ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 8,  commi
9 e 14, 10 e 16 della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  21
ottobre 2020, n. 9, recante «Modificazioni della legge provinciale  6
marzo 1998, n. 4  (Disposizioni  per  l'attuazione  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  26  marzo  1977,  n.  235.  Istituzione
dell'azienda   speciale   provinciale   per   l'energia,   disciplina
dell'utilizzo dell'energia  elettrica  spettante  alla  Provincia  ai
sensi dell'articolo 13 dello statuto speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige, criteri per la  redazione  del  piano  della  distribuzione  e
modificazioni alle leggi provinciali 15 dicembre 1980,  n.  38  e  13
luglio 1995, n. 7), della legge provinciale sull'energia 2012,  della
legge  provinciale  sulle  acque  pubbliche  1976   e   della   legge
provinciale  sull'agricoltura  2003»,  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-24 dicembre 2020,
depositato in cancelleria il 24 dicembre 2020, iscritto al n. 104 del
registro ricorsi 2020 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti l'atto di costituzione della Provincia autonoma di  Trento,
nonche' di intervento di Enel Green Power Italia; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  22  marzo  2022  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per  Enel  Green  Power  Italia,
l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l'avvocato Massimo Celotto per la  Provincia  autonoma
di Trento; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2002. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 dicembre 2020 e depositato il 24
dicembre 2020  (reg.  ric.  n.  104  del  2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato la legge della Provincia  autonoma
di Trento 21 ottobre 2020, n. 9, recante «Modificazioni  della  legge
provinciale 6 marzo 1998, n. 4  (Disposizioni  per  l'attuazione  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  26  marzo  1977,  n.  235.
Istituzione  dell'azienda   speciale   provinciale   per   l'energia,
disciplina  dell'utilizzo  dell'energia  elettrica   spettante   alla
Provincia ai sensi dell'articolo 13 dello per il Trentino-Alto Adige,
criteri  per  la  redazione   del   piano   della   distribuzione   e
modificazioni alle leggi provinciali 15 dicembre 1980,  n.  38  e  13
luglio 1995, n. 7), della legge provinciale sull'energia 2012,  della
legge  provinciale  sulle  acque  pubbliche  1976   e   della   legge
provinciale sull'agricoltura 2003». 
    L'impugnativa riguarda in particolare  le  seguenti  disposizioni
della citata legge provinciale: 
    a) l'art. 8, commi 9 e 14, che, rispettivamente,  sostituisce  il
comma 2 e inserisce i commi 5-bis e 5-ter  nell'art.  1-bis  1  della
legge della Provincia autonoma di Trento 6 marzo 1998, n. 4,  recante
«Disposizioni in materia di grandi derivazioni a scopo  idroelettrico
e altre disposizioni connesse» (titolo cosi' modificato  dall'art.  1
della stessa legge prov. Trento n. 9 del 2020); 
    b) l'art. 10, che inserisce l'art. 1-bis 1.2  nella  legge  prov.
Trento n. 4 del 1998; 
    c) l'art. 16, comma 3,  in  relazione  all'inserimento  dell'art.
1-bis 1.8 nella stessa legge prov. Trento n. 4 del 1998 (recte:  art.
16, che inserisce l'art. 1-bis 1.8, comma 3, della legge prov. Trento
n. 4 del 1998). 
    Secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  le  norme  impugnate
eccedono le competenze attribuite alla Provincia autonoma  di  Trento
dall'art. 13 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione
del testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige», e  contrastano  inoltre  con  i
commi  primo,  secondo  lettera  e),  e  terzo  dell'art.  117  della
Costituzione (quanto al primo comma  in  relazione  all'art.  49  del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  -  TFUE  -,  come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, all'art. 14,  paragrafo
unico, numero 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel  mercato
interno). 
    1.1.- Il ricorrente  evidenzia  come  le  competenze  legislative
provinciali  circa  l'assegnazione  delle  concessioni   per   grandi
derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico derivino appunto  dall'art.
13  dello  statuto  speciale  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol, nonche', per quanto non stabilito nella  disposizione
statutaria, dalle  relative  norme  di  attuazione  (in  particolare,
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381,  recante  «Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
urbanistica ed opere pubbliche», e d.P.R.  26  marzo  1977,  n.  235,
recante «Norme di attuazione dello  statuto  speciale  della  regione
Trentino-Alto Adige in materia di energia»). 
    La  legislazione  provinciale  dovrebbe  conformarsi,  per  altro
verso, alla legislazione statale,  che  fissa  principi  fondamentali
dell'ordinamento nella materia in questione. 
