ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2011   e
pluriennale  2011-2013  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale 2011)», promosso dal Consiglio di Stato, sezione sesta, nel
procedimento instaurato dal Ministero  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali ed altri contro Camping Calu' di Carlo Del Mastro & C.  sas
ed altri, con ordinanza del 2 febbraio 2015, iscritta al n.  196  del
registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti gli atti di costituzione di  Camping  Calu'  di  Carlo  Del
Mastro  &  C.  sas  e  di  Associazione   regionale   dei   complessi
turistico-ricettivi dell'aria  aperta  FAITA  CAMPANIA  e  l'atto  di
intervento della Regione Campania; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato Laura Clarizia per  Associazione  regionale  dei
complessi  turistico-ricettivi  dell'aria  aperta   FAITA   CAMPANIA,
l'avvocato Antonio Brancaccio per Camping Calu' di Del  Mastro  &  C.
sas e l'avvocato Almerina Bove per la Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 febbraio 2015, iscritta  al  n.  196  del
registro ordinanze 2015, il Consiglio di  Stato,  sezione  sesta,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2011   e
pluriennale  2011-2013  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale 2011)», in riferimento agli artt. 3, 9, 32 e  117,  secondo
comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione. 
    La norma censurata, nella parte in cui modifica l'art.  2,  comma
1,  della  legge  della  Regione  Campania  26  marzo  1993,  n.   13
(Disciplina  dei  complessi  turistico-ricettivi  all'aria   aperta),
dispone  che  «non  costituiscono   attivita'   rilevanti   ai   fini
urbanistici,  edilizi  e   paesaggistici»   i   mezzi   autonomi   di
pernottamento collocati all'interno dei campeggi,  quando  conservino
«i meccanismi  di  rotazione  in  funzione»,  non  possiedano  «alcun
collegamento di natura  permanente  al  terreno»  e  presentino  «gli
allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e  le  pertinenze
[...] removibili in ogni momento». 
    1.1.- Il Consiglio di Stato e' investito dell'appello  contro  la
sentenza del Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Campania,
sezione  staccata  di  Salerno,  che  ha  annullato  l'ordinanza   di
demolizione di case mobili, strutture in  ferro  e  roulotte,  emessa
dall'Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e  Alburni  per
difetto del nulla osta prescritto dall'art. 13 della legge 6 dicembre
1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). 
    Il giudice di prime cure, a fondamento della decisione impugnata,
ha affermato l'incompetenza del direttore dell'Ente parco  a  emanare
l'ordine di demolizione e, nel merito, ha valorizzato l'art. 1, comma
129, della legge regionale n. 4 del 2011, che sancisce  l'irrilevanza
urbanistico-edilizia e paesaggistica delle case mobili e  le  sottrae
all'obbligo della preventiva acquisizione di ogni titolo abilitativo. 
    Il Consiglio di  Stato  ritiene,  all'opposto  del  TAR,  che  il
direttore  dell'Ente   parco   sia   legittimato   all'adozione   dei
provvedimenti di  demolizione  e  di  ripristino  degli  allestimenti
mobili,  in  virtu'  della  competenza  attribuita  all'autorita'  di
gestione dall'art. 6, comma 6, della legge n. 394 del 1991. 
    Nel merito, il rimettente argomenta, tuttavia, che l'annullamento
dell'ordine di demolizione dovrebbe essere confermato alla luce della
legge regionale n. 4 del 2011, univoca  nell'eliminare  ogni  assenso
edilizio e paesaggistico per gli allestimenti posti  all'interno  dei
campeggi, e, pertanto, reputa rilevante la questione di  legittimita'
costituzionale di tale normativa. 
    1.2.- Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  la  norma  censurata
violerebbe la competenza esclusiva statale  in  materia  di  ambiente
(art. 117,  secondo  comma,  lettera  s,  Cost.)  e  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.
