ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Marche 23 giugno 2014, n.  15  (Distacco  della  frazione  di
Marotta dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune  di  Mondolfo.
Mutamento delle rispettive  circoscrizioni  comunali),  promosso  dal
Consiglio di Stato, sezione quinta, nel procedimento vertente tra  il
Comune di Fano e altri e la Regione Marche  e  altri,  con  ordinanza
dell'11 giugno 2018, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2018 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  42,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di costituzione dei Comuni di Fano e di  Mondolfo,
della Regione Marche  e  di  Vitali  Gabriele,  in  proprio  e  nella
qualita' di  legale  rappresentante  pro  tempore  del  Comitato  Pro
Marotta Unita; 
    udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2019 il Giudice relatore
Nicolo' Zanon; 
    uditi gli avvocati Maria Alessandra Sandulli  e  Antonio  D'Atena
per il Comune di Fano, Stefano Grassi per la Regione Marche,  Massimo
Luciani per il Comune di Mondolfo e Francesca Santorelli  per  Vitali
Gabriele, in proprio e nella qualita' di  legale  rappresentante  pro
tempore del Comitato Pro Marotta Unita. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanza  dell'11
giugno 2018 (r. o.  n.  145  del  2018)  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale  della  legge  della  Regione  Marche  23
giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta dal Comune  di
Fano  e  incorporazione  nel  Comune  di  Mondolfo.  Mutamento  delle
rispettive circoscrizioni comunali) in riferimento  agli  artt.  3  e
133, secondo comma, della Costituzione. 
    Ricorda  il  rimettente  che  -  nell'ambito   del   procedimento
legislativo scaturito dalla proposta di legge  regionale  n.  77  del
2011, recante «Distacco della frazione di Marotta dal Comune di  Fano
e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento  delle  rispettive
circoscrizioni comunali»  -  il  Consiglio  regionale  della  Regione
Marche  aveva  adottato  una  delibera  di  indizione  di  referendum
consultivo individuando le popolazioni interessate nei soli residenti
della frazione di Marotta di Fano (delibera consiliare n. 61  del  15
gennaio 2013). 
    Il Comune di  Fano  aveva  impugnato  tale  delibera  innanzi  al
Tribunale amministrativo regionale  per  le  Marche,  il  quale,  con
ordinanza 19 aprile 2013, n. 160, aveva accolto l'istanza cautelare e
sospeso l'esecuzione degli atti del procedimento referendario. 
    A seguito di tale pronuncia, il Consiglio regionale della Regione
Marche, previa revoca dell'originaria delibera, aveva rinnovato - con
la delibera consiliare n. 87 del 22 ottobre 2013  -  l'indizione  del
referendum, estendendo questa volta la consultazione alle popolazioni
di Fano e Mondolfo residenti nelle zone immediatamente contigue  alla
frazione  di  Marotta  di  Fano.  Anche  tale  provvedimento   veniva
impugnato dal Comune di Fano dinnanzi al  TAR  Marche.  Quest'ultimo,
tuttavia, respingeva l'istanza cautelare  con  ordinanza  10  gennaio
2014, n. 6, ritenendo  che  questa  seconda  delibera  del  Consiglio
regionale rispondesse a  quanto  disposto  dalla  propria  precedente
ordinanza n. 160 del 2013. 
    Nelle  more  del  giudizio  amministrativo,  il  procedimento  di
variazione territoriale proseguiva: il referendum si  svolgeva  il  9
marzo 2014 e vedeva esprimersi a favore  del  distacco  il  67,3  per
cento dei votanti. Alla luce dell'esito del referendum, il  Consiglio
regionale approvava la legge reg. Marche n. 15 del 2014,  deliberando
cosi' il distacco della frazione di Marotta di  Fano  dal  Comune  di
Fano e la sua incorporazione nel Comune di Mondolfo. 
    Successivamente, il TAR Marche, sezione prima,  con  sentenza  18
settembre 2015, n. 660, respingeva il ricorso  e  i  motivi  aggiunti
proposti dal Comune di Fano nei confronti degli atti del procedimento
di variazione, ritenendo altresi' manifestamente infondate le censure
di illegittimita' costituzionale  eccepite  dal  Comune  di  Fano  in
riferimento alla legge reg. Marche n. 15 del 2014. 
    Il Comune di Fano adiva allora il Consiglio  di  Stato  che,  con
sentenza non  definitiva  23  agosto  2016,  n.  3678,  annullava  la
delibera consiliare n. 87 del  2013  per  violazione  dell'art.  133,
secondo comma, Cost., poiche' non erano stati chiamati  ad  esprimere
il voto  consultivo  tutti  i  cittadini  residenti  nei  due  Comuni
interessati dalla modifica circoscrizionale. Contro tale sentenza non
definitiva la Regione Marche promuoveva conflitto di attribuzione. 
    Con la coeva ordinanza del 23 agosto 2016, n. 3679, il  Consiglio
di Stato sollevava altresi' questioni di legittimita'  costituzionale
nei confronti della legge reg. Marche n. 15 del  2014,  per  ritenuta
violazione degli art. 3, 113, primo e secondo comma  e  133,  secondo
comma, Cost. 
    Riuniti i giudizi relativi al conflitto di  attribuzione  e  alle
questioni di legittimita' costituzionale, con la sentenza  n.  2  del
2018  la  Corte  costituzionale  accoglieva  il  primo  e  dichiarava
inammissibili le seconde. 
    In base a tale pronuncia, a seguito dell'entrata in vigore  della
legge di variazione circoscrizionale, eventuali  vizi  relativi  alla
delibera di indizione del referendum consultivo si traducono  infatti
in un vizio formale della legge e  sono  dunque  conoscibili  in  via
esclusiva dalla Corte costituzionale. Di conseguenza, la questione di
legittimita'  costituzionale  e'  risultata   inammissibile   poiche'
fondata  sull'«errato  presupposto  che  il   referendum   consultivo
costituisse "oggetto e contenuto della legge di variazione", anziche'
un suo mero "presupposto procedimentale"». 
    Il conflitto  di  attribuzione  veniva  invece  accolto  perche',
secondo  la   Corte   costituzionale,   non   spettava   al   giudice
amministrativo procedere all'annullamento del referendum  consultivo,
atto che si colloca, costituendone fase  indispensabile,  nell'ambito
del  procedimento  legislativo.  Il  giudice  amministrativo  avrebbe
invece dovuto  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'intervenuta legge regionale, per violazione dell'art. 133, comma
secondo, Cost. 
    A seguito della sentenza della Corte costituzionale, il Comune di
Fano ha riassunto il giudizio chiedendo  al  Consiglio  di  Stato  di
sollevare questione di legittimita' costituzionale. 
    2.- Tutto  cio'  premesso,  il  giudice  rimettente  richiama  le
ragioni che hanno portato il Consiglio regionale delle Marche, con la
delibera  n.  87  del  2013,   a   individuare,   come   «popolazioni
interessate»,  oltre  ai  residenti  nella  frazione  di  Marotta,  i
residenti «nelle zone immediatamente contigue». 
    L'«interesse  qualificato»  di  tali  soggetti  avrebbe   trovato
fondamento  nella  fruizione,  da  parte  di   costoro,   di   alcune
infrastrutture (un istituto scolastico e una farmacia comunale)  site
nella frazione di Marotta; nella condivisione  con  i  residenti  del
Comune di Mondolfo di servizi pubblici ivi esistenti;  nell'interesse
ad avere un'unica  amministrazione  della  zona,  costituita  da  una
fascia costiera «attualmente divisa tra i due comuni». L'interesse ad
essere consultati non sarebbe  invece  riscontrabile  negli  abitanti
delle altre zone dei Comuni di Fano e  Mondolfo,  posto  che  costoro
«fruiscono di analoghi servizi piu' prossimi alle rispettive zone  di
residenza»  e  non  appaiono  direttamente  incisi  dalla   divisione
amministrativa in questione. 
    La delibera consiliare rilevava inoltre come l'abitato di Marotta
fosse amministrativamente ripartito tra i Comuni di Fano e Mondolfo e
che il centro della frazione di Marotta fosse  esattamente  diviso  a
meta' tra i due citati Comuni. Prima del distacco, l'80 per cento del
territorio di Marotta ricadeva infatti nel territorio di Mondolfo (da
esso distante 6 chilometri) e ne costituiva la parte territorialmente
piu' rilevante. Marotta rappresentava invece «una parte  trascurabile
del ben piu' esteso Comune di Fano» (distante dalla  stessa  frazione
14 chilometri). Il litorale  di  Marotta  rappresentava  poi  l'unico
sbocco al mare per Mondolfo, mentre  invece  costituiva  una  piccola
parte della ben piu' ampia zona costiera del Comune di  Fano.  Da  un
punto di vista demografico, il distacco dei circa 3.000 residenti  di
Marotta dal Comune di Fano non avrebbe avuto impatto significativo su
quest'ultimo, poiche' la  popolazione  fanese  ammonta  in  totale  a
63.000  abitanti.  La  situazione  di  divisione  amministrativa  che
caratterizzava  la  frazione  di  Marotta  comportava   inoltre   che
«cittadini dello stesso abitato» fossero sottoposti  all'applicazione
di strumenti diversi di governo del territorio, di  organizzazione  e
gestione dei servizi, e ad un diverso  trattamento  fiscale.  Infine,
esponeva la delibera consiliare, non  si  sarebbe  realizzato  alcuno
smembramento territoriale, in quanto la frazione di Marotta  di  Fano
costituiva «gia' un'unica  realta'  sociale  e  territoriale  con  la
frazione di Marotta di Mondolfo». 
