ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 131-bis del
codice penale, inserito dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
16 marzo 2015,  n.  28,  recante  «Disposizioni  in  materia  di  non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto, a norma dell'articolo
1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67»,  promosso
dal Tribunale ordinario di Taranto nel procedimento penale  a  carico
di V. M. e altri, con ordinanza del 12 luglio 2019, iscritta al n. 25
del registro ordinanze 2020 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  il  Giudice  relatore  Stefano  Petitti  nella  camera  di
consiglio del 24 giugno 2020,  svolta  ai  sensi  del  decreto  della
Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 giugno 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 luglio 2019, il Tribunale  ordinario  di
Taranto, in  composizione  monocratica,  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  131-bis  del  codice  penale,
inserito dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015,
n. 28, recante  «Disposizioni  in  materia  di  non  punibilita'  per
particolare tenuita' del fatto, a norma  dell'articolo  1,  comma  1,
lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», in  riferimento  agli
artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. 
    La norma censurata violerebbe gli evocati parametri  nella  parte
in cui non consente l'applicazione della causa di non punibilita' per
particolare tenuita' del fatto al reato di ricettazione attenuata  da
particolare tenuita' previsto dall'art. 648, secondo comma, cod. pen. 
    2.- L'ordinanza di rimessione espone che nel giudizio  principale
V. M. e' imputato del reato di ricettazione attenuata da  particolare
tenuita' per avere egli, al fine di procurarsi un ingiusto  profitto,
acquistato o comunque ricevuto alcune confezioni di rasoi  e  lamette
da barba di provenienza furtiva. 
    L'istruttoria dibattimentale avrebbe  comprovato  la  particolare
tenuita' sia del danno subito dalla persona offesa dal furto che  del
lucro  conseguito  dall'imputato,  quest'ultimo,  peraltro,  soggetto
incensurato, si' da potersi intendere la sua condotta come del  tutto
occasionale. 
    Ricorrerebbero, quindi, tutti gli  estremi  della  causa  di  non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto  introdotta  dall'art.
131-bis cod. pen., la  cui  applicazione  sarebbe  tuttavia  impedita
dall'entita' della pena edittale della ricettazione attenuata, il cui
massimo di pena detentiva, pari a sei anni di reclusione,  eccede  il
limite applicativo  dell'esimente,  fissato  dal  primo  comma  dello
stesso art. 131-bis in cinque anni. 
    3.- Ad avviso del rimettente, l'assenza  di  minimo  edittale  di
pena detentiva per il reato di cui all'art. 648, secondo comma,  cod.
pen., e quindi l'operativita' del minimo assoluto di quindici  giorni
stabilito per la reclusione dall'art. 23,  primo  comma,  cod.  pen.,
indicherebbe che il legislatore «ha  formulato  in  riferimento  alle
meno offensive  fra  le  condotte  di  ricettazione  un  giudizio  di
scarsissimo disvalore». 
    Sarebbe quindi irragionevole, alla luce dell'art. 3 Cost., che la
causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis cod. pen. non  possa
trovare applicazione a queste ipotesi di reato, cosi' poco offensive,
«nel mentre, rispetto a condotte per le quali e' stato  formulato  un
giudizio di disvalore ben piu' severo, tale esimente ben possa essere
applicata». 
    Il  giudice  a  quo  porta  a  comparazione  i  reati  di  furto,
danneggiamento  e  truffa,  che  assume  lesivi  dello  stesso   bene
giuridico della  ricettazione,  i  quali  rientrano  nella  sfera  di
applicazione dell'esimente di  cui  all'art.  131-bis  cod.  pen.  in
ragione di un massimo edittale di  pena  detentiva  non  superiore  a
cinque anni e che tuttavia hanno una  pena  minima  di  sei  mesi  di
reclusione, «maggiore di ben dodici volte la pena minima prevista dal
codice penale in riferimento al delitto di ricettazione attenuata». 
    3.1.- L'irragionevole  esclusione  di  quest'ultimo  reato  dalla
sfera applicativa della causa di  non  punibilita'  violerebbe  anche
l'art. 27, terzo comma, Cost., «atteso che la  palese  disparita'  di
trattamento in parola e' idonea a frustrare le  esigenze  rieducative
correlate al trattamento sanzionatorio». 
