ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4,
del decreto legislativo 4 marzo 2015,  n.  22  (Disposizioni  per  il
riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso
di disoccupazione involontaria e  di  ricollocazione  dei  lavoratori
disoccupati, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,  n.  183),
promosso dal Tribunale  ordinario  di  Trento,  sezione  lavoro,  nel
procedimento  vertente  tra  A.  G.  e  l'Istituto  nazionale   della
previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 1° giugno 2020, iscritta
al n. 186 del registro ordinanze 2020  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 53,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2020. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del  21  settembre  2021  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi l'avvocato Vincenzo Stumpo per l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato  Giammario  Rocchitta  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 settembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 1° giugno 2020 (reg. ord. n. 186 del 2020),
il Tribunale  ordinario  di  Trento,  sezione  lavoro,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8,  comma  4,  del
decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (Disposizioni per il riordino
della normativa in materia  di  ammortizzatori  sociali  in  caso  di
disoccupazione  involontaria  e  di  ricollocazione  dei   lavoratori
disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183),  in
riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. 
    Il giudice rimettente premette che il ricorrente  aveva  maturato
il diritto  all'erogazione  della  Nuova  assicurazione  sociale  per
l'impiego (d'ora in avanti: NASpI) per  728  giorni  e,  dopo  averne
fruito per 202 giorni, per il periodo successivo ne aveva  chiesto  e
ottenuto  la  liquidazione  anticipata  in  unica  soluzione,   quale
incentivo all'autoimprenditorialita' ai sensi dell'art. 8,  comma  1,
del d.lgs. n.  22  del  2015.  Tuttavia  lo  stesso  ricorrente,  pur
continuando ad esercitare l'attivita' di impresa avviata con la somma
erogata dall'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS),
aveva, tra il 22 ed il 25 maggio  2017,  instaurato  un  rapporto  di
lavoro subordinato con un'altra societa', percependo una retribuzione
complessiva di euro 249,05. Pertanto  l'Istituto,  con  nota  del  30
gennaio 2018, aveva disposto la restituzione integrale degli  importi
liquidati in via anticipata in applicazione  dell'art.  8,  comma  4,
dello stesso d.lgs. n. 22 del 2015, secondo cui «[i]l lavoratore  che
instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della  scadenza  del
periodo per cui e'  riconosciuta  la  liquidazione  anticipata  della
NASpI e' tenuto a restituire per intero l'anticipazione ottenuta». 
    A  fronte  della  richiesta   dell'Istituto   previdenziale,   il
lavoratore aveva adito il Tribunale di Trento al fine di accertare il
proprio diritto alla conservazione integrale dell'incentivo. 
    Il giudice a quo osserva, in punto di rilevanza, che,  stante  il
chiaro tenore letterale del predetto art. 8, comma 4, del  d.lgs.  n.
22 del 2015, la domanda del ricorrente dovrebbe essere rigettata,  in
quanto la norma ha disciplinato le conseguenze dell'instaurazione  di
un rapporto di lavoro subordinato prima della  scadenza  del  periodo
nel quale e' riconosciuta  la  liquidazione  anticipata  dalla  NASpI
senza considerare ne' l'esiguita' della durata del rapporto  e  della
retribuzione percepita, ne' l'effettiva  incidenza  impediente  dello
stesso  rispetto  all'esercizio  dell'attivita'  di  impresa  avviata
grazie alla liquidazione dell'indennita' in unica soluzione. 
    Secondo     il     giudice     rimettente      un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  non  sarebbe  percorribile  ai   sensi
dell'art. 9 dello stesso  d.lgs.  n.  22  del  2015  che,  in  alcune
ipotesi, ha riconosciuto la  compatibilita'  della  percezione  della
NASpI con l'instaurazione di un rapporto di  lavoro  subordinato,  in
quanto tale norma si riferisce alla diversa  situazione  nella  quale
l'indennita' e' erogata periodicamente. 
    Ai fini di un'interpretazione costituzionalmente conforme neppure
potrebbe assumere rilievo l'art. 54-bis del decreto-legge  24  aprile
2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria,  iniziative
a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi  per  le  zone
colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito,  con
modificazioni, nella legge 21 giugno  2017,  n.  96,  secondo  cui  i
compensi percepiti per lo svolgimento delle  prestazioni  occasionali
ivi disciplinate non incidono sullo stato di disoccupazione di  colui
che le ha eseguite, fattispecie  riguardante  anch'essa  l'erogazione
periodica della NASpI e comunque rapporti di lavoro "accessori" e non
di carattere subordinato. 
    Infine, ad  avviso  del  giudice  rimettente,  per  pervenire  ad
un'interpretazione costituzionalmente orientata,  neppure  potrebbero
essere applicati in via analogica i  principi  espressi  dalle  norme
sopra  richiamate,  e  cio'  in  virtu'  della  chiara   formulazione
letterale del censurato comma 4 dell'art. 8 del d.lgs. n. 22 del 2015
in ordine  all'obbligo  di  restituzione  integrale  del  trattamento
erogato in via anticipata da parte del beneficiario che  instauri  un
rapporto di lavoro subordinato. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il  Tribunale  di  Trento
assume che la disposizione censurata, laddove impone la  restituzione
integrale del contributo erogato in via anticipata anche quando, come
nella fattispecie considerata, per la limitata durata del rapporto di
lavoro subordinato instaurato non  sia  stata  compromessa  la  ratio
dell'incentivo  per  essere  proseguita  l'attivita'  autonoma  o  di
impresa avviata grazie allo stesso, potrebbe porsi in  contrasto  con
il principio di "razionalita'" ritraibile dall'art. 3,  primo  comma,
Cost. 
