ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Lazio  1°  luglio  2021,  n.  8  (Modifica  della
perimetrazione del Parco  naturale  regionale  dell'Appennino  «Monti
Simbruini»), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con
ricorso notificato il 23-24 agosto 2021, depositato in cancelleria il
31 agosto 2021, iscritto  al  n.  46  del  registro  ricorsi  2021  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2022 il Giudice relatore
Filippo Patroni Griffi; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Elisa  Caprio  per
la Regione Lazio, quest'ultima in collegamento da  remoto,  ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte  del  18  maggio
2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con il ricorso  indicato
in epigrafe ha  promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge della Regione Lazio  1°  luglio  2021,  n.  8
(Modifica  della  perimetrazione   del   Parco   naturale   regionale
dell'Appennino «Monti  Simbruini»),  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s),  della  Costituzione,  in  relazione  agli
artt. 22 e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle
aree protette), e 6 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), nonche' della direttiva 2001/42/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno  2001,  concernente
la  valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e  programmi
sull'ambiente, e dell'art. 6, paragrafo 3, della direttiva  92/43/CEE
del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione  degli
habitat  naturali  e  seminaturali  e  della  flora  e  della   fauna
selvatiche, come recepito dal decreto del Presidente della Repubblica
12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed  integrazioni
al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,
concernente  attuazione  della  direttiva  92/43/CEE  relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche). 
    1.1.- A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, con  la
quale la Regione Lazio ha provveduto a modificare  la  perimetrazione
del  parco  naturale  regionale  dell'Appennino  «Monti   Simbruini»,
contrasterebbe  con  gli   standard   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema posti dalla legislazione statale. 
    Il legislatore regionale, innanzitutto, avrebbe adoperato  l'atto
legislativo  in  luogo  del  necessario  procedimento  amministrativo
richiesto dagli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23 della  legge
n. 394 del 1991, che la giurisprudenza costituzionale  ha  ricondotto
alla competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. e cui, pertanto, la legislazione regionale dovrebbe
adeguarsi. In tal modo, la Regione Lazio avrebbe «eluso la necessaria
partecipazione delle province, dei comuni e delle comunita'  montane»
nella gestione dell'area protetta. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  lamenta,  poi,  la
violazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 152  del  2006,  che  impone  la
valutazione ambientale strategica (VAS) per quei piani  che  «possono
avere  impatti   significativi   sull'ambiente   e   sul   patrimonio
culturale». A parere del ricorrente - in linea  con  quanto  previsto
dalla direttiva  2001/42/CE,  dalla  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea, secondo la quale  le  disposizioni  di
tale  direttiva  devono  essere  interpretate  in  senso  ampio   (e'
richiamata  la  sentenza  22   marzo   2012,   in   causa   C-567/10,
Inter-Environnement Bruxelles ASBL e altri, paragrafi da 24 a 43),  e
dal documento della Commissione europea «Attuazione  della  direttiva
2001/42/CE concernente la valutazione degli  effetti  di  determinati
piani e programmi sull'ambiente» - la VAS deve «essere  prevista  per
tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalita' di uso
di una determinata area, provocandone un sostanziale cambiamento»  e,
dunque,  anche  in  relazione  alla  riperimetrazione  di  un   parco
regionale. Nel caso di specie, tra  l'altro,  quest'ultima  interessa
«piccole aree a livello locale»  e  si  sostanzia  in  una  «modifica
minore» al piano  previgente,  sicche'  dovrebbe  essere  l'autorita'
competente a valutare se la riperimetrazione possa  produrre  impatti
significativi   sull'ambiente,   derivandone   l'«assoggettamento   a
verifica di assoggettabilita' a VAS» o, in assenza  dei  presupposti,
l'esonero da tale verifica. 
    Al contempo,  e  «in  maniera  conseguenziale»,  la  disposizione
censurata violerebbe altresi' l'art. 6, paragrafo 3, della  direttiva
92/43/CEE, come recepito  dal  d.P.R.  n.  120  del  2003,  il  quale
imporrebbe la sottoposizione di piani e programmi alla valutazione di
incidenza ambientale (VINCA). A  tale  riguardo,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri richiama la sentenza n. 38 del 2015 di  questa
Corte, la quale ha affermato che la disciplina in tema  di  VINCA  e'
espressione della competenza  legislativa  esclusiva  in  materia  di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» e condiziona,  pertanto,  la
legislazione regionale. 