    4.- Il Tribunale di Taranto ritiene di  sollevare  una  questione
non preclusa dalla sentenza n. 207 del  2017,  con  la  quale  questa
Corte  ha  dichiarato  infondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  131-bis  cod.  pen.,  allora  promosse  in
riferimento  agli  artt.  3,  13,  25  e   27   Cost.,   sempre   per
l'inapplicabilita' dell'esimente della particolare tenuita' del fatto
al delitto di ricettazione attenuata di  cui  all'art.  648,  secondo
comma, cod. pen. 
    Posto di voler «muovere  da  assunti  differenti»  rispetto  alle
pregresse questioni, l'odierno rimettente  precisa  che  non  intende
invero sindacare - come il precedente - l'opzione  discrezionale  del
legislatore circa il  limite  applicativo  del  massimo  edittale  di
cinque anni, quanto censurare l'irragionevolezza della disparita'  di
trattamento  nell'applicazione  dell'esimente,   quale   emerge   dal
confronto tra i minimi edittali di fattispecie omogenee. 
    Considerato che tale disparita'  di  trattamento  si  trova  gia'
stigmatizzata proprio nella sentenza n. 207 del 2017 e che il  monito
a porvi rimedio dalla  sentenza  stessa  rivolto  al  legislatore  e'
rimasto  inascoltato,  il  giudice  a  quo   invoca   un   intervento
«correttivo»  di  questa  Corte,  reso   viepiu'   necessario   dalla
conformazione edittale  della  pena  detentiva  per  la  ricettazione
attenuata, superiore nel  massimo  a  cinque  anni  di  reclusione  e
tuttavia pari nel minimo a soli quindici giorni. 
    5.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
chiesto dichiararsi le questioni inammissibili. 
    Si  tratterebbe  infatti  di  questioni  gia'  decise  nel  senso
dell'infondatezza dalla citata sentenza n. 207 del 2017, della  quale
resterebbe  intatta  la  ratio  dell'insindacabilita'  delle  opzioni
sanzionatorie discrezionalmente esercitate dal legislatore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Taranto ha sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  131-bis  del  codice  penale,
inserito dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015,
n. 28, recante  «Disposizioni  in  materia  di  non  punibilita'  per
particolare tenuita' del fatto, a norma  dell'articolo  1,  comma  1,
lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», in  riferimento  agli
artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. 
    La norma censurata violerebbe gli evocati parametri  nella  parte
in cui, limitando l'applicazione della causa di non  punibilita'  per
particolare tenuita' del fatto ai reati per i quali  e'  prevista  la
pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ne esclude il
reato di ricettazione attenuata da particolare tenuita', la cui  pena
detentiva massima e' pari invero a sei anni di  reclusione,  a  norma
dell'art. 648, secondo comma, cod. pen. 
    Poiche'  la  medesima  causa  di  non  punibilita'  e'  viceversa
applicabile, in ragione di un massimo edittale contenuto  nel  limite
dei cinque anni, a fattispecie delittuose omogenee alla  ricettazione
- quali furto, danneggiamento e truffa -  nonostante  queste  abbiano
una pena detentiva minima molto superiore a quella della ricettazione
attenuata, si determinerebbe una disparita' di trattamento  contraria
al principio di ragionevolezza e al finalismo rieducativo della pena,
giacche' l'applicazione dell'esimente contraddirebbe il  giudizio  di
disvalore insito nei minimi edittali. 
    2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   intervenuto
attraverso   l'Avvocatura   generale   dello   Stato,   ha   eccepito
l'inammissibilita' delle questioni, in quanto gia' decise  nel  senso
dell'infondatezza dalla sentenza di questa Corte  n.  207  del  2017,
trattandosi di insindacabili opzioni sanzionatorie del legislatore. 
    2.1.- L'eccezione e' infondata. 
    Per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, la
riproposizione di una questione gia' dichiarata  infondata,  pure  in
mancanza di argomenti nuovi, non determina  l'inammissibilita'  della
questione  reiterata,  bensi',   in   ipotesi,   la   sua   manifesta
infondatezza (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2020, n. 160 del 2019 e
n. 99 del 2017; ordinanze n. 96 del 2018, n. 162 del 2017  e  n.  290
del 2016). 
    Peraltro, l'odierno rimettente ha evidenziato alcuni profili  che
valgono a precisare le questioni da lui sollevate rispetto  a  quelle
decise dalla sentenza n. 207 del 2017,  sia  per  una  piu'  puntuale
selezione  dei  tertia   comparationis,   ispirata   a   criteri   di
omogeneita',  sia  per  l'identificazione  dell'oggetto  di   censura
nell'omessa previsione  di  un  minimo  edittale  rilevante  ai  fini
dell'applicazione   dell'esimente   piuttosto    che    nell'avvenuta
previsione del massimo edittale dei cinque anni. 