    Secondo la prospettazione del giudice rimettente, in particolare,
l'obbligo  di  restituzione  per  intero,  contemplato  dal  comma  4
dell'art. 8  del  d.lgs.  n.  22  del  2015,  sarebbe  sproporzionato
rispetto al pur legittimo obiettivo  perseguito  dal  legislatore  di
evitare che l'incentivo all'autoimprenditorialita'  venga  utilizzato
per finalita' diverse  rispetto  a  quella  di  favorire  l'avvio  di
attivita' autonome e finirebbe con l'assumere, di  qui,  i  connotati
propri   di   una   sanzione   eccessiva,   irrogata   senza    alcun
contraddittorio anticipato e non sindacabile in sede  giurisdizionale
sul piano della proporzionalita'. 
    2.- Con atto depositato in data 14 gennaio  2021,  l'INPS  si  e'
costituito nel giudizio di legittimita' costituzionale e  ha  dedotto
in via preliminare l'inammissibilita' della questione per  erronea  e
incompleta ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale  di
riferimento, in quanto il giudice a quo non  si  sarebbe  confrontato
con le pronunce della Corte di cassazione in tema  di  indennita'  di
mobilita' anticipata di cui all'art.  7,  comma  5,  della  legge  23
luglio  1991,  n.  223  (Norme  in  materia  di  cassa  integrazione,
mobilita', trattamenti di  disoccupazione,  attuazione  di  direttive
della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed  altre  disposizioni
in materia di mercato  del  lavoro).  Tale  confronto  sarebbe  stato
necessario,  in  quanto  l'istituto  dell'indennita'   di   mobilita'
anticipata, pur abrogato dall'art. 2, comma  71,  lettera  b),  della
legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di  riforma  del
mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), corrisponde tanto
alla  cosiddetta   assicurazione   sociale   per   l'impiego   (ASpI)
anticipata, regolata dall'art. 2, comma 19, della stessa legge n.  92
del 2012, quanto alla cosiddetta NASpI anticipata di cui all'art.  8,
commi 1 e 4, del d.lgs. n. 22 del 2015. 
    Nel merito, l'INPS ha dedotto la non fondatezza  della  questione
di legittimita' costituzionale, sottolineando che la norma  censurata
e' funzionale allo scopo dell'incentivo all'autoimprenditorialita' di
indirizzare il piu' possibile il disoccupato verso attivita' autonome
per ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato. 
    Peraltro, il contemperamento con  l'esigenza  del  lavoratore  di
tornare nell'area del lavoro subordinato dopo aver seriamente cercato
di   intraprendere,   senza   successo,   un'attivita'   autonoma   o
imprenditoriale  e'  stato  realizzato   dallo   stesso   legislatore
ordinario, individuando come periodo di riferimento quello per cui e'
riconosciuta la liquidazione anticipata della NASpI, oltre  il  quale
la stessa non deve essere restituita. 
    Secondo la prospettazione dell'Istituto non potrebbe  attribuirsi
carattere  sanzionatorio  al  dovere  del  lavoratore  di  restituire
integralmente la somma erogata, ove incardini  un  lavoro  dipendente
prima del decorso di tale periodo, trattandosi di un effetto naturale
e corrispondente allo scopo della norma, collegato a un comportamento
lecito, senza che possa avere alcuna  incidenza  la  circostanza,  di
mero  fatto  e  quindi  ininfluente  nel  giudizio  di   legittimita'
costituzionale, relativa all'effettiva durata del lavoro  subordinato
svolto. 
    3.- Con atto del 19 gennaio 2021, e' intervenuto in  giudizio  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  dichiararsi   la
questione inammissibile o, comunque, non fondata nel merito. 
    L'Avvocatura,  in  particolare,  assume  in   via   pregiudiziale
l'inammissibilita' della questione perche' l'ordinanza di  rimessione
mirerebbe ad introdurre un precetto vago, non connotato da precisione
e tassativita', che imporrebbe una  valutazione  all'INPS,  caso  per
caso, tanto  sull'esiguita'  della  durata  del  rapporto  di  lavoro
subordinato,  quanto  sull'incidenza  dello   stesso   sull'effettiva
continuita' del lavoro autonomo o di impresa, ai fini della decisione
sull'an e sul quantum della restituzione. 
    Sempre sul  piano  dell'ammissibilita',  la  difesa  dello  Stato
rileva che il giudice rimettente ha evocato la violazione dell'art. 3
Cost., senza argomentare adeguatamente a riguardo  (viene  citata  la
sentenza di questa Corte n. 120 del 2015). 
    Nel  merito,  l'Avvocatura  deduce  la   non   fondatezza   della
questione, in quanto la norma censurata e' funzionale  ad  assicurare
gli obiettivi dell'incentivo all'autoimprenditorialita'  e  individua
essa stessa il periodo  di  tempo  ragionevolmente  indicativo  della
serieta' del tentativo di intraprendere l'attivita'  autonoma,  oltre
il quale l'anticipazione non deve essere restituita.  Peraltro,  come
affermato  ripetutamente  dalla  Corte  di  cassazione  con  riguardo
all'anticipazione dell'indennita' di  mobilita'  di  cui  all'art.  7
della legge n. 223 del 1991,  l'incentivo  all'autoimprenditorialita'
non  ha  i  connotati  di  una  prestazione  di  sicurezza   sociale,
trattandosi di un contributo finanziario volto a sopperire alle spese
iniziali di un'attivita' che il lavoratore  in  mobilita'  svolge  in
proprio e che, in caso di rioccupazione alle  altrui  dipendenze,  e'
tenuto a restituire. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di  Trento,  sezione  lavoro,  con
ordinanza del 1°  giugno  2020  (reg.  ord.  n.  186  del  2020),  ha
sollevato,  in   riferimento   all'art.   3,   primo   comma,   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,
comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015,  n.  22  (Disposizioni
per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori  sociali
in caso  di  disoccupazione  involontaria  e  di  ricollocazione  dei
lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,
n. 183), che prevede che «[i]l lavoratore che instaura un rapporto di
lavoro subordinato prima  della  scadenza  del  periodo  per  cui  e'
riconosciuta la liquidazione  anticipata  della  NASpI  e'  tenuto  a
restituire per intero l'anticipazione ottenuta». 