    3.- Il Consiglio di  Stato  si  sofferma  sulla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale,  respingendo  le  eccezioni
sollevate da alcune delle parti del giudizio a quo e dando atto della
sentenza n. 2 del 2018 della Corte costituzionale. 
    Anche rispetto alla non manifesta  infondatezza  della  questione
rileverebbe la citata sentenza n. 2 del 2018: il rimettente evidenzia
come  la   verifica   inerente   alle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate dal Comune di Fano tenda  a  sovrapporsi  al
giudizio che la Corte costituzionale si e' riservato e ritiene che la
valutazione che il Consiglio di Stato e' chiamato  a  svolgere  debba
dunque «arrestarsi ad una verifica estrinseca di  mera  pertinenza  e
plausibilita' delle questioni prospettate». 
    Cio' premesso, viene ricordata la  giurisprudenza  costituzionale
formatasi sull'art. 133 Cost., dalla quale emergerebbe che la  regola
generale  nei  procedimenti  di  variazione  territoriale  e'  quella
secondo cui  le  popolazioni  interessate  al  referendum  consultivo
devono essere individuate «nei residenti dei comuni coinvolti».  Tale
regola sarebbe derogabile in «ipotesi particolari ed eccezionali», in
base ad «una valutazione di elementi di fatto che dovra'  effettuarsi
caso per caso al momento di indire il referendum consultivo» (vengono
citate le sentenze n. 47 del 2003 e n. 433 del 1995). In particolare,
il Consiglio di Stato richiama la sentenza n.  94  del  2000  con  la
quale la Corte costituzionale avrebbe precisato che  se  l'art.  133,
secondo comma, Cost.,  non  prevede  in  assoluto  la  necessita'  di
coinvolgere l'intera  popolazione  dei  due  Comuni  interessati  dal
mutamento territoriale, un  simile  coinvolgimento  sarebbe  comunque
obbligatorio qualora  sussista  un  interesse  riferibile  all'intera
popolazione. 
    Alla  luce  dei  precedenti,  alcuni  elementi   della   delibera
consiliare di indizione del  referendum  consultivo  metterebbero  in
dubbio la conformita' di tale delibera, e della legge reg. Marche  n.
15 del 2014, rispetto alla richiamata giurisprudenza costituzionale. 
    Cosi', il fatto  che  la  frazione  di  Marotta  costituisca  una
porzione  di  territorio  dalla  «superficie  limitata»,   che   essa
rappresenti «una quota di popolazione  contenuta  rispetto  a  quella
dell'intero Comune di Fano», nonche' la distanza dal centro cittadino
di Fano,  costituirebbero  elementi  riscontrabili  «in  molti  altri
comuni comprendenti nella  loro  circoscrizione  diverse  frazioni  o
localita' poste al di fuori dell'abitato principale». 
    La situazione di Marotta - caratterizzata da un unitario  tessuto
urbanistico facente capo  a  diverse  amministrazioni  locali  -  non
sarebbe poi differente dallo «sviluppo tipico delle  zone  costiere».
La  modifica  delle  circoscrizioni  comunali  non  sarebbe   l'unico
strumento  per  far  fronte  a  esigenze  unitarie,  esistendo  altri
strumenti  di  coordinamento  delle  funzioni  amministrative  e  dei
servizi pubblici. La delibera di indizione consiliare del  referendum
correlerebbe inoltre la  situazione  di  divisione  amministrativa  a
«pretese, ma indimostrate, ripercussioni  sul  piano  socio-economico
negative,   addirittura   qualificate   come   "evidenti",   per   la
collettivita'  ivi  insediata,  di  cui  tuttavia  non  sono  forniti
ulteriori ragguagli». 
    La dedotta «necessita' di armonizzare il trattamento fiscale  dei
residenti nella frazione di Marotta» caricherebbe la consultazione  e
il  procedimento  di   variazione   circoscrizionale   di   un   tema
particolarmente sensibile per l'opinione pubblica, «senza tuttavia un
coinvolgimento ampio delle popolazioni coinvolte». A  tal  proposito,
il rimettente evidenzia che, come pure  sottolineato  dal  Comune  di
Fano, «i riflessi che la variazione circoscrizionale puo' determinare
sulle  grandezze  di  bilancio  dell'ente  locale  sono  destinati  a
ripercuotersi sui cittadini in esso residenti». 
    In definitiva, la «scelta  amministrativa  incidente  "a  priori"
sull'elettorato   chiamato    a    pronunciarsi»    sulla    modifica
circoscrizionale  non   consentirebbe   -   in   contrasto   con   la
giurisprudenza  costituzionale  -   di   apprezzare   ragionevolmente
l'interesse delle popolazioni al mutamento  circoscrizionale  di  cui
all'art. 133, secondo  comma,  Cost.,  a  maggior  ragione  «per  una
consultazione per la quale non e' previsto un quorum  ai  fini  della
relativa validita'». 
    4.- Con atto depositato il 13 novembre 2018, il Comune di Fano si
e' costituito in giudizio per chiedere l'accoglimento della questione
di legittimita' costituzionale. 
    Alla luce  della  giurisprudenza  costituzionale  intervenuta  in
materia (vengono citate le sentenze n. 94 del 2000, n. 433 del 1995 e
n. 453 del  1989),  non  si  riscontrerebbero,  nel  caso  in  esame,
elementi dai quali desumere  con  sicurezza  che  il  distacco  della
frazione  di  Marotta  sia  «privo  di   ricadute   sugli   interessi
dell'intera popolazione dei due Comuni». Inoltre, «la selezione delle
popolazioni da chiamare al referendum  consultivo»  sarebbe  avvenuta
«in  termini  d'incontestabile   pressapochismo,   mettendo   insieme
"scampoli demografici" individuati in modo tutt'altro che  rigoroso».
In questa prospettiva,  sarebbe  ad  esempio  del  tutto  illogica  e
arbitraria  l'esclusione  dalla  consultazione   referendaria   degli
elettori  facenti  capo  ad  una  contigua  sezione  elettorale  pure
originariamente   contemplata    nell'ambito    della    «popolazione
interessata». 
    Non si tratterebbe di dati irrilevanti,  poiche'  il  referendum,
espressione del principio  di  autodeterminazione  delle  popolazioni
interessate (viene citata la sentenza n. 21 del 2018),  e'  strumento
in grado di «fornire al  legislatore  regionale  la  rappresentazione
della volonta' delle popolazioni interessate rispetto  alla  divisata
variazione territoriale». Soltanto se «perimetra fedelmente la platea
dei soggetti il cui avviso  e'  rilevante  ai  fini  della  decisione
finale», il referendum  potrebbe  fornire  al  legislatore  regionale
«elementi di valutazione realmente attendibili». 
    Secondo il Comune di Fano,  la  scelta  del  Consiglio  regionale
sarebbe stata adottata con la consapevolezza che - al fine di evitare
il ripetersi dell'esito della consultazione, svoltasi nel 1981  sulla
medesima variazione territoriale, che  vide  il  voto  contrario  del
77,84 per cento  di  tutti  i  residenti  dei  Comuni  interessati  -
soltanto circoscrivendo «artatamente il perimetro» delle  popolazioni
interessate, il referendum consultivo  poteva  dare  parere  positivo
all'inclusione della frazione Marotta nel Comune di Mondolfo. 
    Da ultimo, il Comune  di  Fano  evidenzia  come  il  procedimento
seguito dalla Regione Marche abbia determinato  anche  la  violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost. e che la mancanza della consultazione
popolare (viene citata la sentenza n. 36 del  2011),  cosi'  come  la
«consultazione viziata», si  traducono  in  un  vizio  procedimentale
della legge regionale che modifica  le  circoscrizioni  comunali  (si
evoca la sentenza n. 2 del 2018). 
    5.- Con atto depositato il 13 novembre 2018 si e'  costituita  in
giudizio la Regione Marche per chiedere che la  Corte  costituzionale
dichiari la manifesta inammissibilita'  e,  comunque,  l'infondatezza
della questione oggetto del giudizio. 
    La Regione Marche eccepisce  l'inammissibilita'  della  questione
per  diverse  ragioni:  in  primo  luogo,  essa  non  sarebbe   stata
individuata «in termini chiari,  precisi  e  autonomi».  Non  sarebbe
rispettato  il  principio  di  necessaria  autosufficienza  dell'atto
introduttivo del giudizio che, nel presente  caso,  vedrebbe  il  suo
oggetto «testualmente individuato solo per relationem  rispetto  agli
atti di causa del giudizio principale [...],  senza  che  il  Giudice
rimettente abbia in alcun modo preso autonoma posizione  sui  termini
della questione sollevata». 
