TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                        Prima Sezione Civile 
 
    Il giudice dott. Ludovico Sburlati, nella causa in  intestazione,
ha pronunciato la presente ordinanza. 
    L'Associazione  degli  studi   giuridici   sull'immigrazione   ha
chiesto, ai sensi degli art. 28, decreto legislativo  n.  150/2011  e
281-decies e seg. Cpc, l'accertamento del  carattere  discriminatorio
del regolamento della Regione Piemonte 9/2021 e del «bando ERP  2023»
del Comune di Torino, nella  parte  in  cui  richiamano  i  requisiti
previsti dall'art. 3, comma 1, lettera b) e c) legge reg. Piemonte n.
3/2010,  con  conseguenti  provvedimenti  ordinatori  e  risarcitori,
relativi, in particolare, alla rimozione di clausole dal bando e alla
riapertura delle «graduatorie per un tempo consono» (ric. p. 21). 
    A  fondamento   di   tali   domande,   l'attrice   ha   sostenuto
l'illegittimita' costituzionale della legge citata,  con  riferimento
sia al «requisito quinquennale di residenza o lavoro» (ric.  p.  9  e
seg.),  sia  all'«impossidenza   per   i   titolari   di   protezione
internazionale»  (p.  19  e  seg.),  per  violazione   dei   principi
costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza. 
    Costituendosi in giudizio, la Regione Piemonte  ha  aderito  alle
richieste attoree di «sospendersi il giudizio in corso  e  rimettersi
gli atti alla Corte costituzionale» (comp.  risp.  p.  4),  chiedendo
inoltre il rigetto della domanda di risarcimento del danno. 
    Anche il Comune di Torino non ha contestato la rilevanza e la non
manifesta infondatezza delle prospettate  questioni  di  legittimita'
costituzionale,   affermando   espressamente   di   aver    «disposto
l'ammissione con riserva negli elenchi provvisori  e  definitivi  dei
partecipanti ... privi del  requisito»  riguardante  la  residenza  o
l'attivita'  lavorativa  (comp.  risp.  p.   7)   e   chiedendo,   di
conseguenza, l'accertamento del  proprio  difetto  di  legittimazione
passiva e il rigetto nel merito delle domande avversarie. 
    Le domande relative all'art. 3, comma 1, lettera  c)  legge  reg.
Piemonte n. 3/2010 sono state decise con sentenza non  definitiva  in
data  10  novembre  2023,  essendo  stata   ritenuta   manifestamente
infondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale. 
    A diversa soluzione si deve giungere invece per  quanto  concerne
le domande relative all'art. 3,  comma  1,  lettera  b),  legge  reg.
Piemonte n. 3/2010 - secondo cui «per conseguire l'assegnazione di un
alloggio di edilizia sociale» occorre «avere la residenza  anagrafica
o l'attivita' lavorativa esclusiva o principale da almeno cinque anni
nel territorio regionale, con almeno tre anni, anche non continuativi
all'interno  dell'ambito  di  competenza  degli  enti  gestori  delle
politiche socio-assistenziali o essere iscritti all'AIRE» -,  essendo
la relativa questione di legittimita' costituzionale rilevante e  non
manifestamente infondata. 
    Iniziando dai  profili  relativi  alla  rilevanza,  va  anzitutto
osservato che la legittimazione attiva dell'Associazione degli  studi
giuridici sull'immigrazione, non  contestata  dai  convenuti,  emerge
dall'art. 5, decreto legislativo n. 215/2003 e trova riscontro  nella
sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  44/2020,  pronunciata  in
relazione a una  causa  promossa  anche  dalla  stessa  associazione,
nonche' nell'ordinanza di questo Tribunale del 14  aprile  2023,  con
cui e' stata sollevata la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 80, legge reg. Valle d'Aosta n. 3/2023. 
    Cio' premesso, va ora rilevato che sia l'art. 3 del  «Regolamento
del bando di concorso e della graduatoria, in attuazione dell'art. 5,
comma 9, della legge regionale 17  febbraio  2010,  n.  3  (Norme  in
materia di edilizia sociale)», sia l'art. 2 del  «Bando  di  concorso
generale n. 8 ai sensi della legge Regione Piemonte 17 febbraio 2010,
n. 3 e successive modificazioni ed integrazioni per l'assegnazione in
locazione di alloggi di edilizia sociale in disponibilita' al  Comune
di Torino» (doc. 6 fasc. att.) richiamano i requisiti di cui all'art.