    Il giudice rimettente premette che il ricorrente  aveva  maturato
il diritto  all'erogazione  della  Nuova  assicurazione  sociale  per
l'impiego (d'ora in avanti: NASpI) per  728  giorni  e,  dopo  averne
beneficiato per 202  giorni,  per  il  periodo  successivo  ne  aveva
chiesto e ottenuto la liquidazione  anticipata  in  unica  soluzione,
quale incentivo  all'autoimprenditorialita'  ai  sensi  dell'art.  8,
comma 1, del d.lgs. n. 22 del 2015. Tuttavia  lo  stesso  ricorrente,
pur continuando ad esercitare l'attivita' avviata, aveva  costituito,
tra il 22  ed  il  25  maggio  2017,  un  breve  rapporto  di  lavoro
subordinato  con  un'altra  societa',  percependo  una   retribuzione
complessiva di euro 249,05. Per tale  ragione,  l'Istituto  nazionale
della previdenza sociale (INPS), con nota del 30 gennaio 2018,  aveva
disposto la restituzione integrale degli  importi  liquidati  in  via
anticipata in applicazione della norma censurata. 
    Il giudice a quo, esclusa la possibilita'  di  un'interpretazione
costituzionalmente orientata mediante l'applicazione in via diretta o
analogica di altre disposizioni dettate in materia, stante la  chiara
formulazione letterale del comma 4 del predetto art. 8 del d.lgs.  n.
22  del  2015,  ne  assume  il  contrasto   con   il   principio   di
"razionalita'" ritraibile dall'art. 3, primo comma, Cost., in  quanto
impone al  lavoratore  la  restituzione  per  intero  del  contributo
corrisposto in via anticipata anche nell'ipotesi in cui,  come  nella
fattispecie considerata, per  la  limitata  durata  del  rapporto  di
lavoro subordinato instaurato  non  sia  stato  vanificato  lo  scopo
dell'incentivo, per  essere  proseguita  l'attivita'  autonoma  o  di
impresa avviata in forza dello stesso. 
    Sottolinea, inoltre, il Tribunale di Trento che tale  obbligo  di
integrale  restituzione  sarebbe  sproporzionato  rispetto   al   pur
legittimo obiettivo perseguito dal  legislatore  di  evitare  che  la
somma anticipata venga utilizzata per finalita'  diverse  rispetto  a
quella di favorire l'avvio  di  attivita'  autonome  e  costituirebbe
dunque una sanzione, irrogata senza alcun contraddittorio  anticipato
e  non  sindacabile  in  sede   giurisdizionale   sul   piano   della
proporzionalita'. 
    2.- La questione di legittimita'  costituzionale  e'  ammissibile
sotto il profilo della rilevanza. 
    Nel giudizio principale  il  ricorrente  -  al  quale  l'INPS  ha
riconosciuto ed  erogato  la  NASpI  periodica  per  circa  sei  mesi
sussistendo i requisiti  di  contribuzione  e  il  presupposto  della
disoccupazione involontaria  in  cui  il  lavoratore  ricorrente  era
venuto a trovarsi - ha esercitato un'azione di accertamento  negativo
della pretesa  dell'Istituto  alla  restituzione  della  liquidazione
anticipata  dell'ulteriore  trattamento  di  NASpI,  al  quale  aveva
diritto (per circa 18 mesi e  ammontante  a  euro  14.761,52),  quale
incentivo all'autoimprenditorialita' ai sensi dell'art. 8,  comma  1,
del d.lgs. n. 22 del 2015. L'INPS assumeva che,  dopo  l'attribuzione
di tale incentivo, il lavoratore  aveva  costituito  un  rapporto  di
lavoro subordinato della  durata  di  soli  quattro  giorni  con  una
retribuzione di euro 249,05 e, in conseguenza di cio', faceva  valere
l'obbligo restitutorio previsto dal comma 4 dello stesso art. 8. 
    Il  giudice  rimettente  sussume  tale  attivita'  lavorativa  di
brevissima durata nella fattispecie del lavoro subordinato escludendo
che possa essere qualificabile come lavoro occasionale  e,  pertanto,
si interroga sulla legittimita' costituzionale del predetto  art.  8,
comma 4, che fa riferimento  all'instaurazione  di  un  «rapporto  di
lavoro subordinato», laddove invece per il contratto  di  prestazione
occasionale l'art. 54-bis del decreto-legge 24  aprile  2017,  n.  50
(Disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite  da
eventi  sismici  e  misure  per   lo   sviluppo),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 21 giugno  2017,  n.  96,  prevede  che  i
compensi percepiti dal prestatore  non  incidono  sul  suo  stato  di
disoccupato. 
    Tanto e' sufficiente ai fini della rilevanza della  questione  di
legittimita' costituzionale poiche' compete al giudice rimettente  la
qualificazione della fattispecie portata al suo  esame  nel  giudizio
principale, atteso che il  relativo  sindacato  di  questa  Corte  ha
carattere  «esterno»,  si  arresta  cioe'  alla  soglia   della   non
implausibilita' della motivazione dell'ordinanza  di  rimessione  (ex
plurimis, sentenze n. 183, n. 59, n. 32, n. 22 e n. 15 del  2021,  n.