    3.- Nel merito, la questione sollevata con riferimento all'art. 3
Cost. e' fondata. 
    3.1.- Nel definire la particolare tenuita' del fatto  come  causa
di non punibilita', l'art. 131-bis  cod.  pen.  stabilisce  al  primo
comma che «[n]ei reati per i quali e' prevista la pena detentiva  non
superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria,  sola
o congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa quando, per
le modalita' della  condotta  e  per  l'esiguita'  del  danno  o  del
pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma,  l'offesa
e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale». 
    Ai  sensi  del  quarto  comma  del  medesimo  art.  131-bis,   la
determinazione della pena detentiva  prevista  nel  primo  comma,  di
regola insensibile alle circostanze del reato,  risente  tuttavia  di
quelle a  effetto  speciale,  a  tal  fine  neppure  suscettibili  di
bilanciamento; inoltre, per il quinto comma, «[l]a  disposizione  del
primo comma si applica anche quando la legge prevede  la  particolare
tenuita' del danno o del pericolo come circostanza attenuante». 
    3.1.1.- Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, tale  ultima
disposizione indica che  l'esistenza  di  un'attenuante,  di  cui  la
particolare  tenuita'  del  danno  o  del   pericolo   sia   elemento
costitutivo, di per se' non impedisce l'applicazione della  causa  di
non punibilita', ma neppure la comporta automaticamente (sentenza  n.
207 del 2017). 
    Cio' in quanto la  causa  di  non  punibilita'  di  cui  all'art.
131-bis cod. pen. richiede una valutazione complessiva  di  tutte  le
peculiarita' della fattispecie concreta, a norma dell'art. 133, primo
comma, cod. pen., incluse quindi le modalita'  della  condotta  e  il
grado della colpevolezza, e non  solo  dell'entita'  dell'aggressione
del bene giuridico  protetto  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite
penali, sentenza 6 aprile 2016, n. 13681). 
    3.2.-  Nel  definire  la  ricettazione  come  delitto  contro  il
patrimonio mediante frode, l'art. 648 cod. pen. stabilisce  al  primo
comma che, «[f]uori dei casi di concorso nel reato, chi, al  fine  di
procurare a se' o ad altri un profitto, acquista, riceve  od  occulta
denaro o cose provenienti da un  qualsiasi  delitto,  o  comunque  si
intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, e' punito con
la reclusione da due a otto anni e con la multa da euro  516  a  euro
10.329». 
    Ai sensi del secondo comma del medesimo art. 648, «[l]a  pena  e'
della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 516, se il
fatto e' di particolare tenuita'». 
    3.2.1.- La «particolare tenuita' del fatto» di cui all'art.  648,
secondo  comma,  cod.  pen.  integra   una   circostanza   attenuante
rientrante nel novero di quelle cosiddette indefinite o discrezionali
(ancora sentenza n. 207 del 2017). 
    E' acquisito invero che non si tratti  dell'elemento  costitutivo
di un reato autonomo rispetto alla ricettazione-base di cui  all'art.
648, primo comma, cod. pen., bensi'  di  una  circostanza  attenuante
speciale (tra le tante, Corte di cassazione, sezione seconda  penale,
sentenze 24 marzo 2017, n. 14767, 25 gennaio 2013, n. 4032, 26 maggio
2011, n. 21010, e 14 ottobre 2008, n. 38803). 
    3.3.- In linea astratta, dunque, per  effetto  del  quinto  comma
dell'art. 131-bis cod. pen., la particolare tenuita' del fatto  quale
attenuante della ricettazione, come definita dall'art.  648,  secondo
comma, cod. pen., potrebbe concorrere a integrare l'esimente  di  cui
al medesimo art. 131-bis, qualora, per le modalita' della condotta  e
per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art.
133, primo comma, cod. pen., l'offesa sia di particolare  tenuita'  e
il comportamento risulti non abituale. 
    3.3.1.- Viceversa, per effetto del quarto comma dell'art. 131-bis
cod. pen., che attribuisce rilevanza alle circostanze speciali  quoad
poenam, detta causa di non punibilita' non puo' trovare  applicazione
in rapporto alla ricettazione  attenuata  di  cui  al  secondo  comma
dell'art. 648 cod. pen., poiche' questo fissa un massimo edittale  di
pena detentiva pari a sei anni di  reclusione,  quindi  superiore  al
limite  di  cinque  anni  posto  dalla  norma  esimente   (Corte   di
cassazione, sezione seconda  penale,  sentenze  12  aprile  2019,  n.