    D'altra parte - continua il ricorrente - l'art.  26  della  legge
della Regione Lazio 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia  di  aree
naturali protette regionali), non  consente  che  la  modifica  della
perimetrazione di un parco naturale regionale possa  effettuarsi  con
legge, prevedendo, al contrario, che il relativo piano,  che  include
la  perimetrazione  definitiva  dell'area  naturale   protetta,   sia
aggiornato  almeno  ogni  dieci  anni,  secondo  un  procedimento   -
espressamente richiamato  nel  ricorso  -  che  coinvolge  l'ente  di
gestione, la Giunta regionale,  gli  enti  locali  interessati  e  il
Consiglio regionale. 
    1.2.- L'illegittimita' costituzionale della riperimetrazione  con
legge sarebbe confermata,  poi,  «dal  carattere  incongruente  della
previsione di cui al comma 2, che, mentre da un lato prevede  che  il
piano  dovra'  essere  modificato  attraverso  le  procedure  di  cui
all'art.  26  della  l.r.  29/1997,  dall'altro  statuisce  che  alla
modifica della perimetrazione del parco regionale fissata al comma  1
continui ad applicarsi la disciplina prevista  dal  Piano  del  parco
vigente». Del pari costituzionalmente illegittimo sarebbe il comma  3
dell'impugnato art. 1, il quale stabilisce che si applicano le  norme
di salvaguardia di cui all'art. 8 della legge reg. Lazio  n.  29  del
1997 al territorio modificato dalla legge regionale qui in esame, «ma
"non ricompreso nella perimetrazione prevista nel  piano  di  cui  al
comma  2"  (ossia  del  Piano  che   dovrebbe   essere   oggetto   di
adeguamento)». La legge regionale impugnata, pertanto, per  un  verso
riperimetra  il  parco  regionale,  ma  per  un  altro  rinvia  a  un
adeguamento del relativo piano, che dovra'  essere  adottato  secondo
quanto previsto dalla legge reg. Lazio n. 29 del 1997. 
    1.3.- Il ricorrente, infine, rileva che «in fattispecie analoga a
quella  in  esame»  questa  Corte  ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale di una legge regionale ligure che aveva  modificato  i
confini di alcuni parchi naturali regionali. In  tale  occasione,  in
particolare, la Corte ha osservato che la legge  quadro  n.  394  del
1991 «garantisce agli enti locali  la  partecipazione  alla  gestione
dell'area protetta, sicche' essi non possono  essere  estromessi  dal
procedimento  con  cui  si  compie  un  atto  di   evidente   rilievo
gestionale, ovvero la variazione dei confini del  parco.  Del  resto,
tale variazione non e' stata  affidata  a  modifiche  del  piano  del
parco, alle quali avrebbero potuto partecipare i rappresentanti degli
enti locali, ma e' avvenuta direttamente con legge,  e  deve  percio'
osservare il medesimo procedimento seguito dal  legislatore  ai  fini
della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi  dell'art.  22
della legge quadro,  compresa  la  interlocuzione  con  le  autonomie
locali» (sentenza n. 134 del 2020). 
    1.4.- Conclusivamente, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
rammenta  che,  in  considerazione   della   riconducibilita'   della
disciplina delle aree protette alla materia «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., secondo la giurisprudenza costituzionale le  Regioni  possono,
nelle materie di  loro  competenza,  prescrivere  semmai  livelli  di
tutela dell'ambiente piu' elevati, nel pieno rispetto degli  standard
previamente fissati dalla legge statale, «che rappresentano,  ex  se,
limiti invalicabili per l'attivita' legislativa  della  Regione».  La
legge quadro n. 394 del 1991, nell'imporre un nucleo minimo di tutela
del patrimonio ambientale rappresentato dai parchi  e  dalle  riserve
naturali regionali, vincolerebbe pertanto  il  legislatore  regionale
nell'ambito delle proprie competenze. 