267 e n. 32 del 2020; ordinanze n. 117 del 2017 e n. 47 del 2016). 
    3.- Quanto ancora al profilo dell'ammissibilita' della questione,
occorre  esaminare  le  eccezioni  pregiudiziali  dell'INPS   e   del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    3.1.- In primo luogo, l'INPS ha assunto un'erronea  e  incompleta
ricostruzione   del   quadro   normativo   e   giurisprudenziale   di
riferimento,  da  parte  del  giudice  rimettente,  per  non  essersi
quest'ultimo confrontato con le pronunce della  Corte  di  cassazione
che hanno riguardato l'indennita'  di  mobilita'  anticipata  di  cui
all'art. 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991,  n.  223  (Norme  in
materia   di   cassa   integrazione,   mobilita',   trattamenti    di
disoccupazione, attuazione  di  direttive  della  Comunita'  europea,
avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato  del
lavoro), che costituirebbe il diretto  antecedente  dell'istituto  in
esame. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Nella giurisprudenza di questa Corte e' stato piu' volte ribadito
che  l'incompleta   ricostruzione   della   cornice   legislativa   e
giurisprudenziale di riferimento  rende  inammissibili  le  questioni
sollevate  solo  se  compromette  irrimediabilmente   l'iter   logico
argomentativo posto a fondamento delle valutazioni del rimettente sia
sulla rilevanza, sia sulla non  manifesta  infondatezza  (ex  multis,
sentenze n. 61 del 2021, n. 136 del 2020, n. 150 del 2019 e n. 27 del
2015; ordinanze n. 108 del 2020, n. 136 e n. 30 del 2018 e n. 88  del
2017). 
    Nella fattispecie in esame, invece, non era necessario,  ai  fini
della  comprensione  del  ragionamento   sotteso   all'ordinanza   di
rimessione,    che    fosse    ricostruito    l'abrogato     istituto
dell'anticipazione dell'indennita' di mobilita', che, pur costituendo
per alcuni aspetti un antecedente di quello contemplato  dall'art.  8
del d.lgs. n. 22 del 2015, si  collocava  in  un  contesto  normativo
complessivo  molto  diverso,  con  riferimento   alle   finalita'   e
all'ambito di applicazione del trattamento previdenziale. 
    3.2.- L'Avvocatura generale  dello  Stato  ha  dedotto,  per  sua
parte, in primo luogo,  l'inammissibilita'  della  questione  perche'
l'ordinanza di rimessione mirerebbe ad introdurre un  precetto  vago,
non connotato da precisione e tassativita', che  imporrebbe  all'INPS
una valutazione, caso per caso, tanto dell'esiguita' della durata del
rapporto di lavoro subordinato, quanto  dell'incidenza  dello  stesso
sull'effettiva continuita' del lavoro autonomo, di impresa o in forma
cooperativa, ai fini della decisione in ordine all'an  e  al  quantum
della restituzione dell'anticipazione erogata. 
    Occorre rilevare che,  in  generale,  l'ordinanza  di  rimessione
delle questioni di legittimita'  costituzionale  non  necessariamente
deve concludersi con un  dispositivo  recante  altresi'  un  petitum,
essendo sufficiente che  dal  tenore  complessivo  della  motivazione
emerga con chiarezza il contenuto ed il verso delle censure (sentenza
n. 175 del 2018), spettando a questa Corte, ove ritenuto  sussistente
il denunciato vizio di illegittimita' costituzionale, individuare  il
dispositivo piu' idoneo a rimuovere tale vizio. 
    Nelle ipotesi, come quella in esame, in cui  il  petitum  sia  di
carattere additivo, la questione e' inammissibile solo se l'ordinanza
di  rimessione  omette  di  indicare  in   maniera   sufficientemente
circostanziata il verso della addizione che sarebbe necessaria per la
reductio ad legitimitatem (sentenza n. 175 del 2018). 
    L'eccezione dell'Avvocatura e' quindi infondata,  atteso  che  il
giudice a quo  indica  compiutamente  il  contenuto  della  pronuncia
additiva auspicata, laddove dubita della legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015 nella parte  in  cui,
in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost., prevede,  nell'ipotesi
di   instaurazione   da   parte   del   beneficiario   dell'incentivo
all'autoimprenditorialita' di un rapporto di lavoro subordinato prima
della   scadenza   del   periodo   afferente   la   NASpI   liquidata
anticipatamente, l'obbligo, a carico del beneficiario, di  restituire
per   intero   l'anticipazione   ottenuta,   «anziche'   una    somma
corrispondente alla retribuzione percepita,  qualora  lo  svolgimento
del rapporto di lavoro subordinato non abbia, specie in ragione della
sua esigua durata, inciso in misura apprezzabile sull'effettivita'  e
sulla continuita' dell'esercizio dell'attivita' lavorativa autonoma o
di  impresa   individuale,   il   cui   avvio   e'   stato   favorito
dall'erogazione dell'incentivo all'autoimprenditorialita'». 
    3.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  eccepito,  in
secondo luogo, l'inammissibilita' della questione poiche' il  giudice
a  quo,  nell'evocare  la  violazione  dell'art.  3  Cost.,  non   ha
argomentato in modo adeguato la dedotta censura. 