16083, e 12 maggio 2017, n. 23419). 
    3.4.- Aggiunto dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 28  del  2015,
l'art. 131-bis cod. pen. segna il punto di arrivo  di  una  linea  di
sviluppo avviata dall'art. 27 del d.P.R. 22 settembre  1988,  n.  448
(Approvazione delle disposizioni sul  processo  penale  a  carico  di
imputati  minorenni),  e  proseguita   dall'art.   34   del   decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della  legge  24
novembre  1999,  n.  468),  i   quali   rispettivamente   contemplano
l'«irrilevanza  del  fatto»  quale  causa  di  improcedibilita'   nei
confronti dell'imputato minorenne  e  la  «particolare  tenuita'  del
fatto» quale causa di improcedibilita' per i reati di competenza  del
giudice di pace. 
    3.4.1.-  Nell'illustrare  gli  elementi  differenziali  fra  tali
istituti, pur nella loro comune ispirazione di fondo, questa Corte ha
rilevato che l'art. 131-bis cod. pen. «prevede una generale causa  di
esclusione  della  punibilita'  che  si  raccorda  con  l'altrettanto
generale  presupposto  dell'offensivita'  della  condotta,  requisito
indispensabile per la sanzionabilita' penale di qualsiasi condotta in
violazione di legge» (sentenza n. 120 del 2019). 
    Per delineare questa esimente generale, il legislatore  del  2015
ha «considerato i reati al di sotto di una soglia massima di gravita'
- quelli per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore  nel
massimo a cinque anni, nonche' quelli puniti con la pena  pecuniaria,
sola o congiunta alla predetta pena detentiva - e  ha  tracciato  una
linea di demarcazione trasversale per escludere la punibilita'  -  ma
non l'illiceita' penale - delle condotte che risultino, in  concreto,
avere un tasso di offensivita' marcatamente ridotto,  quando  appunto
l'"offesa e' di particolare tenuita'"» (ancora sentenza  n.  120  del
2019). 
    Si e' invero precisato che «il fatto particolarmente  lieve,  cui
fa riferimento  l'art.  131-bis  cod.  pen.,  e'  comunque  un  fatto
offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce  non
punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della  pena  e
agevolare la "rieducazione del  condannato",  sia  per  contenere  il
gravoso carico di contenzioso penale  gravante  sulla  giurisdizione»
(ordinanza n. 279 del 2017). 
    3.5.-   Per   costante    orientamento    della    giurisprudenza
costituzionale, le cause di non punibilita' costituiscono altrettante
deroghe a norme penali generali, sicche' la loro estensione  comporta
strutturalmente un giudizio di ponderazione a  soluzione  aperta  tra
ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che  sorreggono
la  norma  generale  e  quelle  che  viceversa  sorreggono  la  norma
derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore (ex
multis, sentenze n. 140 del 2009 e n. 8 del 1996). 
    Muovendo da tale premessa, questa Corte, nella  sentenza  n.  207
del 2017, ha  rilevato  che  la  scelta  del  legislatore  in  ordine
all'estensione della causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis
cod. pen. e' sindacabile soltanto per «manifesta irragionevolezza». 
    3.5.1.- Con la medesima sentenza, questa Corte ha dichiarato  non
fondate, in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost., le questioni
di legittimita' costituzionale dell'art.  131-bis  cod.  pen.,  nella
parte in cui non estende l'applicabilita'  dell'esimente  all'ipotesi
attenuata di cui all'art. 648, secondo comma, cod. pen.,  in  ragione
del massimo edittale di pena detentiva superiore ai cinque anni. 
    La declaratoria di infondatezza e'  stata  motivata  sia  con  un
rilievo di inidoneita' dei tertia comparationis elencati dal  giudice
a quo,  troppo  eterogenei  per  poter  fungere  da  modello  di  una
soluzione  costituzionalmente  obbligata,  sia  con   l'esigenza   di
salvaguardare  la  discrezionalita'  legislativa   espressasi   nella
posizione  del  limite  massimo  dei  cinque  anni,  «che  non   puo'
considerarsi, ne' irragionevole, ne' arbitrario», in quanto  «rientra
nella  logica  del  sistema  penale  che,   nell'adottare   soluzioni
diversificate, vengano presi  in  considerazione  determinati  limiti
edittali, indicativi dell'astratta gravita' dei reati». 