    2.- Con atto depositato il 20 settembre 2021 si e' costituita  in
giudizio la Regione Lazio, chiedendo che il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile o comunque non fondato. 
    2.1.- La difesa regionale premette che la legge n. 394  del  1991
ha  individuato  i  principi  fondamentali  per  l'istituzione  e  la
disciplina delle aree naturali protette regionali,  ponendo  in  capo
alle Regioni l'obbligo di adeguare ad essi la loro  legislazione.  Il
legislatore statale, in particolare, ha disciplinato la procedura che
e'  necessario  seguire  per  istituire  le  aree  naturali  protette
regionali, prevedendo che  vi  partecipino  diverse  istituzioni,  le
quali saranno poi chiamate anche a gestire l'area naturale. 
    La Regione Lazio avrebbe dato seguito alla normativa statale  con
la legge regionale n. 29 del  1997,  il  cui  art.  9  disciplina  il
procedimento di istituzione di un'area naturale  protetta  regionale,
che  e'  articolato   «fondamentalmente   [in]   tre   passaggi:   1)
elaborazione di una proposta di legge, alla quale  sono  allegati  la
perimetrazione provvisoria su cartografia almeno in scala  1:10.00  e
la  relazione  descrittiva;  2)  "una  conferenza  finalizzata   alla
redazione di un documento di indirizzo [...]"; 3) redazione,  quindi,
di un documento d'indirizzo [...] "fondato sull'analisi  territoriale
dell'area da  sottoporre  a  tutela"».  La  difesa  della  resistente
rileva, pertanto, che sarebbe il documento  d'indirizzo  «l'atto  e/o
strumento volto  a  delimitare  e  definire  il  perimetro  dell'area
convogliando  le   esigenze   dei   soggetti   interessati,   sebbene
provvisorio», venendo adottati solo successivamente  il  piano  e  il
regolamento di cui agli artt. 26 e 27 della legge n.  394  del  1991.
Tale procedura e' quella che sarebbe stata  seguita,  secondo  quanto
afferma la difesa della Regione Lazio, anche per  le  modifiche  alla
perimetrazione del parco in esame. 
    2.2.- La difesa  della  resistente  rileva  che  il  percorso  di
ampliamento dell'area del parco dei Monti Simbruini era stato avviato
gia'  nel  corso  della   precedente   consiliatura   ed   e'   stato
«sostanzialmente»  portato  a  conclusione  dalla   legge   regionale
impugnata: nella documentazione allegata alla proposta  di  legge  10
settembre 2019, n. 181, infatti, sarebbero richiamate  le  precedenti
proposte di legge che avevano «portato ad effettuare le diverse  fasi
della procedura, dando il via, anche tramite  il  Comune  di  Arsoli,
direttamente interessato all'ampliamento, alle procedure consultive».
In particolare, la difesa regionale rileva - ed  allega  i  documenti
che lo attesterebbero - che  vi  sono  state  la  convocazione  della
conferenza dei servizi e le consultazioni che hanno dato luogo ad  un
documento di indirizzo, sottoscritto da tutte le  parti  interessate,
dal  quale  emergerebbero  le  ragioni  dell'ampliamento,  oltre  che
l'indicazione dell'iter seguito. 
    Alla luce  della  documentazione  depositata,  la  Regione  Lazio
afferma che la  legge  regionale  impugnata  e'  stata  adottata  nel
rispetto della procedura dettata dalla legge n. 394 del 1991,  i  cui
principi generali  varrebbero  tanto  per  la  istituzione  dell'area
naturale  protetta,  quanto,  appunto,  per  l'ampliamento  del   suo
perimetro. In Consiglio regionale, infatti, si sarebbe «tenuto  conto
dei valori espressi nel Documento di Indirizzo  [che]  e'  basato  su
un'analisi  territoriale  dell'area  da  sottoporre  a  tutela  e  la
motivazione ambientale e' ben dichiarata».  Quella  compiuta  con  la
legge  regionale  impugnata,  pertanto,  sarebbe  una  decisione  che
«rientra nei poteri altamente  discrezionali  e  programmatori  della
Regione Lazio» che, inoltre, sarebbe «logica ed imparziale  oltreche'
assistita dal canone della ragionevolezza». D'altra parte, le ragioni
dell'ampliamento del  perimetro  del  parco  sarebbero  insite  nella
natura dei luoghi. 
