione del demanio tratturi),  sono  apportate  le
seguenti modifiche: 
          a) all'art. 5, il comma 2 e' sostituito dal seguente comma: 
«2. Tutti gli oneri connessi alle  operazioni  di  cui  al  comma  1,
inclusi gli interventi per  la  salvaguardia  della  continuita'  del
percorso tratturale, sono a carico degli enti pubblici e territoriali
a cui verranno trasferiti i suoli.»; 
          b) l'art. 6 e' sostituito dal seguente: 
«Art. 6 (Tratturi da  sclassificare  e  alienare).  -  1.  La  Giunta
regionale, sulla base dei piani di alienazione trasmessi  dai  comuni
interessati entro e non oltre il 31 dicembre di ogni  anno,  provvede
ad  elaborare  l'elenco  dei   suoli   fratturali   irrimediabilmente
compromessi dalla presenza di manufatti e  strutture  non  amovibili.
Per tali suoli si prevede la sdemanializzazione, il  trasferimento  e
la vendita. 
2. A seguito  dell'approvazione  da  parte  del  Consiglio  regionale
dell'elenco di cui al comma 1, il Presidente della  Giunta  regionale
provvede  alla  sclassificazione  e  alla   alienazione   dei   suoli
tratturali per i quali e' prevista la  vendita  e  il  trasferimento,
tutelando comunque la continuita' del percorso tratturale, secondo le
seguenti priorita': 
a) enti pubblici territoriali; 
b) possessori attuali o loro eredi sulla base di titolo legittimo. 
3. Il prezzo di vendita  e'  calcolato  sulla  base  della  normativa
vigente in materia di esproprio ed e' riferito al valore del suolo. 
4. I soggetti che ricevono, per  trasferimento  o  vendita,  le  aree
tratturali su cui ricadono fabbricati e i proprietari  di  fabbricati
confinanti con le medesime aree hanno priorita' nella fase di rinnovo
delle concessioni riguardanti aree adiacenti e/o confinanti  con  gli
immobili.»; 
          c) l'art. 7 e' sostituito dal seguente: 
«Art. 7 (Piano di alienazione). - 1. A seguito dell'approvazione  dei
piani di alienazione, i soggetti di cui all'art. 6, comma 2,  lettere
a) e b),  interessati  all'acquisto  o  al  trasferimento  dei  suoli
tratturali,  possono  presentare  apposita  domanda   al   competente
servizio regionale. 
2. Con cadenza annuale, la regione elabora il  piano  di  alienazione
dei propri suoli. 
3. Il piano contiene: 
a) l'elenco dei potenziali  acquirenti,  anche  di  quelli  a  titolo
gratuito, secondo quanto stabilito dall'art. 6; 
b) i prezzi di vendita stabiliti sulla base di  quanto  previsto  dal
comma 3 dell'art. 6; 
c) una relazione generale. 
4.  I  possessori  dei  suoli  tratturali,  che  intendono  procedere
all'acquisto  degli  stessi  ai  sensi  della  presente  legge,  sono
comunque tenuti al pagamento delle somme dovute e non corrisposte per
canoni pregressi a norma delle disposizioni delle  leggi  vigenti  in
materia.»; 
          d) all'art. 8, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: 
«1. La Giunta regionale, sentiti gli enti locali interessati  nonche'
le organizzazioni professionali agricole, ambientaliste e  del  tempo
libero maggiormente rappresentative,  provvede  all'elaborazione  del
piano di  valorizzazione  dei  tratturi  costituenti  il  "Parco  dei
tratturi" che puo' collegarsi con altri piani similari.»; 
          e) all'art. 10, il  comma  2  e'  sostituito  dal  seguente
comma: 
«2.  Le  attivita'  di  controllo  e  vigilanza,  nonche'  quelle  di
accertamento degli abusi, sono demandate  agli  organi  di  cui  alla
normativa  vigente  in  materia.  L'applicazione  delle  sanzioni  e'
demandata alle strutture regionali competenti.»; 
          f)  all'art.  13,  comma  1,  le  parole  «alle  previsioni
dell'elenco formulato ai  sensi  dell'art.  4  ed  al  Piano  di  cui
all'art. 8» sono sostituite dalle  seguenti  parole  «alla  normativa
vigente.»; 
          g) all'art. 13, dopo il comma 3, e'  aggiunto  il  seguente
comma: 
«3-bis. Le norme tecniche e procedurali  della  presente  legge  sono
disciplinate con provvedimento della Giunta regionale.». 
    L'art. 6, comma 11, apporta molteplici modifiche  e  integrazioni
alla  legge  regionale  11  aprile  1997,  n.  9,  recante   «Tutela,
valorizzazione e gestione del demanio tratturi». 