    Anche tale eccezione e' infondata, in  quanto  dall'ordinanza  di
rimessione si evince con sufficiente chiarezza che  il  parametro  di
cui all'art. 3 Cost. e' richiamato in quanto  viene  ravvisata  nella
norma censurata, laddove impone sempre  e  comunque  la  restituzione
integrale  dell'indennita'  erogata  in  via  di   anticipazione,   a
prescindere dalla durata e dall'effettiva incidenza del  rapporto  di
lavoro subordinato instaurato dal beneficiario prima  della  scadenza
del periodo di spettanza del trattamento, una violazione dell'art. 3,
primo comma, Cost. sul piano della ragionevolezza intrinseca e  della
proporzionalita'. 
    4.- All'esame  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata dal Tribunale  di  Trento,  sezione  lavoro,  e'  opportuno
premettere  una  sintetica  ricostruzione  del  quadro  normativo  di
riferimento nel quale si colloca la disposizione censurata. 
    Il d.lgs. n. 22 del 2015,  emanato  in  attuazione  della  delega
contenuta nell'art. 1 della legge 10 dicembre 2014, n.  183  (Deleghe
al Governo in materia di riforma degli  ammortizzatori  sociali,  dei
servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonche' in materia di
riordino della disciplina dei rapporti  di  lavoro  e  dell'attivita'
ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita
e  di  lavoro),  con  riferimento  agli  eventi   di   disoccupazione
involontaria  verificatisi  dal  1°  maggio   2015,   ha   sostituito
l'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) e la mini-ASpI  prevista
per  alcune  particolari  categorie  di  lavoratori  con   la   Nuova
assicurazione sociale per l'impiego (NASpI). 
    E' stata realizzata cosi'  un'omogeneizzazione  della  disciplina
relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi  di  sostegno
dei  lavoratori  in   situazione   di   disoccupazione   involontaria
rapportando la durata  degli  stessi  alla  storia  contributiva  del
singolo lavoratore da realizzare anche attraverso l'incremento  della
durata massima in caso di anzianita' contributive piu' estese. 
    Sul piano soggettivo, la NASpI non ha introdotto  innovazioni  di
rilievo rispetto all'ASpI, in quanto puo' essere riconosciuta a tutti
i  lavoratori  dipendenti  che  abbiano  perso  involontariamente  la
propria occupazione, con esclusione dei lavoratori pubblici  a  tempo
indeterminato  e  dei  lavoratori  agricoli  a  tempo  determinato  e
indeterminato. 
    L'arco temporale di fruizione della prestazione,  non  e'  invece
piu' determinato dalla legge in ragione dell'eta'  del  beneficiario,
bensi' e' rapportato alla  storia  contributiva  del  lavoratore:  la
prestazione puo' infatti avere una durata  massima  pari  alla  meta'
delle settimane di contribuzione accreditate a favore del  lavoratore
negli ultimi quattro anni esclusi gli eventuali periodi  contributivi
che  hanno  gia'  dato  luogo  ad  erogazione  delle  prestazioni  di
disoccupazione. 
    Pertanto e' venuto meno il tradizionale favor  per  i  lavoratori
anagraficamente piu' anziani e si e' scelto di agevolare  i  soggetti
con una maggiore posizione contributiva: e' stata cosi' eliminata  la
parte "assistenziale", in quanto non  correlata  alla  contribuzione,
del trattamento, precedentemente prevista in favore  di  soggetti  in
eta' "avanzata" che, in quanto tali, avevano maggiori  difficolta'  a
rientrare nel mercato del  lavoro,  e  si  e'  favorito  l'approccio,
prettamente economico, gia'  attuato  in  materia  pensionistica  con
l'introduzione  del  sistema  contributivo,  secondo  il   quale   la
prestazione deve essere parametrata alle somme versate  a  titolo  di
contributi,    ossia    al    quantum    di    apporto    finanziario
all'assicurazione, in base ad un criterio "meritocratico", che incide
tanto sulla durata quanto sull'entita' del trattamento. 
    4.1.- Nel contesto di questa nuova disciplina al fine di favorire
la ricollocazione del lavoratore involontariamente inoccupato  al  di
fuori del mercato del lavoro subordinato, l'art. 8 del d.lgs.  n.  22
del  2015  consente  all'avente  diritto  al  trattamento  NASpI   di
ottenerne la corresponsione anticipata per poter avviare un'attivita'
autonoma, di impresa o in forma cooperativa. 
    In particolare, l'art. 8 del d.lgs. n. 22 del 2015 - il cui comma
4 e' oggetto dell'odierna questione di legittimita' -  stabilisce  al
comma 1 che «[i]l lavoratore avente diritto alla corresponsione della
NASpI puo' richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione,
dell'importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli
e'  stato  ancora  erogato,  a  titolo  di  incentivo  all'avvio   di
un'attivita' lavorativa autonoma o di impresa individuale  o  per  la
sottoscrizione di una quota di capitale sociale  di  una  cooperativa
nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione  di
attivita' lavorative da parte del socio». 
    Se pero' il lavoratore instaura un rapporto di lavoro subordinato
prima  della  scadenza  del  periodo  per  cui  e'  riconosciuta   la
liquidazione anticipata della NASpI,  e'  tenuto  a  restituire  «per
intero» l'anticipazione ottenuta. E' fatta salva  solo  l'ipotesi  in
cui  il  rapporto  di  lavoro  subordinato  sia  instaurato  con   la
cooperativa della quale il lavoratore ha sottoscritto  una  quota  di
capitale sociale. 
    Tale  incentivo  all'imprenditorialita',  di   cui   alla   norma
censurata, ha un duplice  precedente:  uno  piu'  diretto  costituito
dalla corresponsione anticipata dell'ASpI, di cui all'art.  2,  comma
19, della legge 28 giugno 2012, n. 92  (Disposizioni  in  materia  di
riforma del mercato del  lavoro  in  una  prospettiva  di  crescita);
l'altro, in epoca piu' risalente e in un contesto normativo  diverso,
costituito dall'indennita' di mobilita' erogata in via anticipata  ex
art. 7, comma 5, della legge n. 223 del 1991. 