    2.3.- La Regione resistente rammenta, poi,  che,  con  l'art.  9,
comma 17, della legge della Regione Lazio  27  febbraio  2020,  n.  1
(Misure per lo sviluppo economico, l'attrattivita' degli investimenti
e la semplificazione), ha proceduto alla modifica del  perimetro  del
parco dell'Appia Antica - «proprio al fine di provvedere  a  tutelare
un'area del proprio territorio carica di valori  naturali»  -  e  che
sulla legittimita' costituzionale  di  tale  ampliamento  si  sarebbe
espressa questa Corte con la  sentenza  n.  276  del  2020:  in  tale
decisione, il giudice delle leggi avrebbe affermato che  la  modifica
del perimetro dei parchi regionali puo' avvenire con legge regionale,
sempre che sia rispettato l'art. 22 della legge n. 394 del 1991. 
    2.4.- In ragione di tutte queste  considerazioni,  la  resistente
afferma che la disposizione censurata  non  avrebbe  violato  neppure
l'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, la direttiva 2001/42/CE o l'art.
6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, recepito dall'art.  6  del
d.P.R. n. 120 del 2003. 
    Il mancato ricorso a VAS, VIA o VINCA, infatti, potrebbe rilevare
soltanto in caso di  approvazione  del  piano  regionale  delle  aree
naturali protette, di cui all'art. 7 della legge reg. Lazio n. 29 del
1997, mentre la Regione si sarebbe limitata ad ampliare un'area  gia'
protetta  con  legge,  «che  come  tale  non  e'  sottoponibile  alle
verifiche indicate».  Di  conseguenza,  risulterebbe  «improprio»  il
richiamo alla giurisprudenza  costituzionale  in  materia  di  piani,
trattandosi in questo caso dell'ampliamento del perimetro di un parco
con legge. La Regione afferma che il piano  del  parco  in  questione
dovra' essere rivisto, in ragione dell'ampliamento, e che  in  quella
sede «si procedera' ad ogni  opportuno  approfondimento  in  merito»,
essendo quello  (il  piano)  l'atto  amministrativo  sottoposto  alle
valutazioni  ambientali.  In  proposito,  la  difesa  della   Regione
richiama nuovamente la sentenza n. 276 del 2020, nella  quale  questa
Corte avrebbe riconosciuto che la tutela dell'ambiente avviene con le
misure di salvaguardia nelle  more  dell'adeguamento  del  piano  del
parco. 
    2.5.- Conclusivamente, la resistente  -  premesso  che  eventuali
errori  materiali  presenti  nelle  cartografie  non  incidono  sulla
legittimita' costituzionale della legge regionale - ribadisce che gli
argomenti  proposti,  suffragati   dalla   documentazione   allegata,
dimostrerebbero la «piena conformita'» della normativa impugnata alla
Costituzione e alla legge statale e chiede, pertanto, che il  ricorso
sia dichiarato «inammissibile e/o infondato». 
    3.- In data 22 febbraio 2022 ha depositato  memoria  illustrativa
il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   insistendo   per
l'accoglimento del ricorso. 
    3.1.-  Sinteticamente   ripercorsi   gli   argomenti   utilizzati
nell'atto di costituzione da parte della Regione Lazio, il ricorrente
li ritiene non condivisibili in quanto fondati «su una  non  corretta
ricostruzione e/o interpretazione della  disciplina  normativa  della
materia». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, alla luce delle
discipline normative contenute nella legge n. 394 del  1991  e  nella
legge reg. Lazio n. 29 del  1997,  la  Regione  potrebbe  con  l'atto
legislativo individuare soltanto, in attesa dell'adozione  del  piano
del parco, la perimetrazione provvisoria dell'area naturale  protetta
e le  relative  misure  di  salvaguardia,  mentre  la  perimetrazione
definitiva dovrebbe essere determinata da detto piano, da aggiornarsi
ogni dieci anni; alla istituzione e alla gestione dell'area  naturale
protetta dovrebbero poi partecipare le Province, le Comunita' montane
ed i Comuni interessati. 