    In particolare, in questa sede rilevano le lettere b) e  c),  che
sostituiscono, rispettivamente,  gli  articoli  6  e  7  della  legge
regionale n. 9/1997. 
    Tali previsioni si inseriscono  nell'ambito  di  una  legge  che,
all'art. 4, riconosce espressamente che i tratturi, in quanto beni di
notevole   interesse   storico,   archeologico,    naturalistico    e
paesaggistico, nonche' utili all'esercizio dell'attivita' armentizia,
vengono conservati al demanio regionale e  costituiscono  un  sistema
organico della rete tratturale denominato  «Parco  dei  tratturi  del
Molise». Ancora, il comma 2 del medesimo articolo prosegue prevedendo
che i tratturi, come sopra definiti, vengono gestiti  e  amministrati
dalla regione nel rispetto dei vincoli disposti dal Ministero  per  i
beni culturali ed ambientali (ora Ministero della cultura), ai  sensi
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Orbene, nonostante tale espresso riconoscimento, la regione, agli
articoli 6 e 7 della legge regionale n. 9/1997, come sostituiti dalla
legge regionale in esame, prevede l'alienazione dei suoli  tratturali
compromessi, senza fare salva la disciplina di cui al Titolo I,  Capo
IV, Sezione I, del  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42,
recante  disposizioni  in  tema  di  alienazione  e  altri  modi   di
trasmissione dei beni sottoposti a tutela. 
    Al riguardo, giova rammentare come l'art. 53, comma 2, del codice
prevede espressamente che i beni del demanio  culturale  non  possono
essere alienati, ne' formare oggetto di diritti a favore di terzi, se
non nei limiti e con le modalita' previsti dal codice stesso. 
    In particolare, secondo quanto statuito dall'art.  54,  comma  1,
del decreto legislativo n. 42 del 2004 sono inalienabili i  beni  del
demanio culturale di seguito indicati: 
        gli immobili e le aree di interesse archeologico; 
        gli immobili dichiarati monumenti nazionali a  termini  della
normativa all'epoca vigente; 
        le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche; 
        gli archivi; 
        gli  immobili   dichiarati   di   interesse   particolarmente
importante ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera d); 
        le cose mobili che siano opera di autore  vivente  o  la  cui
esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, se incluse in raccolte
appartenenti ai soggetti di cui all'art. 53. 
    Il comma 2 del  medesimo  articolo  prevede,  inoltre,  che  sono
altresi' inalienabili  le  cose  appartenenti  ai  soggetti  indicati
all'art. 10, comma 1, che siano opera di autore non piu' vivente e la
cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, fino alla  conclusione
del procedimento di verifica di interesse culturale di  cui  all'art.
12 del codice. Se il procedimento si conclude con esito negativo,  le
cose medesime sono liberamente alienabili, ai  fini  del  codice,  ai
sensi dell'art. 12, commi 4, 5 e 6. E, ancora, si  prevede  che  sono
inalienabili i singoli documenti  appartenenti  ai  soggetti  di  cui
all'art. 53, nonche' gli archivi e i singoli  documenti  di  enti  ed
istituti pubblici diversi da quelli indicati al medesimo art. 53. 
    Quanto  ai  beni  culturali  immobili  appartenenti  al   demanio
culturale diversi da quelli innanzi indicati, l'art.  55  del  codice
prevede che essi non possono essere alienati  senza  l'autorizzazione
del Ministero. 
    Con riguardo ai tratturi,  aventi  ordinariamente  la  natura  di
immobili di interesse  archeologico,  l'alienabilita'  e',  pertanto,
esclusa espressamente dal citato art. 54 del  codice.  Inoltre,  come
sopra indicato, anche  al  di  fuori  delle  fattispecie  di  cui  al
predetto art. 54, la sdemanializzazione e l'alienazione di tali  beni
non  potrebbe  avvenire  in  ogni  caso  senza  l'autorizzazione  dei
competenti organi del Ministero della cultura. 
    Deve, infine,  aggiungersi  che  l'eventuale  compromissione  dei
tratturi  di  proprieta'  demaniale  giustificherebbe  l'adozione  di
iniziative volte al recupero e alla valorizzazione dei  tracciati,  e
non certo la sdemanializzazione e l'alienazione degli stessi; misura,
questa, che determina un arbitrario  abbassamento  della  tutela,  in
violazione  degli  articoli  3 -  anche  sotto   il   profilo   della
irragionevolezza  di  una  tale  scelta   normativa -   e   9   della
Costituzione. 
    Alla luce di tutto quanto sopra, le disposizioni  sopra  indicate
devono ritenersi illegittime per violazione  degli  articoli  3  e  9
della Costituzione. 