    Il presupposto di questi benefici,  che  si  sono  succeduti  nel
tempo,  e'  analogo:  l'anticipazione,  in  favore   del   lavoratore
"disoccupato",    e'    prevista    per    agevolare     quest'ultimo
nell'intraprendere un'attivita' autonoma o avviare un'impresa. 
    La finalita' perseguita dal legislatore, quindi, e' stata (ed e')
quella di favorire  il  reimpiego  del  lavoratore  "disoccupato"  in
un'attivita' diversa da quella di lavoro subordinato, allo  scopo  di
ridurre la pressione sul relativo mercato. 
    Si  tratta,  in  sostanza,  di  forme  tipiche  di   legislazione
promozionale, volte ad incentivare l'iniziativa autonoma individuale,
quale  forma  di  occupazione  "alternativa"   rispetto   al   lavoro
dipendente, "convertendo" in lavoratori  autonomi  o  imprenditori  i
lavoratori in cerca di occupazione, con l'ulteriore possibile effetto
indotto, per lo stesso mercato del lavoro, della eventuale insorgenza
di nuove occasioni di lavoro nel medio-lungo periodo. 
    4.2.- Come evidenziato, la norma  censurata  (ossia  il  comma  4
dell'art. 8 del d.lgs. n. 22 del 2015) stabilisce espressamente  che,
se il lavoratore instaura un rapporto  di  lavoro  subordinato  prima
della scadenza del periodo per  cui  e'  riconosciuta  la  NASpI,  e'
tenuto a restituire per intero l'anticipazione ottenuta. 
    L'obbligo restitutorio ha una specifica  finalita'  di  contrasto
del possibile abuso da parte di chi chiede  il  beneficio  senza  poi
intraprendere, in concreto, un'attivita'  di  lavoro  autonomo  o  di
impresa.  L'eventuale  instaurazione  di  un   rapporto   di   lavoro
subordinato, proprio nel periodo in  cui  spetterebbe  altrimenti  la
prestazione periodica, e' un  indice  rivelatore  della  mancanza  di
effettivita' e di autenticita' dell'attivita' di lavoro autonomo o di
impresa, che giustifica la liquidazione anticipata della prestazione,
altrimenti spettante con cadenza periodica. 
    Il  contrasto  dell'elusione  e'  quindi  al  fondo  dell'obbligo
restitutorio, previsto dalla disposizione censurata. 
    Peraltro occorre precisare che un obbligo restitutorio  integrale
(id est «per intero») e' stato previsto  per  la  prima  volta  dalla
normativa primaria solo per l'anticipazione della NASpI; non  lo  era
per l'ASpI, ne' per l'indennita' di mobilita'. 
    Infatti per quest'ultima prestazione era previsto dalla normativa
di attuazione dell'art. 7, comma 4, della  legge  n.  223  del  1991,
ossia dall'art. 3, comma 2, del decreto del  Ministro  del  lavoro  e
della previdenza sociale 17 febbraio 1993,  n.  142  (Regolamento  di
attuazione dell'art. 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n.  223,
in materia di corresponsione anticipata dell'indennita' di mobilita')
che l'INPS recuperasse le somme liquidate a titolo  di  anticipazione
nel caso in cui il percettore si fosse «occupato alle  dipendenze  di
terzi»  entro  i  ventiquattro  mesi  successivi   a   quello   della
corresponsione delle somme stesse. Non  era  precisato,  dalla  norma
regolamentare ne' da quella primaria, che il recupero dovesse  essere
per intero, ossia per il totale delle somme anticipate. 
    Tuttavia,  nella  giurisprudenza  di   legittimita'   era   stato
affermato che il recupero doveva intendersi  per  l'intero  ammontare
delle  somme  anticipate,  e  non  gia'  limitato  alle  retribuzioni
percepite nell'occupazione presso terzi, perche' cio' poteva dedursi,
in via interpretativa, dalla  finalita'  antielusiva  della  norma  e
della natura dell'incentivo che  consisteva  in  un  vero  e  proprio
finanziamento vincolato a  uno  scopo,  quello  dell'investimento  in
un'attivita' autonoma o di  impresa  (Corte  di  cassazione,  sezione
lavoro, sentenza 25 maggio 2010, n. 12746; successivamente  in  senso
conforme, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 15  settembre
2021, n. 24951). 
    Anche la  disciplina  della  liquidazione  anticipata  dell'ASpI,
espressamente estesa all'ipotesi in cui il  lavoratore  "disoccupato"
intendesse  intraprendere  un'attivita'  d'impresa,   non   prevedeva
espressamente una restituzione integrale della  somma  anticipata  in
caso di instaurazione di un rapporto di lavoro  subordinato:  invero,
l'art. 2, comma 19, della legge n. 92 del 2012,  si  era  limitato  a
stabilire, a tal riguardo, che «limiti, condizioni e  modalita'»  del
beneficio sarebbero stati determinati con  decreto  ministeriale.  In
attuazione di tale previsione l'art. 4,  comma  2,  del  decreto  del
Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali  29  marzo  2013,  n.
73380, recante «Erogazione in unica soluzione dell'indennita' ASpI  e
mini-ASpI, di cui all'articolo 2, comma 19,  della  legge  28  giugno
2012, n.  92  (Decreto  n.  73380)»  ha  stabilito  che  l'indennita'
anticipata doveva essere restituita - senza pero' specificare se  per
intero o solo nella parte restante - nel caso in  cui  il  lavoratore
instaurasse un rapporto di lavoro subordinato  prima  della  scadenza
del  periodo  rilevante  per  l'indennita'   corrisposta   in   forma
anticipata. 