42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo
10 della legge 6  luglio  2002,  n.  137),  che  impone  di  ottenere
l'autorizzazione  paesaggistica  per  gli   interventi   nelle   zone
vincolate, e con la legge n. 394 del 1991, che dispone l'acquisizione
del preventivo nulla osta dell'Ente parco  e  «costituisce  fonte  di
principi fondamentali (Corte Costituzionale, 11 febbraio 2011, n. 44)
ai fini della preservazione dei livelli minimi uniformi su  tutto  il
territorio nazionale». 
    Il giudice rimettente denuncia il contrasto di  tale  previsione,
che «sottrae la corrispondente porzione del paesaggio vincolato  alla
pubblica funzione di tutela», anche con l'art. 9 Cost.: il paesaggio,
«bene  primario  ed  assoluto»,  «interesse  prevalente  rispetto   a
qualunque altro interesse, pubblico o privato», sarebbe tutelato  con
riguardo alla forma  del  territorio  e,  in  connessione  con  altri
principi costituzionali (l'art. 32  Cost.),  per  quel  che  concerne
l'ambiente e l'ecosistema. 
    In pari tempo, la norma regionale confliggerebbe con l'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  si  discosterebbe  dal   principio
fondamentale enunciato, nella materia di competenza  concorrente  del
governo del territorio, dall'art.  3,  comma  1,  lettera  e.5),  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia edilizia (Testo A)». 
    La  legislazione  statale,  prima  delle  innovazioni   apportate
dall'art. 10-ter, comma 1, del decreto-legge 28  marzo  2014,  n.  47
(Misure urgenti per  l'emergenza  abitativa,  per  il  mercato  delle
costruzioni e per Expo 2015), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 23 maggio 2014, n. 80, avrebbe qualificato come  intervento  di
nuova costruzione, da autorizzare  preventivamente,  «l'installazione
di  manufatti  leggeri,  anche  prefabbricati,  e  di  strutture   di
qualsiasi   genere,   quali   roulottes,   campers,   case    mobili,
imbarcazioni, che  siano  utilizzati  come  abitazioni,  ambienti  di
lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili,  e  che  non  siano
diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee». 
    La  norma  censurata  sarebbe  lesiva  anche  del  principio   di
eguaglianza   (art.   3   Cost.).   Essa,   difatti,   determinerebbe
un'irragionevole disparita' di  trattamento  tra  gli  interventi  di
installazione  degli  allestimenti  mobili  di  un   campeggio,   che
beneficiano di un regime di favore, e «altre opere, destinate  a  far
fronte a diverse, piu' pregnanti esigenze, aventi il medesimo impatto
sul  territorio»,  assoggettate  a   una   rigorosa   disciplina   di
autorizzazione. 
    2.- Con memoria del 26 ottobre 2015, si e' costituita la societa'
Camping Calu' di Carlo Del Mastro & C. sas e ha chiesto di dichiarare
inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale  sollevata
dal Consiglio di Stato o di dichiararla manifestamente  infondata  e,
in ogni caso, alla luce delle successive pronunce del  giudice  delle
leggi (e' citata la sentenza n. 189 del 2015) e  dell'intervento  del
legislatore (art. 10-ter del d.l. n. 47 del  2014),  di  disporre  la
restituzione degli atti al Consiglio di Stato. 
    In linea preliminare, la parte eccepisce l'inammissibilita' della
questione di legittimita' costituzionale sotto svariati profili. 
    Quanto  alle  case  mobili,  destinate  a   soddisfare   esigenze
temporanee e contraddistinte da precarieta' strutturale e funzionale,
il Consiglio di Stato sarebbe  incorso  nell'errore  di  considerarle
alla stregua di opere edilizie stabili e permanenti, suscettibili  di
determinare   una   trasformazione   giuridicamente   rilevante   del
territorio. 
    Il giudice rimettente avrebbe trascurato l'esame di un motivo  di
ricorso, assorbito in primo  grado  ed  espressamente  riproposto  in
appello, con la specifica contestazione  della  riconducibilita'  dei
mezzi mobili al novero degli interventi di nuova costruzione. 