    Sotto altro profilo, l'art. 6, comma 11, lettera b) nel prevedere
una nuova formulazione dell'art. 6 della legge regionale  n.  9/1997,
comporta - in favore dei soggetti che ricevono  per  trasferimento  o
vendita  le  aree  tratturali  su  cui  ricadono  fabbricati  e   dei
proprietari dei fabbricati confinanti  con  le  medesime  aree  -  la
priorita' in sede  di  rinnovo  delle  concessioni  riguardanti  aree
adiacenti  e/o  confinanti  con  gli  immobili  (art.  6,   comma   4
della legge regionale n. 9/1997 nuova formulazione). 
    Al riguardo, il dato normativo non e' chiaro nell'indicare se  la
priorita' in sede di rinnovo sia da  intendersi  come  prelazione,  a
parita' di prezzo offerto da piu' soggetti. 
    La regione, a fronte delle richieste  di  chiarimento  sul  punto
formulate dal Governo, ha risposto tra l'altro: «si conferma  che  il
diritto di prelazione  in  sede  di  rinnovo,  previsto  nella  nuova
formulazione dell'art. 6, comma 4 della legge  regionale  n.  9/1997,
sia da intendersi come prelazione, a parita'  di  prezzo  offerto  da
piu' soggetti». 
    In realta', nella nuova formulazione dell'art. 6, comma 4  citato
non si parla di  prelazione,  bensi'  di  «priorita'  nella  fase  di
rinnovo delle concessioni» in favore dei proprietari di fabbricati  e
aree tratturali adiacenti. 
    Questa differenza sostanziale non puo' essere  superata,  se  non
con una modifica della norma in questione. 
    Ne consegue che la disposizione in  esame,  avendo  l'effetto  di
restringere la concorrenza nelle procedure  di  concessione  di  aree
pubbliche, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1,  lettera  e)
della Costituzione. 
5) Art. 6, comma 12: illegittimita' per violazione degli articoli 97,
117, comma 2, lettera l) e 117, comma 3, della Costituzione,  nonche'
articoli  6  e  6-ter  decreto   legislativo   n.   165/2001   (norma
interposta). 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma  12  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        12. Alla legge regionale 4 maggio 2015,  n.  8  (Disposizioni
collegate alla manovra di bilancio  2015  in  materia  di  entrate  e
spese.  Modificazioni  e  integrazioni  di  leggi  regionali),   sono
apportate le seguenti modifiche: 
          a) al «Capo  II»  dopo  le  parole  «per  la  ricostruzione
post-sisma»  sono  aggiunte  le  seguenti  parole  «e  per  le  opere
strategiche e la tutela del territorio (ARPS)»; 
          b) all'art. 11, comma  3,  dopo  le  parole  «l'ultimazione
della ricostruzione post-sisma»  sono  aggiunte  le  seguenti  parole
«nonche' l'accelerazione delle procedure per  l'individuazione  degli
interventi  pubblici  di  rilevanza  strategica  regionale,  per   la
realizzazione   delle   opere   strategiche,   il   potenziamento   e
l'adeguamento infrastrutturale della Regione Molise» e dopo le parole
«post-sisma» sono  aggiunte  le  seguenti  parole  «e  per  le  opere
strategiche e la tutela del territorio»; 
          c) all'art. 11,  dopo  il  comma  3-bis,  sono  aggiunti  i
seguenti commi: 
«3-ter. Nell'ambito degli indirizzi forniti dalla regione,  l'agenzia
esercita compiti esclusivi di studio, progettazione  e  realizzazione
delle opere pubbliche di competenza  e  di  interesse  regionale.  In
particolare: 
a)  individua  le  opere  di  rilevanza  strategica  in  relazione  a
finanziamenti regionali, statali o derivanti da strumenti  finanziari
europei da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale  e  ne
studia la fattibilita'; 
b) provvede alla valutazione della fattibilita', alla progettazione e
realizzazione delle opere di cui alla lettera a), previa approvazione
e relativo stanziamento delle risorse finanziarie; 
c)  svolge  ogni  altro  compito   affidato   al   Comitato   tecnico
amministrativo regionale di cui alla legge regionale 14 luglio  1979,
n. 19 (Norme per l'esecuzione dei lavori e delle opere  pubbliche  di
interesse regionale). Con deliberazione della Giunta  regionale  sono
disciplinate le modalita' di svolgimento delle predette funzioni. 