    3.5.2.-  La  sentenza  n.  207  del  2017  ha  tuttavia  rilevato
l'«anomalia» della comminatoria per la  ricettazione  di  particolare
tenuita', in ragione  dell'inconsueta  ampiezza  dell'intervallo  tra
minimo e massimo di pena detentiva (da quindici giorni a sei anni  di
reclusione), della larga  sovrapposizione  con  la  cornice  edittale
della fattispecie non attenuata (da due anni a  otto  anni),  nonche'
dell'asimmetria  scalare  tra  gli  estremi  del  compasso,  giacche'
«mentre il massimo  di  sei  anni,  rispetto  agli  otto  anni  della
fattispecie    non    attenuata,    costituisce    una    diminuzione
particolarmente contenuta (meno di un terzo), al contrario il  minimo
di quindici giorni,  rispetto  ai  due  anni  della  fattispecie  non
attenuata, costituisce una diminuzione enorme». 
    3.5.3.-  La  citata  sentenza  ha  osservato  che,  «se   si   fa
riferimento alla  pena  minima  di  quindici  giorni  di  reclusione,
prevista  per  la  ricettazione  di  particolare  tenuita',  non   e'
difficile immaginare casi concreti in cui rispetto a tale fattispecie
potrebbe operare utilmente la  causa  di  non  punibilita'  (impedita
dalla comminatoria di sei anni), specie se si considera che,  invece,
per reati (come, ad esempio, il furto o la truffa) che di tale  causa
consentono  l'applicazione,  e'  prevista   la   pena   minima,   non
particolarmente lieve, di sei mesi di  reclusione»,  cioe'  una  pena
che,  «secondo  la  valutazione  del  legislatore,  dovrebbe   essere
indicativa di  fatti  di  ben  maggiore  offensivita'»:  per  ovviare
all'incongruenza -  si  e'  aggiunto  -,  «oltre  alla  pena  massima
edittale, al di sopra della quale la causa  di  non  punibilita'  non
possa operare, potrebbe prevedersi anche una pena minima, al di sotto
della  quale  i  fatti  possano  comunque   essere   considerati   di
particolare tenuita'». 
    Astenutasi   dal   compiere   siffatto    intervento    additivo,
primariamente spettante  alla  discrezionalita'  legislativa,  questa
Corte ha ammonito il legislatore a farsene carico,  «per  evitare  il
protrarsi di trattamenti penali generalmente avvertiti come iniqui». 
    3.5.4.- Il legislatore non ha dato seguito  a  tale  monito,  pur
essendo recentemente intervenuto sul  testo  dell'art.  131-bis  cod.
pen.  per  aggiungere,  nel  secondo  comma,  un'ipotesi  tipica   di
esclusione della particolare tenuita', ove  si  proceda  per  delitti
puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e  sei  mesi  di
reclusione commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive
ovvero per violenza, minaccia, resistenza od oltraggio  commessi  nei
confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue  funzioni
(art. 16, comma 1, lettera b, del decreto-legge 14  giugno  2019,  n.
53, recante «Disposizioni urgenti in materia di  ordine  e  sicurezza
pubblica», convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto  2019,
n. 77). 
    Ed e' proprio la circostanza che il legislatore non abbia  sanato
l'evidente scostamento della  disposizione  censurata  dai  parametri
costituzionali che impone oggi a questa Corte di intervenire  con  il
diverso    strumento    della    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale. 
    3.6.- Come osservato nella sentenza n.  207  del  2017  circa  la
ricettazione attenuata, con  un  rilievo  che  puo'  essere  tuttavia
formulato in termini generali, la mancata  previsione  di  un  minimo
edittale di pena detentiva  -  e  quindi  l'operativita'  del  minimo
assoluto di quindici giorni stabilito per la reclusione dall'art. 23,
primo  comma,  cod.   pen.   -   richiama   per   necessita'   logica
l'eventualita' applicativa dell'esimente di particolare tenuita'  del
fatto. 
    D'altronde, nella giurisprudenza costituzionale sul principio  di
proporzionalita'  della  sanzione  penale,  il  minimo  assoluto  dei
quindici giorni di reclusione ha identificato il punto di  caduta  di
fattispecie delittuose talora espressive di una modesta  offensivita'
(sentenza n. 341 del 1994). 