    Tale  profilo  si  rivelerebbe  decisivo,  in  quanto  renderebbe
superfluo   ogni   titolo   abilitativo,    urbanistico-edilizio    e
paesaggistico, «anche  a  prescindere  dalla  latitudine  applicativa
della norma regionale censurata», che  presuppone  la  qualificazione
degli allestimenti in esame come "nuova costruzione". 
    L'inammissibilita' per insufficiente motivazione sulla  rilevanza
si apprezzerebbe anche da un diverso punto di vista. 
    Il giudice a  quo  non  avrebbe  attribuito  alcun  rilievo  alle
novita' recate dal d.l. n. 47 del 2014, che, nel definire  il  regime
degli allestimenti collocati nell'area dei campeggi, ha salvaguardato
le «normative regionali di settore». 
    Alla luce della nuova norma di principio adottata dal legislatore
statale, che  consente  l'installazione  di  roulotte,  camper,  case
mobili, all'interno di strutture turistico-ricettive all'aria aperta,
sarebbe «inammissibile per sopravvenuta irrilevanza» la questione  di
legittimita' costituzionale della legge regionale. 
    Sarebbe inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
concernente la  violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in
materia di parchi e aree naturali, in quanto  il  giudice  rimettente
non avrebbe considerato la necessita' di acquisire preventivamente il
nulla osta (art. 13 della legge n. 394 del 1991), per  consentire  la
regolare  realizzazione  dell'impianto  turistico-ricettivo  all'aria
aperta. A tale riguardo, la norma censurata  non  conterrebbe  alcuna
deroga alla legge n. 394 del 1991. 
    Sarebbe peraltro indispensabile la  restituzione  degli  atti  al
Consiglio di Stato, in ragione del sopravvenire della sentenza n. 189
del 2015, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.
41, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013,  n.  69  (Disposizioni
urgenti   per   il   rilancio   dell'economia),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che  annoverava  tra
le nuove costruzioni anche  gli  allestimenti  mobili  privi  di  uno
stabile ancoraggio al suolo. 
    Nel merito, le censure non sarebbero fondate. 
    Quanto alla disciplina  urbanistico-edilizia  degli  allestimenti
mobili, le previsioni  della  legge  regionale  sarebbero  rispettose
dell'art. 3, comma 1, lettera e.5.), del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Quanto alla  violazione  dell'art.  9,  secondo  comma,  Cost.  e
all'invasione  della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
ambiente,  si  argomenta  che  i  mezzi  mobili  di  soggiorno  e  di
pernottamento non  producono  trasformazioni  urbanistico-edilizie  e
modificazioni pregiudizievoli per il paesaggio  e  per  l'ambiente  e
possono essere collocati solo nelle strutture turistico-ricettive che
abbiano   gia'   ottenuto   tutti   i   titoli   urbanistico-edilizi,
l'autorizzazione paesaggistica, il nulla osta di cui  alla  legge  n.
394 del 1991. 
    Per gli allestimenti mobili,  che  non  richiedono  alcun  titolo
abilitativo,  non  sarebbe  necessario  il  vaglio  dell'Ente  parco,
previsto soltanto per gli interventi e le opere all'interno dell'area
protetta,  subordinati  al  preventivo  rilascio  di  concessioni   e
autorizzazioni. 
    Da  ultimo,  non  sarebbe  ravvisabile  alcun  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza. La norma censurata, volta  a  promuovere
la competitivita' delle imprese  italiane  operative  come  strutture
turistico-ricettive  all'aria  aperta,   non   contemplerebbe   alcun
arbitrario regime di favore e, in coerenza con la legislazione  dello
Stato,  riguarderebbe  soltanto  la  collocazione  di  unita'  mobili
all'interno di strutture turistico-ricettive  all'aria  aperta,  gia'
contrassegnate dal previo  vaglio  amministrativo  di  compatibilita'
urbanistico-edilizia e paesaggistico-ambientale. 