3-quater. All'Agenzia regionale per la ricostruzione post-sisma e per
le opere strategiche e la tutela del territorio (ARPS) sono assegnate
anche le competenze in materia di: 
a) indagini sul territorio per il  censimento,  la  conoscenza  e  il
monitoraggio delle aree instabili; 
b) studi di microzonazione sismica ed elaborati cartografici; 
c) analisi per la Condizione limite per  l'emergenza  (CLE)  per  gli
insediamenti urbani; 
d) attivita' di previsione, prevenzione e salvaguardia del territorio
dal rischio idrogeologico, idraulico e sismico; 
e) partecipazione a progetti europei attinenti alle  tematiche  sopra
elencate nei programmi della cooperazione territoriale; 
f) altre competenze in  materia  che,  volta  per  volta,  la  Giunta
regionale, con apposito provvedimento, provvede ad assegnare.»; 
          d) all'art. 15, dopo il comma 2 sono  aggiunti  i  seguenti
commi: 
«2-bis. L'Agenzia,  al  ricorrere  delle  condizioni  previste  dalla
vigente normativa, previa predisposizione  del  piano  triennale  dei
fabbisogni di personale e nel rispetto dei vincoli assunzionali, puo'
assumere personale. 
2-ter. La copertura degli ulteriori posti  della  dotazione  organica
dell'Agenzia avviene con procedura selettiva riservata a  coloro  che
sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle  materie
di cui all'art. 11, comma 3-quater, della presente legge.»; 
          e) all'art. 16, comma  3,  dopo  le  parole  «ricostruzione
post-sisma» sono aggiunte le parole «e per le opere strategiche e  la
tutela del territorio»; 
          f) all'art. 19, dopo il comma 2, e' aggiunto il comma: 
«2-bis.  Agli  oneri  finanziari  derivanti   dall'attuazione   della
presente legge concorre altresi' la quota regionale prevista  per  la
microzonazione.». 
    L'art. 6, comma 12, lettera d) introduce i commi  2-bis  e  2-ter
nel corpo dell'art. 15 della legge regionale  4  maggio  2015,  n.  8
(recante «Disposizioni collegate alla manovra  di  bilancio  2015  in
materia di entrate e spese. Modificazioni  e  integrazioni  di  leggi
regionali»), i quali dispongono (comma 2-bis) che l'Agenzia regionale
di protezione civile, al ricorrere delle  condizioni  previste  dalla
vigente normativa possa assumere  personale,  previa  predisposizione
del piano triennale dei fabbisogni di personale e  nel  rispetto  dei
vincoli assunzionali, nonche' (comma 2-ter): che la  copertura  degli
ulteriori  posti  della  dotazione  organica   dell'Agenzia   avvenga
mediante procedura selettiva riservata a coloro che sono in  possesso
di specifica esperienza professionale nelle materie di  cui  all'art.
11, comma 3-quater, della medesima legge regionale n. 8 del 2015. 
    Al riguardo, va evidenziata la scarsa chiarezza  della  norma  in
esame, la quale non consente di individuare quali siano gli ulteriori
posti della dotazione organica dell'Agenzia  che  esulino  da  quelli
citati al comma 2-ter, ne', conseguentemente, la ratio della «riserva
di esperienza professionale «, cosi'  come  sancita  al  nuovo  comma
3-quater dell'art. 11, legge regionale n. 8 del 2015. 
    Non appare infatti chiaro quali siano, a chi siano destinati e in
che modo la regione intenda  prevedere  «gli  ulteriori  posti  della
dotazione organica»; in particolare  l'uso  del  termine  «ulteriori»
ingenera perplessita', inducendo a ritenere,  tenuto  altresi'  conto
della previsione di una procedura selettiva riservata  a  coloro  che
sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle  materie
di cui all'art. 11, comma 3-quater della stessa legge regionale,  che
la regione voglia procedere ad  una  surrettizia  stabilizzazione  di
personale. 