    L'aver  modificato  la   perimetrazione   del   parco   regionale
dell'Appennino «Monti Simbruini» con legge regionale  e  non  con  lo
strumento del piano sarebbe, pertanto, in contrasto con gli artt.  22
e 23 della legge n. 394  del  1991  (che  prescrivono  la  necessaria
partecipazione delle Province, dei Comuni e delle Comunita' montane),
oltre che con la normativa che impone VAS e  VINCA.  L'illegittimita'
costituzionale della legge regionale impugnata emergerebbe anche  dai
principi affermati da questa Corte nella sentenza n.  134  del  2020,
gia' richiamata nell'atto introduttivo. 
    3.2.- Il ricorrente assume, infine, che la disposizione impugnata
sarebbe  costituzionalmente  illegittima  anche  ove   si   ritenesse
possibile l'utilizzo dell'atto legge, in quanto sarebbe parimenti  in
contrasto con gli artt. 22 e 23 della legge n. 394 del 1991. 
    Dal documento  di  indirizzo  cui  si  riferisce  la  resistente,
infatti, non risulterebbe la formale convocazione dei singoli  Comuni
del parco «ad una  conferenza  di  servizi  nell'ambito  della  quale
avrebbero potuto esprimere in maniera espressa e formale  il  proprio
parere sulla perimetrazione». In tale documento si da' conto soltanto
di pareri espressi dal Comune di Arsoli e dalla Comunita' montana dei
Monti dell'Aniene e di  consultazioni  pubbliche  con  «i  principali
stakeholders», ma non anche degli altri Comuni interessati.  Inoltre,
l'art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991  andrebbe
interpretato in analogia con l'art. 12 della medesima legge, il quale
per i parchi nazionali prevede,  al  fine  della  perimetrazione,  la
consultazione della Comunita'  del  parco,  «intesa  come  organo  di
rappresentanza dell'insieme dei  comuni  del  parco,  costituita  dai
"presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni  e
dai  presidenti  delle  comunita'  montane  nei  cui  territori  sono
ricomprese le aree del parco"». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  1
della legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica  della
perimetrazione del Parco  naturale  regionale  dell'Appennino  «Monti
Simbruini»), deducendo la violazione dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22, comma  1,
lettere a) e c), e 23 della legge 6  dicembre  1991,  n.  394  (Legge
quadro sulle aree protette), e 6 del  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonche'  della  direttiva
2001/42/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  27  giugno
2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull'ambiente, e dell'art. 6, paragrafo 3, della  direttiva
92/43/CEE  del  Consiglio,  del  21  maggio   1992,   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della  flora  e
della fauna selvatiche, come  recepita  dal  decreto  del  Presidente
della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche
ed  integrazioni  al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   8
settembre  1997,  n.  357,  concernente  attuazione  della  direttiva
92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche). 
    In particolare, nel ricorso si  lamenta:  che  l'ampliamento  del
parco naturale regionale «Monti  Simbruini»  sia  avvenuto  con  atto
legislativo anzi che con il piano per il parco, come sarebbe  imposto
dagli invocati parametri interposti di cui alla legge quadro statale;
che,  in  tal  modo,  la  Regione  avrebbe   eluso   «la   necessaria
partecipazione delle province, dei comuni e delle  comunita'  montane
al relativo procedimento prescritta» da detta  legge  quadro;  e  che
avrebbe, altresi', violato l'art. 6 del d.lgs. n. 152  del  2006,  il
quale imporrebbe l'assoggettamento delle variazioni del perimetro  di
un parco regionale  a  valutazione  ambientale  strategica  (VAS),  e
l'art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, come  recepito  dal
d.P.R. n. 120 del 2003, il  quale  imporrebbe  la  sottoposizione  di
piani e programmi alla valutazione di incidenza ambientale (VINCA). 
    2.- La Regione Lazio, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto che
il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque non fondato. 