    In secondo luogo, il Consiglio di Stato non  avrebbe  operato  lo
scrutinio circa la non manifesta infondatezza  della  questione,  con
cio'   sottraendosi   «agli   specifici   compiti    della    propria
giurisdizione» e, in diversi passaggi dell'ordinanza, avrebbe persino
inammissibilmente dichiarato di voler abdicare al proprio compito  di
operare un  tale  scrutinio.  In  ogni  caso,  non  avrebbe  spiegato
«perche' i criteri adottati in concreto dal Consiglio regionale delle
Marche nella delibera n. 87  del  2013  ai  fini  dell'individuazione
delle "popolazioni interessate" si  porrebbero  in  contrasto  con  i
parametri costituzionali invocati». 
    Inammissibile sarebbe poi la questione di legittimita'  sollevata
in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  per  la  completa  assenza   di
argomentazioni sul punto. 
    Infine,   la   Regione   Marche   evidenzia   come   le   carenze
dell'ordinanza di rimessione sarebbero particolarmente «rilevanti  in
relazione alle vicende» in esame, poiche' sono gia'  trascorsi  oltre
quattro anni dallo svolgimento  del  referendum  e  sono  stati  gia'
regolati consensualmente i rapporti conseguenti alla  modifica  delle
circoscrizioni comunali. Ancora, la  Regione  Marche  adombra,  quale
ulteriore ragione di inammissibilita', il possibile  esaurimento  del
potere di decidere sul punto da parte del giudice rimettente. 
    Nel merito, la  Regione  Marche  ricostruisce  la  giurisprudenza
costituzionale rilevante (si evocano le sentenze n. 47 del  2003,  n.
94 del 2000, n. 433 del 1995 e n. 453 del 1989) per evidenziare come,
nel caso in esame, sarebbero stati rispettati i criteri -  desumibili
proprio da tale giurisprudenza - in base ai quali  sarebbe  legittimo
individuare quali «popolazioni interessate» quote di popolazione  non
coincidenti  con  il  totale  delle  persone  residenti  nei   Comuni
coinvolti nella variazione. Cosi', la delibera consiliare n.  87  del
2013 sarebbe stata adottata dando «rilievo  agli  elementi  specifici
che il caso  di  specie  presentava»,  valutando  in  particolare  le
dimensioni,  l'autonomia  delle  comunita'  coinvolte,  gli   aspetti
socio-economici e l'effettivo utilizzo dei  servizi  da  parte  delle
diverse frazioni dei territori comunali. 
    In particolare, che la popolazione  di  Marotta  sia  «un  gruppo
sociologicamente distinto rispetto al Comune di Fano» si  desumerebbe
dal nome stesso della  frazione,  dalla  conformazione  territoriale,
dalla distanza e dalla concreta organizzazione e gestione dei servizi
comunali. Rileverebbero a tal proposito anche  il  rapporto  tra  gli
abitanti della frazione di Marotta (3.000) e  quelli  dei  Comuni  di
Fano (63.000) e Mondolfo (12.000), nonche' il rapporto tra l'ampiezza
del territorio oggetto  di  distacco  (1,53  chilometri  quadrati)  e
quello dei due Comuni interessati (121 chilometri quadrati  Fano;  23
chilometri quadrati Mondolfo). 
    In definitiva, non ci sarebbe  coincidenza  tra  le  "popolazioni
interessate" e gli  enti  formalmente  coinvolti  nella  procedura  e
neppure sarebbero  irragionevoli  i  criteri  con  cui  il  Consiglio
regionale ha individuato le popolazioni. 
    6.- Con atto depositato il 12 novembre 2018 si e'  costituito  in
giudizio il Comune di Mondolfo, per  chiedere  che  la  questione  di
legittimita'   costituzionale   «sia   dichiarata    (manifestamente)
inammissibile e, in subordine, (manifestamente) infondata». 
    Il Comune di Mondolfo eccepisce in primo luogo l'inammissibilita'
della questione  per  essersi  il  giudice  rimettente  sottratto  al
compito di valutare la non  manifesta  infondatezza  della  questione
stessa. Il giudice a quo  sarebbe  «caduto  in  un  grave  equivoco»,
limitandosi a sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale
senza svolgere il preliminare compito di  «filtro»  che  richiede  la
selezione delle questioni non manifestamente  infondate.  L'ordinanza
di rimessione, pertanto, farebbe «coincidere l'accertamento della non
manifesta infondatezza con l'accertamento del  merito  "pieno"  della
costituzionalita' o meno». 
    Una seconda ragione di inammissibilita' consisterebbe  nel  fatto
che «tutte le considerazioni del rimettente sulla scelta regionale di
spostare la frazione di Marotta dal Comune di Fano per ricongiungerla
al Comune di Mondolfo attengono al merito amministrativo, se non alla
pura e semplice opportunita'». Il giudice a quo non si sarebbe dunque
interessato  della  correttezza  o  meno  dell'identificazione  delle
popolazioni  interessate,  e  dunque  non  avrebbe  valutato  la  non
manifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale, ma avrebbe ragionato «come se stesse  esercitando  un
sindacato sulla legittimita' di un provvedimento amministrativo». 
    Evidenzia ancora il Comune di Mondolfo che, in diversi  passaggi,
l'ordinanza risulterebbe inammissibilmente motivata per relationem. 
    Da ultimo, il petitum della  questione  sarebbe  indeterminato  e
avrebbe natura perplessa, o  ancipite:  non  sarebbe  chiaro  se  «il
rimettente lamenti l'illegittima identificazione  delle  "popolazioni
interessate" ovvero, piu' radicalmente, l'illegittimita' di qualunque
delimitazione delle stesse, che conduca a consultare un gruppo minore
di quello costituito dall'intera popolazione dei Comuni coinvolti». 
    Nel merito, il Comune di Mondolfo segnala  come,  in  materia  di
«circoscrizioni  comunali»,  ascrivibile  alla  competenza  residuale
delle  Regioni,  queste  godrebbero   di   «un   certo   margine   di
discrezionalita'».    Dopo    aver    richiamato     i     precedenti
giurisprudenziali rilevanti (vengono evocate ancora le sentenze n. 47
del 2003, n. 94 del 2000 e n. 433 del 1995), il  Comune  di  Mondolfo
sostiene che «spetta alla Regione interessata  indicare  [...]  quali
siano le popolazioni effettivamente interessate  dalla  consultazione
[che]  potrebbe  essere  anche   limitata   alla   sola   popolazione
potenzialmente  oggetto  di  trasferimento  ad  altra  circoscrizione
comunale, purche' la Regione abbia adeguatamente motivato le  ragioni
che giustificano tale limitazione della platea dei residenti chiamati
ad esprimersi». 
    Secondo il Comune di Mondolfo, la delibera consiliare n.  87  del
2013 avrebbe ragionevolmente individuato le «popolazioni interessate»
e avrebbe altresi' fornito «indicazioni esaustive e inequivocabili in
ordine all'interesse a partecipare alla consultazione  referendaria».
In particolare, poiche' «la parte meridionale del Comune di  Fano  e'
costituita da una stretta striscia di territorio affacciata sul  mare
[e poiche'] la frazione di Marotta di Fano costituisce la parte  piu'
estrema di tale lembo, posta  a  ridosso  del  Comune  di  Mondolfo»,
sarebbe «piu' che ragionevole estendere la consultazione referendaria
alle popolazioni residenti nelle  zone  limitrofe  di  quella  fascia
costiera, mentre del tutto illogico sarebbe stato  coinvolgere  tutti
gli altri residenti del Comune di  Fano».  Inoltre,  la  frazione  di
Marotta e il Comune di Fano presenterebbero un tessuto sociale  e  un
assetto  economico-amministrativo   molto   diversi,   rappresentando
Marotta una parte del tutto trascurabile dello stesso Comune fanese. 
    L'adeguatezza dell'individuazione delle «popolazioni interessate»
sarebbe  poi  stata  confermata  ex  post  anche  dai  dati  relativi
all'affluenza alle urne del  referendum.  Mentre  nella  frazione  di
Marotta di Fano - i cui residenti erano direttamente  interessati  al
procedimento - l'affluenza si e' attestata su livelli piu' elevati di
quelli relativi alle precedenti elezioni  europee  e  amministrative,
«mano a mano che ci si allontana dalla frazione di  Marotta,  invece,
e' accaduto  il  contrario  e  l'affluenza  al  referendum  e'  stata
inferiore a quella alle elezioni». Secondo  il  Comune  di  Mondolfo,
«ove la consultazione fosse stata estesa  a  tutti  i  residenti  nel
Comune di Fano, l'affluenza sarebbe stata ancor piu'  bassa,  per  il
semplice fatto che tali popolazioni  non  nutrivano  alcun  interesse
concreto per le sorti della frazione che chiedeva il distacco». 