    Al riguardo e' opportuno ricordare  che  e'  la  valutazione  dei
fabbisogni di personale a orientare la definizione  della  successiva
dotazione organica. Funzionale a tale obiettivo e' lo  strumento  del
Piano  triennale  dei  fabbisogni  di  personale  (PTFP),  che   ogni
amministrazione  e'  chiamata  a  elaborare  in   coerenza   con   la
pianificazione pluriennale delle attivita' e della performance e  con
le linee di indirizzo emanate ai  sensi  del  nuovo  art.  6-ter  del
decreto legislativo n. 165/2001. Tale percorso, regolato dall'art.  6
del decreto legislativo  n.  165/2001  non  appare  rispettato  dalla
regione il che pone la normativa  richiamata  in  contrasto  con  gli
articoli 97 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    Si evidenzia inoltre che la previsione di una procedura selettiva
riservata a coloro che  sono  in  possesso  di  specifica  esperienza
professionale nelle materie  di  cui  all'art.  11,  comma  3-quater,
stante la non meglio circostanziata formulazione  della  norma  e  in
assenza di chiarimenti da parte della regione,  appare  porsi  al  di
fuori del perimetro tracciano per tutte le pubbliche amministrazioni,
in materia di procedere concorsuali riservate,  dall'art.  35,  comma
3-bis del decreto legislativo n. 165/2001 che, allo scopo pone chiare
condizioni procedurali e finanziarie che debbono  essere  rispettate,
nonche' specifici requisiti soggettivi ai fini  dell'ammissione  alla
procedura; dispone infatti la norma: 
        «3-bis. Le  amministrazioni  pubbliche,  nel  rispetto  della
programmazione triennale del fabbisogno, nonche' del  limite  massimo
complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai
sensi della normativa vigente in  materia  di  assunzioni  ovvero  di
contenimento della spesa di personale, secondo  i  rispettivi  regimi
limitativi fissati dai  documenti  di  finanza  pubblica  e,  per  le
amministrazioni interessate, previo espletamento della  procedura  di
cui al comma 4, possono avviare procedure  di  reclutamento  mediante
concorso pubblico: 
          a) con riserva dei posti, nel limite  massimo  del  40  per
cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di  lavoro
subordinato a tempo determinato che, alla data di  pubblicazione  dei
bandi, hanno maturato almeno tre anni  di  servizio  alle  dipendenze
dell'amministrazione che emana il bando; 
          b) per titoli ed  esami,  finalizzati  a  valorizzare,  con
apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata dal personale
di cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di  emanazione  del
bando,  hanno  maturato  almeno  tre  anni  di  contratto  di  lavoro
flessibile nell'amministrazione che emana il bando». 
    Anche in questo caso e' ravvisabile pertanto un contrasto con gli
articoli 97 e 117,  comma  2,  lettera  l)  e  117,  comma  3,  della
Costituzione con riferimento alla  materia  del  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    E' opportuno ricordare che in tema di stabilizzazioni la Corte ha
piu' volte qualificato le norme  statali  in  materia  come  principi
fondamentali di coordinamento  della  finanza  pubblica,  poiche'  si
ispirano alla finalita' del contenimento della spesa  pubblica  nello
specifico settore del personale (cfr. le sentenze numeri 310, 108, 69
e 68 del 2011; 51/2012; 277/2013; 231/2017; n. 194/2020). 
    In particolare la Corte: 
        «ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza
pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al
reclutamento del personale  delle  amministrazioni  pubbliche  ovvero
relative alla  stabilizzazione  del  personale  precario,  in  quanto
incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla
spesa per il personale» (sentenze n. 1 del 2018, 277 e 18  del  2013,
148 e 139 del 2012; 251 del 2020). 
    Inoltre la Corte ha ricondotto il tema in argomento alla  materia
dell'ordinamento civile, di  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai
sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione posto che
le  norme  regionali  in  tema  di  stabilizzazioni  incidono   sulla
regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti
connessi alla sua durata) e determinano, al contempo, la costituzione
di  altro  rapporto  giuridico  (il  rapporto  di  lavoro   a   tempo
indeterminato,  destinato  a  sorgere  proprio  per   effetto   della
stabilizzazione). In tale prospettiva la Corte  ha  chiarito  che  la
disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, cosi' come
quella del rapporto sorto per effetto  dello  stesso,  si  realizzano
mediante la stipulazione  di  un  contratto  di  diritto  privato  e,
pertanto, appartengono alla  materia  dell'ordinamento  civile  (cfr.
sentenze n. 324/2010 e n. 69/2011). 
6) Art. 6, comma 14: illegittimita' per violazione degli articoli 9 e
117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  nonche'  le
previsioni  del  codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  che
specificamente disciplinano la  pianificazione  paesaggistica,  e  in
particolare gli articoli 135, 143 e 145 (norme interposte). 