    In definitiva la restituzione «per intero» e'  stata  contemplata
espressamente per la prima volta solo dalla norma censurata  con  una
formulazione   molto   chiara    e    inequivoca:    il    percettore
dell'anticipazione dell'indennita', se instaura un rapporto di lavoro
subordinato prima della scadenza del periodo per cui e'  riconosciuta
la liquidazione anticipata della NASpI, e' tenuto a  restituire  «per
intero» l'anticipazione ottenuta. 
    5.- Cio' premesso, la questione  di  legittimita'  costituzionale
non e' fondata. 
    5.1.- La possibile violazione dell'art. 3, primo comma, Cost.  e'
invocata, innanzi tutto, dal giudice  rimettente  per  una  sorta  di
"incoerenza intrinseca" dell'art. 8, comma 4, del d.lgs.  n.  22  del
2015, nella  misura  in  cui  tale  norma  impone  al  lavoratore  la
restituzione per intero del  contributo  erogato  in  via  anticipata
anche quando, come nella fattispecie  considerata,  per  la  limitata
durata del rapporto di lavoro subordinato instaurato, non  sia  stata
compromessa  la  finalita'  dell'incentivo,  per  essere   proseguita
l'attivita' autonoma o di impresa avviata grazie allo stesso. 
    In realta' l'obbligo  restitutorio  e'  coerente  con  l'indicata
finalita' antielusiva della disposizione censurata, che e' quella  di
evitare che il trattamento corrisposto  in  via  anticipata  non  sia
realmente utilizzato per intraprendere e poi proseguire  un'attivita'
di lavoro autonomo, di impresa o in forma cooperativa. 
    Se da una parte il disegno del legislatore  e'  stato  quello  di
favorire il  reimpiego  del  lavoratore  "disoccupato"  in  attivita'
diversa da quella di lavoro subordinato, ossia in attivita' di lavoro
autonomo o d'impresa, dall'altra la ratio dell'obbligo  restitutorio,
previsto dalla disposizione censurata,  e'  costituita  da  una  piu'
specifica finalita' di contrasto del possibile abuso da parte di  chi
chiede  il  beneficio   senza   poi   intraprendere,   in   concreto,
un'attivita'  di  lavoro   autonomo   o   di   impresa.   L'eventuale
instaurazione di un  rapporto  di  lavoro  subordinato,  proprio  nel
periodo in  cui  sarebbe  stata  altrimenti  erogata  la  prestazione
periodica,  e'  una  spia  della  mancanza  di  effettivita'   e   di
autenticita' dell'attivita' di  lavoro  autonomo  o  di  impresa  che
giustifica la liquidazione anticipata della  prestazione,  altrimenti
spettante con cadenza periodica. 
    Peraltro la giurisprudenza di legittimita' anche di recente - con
riguardo al non dissimile, almeno negli scopi  e  tratti  essenziali,
istituto dell'indennita' di mobilita' anticipata - ha  affermato  che
il beneficio dell'anticipazione ha lo scopo di  indirizzare  il  piu'
possibile il disoccupato in mobilita' verso attivita'  autonome,  si'
da perdere la sua connotazione di  tipica  prestazione  di  sicurezza
sociale, configurandosi piuttosto  come  un  contributo  finanziario,
destinato a far fronte alle spese iniziali  di  un'attivita'  che  il
lavoratore in mobilita' svolge in proprio (tra le altre, Cass.,  sez.
lav., sentenze n. 24951 del 2021 e n. 12746 del 2010). 
    In quest'ottica l'obbligo restitutorio non e' una "sanzione"  per
il      fatto      che      il      beneficiario       dell'incentivo
all'autoimprenditorialita' abbia instaurato  un  rapporto  di  lavoro
subordinato nel periodo di spettanza della  NASpI  periodica.  Bensi'
tale  circostanza,  in  quanto  verificatasi  proprio   nel   periodo
suddetto, e' stata considerata dal legislatore come elemento fattuale
indicativo della mancanza o insufficienza del presupposto stesso  del
beneficio - ossia dell'inizio,  e  poi  prosecuzione,  di  un'impresa
individuale (o in  cooperativa)  ovvero  di  un'attivita'  di  lavoro
autonomo - secondo un criterio semplificato, tale da  non  richiedere
all'Istituto previdenziale un'indagine  in  ordine  alla  maggiore  o
minore incidenza e portata della contestuale  prestazione  di  lavoro
subordinato.  Si   tratta   di   una   scelta   che   rientra   nella
discrezionalita'   del   legislatore,   esercitata   in   modo    non
manifestamente irragionevole, anche se sarebbe  possibile  ipotizzare
criteri alternativi, connotati  da  una  qualche  flessibilita',  non
dissimili, ad esempio, da quello che prevede la compatibilita'  della
prestazione di lavoro subordinato di modesta entita' con la spettanza
dell'erogazione periodica - non gia' anticipata - della NASpI (art. 9
del d.lgs. n. 22 del 2015). 
    5.2.- Una possibile lesione dell'art. 3, primo  comma,  Cost.  e'
dedotta dal giudice a quo, altresi', sotto il profilo del difetto  di
proporzionalita'  dell'obbligo  di  restituzione   per   intero   del
contributo da parte del lavoratore che ne ha ottenuto l'erogazione in
via  anticipata,  anche  nell'ipotesi  in  cui  abbia  costituito  un
rapporto di lavoro subordinato tale, per la sua limitata  durata,  da
non incidere negativamente sulla prosecuzione dell'attivita' autonoma
o di impresa dello stesso. 