    La difesa del Comune di Mondolfo evidenzia ancora come, tra tutti
i soggetti istituzionali consultati, il solo Comune  di  Fano  avesse
sostenuto la necessita' della consultazione totalitaria dei cittadini
residenti nel Comune da cui avviene il distacco. 
    Infine, il Comune di Mondolfo segnala che gia' la relazione  alla
proposta di legge  popolare  che  ha  dato  il  via  al  procedimento
legislativo  avrebbe  dato  atto  della  sussistenza  di  «tutte   le
particolari ragioni necessarie a qualificare adeguata  e  ragionevole
l'individuazione delle "popolazioni interessate"  effettuata  con  la
Delibera n. 87 del 2013». 
    7.- Si e' altresi' costituito in giudizio, con atto depositato il
12  novembre  2018,  Vitali  Gabriele,  in  proprio  e  come   legale
rappresentante del Comitato Pro Marotta Unita  per  chiedere  che  la
questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata inammissibile
e, in subordine, infondata. 
    La parte segnala preliminarmente come la divisione amministrativa
di Marotta avrebbe creato, nel corso degli  anni,  numerosi  problemi
alla cittadinanza e come i tentativi di  unire  le  due  parti  della
frazione di  Marotta  siano  iniziati  gia'  dalla  fine  degli  anni
Cinquanta del secolo scorso. 
    In punto di diritto, viene eccepita la manifesta inammissibilita'
della questione per la completa assenza del «giudizio preliminare  di
non manifesta infondatezza». Altra  ragione  di  inammissibilita'  si
rinverrebbe  nell'«evidente  incertezza  del  petitum»:  non  sarebbe
chiaro «se il rimettente si  dolga  dell'illegittima  identificazione
delle popolazioni interessate» operata nel presente caso  oppure  se,
«piu'   radicalmente,   censuri   l'illegittimita'    di    qualunque
delimitazione della platea referendaria». 
    Nel merito, la questione sarebbe infondata perche' la delibera di
indizione del referendum consultivo, nella «ponderazione della scelta
restrittiva  del  corpo  elettorale»,  avrebbe  osservato  i   canoni
interpretativi individuati dalla  giurisprudenza  costituzionale  (si
citano le sentenze n. 94 del 2000 e n. 433 del 1995). In particolare,
rileverebbero «la limitatissima estensione di  Marotta  di  Fano  dal
punto  di  vista  demografico  e  territoriale  [...];  l'assenza  di
qualsiasi infrastruttura di rilievo per l'insieme del Comune di Fano;
l'estrema eccentricita'  di  Marotta  rispetto  al  capoluogo  [...];
l'essere Marotta una frazione gia' sociologicamente distinta da Fano,
amministrata per oltre l'80% dal Comune di  Mondolfo,  con  il  quale
costituisce invece un tutt'uno omogeneo [...]; l'assenza di qualsiasi
pericolo di smembramento per il territorio di Fano  [...];  l'assenza
di pregiudizio, sul piano dell'organizzazione e della  fruizione  dei
servizi, per la restante popolazione del Comune di Fano; le risalenti
esigenze di unificazione amministrativa». 
    I dati relativi all'affluenza al  referendum  confermerebbero  la
bonta' della scelta del  Consiglio  regionale,  considerando  che  le
sezioni piu' lontane dal centro di Marotta  hanno  visto  livelli  di
partecipazione molto bassa  rispetto  a  quelle  insistenti  su  zone
direttamente interessate dal mutamento territoriale. Inoltre, a oltre
cinque anni di distanza dall'avvenuta modifica  circoscrizionale,  il
Comune di Fano non avrebbe  dimostrato  il  verificarsi  del  benche'
minimo pregiudizio a suo danno. 
    8.- Con atto dell'11 giugno 2019, il Comune di Fano ha depositato
memoria  illustrativa  in  vista  dell'udienza  pubblica.  Replicando
all'eccepita  assenza   della   motivazione   sulla   non   manifesta
infondatezza,  la  difesa  sottolinea  che,  nella   seconda   parte,
l'ordinanza di rimessione chiarirebbe «le ragioni per le quali  [...]
difetterebbero presupposti tali da giustificare la deroga alla regola
generale della consultazione totalitaria delle popolazioni comunali»,
dando atto sia delle considerazioni di «ordine geografico», sia delle
ragioni  legate  al  bilancio  dell'ente  locale  che   impedirebbero
l'applicazione della deroga.  Quanto  all'eccepita  presenza  di  una
motivazione per relationem, secondo il Comune  di  Fano,  il  giudice
rimettente, pur in una «argomentazione sintetica»,  avrebbe  comunque
fatto  proprie,  condividendole,   le   eccezioni   di   legittimita'
costituzionale prospettate dalla parte ricorrente del giudizio a quo.
Non saremmo dunque in presenza  di  una  motivazione  per  relationem
(viene citata la sentenza n. 10 del 2015). 
    Inoltre, dall'intero testo dell'ordinanza si  ricaverebbero,  «al
di la' di ogni possibile incertezza», le ragioni della non  manifesta
infondatezza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
virtu'   di   un'argomentazione    fondata    sulla    giurisprudenza
costituzionale alla quale lo stesso giudice aderirebbe. 
    A margine, la difesa del Comune di Fano segnala come la  presente
vicenda sarebbe caratterizzata da  elementi  «di  unicita',  che  non
consentono di fare ricorso agli schemi consueti». D'altra parte, gia'
con  la  sentenza  non   definitiva   poi   annullata   dalla   Corte
costituzionale con la sentenza n. 2 del 2018, il Consiglio  di  Stato
avrebbe dato atto di ritenere che  l'atto  indittivo  del  referendum
fosse in contrasto con la Costituzione: sarebbe  pertanto  «difficile
sostenere che esso non riconosca la non manifesta infondatezza» della
presente questione. 
    Viene infine escluso che il petitum della questione  possa  avere
natura indeterminata e che, come adombrato nell'atto di  costituzione
in  giudizio  della  Regione  Marche,  possano  esserci  profili   di
inammissibilita' legati alla irrilevanza della questione. 
    Nel merito, il Comune di Fano si sofferma sulla tesi  prospettata
dal Comune  di  Mondolfo  volta  a  valorizzare  -  nel  senso  della
conformita' a Costituzione e della  ragionevolezza  della  scelta  di
circoscrivere la platea delle  «popolazioni  interessate»  -  i  dati
relativi  all'affluenza  che,  particolarmente  elevata  nelle   zone
direttamente interessate alla variazione territoriale,  e'  diventata
sempre piu' bassa nelle sezioni elettorali piu' lontane da tali zone.
Tale argomento proverebbe troppo. Sarebbe in primo  luogo  «tutto  da
dimostrare che la partecipazione  alla  consultazione  delle  sezioni
escluse sarebbe stata ancora piu' bassa». In secondo  luogo,  sarebbe
difficile desumere indicazioni univoche  da  tali  dati:  la  ridotta
partecipazione  potrebbe  ragionevolmente  essere   spiegata   «dalla
diffusa convinzione  che  il  campione  demografico  selezionato  dal
Consiglio regionale rendesse assolutamente prevedibile  il  risultato
favorevole al distacco. Con la conseguente sensazione, da parte degli
elettori  delle  sezioni  piu'  periferiche,  dell'inutilita'   della
propria partecipazione alla consultazione». 
    La consapevolezza di un esito della  consultazione  non  scontato
avrebbe invece potuto determinare maggiore partecipazione anche degli
elettori piu' lontani. Circostanza, questa,  che  sarebbe  dimostrata
dall'esito del referendum che si tenne nel giugno del 1981, al  quale
parteciparono il 59,1 per cento degli elettori del Comune di  Fano  e
l'81,29 per cento degli elettori del Comune di Mondolfo  e  che  vide
prevalere il  77,84  per  cento  dei  votanti  esprimersi  contro  la
variazione. Proprio l'esito di quel referendum,  ipotizza  la  difesa
del Comune di Fano, avrebbe «convinto la Regione a costruire un corpo
elettorale piu' compiacente rispetto al risultato divisato». 
    Ancora, il  Comune  di  Fano  evidenzia  come  la  pur  esistente
discrezionalita'    riconosciuta    alle    Regioni     in     merito
all'individuazione delle «popolazioni interessate» non puo'  tradursi
- come pure si desume dalla giurisprudenza costituzionale  -  in  una
forma di liberta' arbitraria e insindacabile. Da ultimo, precisa  che
la mancata consultazione delle  intere  popolazioni  dei  due  Comuni
toccati dalla variazione territoriale non possa essere in alcun  modo
surrogata e compensata dalla consultazione degli enti locali. 