    L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma  14  della  legge
regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 
        14.  Alla  legge  regionale   11   novembre   2020,   n.   12
(Disposizioni  in   materia   di   valorizzazione   e   utilizzazione
commerciale e turistica del trabucco  molisano),  sono  apportate  le
seguenti modifiche: 
          a) all'art. 1, il comma 2 e' abrogato; 
          b) all'art. 2, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: 
«1. I comuni, per le finalita' di cui  all'art.  1,  devono  redigere
piani  per  il  recupero,  il  ripristino,  la  conservazione  e   la
costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le
nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel  rispetto  delle
prescrizioni contenute nel Piano  regionale  di  utilizzazione  degli
arenili (PRUA) e nel Piano spiaggia comunale (PSC) che devono  essere
modificati in recepimento  della  disciplina  di  cui  alla  presente
legge, nonche' di quanto previsto dalla legge regionale  22  dicembre
1999,  n.  44  (Interventi  per  il  recupero  della  tradizione  dei
trabucchi della costa molisana).»; 
          c) all'art. 2, il comma 2 e' abrogato; 
          d) all'art. 4, sono apportate le seguenti modifiche: 
1) al comma 1, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente lettera: 
«d-bis. Studio  meteo  marino  per  la  verifica  della  fattibilita'
dell'intervento, in particolare dal  punto  di  vista  statico  e  di
resistenza alle mareggiate, nel  tratto  di  mare  interessato  dalla
realizzazione del trabucco.»; 
2) dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente comma: 
«3-bis.  La  competenza  al  rilascio  delle  concessioni   demaniali
marittime dei trabucchi e' delegata ai comuni.». 
    L'art. 6, comma  14,  della  legge  regionale  in  esame  apporta
modifiche alla legge regionale  11  novembre  2020,  n.  12,  recante
«Disposizioni  in   materia   di   valorizzazione   e   utilizzazione
commerciale e turistica del trabucco molisano». 
    Proprio con riferimento alla legge regionale n. 12 del  2020,  si
segnala che e' di recente intervenuta la  sentenza  n.  45  del  2022
della Corte, che ha dichiarato  l'illegittimita'  degli  articoli  1,
comma 2, e 2, commi 1 e 2. 
    L'art.  1,  comma  2,  prevedeva  che  «[i]  trabucchi  e  l'area
circostante  fino  ad  una  fascia  di  50  metri  dal  sedime   sono
considerati beni culturali  sottoposti  alla  disciplina  di  cui  al
decreto legislativo n. 42/2004». 
    Al riguardo, la Corte ha  evidenziato  come  l'inequivoco  tenore
letterale della norma tradisse l'intento del legislatore regionale di
sostituirsi allo Stato nello svolgimento di compiti che sono  rimessi
alla competenza esclusiva di  quest'ultimo,  procedendo  direttamente
all'individuazione di «beni culturali» che tali non sono  secondo  la
normativa di settore. 
    In particolare, la Corte ha evidenziato  che,  cosi'  facendo,  e
prescindendo dal rispetto delle  apposite  procedure  amministrative,
indicate e disciplinate dalla  Parte  seconda  del  codice  dei  beni
culturali, i trabucchi molisani venivano fatti  rientrare,  ex  lege,
nella categoria dei  beni  culturali,  e  sottoposti -  per  espressa
previsione  della  norma  impugnata -  alla  disciplina  dettata  dal
decreto legislativo n. 42 del 2004. L'effetto giuridico era quello di
produrre, in relazione a tali beni, i vincoli tipici  della  speciale
tutela dei beni culturali, che e' prevista  da  quella  stessa  fonte
statale, ai fini,  tra  l'altro,  di  «preservare  la  memoria  della
comunita' nazionale» (art. 1, comma 2, del codice dei beni  culturali
e del paesaggio). 
    La Corte ha quindi riconosciuto che, intervenendo nella  funzione
di «individuazione» dei beni culturali, il legislatore molisano aveva
violato la competenza legislativa che la Costituzione riserva in  via
esclusiva allo Stato nella materia della tutela  dei  beni  culturali
(art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione). 
    L'art. 2 della medesima legge regionale disponeva, invece, che: 
        «I comuni,  per  le  finalita'  di  cui  all'art.  1,  devono
redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e  la
costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le
nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel  rispetto  delle
prescrizioni  contenute  nel  Piano  degli  arenili  comunale  (PSC),
nonche' di quanto previsto dalla legge regionale 22 dicembre 1999, n.
44 (Interventi per il recupero della tradizione dei  trabucchi  della
costa molisana)» (comma 1); 
        e che «I Piani di cui al comma 1 devono essere  recepiti  nel
"Piano paesaggistico regionale"» (comma 2). 
    Al riguardo, la Corte ha evidenziato come il trasferimento  delle
decisioni  operative  concernenti  il   paesaggio   alla   dimensione
pianificatoria comunale si ponesse in contraddizione con  il  sistema
di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale, che
stabilisce un  livello  uniforme  di  tutela,  non  derogabile  dalla
regione, nell'ambito di una materia a legislazione esclusiva  statale
ai sensi dell'art. 117  della  Costituzione.  Era,  inoltre,  violata
anche la legislazione di  principio  nelle  materie  concorrenti  del
governo del territorio e della valorizzazione dei beni culturali. 