    L'eccezione di inammissibilita' va disattesa: si tratta,  invero,
di mera clausola di stile, giacche' nelle difese nulla e' argomentato
in punto di ammissibilita' del ricorso. 
    3.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    3.1.- Le censure del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  a
sostegno   dell'impugnazione   della   legge   regionale   riguardano
l'adozione - per  la  riperimetrazione,  in  ampliamento,  del  parco
regionale  dell'Appennino  «Monti  Simbruini»   -   dello   strumento
legislativo, anzi che  di  quello  amministrativo,  il  quale  ultimo
sarebbe imposto dalla normativa statale di riferimento, da  un  lato,
al  fine  di  garantire  la  partecipazione  degli  enti  locali   al
procedimento e, dall'altro, per sottoporre  la  riperimetrazione  del
Parco alle verifiche di  compatibilita'  ambientale  richieste  anche
dalla normativa europea. 
    La tesi non puo' essere condivisa. 
    3.2.- La legge quadro n. 394 del  1991  sulle  aree  protette  e'
pacificamente ricondotta dalla giurisprudenza di  questa  Corte  alla
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla quale, pertanto,
le Regioni sono tenute a conformarsi (di recente, sentenze n. 134 del
2020, n. 290 e n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 e  n.  36  del
2017), salva la  possibilita'  di  determinare  maggiori  livelli  di
tutela dell'ambiente (tra le tante, sentenze n. 180 del 2019, n.  121
e n. 66 del 2018). 
    Tale  legge  quadro,  pur  prefigurando  «due  modelli  normativi
caratterizzati da forti analogie» (sentenza n. 290 del 2019), delinea
una differenza significativa per quel che concerne  le  modalita'  di
istituzione  delle  aree   protette,   rispettivamente,   statali   e
regionali. 
    I parchi e le riserve naturali nazionali, infatti, sono istituiti
con decreto del Presidente della Repubblica, i primi, e  con  decreto
del Ministro dell'ambiente,  le  seconde,  in  base  ai  procedimenti
delineati nell'art. 8 della legge quadro. Il successivo art. 23 - una
delle odierne norme evocate  a  parametro  interposto  -  stabilisce,
invece,  che  i  parchi  (e  le  riserve  naturali)  regionali  siano
istituiti con legge regionale, la quale - tenuto conto del  documento
di indirizzo di cui all'art. 22, comma 1,  lettera  a)  (altra  norma
evocata a parametro interposto) -  deve  definire  la  perimetrazione
provvisoria e le  misure  di  salvaguardia,  nonche'  individuare  il
soggetto per la gestione del parco, indicare gli elementi  del  piano
per il parco e i principi del  relativo  regolamento.  Il  richiamato
art.  22,  comma  1,  lettera  a),  stabilisce,   inoltre,   che   al
procedimento di istituzione dell'area protetta debbano partecipare le
Province, le Comunita' montane  e  i  Comuni  interessati.  La  legge
quadro nulla  dispone,  invece,  su  come  debba  essere  operata  la
perimetrazione definitiva dell'area  protetta  regionale  o  una  sua
successiva riperimetrazione. 
    E' questo, in definitiva, il punto nodale delle odierne questioni
di legittimita' costituzionale: se, alla luce di quanto previsto  dal
legislatore statale agli artt. 22 e 23 della legge quadro, la Regione
poteva  ampliare  il  perimetro  del  parco  regionale   con   l'atto
legislativo o se doveva procedervi con una modifica del piano per  il
parco. 
    3.3.- Questa Corte ha  gia'  avuto  modo  di  affermare  che  «la
modifica del perimetro dei parchi regionali  puo'  avvenire  sia  con
legge regionale, nel rispetto del procedimento regolato dall'art.  22
della legge [n. 394 del 1991], sia in sede di adozione o modifica del
piano del parco» (sentenza n. 276 del 2020). 
    L'ipotesi della modifica della perimetrazione dell'area  protetta
regionale non e', infatti, espressamente prevista dalla legge quadro,
che ha dettato  soltanto  il  procedimento  da  seguire  per  la  sua
istituzione. 