    9.- Con memoria depositata l'11 giugno  2019  la  Regione  Marche
insiste affinche' la Corte dichiari la manifesta  inammissibilita'  e
comunque la manifesta infondatezza della questione. La  difesa  della
Regione  evidenzia  in  particolare  «l'interesse  principale   della
Regione Marche a  una  soluzione  definitiva  del  lungo  contenzioso
ancora in corso, che finalmente consenta di "consolidare" gli effetti
della legge regionale n. 15 del 2014» e segnala come i criteri con  i
quali   «sono   state   individuate   le   "ulteriori"    popolazioni
[interessate] sono il frutto di una lunga, approfondita e partecipata
istruttoria». 
    10.- Con memoria  depositata  l'11  giugno  2019,  il  Comune  di
Mondolfo, nel replicare alle argomentazioni  contenute  nell'atto  di
costituzione del Comune di Fano, insiste per l'inammissibilita' della
questione. 
    Nel  merito,  sostiene  che  le  deduzioni  del  Comune  di  Fano
confermerebbero la derogabilita' della regola del principio  generale
della consultazione di tutte le popolazioni dei Comuni coinvolti.  In
particolare, l'esclusione dei residenti della sezione  elettorale  n.
46  dalla  consultazione  referendaria  si  giustificherebbe  con  la
lontananza  dalla  «modestissima  porzione  di  territorio   comunale
oggetto di trasferimento». Gli abitanti delle  sezioni  piu'  lontane
non sarebbero  infatti  interessati  al  procedimento  di  variazione
territoriale e si sarebbero esclusi dalla consultazione  i  cittadini
facenti capo alle sezioni elettorali non collocate sulla costa. 
    Il Comune di Mondolfo,  ribadendo  la  piena  legittimita'  e  la
ragionevolezza  delle  scelte  effettuate  nell'individuazione  della
popolazione interessata,  segnala  come  tali  scelte  non  avrebbero
riservato alcun trattamento di favore nei  confronti  del  Comune  di
Mondolfo, perche' i residenti delle zone contigue  al  territorio  da
trasferire ammessi alla consultazione erano elettori  di  entrambi  i
Comuni   individuati   sulla   base    di    ragioni    sociali    ed
economico-amministrative  analiticamente  motivate   nella   delibera
consiliare  di  indizione  del  referendum  e  nella  relazione  alla
proposta di legge popolare. 
    11.- In data 11 giugno 2019 anche la difesa di  Vitali  Gabriele,
in proprio e  per  il  Comitato  Pro  Marotta  Unita,  ha  depositato
memoria,  sottolineando  come  il  mutamento  circoscrizionale  abbia
consentito di  «unificare  una  cittadina  gia'  esistente  come  una
entita'   urbana   a   se'   stante,   il    cui    territorio    era
incomprensibilmente diviso tra due  diverse  amministrazioni».  Dalla
giurisprudenza costituzionale emergerebbe il principio secondo cui il
mutamento circoscrizionale di cui all'art. 133, comma secondo, Cost.,
«non deve comportare il pericolo di  smembramento  dell'ente  locale,
per la sua integrita' territoriale, economica e sociale», circostanza
che nel caso in esame non si sarebbe verificata. 
    Quanto  all'individuazione  della  popolazione  interessata,   la
Regione Marche avrebbe compiuto una «approfondita  valutazione  della
situazione concreta di Marotta e delle sue molteplici  peculiarita'»:
frazione  del  tutto  eccentrica  rispetto   al   Comune   di   Fano,
caratterizzata da una «sua  precisa  soggettivita'»,  risalente  alla
seconda meta' del Cinquecento; con un dialetto identico a  quello  di
Mondolfo, ma diverso da quello del Comune  di  Fano;  con  tradizioni
sportive, culturali e  festive  peculiari  e  differenti  rispetto  a
quelle fanesi. Il territorio oggetto  della  variazione  territoriale
riguarderebbe «grandezze oggettivamente minuscole rispetto al  totale
del  Comune  di  Fano,  sia  dal  punto  di  vista  demografico   che
dell'estensione territoriale», il che testimonierebbe  «l'assenza  di
qualsiasi pericolo di smembramento, per il territorio del  Comune  di
Fano».  La  zona  trasferita   sarebbe   poi   priva   di   qualsiasi
infrastruttura, eccezion fatta per un edificio scolastico -  che  mai
sarebbe stato frequentato «nemmeno [da] uno studente  proveniente  da
Fano» - e una farmacia. La valutazione complessiva  di  tutti  questi
elementi, corrispondenti ai requisiti richiesti dalla  giurisprudenza
costituzionale per i casi di deroga della  consultazione  dell'intera
popolazione, renderebbe legittima la scelta del  Consiglio  regionale
marchigiano. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, sezione quinta, solleva  questioni  di
legittimita' costituzionale, in  riferimento  agli  artt.  3  e  133,
secondo comma, della Costituzione, della legge della  Regione  Marche
23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta dal  Comune
di Fano e incorporazione nel  Comune  di  Mondolfo.  Mutamento  delle
rispettive circoscrizioni comunali). 
    Il giudice a quo censura la legge reg. Marche n. 15 del  2014  in
quanto non la ritiene conforme alla giurisprudenza che  questa  Corte
ha sviluppato in relazione all'art. 133, secondo comma, Cost.,  e  in
particolare alla nozione di «popolazioni interessate»: quelle, cioe',
che devono essere  necessariamente  sentite  prima  dell'approvazione
della  legge  di  variazione  circoscrizionale,  o  meglio,  come  e'
avvenuto  nel  caso  di  specie,  nel  corso  del  procedimento   che
all'approvazione di tale legge conduce. 
    Il  giudice  a  quo  evidenzia,  in  particolare,  che  la  legge
regionale in esame e' stata approvata all'esito  di  un  procedimento
nel corso del quale il referendum consultivo - che, appunto, consente
alle  «popolazioni  interessate»  di  esprimersi  sulla  proposta  di
variazione delle circoscrizioni comunali - e' stato indetto chiamando
al voto i soli residenti nella frazione  oggetto  della  proposta  di
distacco e  quelli  residenti  nelle  zone  a  questa  immediatamente
contigue. A suo avviso, sarebbe stato invece  necessario,  alla  luce
degli artt. 133,  secondo  comma,  e  3  Cost.,  consultare  tutti  i
residenti  di  entrambi  i  Comuni  coinvolti  nel  procedimento   di
variazione circoscrizionale. 
    La rilevanza delle sollevate questioni,  osserva  il  rimettente,
dipende dalla ricostruzione che questa Corte  avrebbe  operato  nella
sentenza n. 2 del 2018, ove si sarebbe chiarito che il  sindacato  di
legittimita' sugli atti relativi al referendum consultivo,  spettante
al  giudice  amministrativo,  deve  essere  trasferito   al   giudice
costituzionale  una  volta   approvata   la   legge   di   variazione
circoscrizionale, poiche'  un  eventuale  vizio  di  quegli  atti  si
tradurrebbe, da quel momento in poi, in un vizio del procedimento  di
formazione di quest'ultima. Sicche', impugnata di fronte al Consiglio
di Stato la sentenza di primo  grado  che  ha  rigettato  le  censure
sollevate nei confronti degli  atti  del  procedimento  referendario,
l'esito del giudizio d'appello e' condizionato  dalla  pronuncia  che
questa Corte deve rendere  sulla  legittimita'  costituzionale  della
legge di variazione circoscrizionale. 
    2.-  In  via  preliminare,  va  rilevato   che   la   motivazione
dell'ordinanza di rimessione contiene  ampi  ed  espliciti  argomenti
relativi all'asserita lesione dell'art. 133, secondo comma, Cost. 
    Eccepisce la Regione Marche che la violazione dell'art. 3  Cost.,
prospettata nel dispositivo dell'ordinanza, non  troverebbe,  invece,
sufficienti  supporti  espressi  nella   motivazione   dell'ordinanza
stessa. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Nell'ordinanza, in verita', un  riferimento  al  parametro  della
ragionevolezza, e percio' all'art. 3  Cost.,  emerge  in  almeno  due
occasioni e viene sinteticamente  ma  consapevolmente  utilizzato  in
funzione valutativa dei criteri utilizzati dalla  delibera  regionale
per  selezionare  la  popolazione  interessata   alla   consultazione
referendaria in esame. Si afferma, in particolare, che  questa  Corte
dovra'   apprezzare   coerenza   e   proporzionalita',   e    percio'
ragionevolezza,  della  scelta  di  derogare  alla  «regola  generale
ricavabile dalla giurisprudenza  costituzionale»,  che  consisterebbe
nella «consultazione di tutti gli  elettori  dei  comuni  interessati
dalla variazione circoscrizionale». 
    Va  dunque  rigettata  la  richiesta  della  Regione  Marche   di
dichiarare la censura inammissibile per assenza di motivazione  sulla
non manifesta infondatezza. 
    3.- Sempre  in  via  preliminare,  devono  essere  affrontate  le
ulteriori  e  diverse  eccezioni  d'inammissibilita'  avanzate  dalla
Regione Marche, dal Comune di Mondolfo e dalla parte privata. 