3, comma 1, lettera b), legge reg. Piemonte n. 3/2010. 
    Si ha pertanto una piena corrispondenza tra la  previsione  della
legge regionale e la discriminazione fatta valere dall'attrice, anche
sotto il profilo della  «discriminazione  indiretta»,  in  quanto  «i
requisiti  di  residenza   prolungata   costituisc[o]no   particolare
svantaggio in danno degli stranieri» (ric. p. 14). 
    Ne  discende  la  rilevanza  della   prospettata   questione   di
legittimita' costituzionale, in quanto la disposizione  dell'art.  3,
comma 1,  lettera  b)  legge  reg.  Piemonte  n.  3/2010  costituisce
l'indefettibile presupposto degli atti amministrativi di  cui  si  e'
chiesto  l'accertamento  del  carattere   discriminatorio,   con   le
conseguenti statuizioni ordinatorie e risarcitorie. 
    Per  quanto  concerne  la  non   manifesta   infondatezza   della
questione,  va  invece  rilevato  che  la  Corte  costituzionale   ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  22,  comma  1,
lettera b) legge reg. Lombardia - che prevedeva un analogo  requisito
relativo  a  «residenza  anagrafica  o   svolgimento   di   attivita'
lavorativa in Regione Lombardia» -, limitatamente  alle  parole  «per
almeno cinque anni nel periodo immediatamente precedente la  data  di
presentazione della domanda», affermando che «i criteri adottati  dal
legislatore per la selezione  dei  beneficiari  dei  servizi  sociali
devono presentare un collegamento con la funzione del servizio»;  per
quanto  concerne  il  servizio  relativo  all'edilizia   residenziale
pubblica, la cui ratio e' «il soddisfacimento del  bisogno  abitativo
..., la condizione di previa residenza protratta dei suoi destinatari
non presenta con esso alcuna ragionevole connessione ..., non essendo
tale requisito rivelatore di alcuna condizione rilevante in  funzione
del bisogno che il servizio  tende  a  soddisfare»,  con  l'ulteriore
precisazione  che  «nemmeno  la  condizione  di  previa   occupazione
protratta presenta ... alcuna ragionevole connessione  con  la  ratio
dell'ERP» (Corte cost. 44/2020). 
    In questa sentenza si e' quindi affermato, in conclusione, che la
norma in  esame,  «nella  parte  in  cui  fissa  il  requisito  della
residenza (o  dell'occupazione)  ultraquinquennale  in  regione  come
condizione  di  accesso  al  beneficio  dell'alloggio   di   edilizia
residenziale pubblica, contrasta sia con i principi di eguaglianza  e
ragionevolezza di cui all'art. 3, primo comma, Cost., perche' produce
una irragionevole disparita' di trattamento a danno di chi, cittadino
o straniero, non  ne  sia  in  possesso,  sia  con  il  principio  di
eguaglianza sostanziale di cui  all'art.  3,  secondo  comma,  Cost.,
perche' tale requisito contraddice la funzione sociale  dell'edilizia
residenziale pubblica». 
    In questa stessa materia, in applicazione dei medesimi  principi,
e' stata inoltre dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
5, comma 1, lettera b) legge reg. Liguria n.  10/2004,  limitatamente
alle parole «da almeno cinque anni» (Corte  cost.  77/2023),  nonche'
quella dell'art. 20-quater, comma 1, lettera a-bis) della legge  reg.
Marche n. 36/2005, limitatamente alle parole «avere la residenza o». 
    A cio' si aggiunga che  nella  specie  queste  considerazioni  in
ordine  alla  violazione  dell'art.  3  Cost.  risultano   rafforzate
dall'esclusione  della  necessita'  del  requisito   residenziale   o
lavorativo per coloro che sono «iscritti all'AIRE», che introduce una
distinzione priva  di  giustificazione  rispetto  alla  funzione  del
servizio. 
    Per  questi  motivi,  e'  da  ritenere  che   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera  b),  legge
reg.  Piemonte  n.  3/2010,  sia  rilevante  e   non   manifestamente
infondata,  con  riferimento  ai  principi  di   eguaglianza,   anche
sostanziale, e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. 
    Ne  discendono  la  sospensione  del  processo  in  corso  e   la
trasmissione della presente ordinanza e degli atti del processo  alla
Corte costituzionale.