    2.1.- In vista dell'udienza, la medesima societa'  ha  depositato
una memoria illustrativa, ribadendo le conclusioni gia' rassegnate  e
richiamando le nuove disposizioni  fondamentali  racchiuse  nell'art.
52, comma 2, della legge 28 dicembre 2015, n.  221  (Disposizioni  in
materia ambientale per promuovere misure di green economy  e  per  il
contenimento   dell'uso   eccessivo   di   risorse   naturali),   che
renderebbero la legge regionale censurata pienamente compatibile  con
la normativa statale  di  principio,  e  le  previsioni  del  recente
decreto del Presidente della  Repubblica  13  febbraio  2017,  n.  31
(Regolamento  recante   individuazione   degli   interventi   esclusi
dall'autorizzazione   paesaggistica   o   sottoposti   a    procedura
autorizzativa semplificata), che  avrebbero  sottratto  le  opere  in
esame  anche  alla  previa  acquisizione  del  titolo   paesaggistico
semplificato. 
    3.-  Si  e'  costituita,  con  memoria  del  26   ottobre   2015,
l'Associazione regionale dei complessi turistico-ricettivi  dell'aria
aperta FAITA CAMPANIA, limitandosi  a  chiedere  la  declaratoria  di
manifesta inammissibilita' o comunque di manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale. 
    3.1.- In prossimita' dell'udienza, l'Associazione  ha  depositato
una memoria illustrativa, svolgendo nuovi argomenti a sostegno  delle
conclusioni gia' rassegnate. 
    La parte mostra di condividere le eccezioni  di  inammissibilita'
formulate nella memoria di costituzione dalla societa' Camping  Calu'
sas,  con  riguardo  all'insufficiente  motivazione   in   punto   di
rilevanza, e, sulla base delle innovazioni  apportate  dall'art.  52,
comma 2, della legge n. 221  del  2015  e  dall'art.  1  del  decreto
legislativo 25 novembre 2016,  n.  222,  recante  «Individuazione  di
procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione  certificata  di
inizio di attivita' (SCIA), silenzio assenso  e  comunicazione  e  di
definizione  dei  regimi  amministrativi  applicabili  a  determinate
attivita' e procedimenti, ai sensi  dell'articolo  5  della  legge  7
agosto 2015, n. 124», sostiene «il  sopravvenuto  allineamento  della
normativa statale (di principio) a quella regionale (di  dettaglio)»,
attraverso un rinvio integrale alla normativa regionale di settore. 
    Alle stesse conclusioni si  dovrebbe  giungere  con  riguardo  al
profilo paesaggistico, oggi regolato dal d.P.R. n. 31  del  2017  (in
particolare, Allegato A),  che  esenterebbe  le  strutture  in  esame
dall'acquisizione di ogni titolo, anche semplificato. 
    La legge regionale campana, riguardante i soli manufatti  precari
sotto  il  profilo  strutturale  e  funzionale,  posti  in  strutture
ricettive  regolarmente  autorizzate  anche  dal   punto   di   vista
paesaggistico,  sarebbe  espressione   della   competenza   regionale
residuale in materia di turismo e non contrasterebbe con la normativa
statale di principio e con i  parametri  costituzionali  evocati  dal
giudice rimettente. 
    4.- Nel giudizio e' intervenuta la Regione Campania, con  memoria
depositata il 22 ottobre  2015,  e  si  e'  limitata  a  chiedere  di
dichiarare inammissibile e  comunque  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato. 
    4.1.-   Nell'approssimarsi   dell'udienza,   l'interveniente   ha
depositato una memoria illustrativa, confermando le conclusioni  gia'
formulate e avvalorandole con nuove argomentazioni. 