    Nel  silenzio  del  legislatore  statale,  deve   ritenersi   che
riacquisti  il  suo  spazio  l'autonomia  regionale,  purche'   siano
ovviamente rispettati i principi stabiliti  dalla  legge  quadro  del
1991. Ne consegue che -  per  quel  che  riguarda  la  perimetrazione
definitiva, la  quale  segue  quella  provvisoria  fatta  al  momento
dell'istituzione dell'area  protetta  -  e'  «implicito  nel  sistema
legislativo statale che [essa]  possa  essere  affidata  dalla  legge
regionale ad una fase procedimentale successiva, ed in particolare al
piano del parco» (sentenza n. 134 del  2020);  mentre  per  quel  che
riguarda la riperimetrazione - la quale presuppone  un'area  protetta
gia'  esistente  a  tutti  gli   effetti   (e,   dunque,   non   solo
provvisoriamente ma anche definitivamente  delimitata)  -  essa  puo'
essere affidata tanto a modifiche del piano per il parco, quanto alla
legge regionale, nel quale ultimo caso deve  «osservare  il  medesimo
procedimento seguito dal legislatore  ai  fini  della  perimetrazione
provvisoria dei confini, ai sensi dell'art. 22  della  legge  quadro,
compresa la interlocuzione con le autonomie locali» (ancora  sentenza
n. 134 del 2020). 
    Alla   luce   della   legge   quadro   e   della   giurisprudenza
costituzionale ora richiamata, deve conclusivamente ritenersi che ben
poteva la Regione Lazio modificare il perimetro  del  parco  naturale
regionale dell'Appennino «Monti Simbruini»  con  la  legge  regionale
impugnata, purche' nel rispetto  di  quanto  disposto  dall'art.  22,
comma 1, lettera  a),  della  legge  quadro,  volto  a  garantire  la
partecipazione delle Province, delle Comunita' montane e  dei  Comuni
alla riperimetrazione. 
    3.4.- Anche sotto questo profilo, peraltro,  la  legge  regionale
impugnata non si presenta viziata. 
    In punto di fatto - sulla scorta di quanto dedotto dalla Regione,
non  contraddetto  specificamente  dal  ricorrente,   nonche'   della
documentazione  versata  in  atti  -  va  rilevato  che:  il  settore
interessato  dall'ampliamento  del  parco   naturale   regionale   e'
collocato interamente all'interno del territorio comunale di  Arsoli;
in data 3 luglio 2017 era stata convocata  dalla  Regione  Lazio  una
conferenza finalizzata alla  redazione  del  documento  di  indirizzo
previsto dall'art. 22, comma  1,  lettera  a),  della  legge  quadro;
all'esito di tale convocazione, il documento di  indirizzo  e'  stato
redatto e quindi sottoscritto, in data 2 agosto  2017,  dalla  Citta'
metropolitana di Roma, dal Comune  di  Arsoli  e  dalla  X  Comunita'
montana dell'Aniene. 
    Deve quindi ritenersi che  al  procedimento  di  ampliamento  del
perimetro dell'area protetta, in linea con quanto previsto  dall'art.
22, comma 1, lettera a), della legge quadro n. 394 del 1991,  abbiano
partecipato tutti gli enti locali interessati. 
    3.4.1.- A tale proposito, nella memoria  illustrativa  depositata
in prossimita' dell'udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha rilevato  che,  pur  ad  ammettere  la  legittimita'  del
ricorso  alla  legge,  tutti  i  Comuni  il  cui  territorio   ricade
all'interno del  parco,  e  non  solo  il  Comune  interessato  dalla
variazione  in   ampliamento,   avrebbero   dovuto   partecipare   al
procedimento. 
    Anche questo assunto del ricorrente non puo' essere condiviso. 
    La riperimetrazione del parco, come si e' visto, si presenta  del
tutto assimilabile alla istituzione di una nuova area protetta e alla
sua perimetrazione  provvisoria,  sicche'  cio'  che  rileva  e'  che
partecipino al procedimento di riperimetrazione gli enti  locali  sul
cui territorio si trova il settore che  si  intende  "aggiungere"  al
parco, come accaduto nel caso di specie. 