    In particolare, la  Corte  ha  escluso  che  la  legge  regionale
potesse riservare alla pianificazione comunale interi  contenuti  del
piano paesaggistico regionale, quale quello delle  aree  costiere  su
cui insistono i trabucchi. Nel dettaglio, la Corte ha statuito che la
prevalenza  del   piano   paesaggistico   rispetto   agli   strumenti
urbanistici dei comuni, stabilita dall'art. 145, comma 3, del decreto
legislativo n. 42 del 2004, conduce ad escludere che, all'inverso, un
piano comunale  debba  essere  «recepito»  -  come  impone  la  norma
molisana impugnata - nel piano paesaggistico regionale. 
    Con l'art. 6, comma  14,  della  legge  regionale  in  esame,  la
regione, per un verso - con le  lettere  a)  e  c)  -  interviene  ad
abrogare, rispettivamente, l'art. 1, comma 2, e l'art.  2,  comma  2;
per l'altro, con la lettera b), sostituisce il comma  1  dell'art.  2
(come detto, dichiarato incostituzionale) con il seguente comma: 
        «1. I comuni, per le finalita'  di  cui  all'art.  1,  devono
redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e  la
costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le
nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel  rispetto  delle
prescrizioni contenute nel Piano  regionale  di  utilizzazione  degli
arenili (PRUA) e nel Piano spiaggia comunale (PSC) che devono  essere
modificati in recepimento  della  disciplina  di  cui  alla  presente
legge, nonche' di quanto previsto dalla legge regionale  22  dicembre
1999,  n.  44  (Interventi  per  il  recupero  della  tradizione  dei
trabucchi della costa molisana).». 
    Orbene, il  contenuto  di  tale  comma  ricalca  in  sostanza  il
contenuto del  comma  dichiarato  incostituzionale  dalla  Corte.  In
particolare, la regione continua a rimettere ai Comuni la  disciplina
pianificatoria inerente ai  trabucchi  e  agli  ambiti  paesaggistici
interessati  dai  manufatti,  con  cio'  sovvertendo  il  sistema  di
competenze, nonche' il rapporto di gerarchia  tra  gli  strumenti  di
pianificazione stabilito dal codice di settore,  che  attribuisce  al
piano  paesaggistico  regionale  la  disciplina  pianificatoria   dei
contesti tutelati, conferendogli altresi' una posizione  di  primazia
rispetto a tutti gli altri piani. 
    L'art. 135,  comma  1,  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio  prevede  la  pianificazione  paesaggistica  di  tutto   il
territorio regionale, stabilendo  inoltre  che,  almeno  per  i  beni
paesaggistici   vincolati,   tale   pianificazione   debba   avvenire
congiuntamente fra il Ministero e la regione. 
    L'art. 143, comma 9, dello stesso codice stabilisce  poi  che,  a
far data dall'approvazione  del  piano  paesaggistico,  «le  relative
previsioni e prescrizioni sono immediatamente  cogenti  e  prevalenti
sulle previsioni dei piani territoriali ed  urbanistici»,  mentre  il
successivo art. 145, comma 3, dispone che: 
        «Le previsioni dei piani paesaggistici di cui  agli  articoli
143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti
nazionali o regionali di sviluppo economico,  sono  cogenti  per  gli
strumenti urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e  delle
province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni  difformi
eventualmente contenute  negli  strumenti  urbanistici,  stabiliscono
norme di salvaguardia applicabili in  attesa  dell'adeguamento  degli
strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per  gli  interventi
settoriali.  Per  quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,   le
disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque  prevalenti  sulle
disposizioni contenute negli  atti  di  pianificazione  ad  incidenza
territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli
degli enti gestori delle aree naturali protette». 
    Conseguentemente, il comma 4 del medesimo art. 145 prevede che: 
        «I comuni, le citta' metropolitane, le province  e  gli  enti
gestori delle  aree  naturali  protette  conformano  o  adeguano  gli
strumenti  di  pianificazione   urbanistica   e   territoriale   alle
previsioni dei piani paesaggistici,  secondo  le  procedure  previste
dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e
comunque non oltre due anni dalla loro approvazione.  I  limiti  alla
proprieta'  derivanti  da  tali  previsioni  non  sono   oggetto   di
indennizzo». 
      
    In contrasto con i suddetti principi, il  comma  1  dell'art.  2,
della legge regionale n. 12 del 2020, come riscritto  dall'  art.  6,
comma 14,  lettera  b),  della  legge  regionale  in  esame,  rimette
esclusivamente ai comuni la disciplina d'uso degli  ambiti  tutelati,
finalizzata al  recupero  e  alla  realizzazione  di  trabucchi,  che
dovrebbe essere invece dettata dal piano paesaggistico da  approvarsi
previa intesa con lo Stato. 