    In punto di ammissibilita', la Regione lamenta che  il  Consiglio
di Stato abbia richiamato in maniera del tutto  generica  i  principi
fondamentali in materia di governo del territorio  e  di  tutela  del
paesaggio, senza operare alcuna autonoma  selezione  dei  profili  di
illegittimita' «in riferimento a  specifici  parametri».  La  mancata
esplicitazione  delle  ragioni  della  non   manifesta   infondatezza
imporrebbe di dichiarare la questione inammissibile. 
    Apodittiche sarebbero anche le censure riferite agli artt. 3, 9 e
32 della Costituzione, quest'ultimo  indicato  nel  solo  dispositivo
dell'ordinanza di rimessione. 
    Dopo avere ripercorso l'evoluzione normativa in tema di manufatti
mobili all'interno di strutture ricettive all'aria aperta, la Regione
osserva che il mutamento del parametro interposto e' idoneo a  fugare
i dubbi di legittimita'  costituzionale  della  normativa  censurata,
comunque circoscritta alle strutture precarie  e  amovibili  in  ogni
momento e coerente anche con l'originario dettato delle norme statali
di principio. 
    Quanto al dedotto contrasto con la normativa  statale  di  tutela
del paesaggio e, in particolare, con l'art. 146 del d.lgs. n. 42  del
2004,  la  Regione   replica   che,   quando   non   si   riscontrino
trasformazioni edilizie e/o urbanistiche e non sia percio'  richiesto
il rilascio del permesso di costruire, non  e'  necessario  acquisire
l'autorizzazione paesaggistica  e  il  nulla  osta  dell'Ente  parco,
prescritto solo  per  gli  interventi  assoggettati  alla  preventiva
acquisizione di un titolo abilitativo. 
    5.-  All'udienza  le  parti  hanno  confermato   le   conclusioni
rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, con  ordinanza  del  2  febbraio  2015
(r.o. n. 196 del  2015),  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 129, della legge della Regione Campania  15  marzo
2011, n. 4, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della  Regione  Campania  (Legge
finanziaria regionale 2011)», in riferimento agli artt. 3,  9,  32  e
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione. 
    Tale normativa, che innova la  disciplina  dei  campeggi  dettata
dall'art. 2 della legge della Regione Campania 26 marzo 1993,  n.  13
(Disciplina dei complessi turistico-ricettivi  all'aria  aperta),  e'
censurata nella parte in cui, modificando il comma 1 del citato  art.
2, «consente che opere permanentemente infisse al  suolo,  e  percio'
destinate ad  immutare  con  carattere  stabile  l'assetto  edilizio,
urbanistico e paesistico di un parco nazionale  siano  realizzate  in
assenza di qualsivoglia previo scrutinio di  compatibilita'  con  gli
interessi pubblici che su tale territorio si esprimono». 
    Le censure  del  giudice  a  quo  si  appuntano  sull'irrilevanza
paesaggistica  delle  case  mobili  realizzate  entro  l'area   delle
strutture ricettive all'aperto. 
    Il  petitum  formulato   dal   rimettente   puo'   essere   cosi'
ricostruito, alla luce delle argomentazioni in punto di non manifesta
infondatezza, che conferiscono preminente risalto  al  profilo  della
tutela del paesaggio, in  stretta  connessione  con  la  peculiarita'
della fattispecie dedotta nel giudizio principale. 
    La questione di legittimita' costituzionale, difatti, e' sorta in
un giudizio di appello, diretto a sindacare l'ordine  di  demolizione
di trentuno case mobili, di quattro strutture in  ferro  e  di  sette
roulotte allestite in un'area naturale protetta.  In  tale  contesto,
riveste rilievo cruciale  la  «tutela  degli  interessi  ambientali»,
demandata alla potesta'  amministrativa  dell'Ente  parco  e  oggetto
delle contrapposte valutazioni delle parti. 
    Il giudice a quo prospetta il contrasto con l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., sul  presupposto  che  la  legge  regionale
invada  la  competenza  esclusiva  statale  in  «materia  di   tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    Secondo il giudice rimettente, a tale  competenza  devono  essere
ricondotte la disciplina dell'autorizzazione paesaggistica, secondo i
principi dettati dal decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137), e la tutela per le aree  protette
(legge 6 dicembre 1991, n. 394,  recante  «Legge  quadro  sulle  aree
protette»). 