    Anche  sotto  tale   aspetto   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del  2015,  non
e' fondata. 
    5.2.1.-  In  primo  luogo,   dal   bilanciamento   compiuto   dal
legislatore ordinario, nell'esercizio della sua discrezionalita', non
emerge una "sproporzione"  manifestamente  irragionevole  perche'  la
disposizione censurata ha un orizzonte temporale di durata  limitata.
Invero, il contemperamento con l'eventuale interesse del beneficiario
dell'incentivo all'autoimprenditorialita' a rientrare nel mercato del
lavoro subordinato dopo aver effettivamente  intrapreso,  in  ipotesi
senza successo, un'attivita' autonoma,  imprenditoriale  o  in  forma
cooperativa, e' realizzato dal legislatore con  la  previsione  dello
stesso art. 8, comma 4,  del  d.lgs.  n.  22  del  2015,  che  limita
l'obbligo restitutorio  all'ipotesi  in  cui  il  lavoratore  si  sia
rioccupato alle dipendenze altrui, con un rapporto subordinato vero e
proprio, prima della scadenza del periodo per il quale  egli  avrebbe
avuto diritto alla percezione della  NASpI  in  forma  periodica.  Si
tratta quindi di una condizionalita' che  sussiste  per  un  limitato
periodo di tempo, ritagliato  sulla  durata  della  NASpI  altrimenti
spettante,  caso  per  caso,   in   forma   periodica,   secondo   un
bilanciamento non dissimile da quello operato nel caso  dell'anticipo
dell'indennita' di mobilita' per la quale era previsto, per  tutti  i
beneficiari  della  prestazione,  un  unico   limite   temporale   di
ventiquattro mesi. 
    Del resto l'analogo contemperamento tra le contrapposte  esigenze
in rilievo, operato in precedenza dall'art. 7, comma 5,  della  legge
n. 223 del 1991 - nel senso che il  lavoratore  che  avesse  ottenuto
l'erogazione in via anticipata dell'indennita'  di  mobilita'  doveva
restituirla, in caso di rioccupazione alle dipendenze altrui, solo se
cio' fosse avvenuto prima del decorso  del  termine  di  ventiquattro
mesi dalla corresponsione della relativa somma - era stato  preso  in
considerazione dalla stessa giurisprudenza di legittimita', che ne ha
sottolineato la ratio, anche tenendo conto dell'esigenza di evitare i
problemi operativi che sarebbero  derivati  ove  invece  fosse  stata
prevista una valutazione,  caso  per  caso,  della  effettivita'  del
tentativo di intraprendere un'attivita' di lavoro autonomo  da  parte
dei beneficiari dell'indennita' di mobilita' in via anticipata (Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenza 18 settembre 2007, n. 19338). 
    5.2.2.- In secondo luogo la norma censurata,  laddove  impone  al
beneficiario     dell'incentivo     all'autoimprenditorialita'     la
restituzione per intero del trattamento erogato in via anticipata, ha
una portata applicativa  comunque  circoscritta  specificamente  alla
costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, prima del  decorso
del  tempo  per  il  quale  il  lavoratore  avrebbe   avuto   diritto
all'erogazione della NASpI periodica;  ed  e'  cio'  che  fa  sorgere
l'obbligo di restituzione contemplato dalla norma stessa. 
    Il (temporaneo) vincolo in costanza di svolgimento dell'attivita'
per la quale e' stato corrisposto, in via anticipata, il  trattamento
di NASpI e', dunque, specifico e puntuale; sicche' e'  possibile  per
il  lavoratore  -  cui  sia  stato  erogato  il  trattamento  in  via
anticipata e che, come  nel  caso  di  specie,  abbia  effettivamente
iniziato e prosegua un'attivita' di impresa  individuale  -  svolgere
anche  attivita'  non  riconducibili  alla  fattispecie   di   lavoro
subordinato, quali, innanzi tutto, quella di  lavoro  autonomo  (art.
2222 del codice civile). 
    6.- Non  sfugge  peraltro  a  questa  Corte  il  rischio  di  una
particolare  rigidita'  della  norma  censurata  al  verificarsi   in
concreto della situazione prospettata dal giudice  rimettente,  ossia
quella dello svolgimento di un rapporto  di  lavoro  subordinato  che
«non abbia, specie in ragione della  sua  esigua  durata,  inciso  in
misura   apprezzabile   sull'effettivita'   e    sulla    continuita'
dell'esercizio  dell'attivita'  lavorativa  autonoma  o  di   impresa
individuale,  il  cui  avvio  e'   stato   favorito   dall'erogazione
dell'incentivo all'autoimprenditorialita'». 
    Rientra,  tuttavia,  nell'esercizio  della  discrezionalita'  del
legislatore   in   materia   di   politiche   attive   del    lavoro,
l'individuazione  delle  soluzioni  piu'  opportune  per  ovviare  ai
profili critici segnalati dall'ordinanza di rimessione, i quali - pur
non  assurgendo  al  vizio  di   manifesta   irragionevolezza   della
disciplina censurata  -  suggeriscono,  tuttavia,  l'introduzione  di
meccanismi di flessibilita' per evitare che la rigidita'  della  (pur
temporanea)  preclusione  del  lavoro  subordinato,  prevista   dalla
disposizione censurata, possa costituire, in concreto,  un  indiretto
fattore  disincentivante  di  genuine  e   virtuose   iniziative   di
autoimprenditorialita'  o  di  lavoro  autonomo,  idonee  a  superare
situazioni di disoccupazione involontaria.