    3.1.-   Le   tre   parti   del   giudizio   principale,   secondo
prospettazioni analoghe, ritengono in  primo  luogo  che  il  giudice
rimettente, investito dell'eccezione di  legittimita'  costituzionale
sollevata nel giudizio a quo dal Comune di Fano, avrebbe  devoluto  a
questa Corte lo stesso preliminare accertamento sulla  non  manifesta
infondatezza, senza dunque ottemperare all'obbligo  di  motivare  sul
punto. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Pur  caratterizzandosi  per  alcune  singolarita'   argomentative
(nonche' per alcune vere e proprie  inesattezze,  come,  ad  esempio,
l'affermazione che la semplice prospettazione, ad opera della  parte,
di  un'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  comporterebbe  il
sorgere, in capo al giudice, del  dovere  di  sollevare  la  relativa
questione), l'ordinanza di rimessione, complessivamente  considerata,
non manca di esporre le ragioni che inducono il rimettente a dubitare
che  il  presupposto   procedimentale   della   consultazione   delle
«popolazioni interessate»  previsto  dall'art.  133,  secondo  comma,
Cost.,  sia  stato  correttamente   rispettato,   alla   luce   della
giurisprudenza costituzionale  sul  punto  e  delle  allegazioni  del
Comune di Fano, che, come subito  si  dira',  vengono  esplicitamente
condivise. 
    3.2.- In secondo luogo, eccepiscono la Regione Marche e il Comune
di Mondolfo l'inammissibilita' della questione perche'  sostenuta  da
una motivazione per relationem a  quanto  contenuto  negli  atti  del
Comune di Fano. 
    Anche tale eccezione non e' fondata. 
    Pur non mancando nell'ordinanza passaggi contenenti  rinvii  alle
argomentazioni di una delle parti,  cioe'  del  Comune  di  Fano,  il
giudice a quo mostra con chiarezza di condividere e  far  proprie  le
censure sollevate da quest'ultimo. E la giurisprudenza costituzionale
afferma costantemente  che  quando  il  rimettente  rende  espliciti,
facendoli  propri,  i  motivi  della  non   manifesta   infondatezza,
l'ordinanza non puo' essere considerata motivata per  relationem  (ex
plurimis, sentenze n. 121 del 2019, n. 88 del 2018 e n. 35 del 2017). 
    3.3.- Infine, la Regione Marche, il Comune di Mondolfo e la parte
privata eccepiscono ulteriormente l'inammissibilita' delle  questioni
a causa  dell'asserita  indeterminatezza  del  petitum.  Non  sarebbe
chiaro, in particolare, se il  rimettente  censuri  l'identificazione
del gruppo di residenti da consultare quale effettuata, in concreto e
nella vicenda in esame, nella delibera del Consiglio regionale  delle
Marche, oppure se contesti in  generale  la  possibilita'  stessa  di
individuare, quali «popolazioni  interessate»,  gruppi  di  residenti
piu' ristretti rispetto all'intera popolazione dei Comuni coinvolti. 
    Nemmeno tale eccezione coglie nel segno. 
    Il giudice a quo ricorda, innanzitutto, che con la  sentenza  non
definitiva del 23 agosto 2016, n. 3678 (poi annullata da questa Corte
con la sentenza  n.  2  del  2018),  la  delibera  di  indizione  del
referendum consultivo era stata  ritenuta  illegittima  «perche'  non
sono stati chiamati ad esprimere il voto consultivo tutti i cittadini
residenti    nei    due    comuni    interessati    dalla    modifica
circoscrizionale». 
    Inoltre, il rimettente - mostrando cosi'  di  aderire  alla  tesi
avanzata, sul punto, dal Comune di  Fano  -  richiama,  quale  regola
generale a suo dire ricavabile dalla giurisprudenza di questa  Corte,
quella  secondo  cui  il  concetto   di   «popolazioni   interessate»
ricomprenderebbe, in principio e  salvo  casi  eccezionali,  tutti  i
residenti dei Comuni coinvolti. 
    Infine, e in via dirimente, si chiede se sia stato corretto che a
tale  principio  si  sia  derogato,  come  avvenuto  nel  corso   del
procedimento di formazione della legge regionale censurata. 
    Il   petitum   delle   sollevate   questioni   di    legittimita'
costituzionale e' percio' agevolmente individuabile  nella  richiesta
di  verificare  se  la  legge  reg.  Marche  n.  15  del   2014   sia
costituzionalmente illegittima in quanto  adottata  all'esito  di  un
procedimento nel corso del  quale  il  referendum  consultivo  -  che
consente alle «popolazioni interessate» di esprimersi sulla  proposta
di variazione  delle  circoscrizioni  comunali  -  e'  stato  indetto
chiamando al voto i  soli  residenti  nella  frazione  oggetto  della
proposta  di  distacco  e  quelli  residenti  nelle  zone   ad   essa
immediatamente  contigue,  anziche'  tutti  i  residenti  nei  Comuni
coinvolti nel procedimento di variazione circoscrizionale. 
    4.- Le questioni non sono fondate. 
    Nella  precedente  sentenza  n.  2  del  2018,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  e  il  conflitto  tra  enti,  da   essa
congiuntamente  decisi,  vertevano,  da   un   lato,   sul   rapporto
intercorrente tra il referendum consultivo e la  legge  regionale  di
variazione circoscrizionale e, dall'altro, sulla delimitazione  degli
ambiti  di   sindacato   spettanti,   rispettivamente,   al   giudice
amministrativo e  a  questa  Corte,  in  riferimento  agli  atti  del
complessivo  procedimento  che  conduce  all'approvazione  di  quella
legge. Le presenti  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  che
della sentenza n. 2 del 2018  costituiscono  il  "naturale"  seguito,
riguardano  invece,  direttamente,  il  significato  dell'espressione
«popolazioni interessate», contenuta nell'art.  133,  secondo  comma,
Cost.,  ai  sensi  del  quale  la  Regione,  appunto   sentite   tali
popolazioni, puo' con sue  leggi  istituire  nel  proprio  territorio
nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. 
    Una giurisprudenza costituzionale non sempre univoca  (come  gia'
riconosciuto nella sentenza n. 94 del 2000),  con  scelte  variamente
articolate in relazione ai singoli casi di specie, ha avuto  modo  di
pronunciarsi  su  un  concetto,  quello   appunto   di   «popolazioni
interessate», caratterizzato da un certo «polimorfismo» e soggetto  a
interpretazioni diverse a  seconda  del  procedimento  di  variazione
territoriale che viene concretamente in considerazione,  negli  artt.
132 e 133 Cost. (sentenza n. 278 del 2011). 
    Proprio in ragione della varieta' di forme in cui puo' emergere e
manifestarsi l'interesse di una popolazione ad essere  consultata  in
relazione a variazioni territoriali che la coinvolgano, e' necessario
precisare che, nella presente circostanza, la corretta determinazione
del  concetto  di   «popolazioni   interessate»   va   specificamente
rapportata a un caso di modifica delle circoscrizioni  comunali  (non
gia'  di  istituzione  di  un  nuovo  Comune  o  di  modifica   della
denominazione  originaria).  Va  inoltre  tenuto  presente   che   la
variazione  e'  proposta  in  un  ordinamento   regionale   che   non
stabilisce, in via generale e  preventiva,  criteri  e  direttive  da
applicare, nei casi concreti, per l'individuazione  dei  soggetti  da
chiamare alla consultazione in esame. 
    Sotto quest'ultimo profilo, infatti, l'art. 20,  comma  2,  della
legge della Regione Marche 5 aprile 1980, n. 18 (Norme sui referendum
previsti  dallo  Statuto),  si   limita   a   stabilire   che   «[l]a
deliberazione del Consiglio regionale deve indicare il quesito e  gli
elettori interessati». In tal modo, la  delimitazione  del  perimetro
degli elettori interessati non e'  affidata,  in  via  preventiva,  a
criteri legali di carattere generale, ma e' direttamente rimessa, con
decisione da assumere caso per caso, alla valutazione  del  Consiglio
regionale. 
    5.- Va innanzitutto sottoposta ad analisi critica l'affermazione,
dalla  quale  muove  il   rimettente,   secondo   cui   l'espressione
«popolazioni interessate» di cui all'art. 133, secondo  comma,  Cost.
ricomprenderebbe, in principio e salvo eccezionali deroghe,  tutti  i
residenti   nei   Comuni   coinvolti   dalla   specifica   variazione
circoscrizionale. 
    A supporto dell'assunto in discussione non sono per vero estranei
argomenti affermati da una giurisprudenza risalente di questa  stessa
Corte (in particolare, sentenza n. 433 del  1995),  esplicitamente  e
direttamente   riferiti   all'istituzione   di   un   nuovo    Comune
(«popolazioni interessate sono tanto quelle che verrebbero a dar vita
a un nuovo Comune, cosi' come quelle che  rimarrebbero  nella  parte,
per cosi'  dire,  "residua"  del  Comune  di  origine»),  e  tuttavia
analogicamente  ritenuti  applicabili  anche  ai   trasferimenti   di
popolazione da un Comune ad un altro, in conseguenza di modificazioni
di circoscrizioni territoriali. 