    La norma censurata sarebbe  difforme  dalla  previsione  generale
dell'art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, in  tema  di  autorizzazione
paesaggistica per gli interventi nelle zone vincolate, e dall'art. 13
della legge n. 394 del  1991,  che  richiede  il  previo  nulla  osta
dell'Ente  parco,  per  le  opere  stabilmente  infisse  nel   suolo,
realizzate nelle aree dei parchi nazionali e «destinate  ad  immutare
con carattere stabile l'assetto edilizio, urbanistico e paesistico di
un parco nazionale». 
    Il giudice rimettente denuncia anche il contrasto con gli artt. 9
e  32  Cost.,  in  quanto  la  legge   regionale   sottrarrebbe   «la
corrispondente  porzione  del  paesaggio  vincolato   alla   pubblica
funzione di tutela». 
    La  tutela  del  paesaggio  in  particolare,  sarebbe  preminente
rispetto alle esigenze urbanistico-edilizie, alla  libera  iniziativa
economica e al diritto di proprieta' e assurgerebbe al rango di «bene
primario ed  assoluto»,  riferito  alla  forma  del  territorio  come
elemento  del  patrimonio  culturale  e,  in  connessione  con  altre
previsioni   costituzionali   (art.   32   Cost.),   all'ambiente   e
all'ecosistema. 
    La norma censurata, nell'esentare da ogni  vaglio  amministrativo
di compatibilita' anche i manufatti non precari,  contrasterebbe  con
l'art. 117, terzo comma, Cost., in  quanto  violerebbe  il  principio
fondamentale enunciato, nella materia di competenza  concorrente  del
governo del territorio, dall'art.  3,  comma  1,  lettera  e.5),  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in  materia  edilizia  (Testo  A)»,  nella  formulazione  originaria,
antecedente alle innovazioni recate dall'art. 10-ter,  comma  1,  del
decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure  urgenti  per  l'emergenza
abitativa, per  il  mercato  delle  costruzioni  e  per  Expo  2015),
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80. 
    La norma statale di principio annoverava tra  gli  interventi  di
nuova  costruzione  l'installazione  di  manufatti   leggeri,   anche
prefabbricati, e di strutture di qualsiasi  genere,  quali  roulotte,
camper,  case  mobili,  imbarcazioni,  «che  siano  utilizzati   come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure  come  depositi,  magazzini  e
simili, e che non  siano  diretti  a  soddisfare  esigenze  meramente
temporanee». 
    Il giudice a quo ritiene da ultimo che sia violato anche l'art. 3
Cost.   Nell'eliminare   qualunque    valutazione    preventiva    di
compatibilita',   la   previsione   sospettata   di    illegittimita'
costituzionale  sarebbe  sfornita  di  motivazione  alla  luce  degli
«interessi pubblici coinvolti» e di altre esigenze degne  di  tutela.
La legge regionale, senza alcuna apprezzabile  ragione,  accorderebbe
un regime di favore  per  gli  «interventi  di  installazione  di  un
campeggio» «rispetto  ad  altre  opere,  destinate  a  far  fronte  a
diverse, piu' pregnanti esigenze,  aventi  il  medesimo  impatto  sul
territorio». 
    2.- La questione, nei termini in cui e' prospettata, non presenta
i profili di inammissibilita' adombrati nelle memorie di costituzione
delle parti e nell'atto di intervento. 
    2.1.- La societa' Camping  Calu'  sas  -  con  rilievo  condiviso
dall'Associazione FAITA CAMPANIA  -  ha  eccepito  l'inammissibilita'
della questione per carente motivazione sulla rilevanza. 