    Nello specifico della comminatoria di cui all'art.  648,  secondo
comma, cod. pen., l'assoluta mitezza del minimo  edittale  rispecchia
una valutazione legislativa di scarsa offensivita' della ricettazione
attenuata,   «la   cui   configurabilita'   e'   riconosciuta   dalla
giurisprudenza comune solo per  le  ipotesi  di  rilevanza  criminosa
assolutamente modesta, talvolta al limite  della  contravvenzione  di
acquisto di cose di sospetta provenienza» (sentenza n. 105 del 2014). 
    In  linea  generale,  l'opzione  del  legislatore  di  consentire
l'irrogazione della  pena  detentiva  nella  misura  minima  assoluta
rivela inequivocabilmente che egli prevede  possano  rientrare  nella
sfera applicativa della norma  incriminatrice  anche  condotte  della
piu' tenue offensivita'. 
    Rispetto a queste ultime e' dunque  manifestamente  irragionevole
l'aprioristica  esclusione  dell'applicazione  dell'esimente  di  cui
all'art. 131-bis cod. pen., quale discende  da  un  massimo  edittale
superiore ai cinque anni di reclusione. 
    3.6.1.-  Il  carattere  generale  dell'esimente  di   particolare
tenuita' di cui all'art. 131-bis cod. pen. impedisce a  questa  Corte
di rinvenire nel sistema un ordine  di  grandezza  che  possa  essere
assunto a minimo edittale di pena detentiva sotto il quale l'esimente
stessa potrebbe applicarsi comunque, a prescindere cioe' dal  massimo
edittale. 
    La stessa pena minima di sei mesi di reclusione, prevista  per  i
reati menzionati dal giudice a quo come tertia  comparationis,  cioe'
furto, danneggiamento e truffa (artt. 624, primo  comma,  635,  primo
comma, e 640,  primo  comma,  cod.  pen.),  non  e'  generalizzabile,
neppure all'interno della categoria dei reati contro  il  patrimonio,
ove solo si consideri la poliedricita' del delitto di ricettazione. 
    Ben  potra'  il  legislatore,  nell'esercizio  della  sua   ampia
discrezionalita'  in  tema  di  estensione   delle   cause   di   non
punibilita', fissare un minimo relativo di portata  generale,  al  di
sotto del quale l'applicazione dell'esimente di cui all'art.  131-bis
cod. pen. non  potrebbe  essere  preclusa  dall'entita'  del  massimo
edittale. 
    Qui deve  tuttavia  censurarsi,  alla  luce  dell'art.  3  Cost.,
l'intrinseca  irragionevolezza  della  preclusione  dell'applicazione
dell'esimente di cui all'art. 131-bis cod. pen. per i reati - come la
ricettazione di particolare tenuita' -  che  lo  stesso  legislatore,
attraverso l'omessa previsione di un minimo di pena  detentiva  e  la
conseguente operativita' del minimo  assoluto  di  cui  all'art.  23,
primo comma, cod.  pen.,  ha  mostrato  di  valutare  in  termini  di
potenziale minima offensivita'. 
    3.6.2.-  La   declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art.  131-bis  cod.  pen.,  nella  parte  in  cui  non  consente
l'applicazione  della  causa  di  non  punibilita'  per   particolare
tenuita' del fatto ai reati per i quali non  e'  previsto  un  minimo
edittale di pena  detentiva,  lascia  intatti,  ovviamente,  tutti  i
requisiti  applicativi  dell'esimente  che  prescindono  dall'entita'
edittale della pena. 
    Pertanto, anche nell'ipotesi di ricettazione  attenuata  ex  art.
648, secondo comma, cod. pen., e in ogni altra ipotesi di reato privo
di un minimo edittale di pena detentiva, l'esimente non potra' essere
riconosciuta quando la valutazione giudiziale di  cui  all'art.  133,
primo comma, cod. pen. sia negativa  per  l'autore  del  fatto  o  la
condotta di questi risulti abituale ovvero,  ancora,  quando  ricorra
una fattispecie tipica  di  non  tenuita'  tra  quelle  elencate  dal
secondo comma dell'art. 131-bis cod. pen. 
    4.- Deve essere quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 131-bis cod. pen., per violazione dell'art. 3 Cost.,  nella
parte  in  cui  non  consente  l'applicazione  della  causa  di   non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto ai reati per  i  quali
non e' previsto un minimo edittale di pena detentiva. 
    4.1.- Resta  assorbita  la  questione  sollevata  in  riferimento
all'art. 27, terzo comma, Cost.