    Questa  asserita  «regola  generale»,   direttamente   ricavabile
dall'art. 133, secondo comma, Cost. - che esigerebbe,  salvo  deroghe
eccezionali, la consultazione di tutta la popolazione  del  Comune  o
dei Comuni le cui circoscrizioni devono  subire  modificazioni  -  e'
tuttavia stata oggetto di una  significativa  correzione  gia'  nella
sentenza n. 94 del 2000, maggiormente attenta ad argomenti  di  segno
testuale e sistematico, attraverso il confronto tra l'art. 133  Cost.
e quanto disposto nel precedente art. 132 Cost. 
    In tale sentenza, si sottolinea che l'art.  133,  secondo  comma,
Cost., in realta', non precisa quali siano, nelle differenti  ipotesi
di istituzione di nuovi Comuni o di modifica delle circoscrizioni  di
Comuni  esistenti,  le  «popolazioni   interessate»:   ma,   «essendo
l'interesse   che   fonda   l'obbligo   di   consultazione   riferito
direttamente alle popolazioni, e non agli enti  territoriali  (com'e'
del resto anche nell'art. 132, primo comma, a proposito della fusione
o creazione  di  Regioni),  si  puo'  escludere  che  l'ambito  della
consultazione debba necessariamente ed in ogni caso coincidere con la
totalita' della popolazione dei comuni  coinvolti  nella  variazione.
Puo' ben essere che la consultazione debba avere siffatta estensione,
ma non in forza di un vincolo costituzionale assoluto, bensi' per  la
sussistenza di un interesse  riferibile  all'intera  popolazione  dei
comuni». 
    L'assunto della sentenza  precedente  viene  quindi  integrato  e
modificato:  la  consultazione  dell'intera  popolazione  dei  Comuni
coinvolti non e' il principio, ma e'  l'eventuale  risultato  di  una
valutazione degli interessi esistenti nel caso di specie. L'art. 133,
secondo comma, Cost., non si riferisce, infatti, ne' ai Comuni  quali
enti esponenziali di  tutti  i  residenti,  ne'  alla  totalita'  dei
residenti stessi nei Comuni coinvolti dalla variazione, ma,  appunto,
alle «popolazioni interessate», affidando, percio', o al  legislatore
regionale, attraverso una legge che detti criteri generali, oppure al
competente organo regionale, caso  per  caso,  la  delimitazione  del
perimetro delle popolazioni da consultare nel singolo procedimento di
variazione. 
    Come mette  in  luce  la  giurisprudenza  successiva,  pur  senza
dimenticare il favor per il massimo  coinvolgimento  possibile  delle
popolazioni,  in   nome   del   principio   della   loro   necessaria
consultazione (da ultimo, sentenza n. 123 del 2019), risulta  insomma
maggiormente aderente al significato dell'art.  133,  secondo  comma,
Cost., la  rinuncia  a  una  definizione  predefinita  e  "fissa"  di
popolazioni interessate, necessariamente coincidente con la totalita'
dei residenti nei Comuni coinvolti dalla variazione. E ne  rispecchia
assai  meglio  la   ratio   l'idea   che   la   "perimetrazione",   o
delimitazione, dell'ambito degli elettori da consultare vada compiuta
sulla base di una valutazione,  guidata  o  meno  da  criteri  legali
preventivi, relativa alle  specifiche  esigenze  del  caso  concreto,
avendo  particolare  attenzione  agli  elementi  idonei   a   fondare
ragionevolmente una valutazione di sussistenza o insussistenza di  un
interesse  qualificato   a   essere   consultati   sulla   variazione
territoriale (sentenza n. 47 del 2003). 
    Tutto cio', sul  presupposto  che  il  concetto  di  «popolazioni
interessate» evoca  un  dato  variabile,  che  puo'  prescindere  dal
diretto coinvolgimento nella modifica, ricomprendendo anche gruppi di
residenti interessati ad essa in via mediata e indiretta (sentenze n.
278 del 2011 e n. 334 del 2004). 
    5.1.-  Non  sfugge  a  questa  Corte,  quanto  alla   complessiva
conformita' costituzionale della "perimetrazione" ora  in  esame,  la
differenza che puo' sussistere tra il caso in cui i  criteri  per  la
identificazione delle «popolazioni interessate»  siano  contenuti  in
legge, da quello in cui tale delimitazione risulti,  caso  per  caso,
dalla delibera dell'organo regionale competente. 
    Nel primo caso, la valutazione dell'organo regionale  risulta  ex
ante  contenuta  e  delimitata,  secondo  criteri  che   al   giudice
amministrativo consentono un immediato e  piu'  agevole  sindacato  e
che, peraltro, non si sottraggono  affatto  al  controllo  di  questa
Corte (proprio in quanto rigidamente prefissati a priori e non adatti
alle circostanze del caso di specie, criteri del  genere  sono  stati
dichiarati costituzionalmente illegittimi: sentenza n. 94 del  2000).
Nel secondo, invece, puo' piu'  chiaramente  profilarsi  il  rischio,
paventato nei  propri  atti  dal  Comune  di  Fano,  che,  attraverso
un'artata perimetrazione dell'ambito  delle  popolazioni  chiamate  a
esprimersi, il  risultato  del  referendum  venga  significativamente
orientato in partenza, secondo  tecniche  manipolatorie  dei  collegi
elettorali  che  potrebbero   addirittura   richiamare   l'esperienza
statunitense del cosiddetto gerrymandering. 
    L'assenza di preventivi criteri legali dovrebbe  cosi'  condurre,
questa sembra essere la tesi del Comune di  Fano,  a  confermare  per
altra via l'assunto di partenza dal quale  muove  lo  stesso  giudice
rimettente: per evitare abusi, parrebbe necessario (proprio in quanto
quei  criteri  difettino)  interpretare  l'espressione   «popolazioni
interessate»  di  cui  all'art.  133,  secondo  comma,   Cost.   come
equivalente  all'intera  popolazione  dei  Comuni   coinvolti   nella
variazione circoscrizionale. 
    Un tale assunto non puo' essere condiviso. 
    Ferma restando la  differente  situazione  in  cui  si  versa,  a
seconda che l'ordinamento regionale precostituisca in legge i criteri
per l'identificazione delle popolazioni da consultare, oppure  affidi
tale identificazione a decisioni caso per caso,  siffatta  differenza
non  ha  decisive  conseguenze  sulla  corretta  interpretazione  del
concetto di «popolazioni interessate» di cui  all'art.  133,  secondo
comma, Cost. La identificazione di tali popolazioni,  infatti,  resta
pur  sempre  affidata  alla  valutazione  discrezionale   dell'organo
regionale competente, piu' o meno ampia a seconda dei casi, e  sempre
soggetta a verifica del giudice amministrativo o di questa Corte. 
    6.- Venendo all'esame del caso di specie, e  all'applicazione  ad
esso  dei  principi  fin  qui  enucleati,  non  puo'  non  rilevarsi,
preliminarmente,  e  proprio  alla  luce  delle  considerazioni   che
immediatamente precedono, come il distacco della frazione di  Marotta
dal Comune di Fano e la sua incorporazione nel  Comune  di  Mondolfo,
disposta dalla  legge  reg.  Marche  n.  15  del  2014,  siano  stati
preceduti  da   vicende   che   riflettono   le   stesse   incertezze
giurisprudenziali,  prima  riportate,  nella  identificazione   delle
«popolazioni   interessate»   da    consultare    nelle    variazioni
circoscrizionali. 
    E' necessario ricordare che, prima dell'entrata in  vigore  della
legge reg. Marche n. 15 del 2014, la  maggior  parte  del  territorio
dell'abitato di Marotta apparteneva al comune di Mondolfo, mentre una
parte minoritaria di territorio  e  abitanti  della  stessa  frazione
(circa 2.700  persone,  collocate  su  un  territorio  di  circa  1,5
chilometri quadrati) erano invece amministrati dal Comune di Fano. 
    Fano e Mondolfo,  per  parte  loro,  sono  Comuni  diseguali  per
ampiezza territoriale e, soprattutto, per numero di residenti (63.000
circa a Fano, 12.000 circa a Mondolfo). 
    Caratterizzano  l'intera  vicenda  all'origine   della   presente
questione  di  legittimita'  costituzionale  risalenti  e  ricorrenti
spinte alla "unificazione" della frazione,  volte  a  ottenere,  come
infine disposto dalla legge in vigore,  l'incorporazione  dell'intero
abitato di Marotta nel Comune  di  Mondolfo.  Tali  spinte  risultano
costantemente contrastate da tenaci opposizioni del comune  di  Fano,
che non ha mai inteso accettare questo esito. 
    Un  primo  referendum  consultivo,  nel   1981,   viene   indetto
(nell'ambito del procedimento di formazione della relativa  legge  di
variazione circoscrizionale) chiamando al  voto  la  totalita'  delle
popolazioni  di  entrambi  i  Comuni,  Fano   e   Mondolfo,   secondo
l'interpretazione  allora   data   alla   nozione   di   «popolazioni
interessate» di cui all'art. 133, secondo comma, Cost. 