    Il descritto profilo di illegittimita'  non  viene  meno  per  il
fatto che l'art. 2, della legge regionale n. 12 del 2020,  una  volta
rimessa ai  comuni  la  redazione  dei  piani  per  il  recupero,  il
ripristino, la conservazione  e  la  costruzione  dei  trabucchi  non
prevede - a differenza della previgente  formulazione  sottoposta  al
vaglio della Corte - che detti  piani  debbano  essere  recepiti  nel
Piano paesaggistico regionale. E cio' in quanto a essere  compromessa
e' la necessita' che  la  disciplina  d'uso  degli  ambiti  tutelati,
finalizzata al recupero e  alla  realizzazione  di  trabucchi,  venga
dettata dal Piano paesaggistico da approvarsi previa  intesa  con  lo
Stato. 
    Alla luce di quanto sopra e per le ragioni esposte, la  norma  in
esame si pone in  violazione  della  potesta'  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di tutela del paesaggio, di cui all' art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, disposizione  rispetto
alla quale costituiscono norme interposte le  previsioni  del  codice
dei beni culturali e del paesaggio che specificamente disciplinano la
pianificazione paesaggistica, e in particolare gli articoli 135,  143
e 145. 
    La norma inoltre viola anche  l'art.  9  della  Costituzione,  in
quanto la disciplina regionale determina un abbassamento del  livello
della tutela del paesaggio, costituente valore  primario  e  assoluto
(sentenza n. 367/2007). 
7) Art. 8: illegittimita' per violazione degli articoli 3, 97 e  117,
comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    L'art. 8 («Stabilizzazioni»)  della  legge  regionale  n.  7/2022
cosi' dispone: 
        1.  La  Regione  Molise,  in  coerenza  con   la   prescritta
ricognizione nella Regione Molise, negli enti strumentali del sistema
regione  e  nell'A.S.Re.M.  attua  le  stabilizzazioni  di  personale
precario con le modalita', i tempi e i requisiti soggettivi  previsti
dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.
75, come modificato dall'art. 1, comma 3-bis,  del  decreto-legge  30
dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge  25
febbraio 2022, n. 15, nel  rispetto  delle  vigenti  disposizioni  in
materia di spese per il personale delle pubbliche  amministrazioni  e
di pianificazione delle assunzioni. 
        2. La regione trasmette le disposizioni di cui al comma  1  a
tutti gli enti strumentali della Regione Molise e all'A.S.Re.M. per i
relativi adempimenti. 
    Preliminarmente, si rileva che la Regione Molise e'  una  regione
sottoposta a  Piano  di  rientro  ed  inoltre  e'  commissariata;  ne
consegue che e' compito del commissario ad acta predisporre tutti gli
interventi necessari a garantire l'erogazione dei livelli  essenziali
di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza,  sicurezza
e qualita'. 
    Alla luce di cio', si osserva preliminarmente che  le  previsioni
in esame, essendo adottate dalla regione, potrebbero interferire  con
i compiti affidati  al  commissario  ad  acta  per  l'attuazione  del
predetto Piano di rientro;  il  presente  articolo  dovrebbe  inoltre
essere coerente con quanto previsto dal suddetto Piano  e  dal  punto
ix)  del  mandato  commissariale,  li'  dove  prevede   la   garanzia
dell'intervento rivolto alla «gestione ed efficientamento della spesa
per  il  personale  in  coerenza  con  l'effettivo   fabbisogno,   in
applicazione della normativa vigente in materia». 
    Nel merito va poi rilevato il disallineamento, circa l'estensione
fino  al  31  dicembre  2023  della   finestra   temporale   per   le
stabilizzazioni anche per il personale del Servizio  sanitario,  cio'
in contrasto con quanto previsto dai commi 11 e 11-bis  dell'art.  20
del decreto legislativo n. 75/2017 che fissano  il  limite  temporale
per l'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi  1  e  2  del
medesimo art. 20 al 31 dicembre 2022. 
    Nelle more di un'eventuale proroga di detto termine (rispetto  al
quale il legislatore statale e' di  recente  intervenuto,  prorogando
con il decreto-legge n. 36/2022, convertito dalla legge  n.  79/2022,
solo i  termini  previsti  dal  comma  2  dell'art.  20  del  decreto
legislativo n. 75/2017), la disposizione  in  esame,  consentendo  la
stabilizzazione del  personale  precario  al  di  fuori  dei  termini
consentiti dalla disciplina nazionale, risulta in contrasto  sia  con
l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva
alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi,
i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, sia con i
principi   di   uguaglianza,   buon   andamento    e    imparzialita'
dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.