    In assenza di una chiara previsione statale, la quale,  a  tutela
dell'ambiente, imponga che, in sede di ampliamento del parco, debbano
essere sentiti  tutti  gli  enti  locali  il  cui  territorio  ricade
all'interno dell'area protetta, al  procedimento  che  provvede  alla
variazione in aumento della perimetrazione devono partecipare i  soli
enti esponenziali del  territorio  interessato  da  tale  variazione;
variazione che - merita di essere ricordato  -  e'  disposta  in  via
provvisoria e determina l'applicazione di un regime "vincolistico" ai
territori  interessati:  si  tratta  delle  misure  di   salvaguardia
previste ai sensi del piu' volte richiamato art. 22, comma 1, lettera
a), della legge quadro, e nel caso di specie  disposte  dall'art.  1,
comma 3, della legge regionale  impugnata,  per  mezzo  del  richiamo
delle misure di cui all'art. 8 della  legge  della  Regione  Lazio  6
ottobre 1997, n. 29 (Norme  in  materia  di  aree  naturali  protette
regionali). 
    D'altro  canto,  gli  altri  enti  locali  ricompresi   nell'area
protetta dovranno essere consultati - anche per  la  riperimetrazione
definitiva - in sede di modifica del  piano  per  il  parco,  il  cui
adeguamento e' espressamente previsto dal comma 2 della  disposizione
impugnata: non solo, infatti, l'art. 12, comma 3, della legge  quadro
stabilisce che tale piano e' adottato e predisposto  dall'Ente  parco
dopo che su di esso la Comunita'  del  parco  (costituita,  ai  sensi
dell'art. 10  della  medesima  legge  quadro,  dai  presidenti  delle
Regioni e delle Province, dai sindaci dei  Comuni  e  dai  presidenti
delle Comunita' montane nei cui territori sono ricomprese le aree del
parco: art. 10, comma 1, della legge quadro) ha espresso  un  proprio
parere, ma, similmente, anche l'art. 16 della citata legge reg. Lazio
n. 29 del 1997 prevede che  un  parere  obbligatorio  sul  piano  sia
espresso dalla comunita' dell'area naturale protetta. 
    Dunque,  nel  delineato  contesto  fattuale  e  normativo,   deve
ritenersi che la  consultazione  degli  enti  locali  si  sia  svolta
correttamente, sicche' anche sotto tale profilo  la  legge  regionale
impugnata e' immune dalle censure  di  illegittimita'  costituzionale
dedotte con il ricorso in esame. 
    4.- Quanto agli ulteriori profili di  illegittimita'  prospettati
dal ricorrente, concernenti la supposta  violazione  della  normativa
statale ed europea, sul rilievo che  la  riperimetrazione  del  parco
andrebbe  assoggettata  a  valutazione  ambientale  strategica  e   a
valutazione  di   incidenza   ambientale,   trattasi   di   questioni
strettamente connesse con quelle sinora affrontate, perche' si basano
sul  presupposto,  come  si  e'  visto  non  condivisibile,  che   la
riperimetrazione  del  parco  regionale   debba   essere   effettuata
necessariamente per mezzo del piano per il parco, dopo avere compiuto
VAS e VINCA. 
    Avendo  la  Regione  Lazio  scelto  di  seguire  il  procedimento
legislativo per la perimetrazione provvisoria del  parco,  demandando
al piano del parco  -  oltre  alla  previsione  degli  interventi  di
gestione dell'area protetta - la sua perimetrazione definitiva, sara'
in quella sede che potranno svolgersi le  verifiche  richieste  dalla
normativa ambientale nazionale ed europea, come del resto e' previsto
dall'art. 12, comma 4, della legge n. 394 del  1991,  che  impone  la
VAS,  per  l'appunto,  per  il  piano  del  parco,  e,  analogamente,
dall'art. 26, comma 4, della legge reg. Lazio n. 29 del 1997. 
    5.- Alla stregua delle svolte  considerazioni,  le  questioni  di
legittimita' costituzionale promosse nei confronti dell'art. 1  della
legge reg. Lazio n. 8 del 2021 non sono fondate.