    Il giudice rimettente avrebbe trascurato di  cimentarsi  con  uno
specifico motivo di ricorso, riproposto in fase di gravame e relativo
all'impossibilita' di qualificare le strutture mobili come interventi
di nuova costruzione. Inoltre, non avrebbe preso in considerazione le
novita'  normative,  che  hanno  ridefinito  il  concetto  di   nuova
costruzione (art. 10-ter, comma 1, del d.l. n. 47),  con  conseguente
«sopravvenuta   irrilevanza»   della   questione   di    legittimita'
costituzionale 
    L'eccezione deve essere disattesa. 
    Il  giudice  di   primo   grado,   nell'annullare   l'ordine   di
demolizione, ha attribuito rilievo decisivo alla norma regionale, che
sancisce la radicale irrilevanza delle installazioni mobili  ai  fini
urbanistici, edilizi e paesaggistici. Nella prospettiva  del  giudice
rimettente,  investito  dell'appello  contro  tale  statuizione,   la
valutazione di irrilevanza e'  pregiudiziale  e  assorbente  rispetto
alla qualificazione degli interventi come nuova costruzione. 
    Tale argomentazione non implausibile supera il vaglio preliminare
di  ammissibilita'  richiesto  a  questa   Corte,   al   pari   delle
considerazioni  che  il  giudice   rimettente   ha   riservato   alle
implicazioni dello ius superveniens, ininfluente nella valutazione di
legittimita' degli atti amministrativi pregressi,  alla  stregua  del
principio tempus regit actum (sentenze n. 224, n.  49  e  n.  30  del
2016). 
    2.2.- La  societa'  Camping  Calu'  sas  ha  eccepito,  altresi',
l'inammissibilita' della questione che verte sulla  violazione  della
competenza esclusiva statale in materia di ambiente. 
    Il giudice rimettente non avrebbe considerato che il  nulla  osta
dell'Ente parco dovrebbe  essere  preventivamente  acquisito  per  la
realizzazione  dell'impianto  turistico-ricettivo  che   ospita   gli
allestimenti mobili. 
    Neppure tale eccezione e' fondata. 
    La questione di legittimita' costituzionale pone l'accento su  un
diverso aspetto,  che  attiene  all'irrilevanza  paesaggistica  degli
allestimenti mobili  e  prescinde  dalla  preventiva  valutazione  di
compatibilita'   ambientale   delle   strutture   turistico-ricettive
all'aria aperta. 
    2.3.-   Non   coglie   nel   segno   neppure    l'eccezione    di
inammissibilita'  per  inadeguata  motivazione  in  merito  alla  non
manifesta infondatezza della questione, nei termini analizzati  dalla
Regione Campania  nella  memoria  illustrativa  depositata  in  vista
dell'udienza. 
    Il giudice rimettente ha individuato in maniera puntuale la norma
censurata, riguardante l'irrilevanza  paesaggistica  delle  strutture
mobili e non l'intero contenuto precettivo della composita previsione
della legge  finanziaria  regionale,  e  ha  illustrato  i  dubbi  di
costituzionalita' con dovizia di riferimenti, corroborati  anche  dal
richiamo alla pertinente giurisprudenza di questa Corte. 
    La censura di violazione dell'art. 32 Cost., anche se sorretta da
un'argomentazione stringata, e' ammissibile, contrariamente a  quanto
sostenuto dalla parte intervenuta. 
    Il giudice a quo evoca tale norma per avvalorare  la  censura  di
violazione dell'art. 9 Cost., in una prospettiva  che  sottolinea  il
legame inscindibile, affermato dalla giurisprudenza di  questa  Corte
(ex  plurimis,  sentenza  n.  641  del  1987),  tra   la   protezione
dell'ambiente e la tutela del diritto fondamentale alla salute.  Tale
motivazione e' idonea a superare il vaglio di ammissibilita'. 
    3.- Nel merito, la questione di  legittimita'  costituzionale  e'
fondata, nei termini che seguono. 