    Tale referendum fornisce esito nettamente negativo; cio' che  non
stupisce, stante il divario quantitativo di aventi  diritto  al  voto
residenti, rispettivamente, nei due Comuni. 
    Nel 2013, nell'ambito di un ulteriore procedimento di  formazione
di una legge regionale di variazione circoscrizionale, e' indetto  un
nuovo referendum (deliberazione del Consiglio regionale della Regione
Marche 15 gennaio 2013, n. 61),  ma  questa  volta  sono  chiamati  a
votare i soli residenti della frazione di Marotta  di  Fano,  secondo
un'interpretazione dell'art. 133, secondo  comma,  Cost.,  del  tutto
opposta rispetto a quella del 1981. 
    Sospesa dal giudice amministrativo l'esecuzione  degli  atti  del
procedimento referendario su ricorso del Comune di Fano, il Consiglio
regionale - con la  deliberazione  del  22  ottobre  2013,  n.  87  -
provvide  a  revocare  l'originaria  delibera  d'indizione  e  poi  a
rinnovarla, estendendo la consultazione anche  alle  popolazioni  che
risiedono  nelle  zone  immediatamente  contigue  al  territorio   di
Marotta:  secondo  una  lettura  intermedia,  se  cosi'  puo'  dirsi,
dell'art. 133, secondo comma, Cost. 
    Questa volta l'istanza cautelare presentata dal  Comune  di  Fano
viene respinta dal giudice amministrativo e il referendum  si  svolge
il 9 marzo 2014: rispetto a  quello  del  1981  l'esito  e'  opposto,
vedendo esprimersi a favore  del  distacco  il  67,3  per  cento  dei
votanti. 
    In base all'esito del referendum, il Consiglio regionale  approva
infine la legge reg.  Marche  n.  15  del  2014,  sancendo  cosi'  il
distacco della frazione di Marotta  dal  Comune  di  Fano  e  la  sua
incorporazione nel Comune di Mondolfo. 
    Le vicende sinteticamente illustrate devono essere esaminate alla
luce  degli  approdi  della  giurisprudenza   costituzionale,   quali
descritti supra (punto 5). 
    6.1.-  Senza  trascurare  il  necessario  favor  per  il  massimo
coinvolgimento possibile di tutte le popolazioni, si  tratta  percio'
di  verificare  se  la  delimitazione  dell'ambito  dei  soggetti  da
consultare sia stata compiuta sulla base di una valutazione  aderente
alle  specifiche  esigenze  del  caso  concreto,  avendo  particolare
attenzione  alla  identificazione  di  elementi  idonei   a   fondare
ragionevolmente  una  valutazione  di  sussistenza  o   insussistenza
dell'interesse qualificato alla variazione territoriale,  tenendo  in
conto che il concetto di  «popolazioni  interessate»  evoca  un  dato
variabile, che puo' ben prescindere dal diretto coinvolgimento  nella
variazione stessa, ricomprendendo gruppi di residenti interessati  ad
essa anche solo in via mediata e indiretta. 
    Ebbene, alla stregua di un tale criterio, la non  adeguatezza  di
un'interpretazione  che   imponga   il   coinvolgimento   dell'intera
popolazione dei due  Comuni  deriva  da  una  concomitante  serie  di
elementi. In primo luogo, dalla diseguale  ampiezza  dei  due  Comuni
coinvolti, Fano e Mondolfo,  e  dal  ben  diverso  numero  di  aventi
diritto al voto in essi  rispettivamente  residenti;  inoltre,  dalla
limitata estensione del territorio e  della  popolazione  interessati
direttamente dalla proposta di variazione (sentenza n. 433 del 1995);
ancora, dalla particolare conformazione della frazione da trasferire,
tutta costiera, molto piu' lontana dal centro di Fano che  da  quello
di Mondolfo, e, per cosi' dire,  geograficamente  collocata  in  modo
evidente nella direzione di quest'ultimo Comune. 
    Non estranea a questa  valutazione  e'  anche  la  necessita'  di
considerare non immeritevole di protezione, alla  luce  della  stessa
ratio dell'art. 133, secondo  comma,  Cost.,  la  peculiarita'  della
situazione della "comunita'" di Marotta - sulla  quale  insiste,  con
dovizia di notizie storiche e  culturali,  la  parte  privata  -  che
induce  ad  attribuire  a  tale  comunita'  una  certa  "peculiarita'
distintiva", ovvero a  reputarla  «fatto  sociologicamente  distinto»
(sentenza n. 433 del 1995), anche alla luce della lunga  controversia
affrontata in nome della "riunificazione" con Mondolfo. 
    D'altro canto, non  conforme  rispetto  al  testo  e  alla  ratio
dell'art.   133,   secondo   comma,    Cost.,    sarebbe    risultata
l'interpretazione opposta - pur adottata dal Consiglio regionale  con
la citata delibera n. 61 del 2013, ma poi modificata  a  seguito  del
giudizio amministrativo - volta a dar voce ai  soli  residenti  della
frazione da trasferire, secondo una lettura a sua volta  non  assente
(cio'  va  rilevato,   a   giustificazione   delle   incertezze   che
contraddistinguono   simili    vicende)    nella    piu'    risalente
giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 453 del 1989, che  in  un
caso di modifica  circoscrizionale  aveva  riferito  il  concetto  di
popolazione interessata «agli elettori [...] residenti nei  territori
da trasferire e non gia' [...] all'intera popolazione  residente  nei
due Comuni, cui non puo' riconoscersi un  interesse  qualificato  per
intervenire in procedimenti di variazione che  riguardano  parti  del
territorio  rispetto  al  quale  essa   non   abbia   alcun   diretto
collegamento»). 
    Rispetto  alle  due  piu'  radicali   e   contrapposte   visioni,
l'interpretazione accolta da  ultimo  dal  Consiglio  regionale,  che
chiama al voto alcune  parti  delle  popolazioni  residenti  nei  due
Comuni coinvolti - selezionandole  fra  quelle  contigue  all'abitato
oggetto  della  proposta  di  trasferimento,  sulla   base   di   una
valutazione  riferita  alla   presenza   di   alcune   infrastrutture
d'interesse  comune  per  la  relativa  popolazione  -  risulta   non
incompatibile rispetto alla lettura qui  accolta  delle  disposizioni
costituzionali invocate a parametro. 
    In  particolare,  la  gia'  citata  deliberazione  del  Consiglio
regionale  della  Regione  Marche  n.  87  del  2013   illustra   con
sufficiente analiticita'  i  criteri  che  hanno  condotto  a  questa
individuazione delle «popolazioni interessate». I residenti in queste
zone, si afferma, a differenza  di  tutti  gli  altri  residenti  nei
Comuni di Fano e Mondolfo, sono quelli piu'  facilmente  orientati  a
utilizzare alcune  infrastrutture  situate  nell'abitato  oggetto  di
variazione territoriale (una  farmacia  e  un  istituto  scolastico);
condividono con gli abitanti di  Mondolfo,  in  considerazione  della
prossimita' territoriale,  servizi  gia'  esistenti  sul  territorio;
hanno un diretto interesse a una amministrazione omogenea della  zona
costiera,  in  vista  di  una  uniforme  gestione  dei   servizi   di
accoglienza, balneari e turistici, necessari allo sviluppo  dell'area
in cui risiedono. 
    Da ultimo, non  puo'  essere  validamente  utilizzato,  in  senso
contrario alla scelta posta a base  della  consultazione  in  parola,
l'argomento fiscale, in ipotesi invocabile da tutti i  residenti  del
Comune di Fano. Sostiene, in particolare, la difesa  di  tale  Comune
che questi ultimi dovrebbero sopportare  le  conseguenze  determinate
dalla diminuzione delle entrate tributarie del Comune, derivante  dal
distacco della  frazione  di  Marotta,  con  conseguente  prevedibile
aggravio della pressione tributaria a loro diretto carico, risultando
percio' evidente il loro interesse a essere consultati. 
    L'argomento prova troppo. Ogni variazione territoriale produce un
numero  indeterminato  di  conseguenze,  e  queste  non  possono  non
estendersi allo stesso ambito tributario,  eventualmente  riguardando
anche il bilancio  dell'ente  comunale  che  la  variazione  subisce.
Peraltro, proprio con riferimento al  bilancio,  le  conseguenze  non
sono  necessariamente  univoche,  poiche'  la  variazione  ben   puo'
tradursi anche in  un  risparmio  di  spesa,  connesso  all'eventuale
diminuzione dei residenti o dei servizi da erogare loro. 
    Del resto, a ragionare diversamente, i  soggetti  da  coinvolgere
nelle consultazioni in questione sarebbero, sempre e necessariamente,
tutti i residenti nei Comuni coinvolti, cessando  in  principio  ogni
necessita'   di   individuare    specificamente    le    «popolazioni
interessate», come invece richiede l'art. 133, secondo comma, Cost.