    3.1.- Il  potere  di  intervento  delle  Regioni  in  materia  di
"governo  del  territorio"  non  si  estende  alla  disciplina  della
rilevanza paesaggistica degli allestimenti  mobili,  che  incide  sul
regime autorizzatorio tratteggiato dall'art. 146 del d.lgs. n. 42 del
2004 ed e' riconducibile alla competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ambiente. 
    Spetta  alla  legislazione  statale  determinare  presupposti   e
caratteristiche dell'autorizzazione  paesaggistica,  delle  eventuali
esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in  ragione  della
diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell'ambiente. 
    L'autorizzazione  paesaggistica,  finalizzata   alla   protezione
ambientale, e' assoggettata a «una disciplina uniforme,  valevole  su
tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 189 del 2016, n. 235  del
2011, n. 101 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2008),
che rispecchia la natura unitaria  del  valore  primario  e  assoluto
dell'ambiente (sentenza n. 641 del 1987, punto 2.2.  del  Considerato
in diritto). 
    La competenza esclusiva statale risponde a  ineludibili  esigenze
di tutela e  sarebbe  vanificata  dall'intervento  di  una  normativa
regionale che sancisse in via indiscriminata - come avviene nel  caso
di specie - l'irrilevanza paesaggistica di determinate  opere,  cosi'
sostituendosi  all'apprezzamento  che   compete   alla   legislazione
statale. 
    3.2.-  Nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  di  una
disposizione di altra legge regionale in larga misura  sovrapponibile
a quella oggi  censurata,  questa  Corte  ha  ritenuto  dirimente  la
considerazione che  tale  disposizione  impugnata  fosse  intervenuta
nell'ambito materiale della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema  e
dei beni culturali», di esclusiva competenza statale (sentenza n. 189
del 2016, punto 6.6. del Considerato in diritto). 
    Alle stesse conclusioni si deve pervenire per la norma sottoposta
all'odierno  vaglio  di  legittimita'  costituzionale,  adottata   in
violazione della competenza esclusiva statale di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    3.3.- La decisione non coinvolge la disciplina degli allestimenti
mobili, dettata dall'art. 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380
del 2001, nella formulazione da ultimo modificata dall'art. 52, comma
2, della legge 28 dicembre 2015,  n.  221  (Disposizioni  in  materia
ambientale  per  promuovere  misure  di  green  economy  e   per   il
contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali),  che  configura
come nuova costruzione «l'installazione di manufatti  leggeri,  anche
prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere,  quali  roulottes,
campers,  case  mobili,  imbarcazioni,  che  siano  utilizzati   come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure  come  depositi,  magazzini  e
simili, ad  eccezione  di  quelli  che  siano  diretti  a  soddisfare
esigenze  meramente  temporanee  o  siano  ricompresi  in   strutture
ricettive all'aperto  per  la  sosta  e  il  soggiorno  dei  turisti,
previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove
previsto, paesaggistico, in conformita' alle normative  regionali  di
settore». 
    Tale disciplina, che demanda  alle  normative  di  settore  delle
Regioni  la  definizione  piu'   articolata   delle   caratteristiche
costruttive e della tipologia degli allestimenti  mobili  inidonei  a
determinare una trasformazione stabile  del  territorio,  attiene  al
diverso profilo urbanistico-edilizio, estraneo all'odierna questione,
incentrata sulla compatibilita' ambientale e paesaggistica. 
    4.-   Deve   essere   dichiarata,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 129, della legge regionale n. 4 del
2011, nella parte in cui, sostituendo l'art. 2, comma 1, della  legge
reg. Campania n. 13 del 1993, prevede che non costituiscono attivita'
rilevanti ai fini paesaggistici  le  installazioni  «quali  tende  ed
altri mezzi autonomi di pernottamento, quali roulotte, maxi caravan e
case mobili», anche se «collocate permanentemente entro il  perimetro
delle strutture ricettive regolarmente autorizzate». 
    4.1.- Restano assorbiti gli ulteriori profili  di  illegittimita'
costituzionale denunciati dal giudice rimettente.