    1.2.- L'Avvocatura generale contesta  anzitutto  la  disposizione
secondo cui il bando di gara  per  l'attribuzione  delle  concessioni
«prevede che entro 180 giorni dall'aggiudicazione  il  concessionario
si doti di una sede operativa nel territorio  provinciale  avente  in
dotazione risorse  umane  e  strumentali  idonee  in  relazione  alle
caratteristiche della concessione oggetto della procedura  di  gara».
Tale norma e' attualmente recata dalla  lettera  s)  -  e  non  dalla
lettera e), come erroneamente indicato nel  ricorso  -  del  comma  2
dell'art. 1-bis 1 della legge  prov.  Trento  n.  4  del  1998,  come
sostituito dall'art. 8, comma 9, della legge prov. Trento  n.  9  del
2020. 
    La disciplina recata dalla  norma  censurata  contrasterebbe  con
l'art. 49 TFUE, discriminando di fatto gli operatori non stabiliti in
Italia  con  la  pretesa  che,  oltre  all'infrastruttura  energetica
necessaria  per  lo  sfruttamento  della  concessione,  essi  debbano
dotarsi di una «sede operativa» nel territorio  provinciale.  Per  la
stessa ragione, la norma impugnata violerebbe il  disposto  dell'art.
14,  paragrafo  unico,  numero  3),  della   direttiva   2006/123/CE.
Comprimerebbe,  cioe',  la  liberta'  degli  operatori  economici  di
«scegliere tra essere stabilit[i] a titolo principale o  secondario»,
escludendo, in particolare, l'obbligo per il prestatore «di avere  lo
stabilimento  principale  sul  loro  territorio  o  restrizioni  alla
liberta'  di   scegliere   tra   essere   stabilito   in   forma   di
rappresentanza, succursale o filiale». 
    Violando  il  diritto  dell'Unione  europea,  inoltre,  la  norma
impugnata, secondo il ricorrente, «eccede dalle competenze statutarie
della Provincia di Trento». Allo stesso tempo, essa sarebbe anche  in
contrasto con il primo comma dell'art. 117 Cost. 
    1.3.- Per argomentare in merito  all'impugnazione  del  comma  14
dell'art. 8 e del comma 3 dell'art. 16 della legge prov. Trento n.  9
del 2020 (recte: comma 3  dell'art.  1-bis  1.8.  della  legge  prov.
Trento n. 4 del 1998), l'Avvocatura generale dello Stato ricostruisce
l'assetto recentemente conferito alla disciplina statale  in  materia
di derivazioni idroelettriche. 
    Il comma 1 dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n.
79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni  per  il
mercato  interno  dell'energia  elettrica)   -   innovato   dall'art.
11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018,  n.  135  (Disposizioni
urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per
la pubblica amministrazione), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 febbraio 2019,  n.  12  -  ha  trasferito  alle  Regioni  la
proprieta' delle opere  idroelettriche  di  cui  all'art.  25,  primo
comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione  del
testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli  impianti
elettrici). Nel contempo (comma 1-ter del citato art. 12),  e'  stata
conferita  alle  Regioni  la  potesta'  legislativa  in  merito  alle
modalita' e alle  procedure  di  assegnazione  delle  concessioni  di
grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, fermo  il  rispetto
della  disciplina  sovranazionale   e   dei   principi   fondamentali
dell'ordinamento statale, oltreche' dello stesso  d.lgs.  n.  79  del
1999. 
    In particolare, alla  lettera  m)  del  citato  comma  1-ter,  e'
stabilito che la selezione e la valutazione dei  progetti  presentati
con  le  richieste  di  concessione  siano  comprese  in   un   unico
procedimento, al fine di garantire  il  coinvolgimento  di  tutte  le
amministrazioni interessate e di  assicurare  la  maggiore  possibile
trasparenza dell'intera procedura. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene   che   la
disciplina impugnata non risponda alle indicate caratteristiche. 
    Infatti, il comma 14 dell'art. 8 della legge prov.  Trento  n.  9
del 2020 affida ad  una  commissione  tecnica  la  valutazione  delle
offerte  dal  punto  di  vista  tecnico  ed  economico,  regolando  i
parametri  normativi  di  apprezzamento,  e   rimette   alla   stessa
commissione il compito di redigere una  graduatoria  dei  concorrenti
che ambiscono alla concessione, cosicche' l'aggiudicatario possa  poi
presentare, entro il termine indicato, la  domanda  di  provvedimento
unico (commi 5-bis e 5-ter dell'art. 1-bis 1 della legge prov. Trento
n. 4 del 1998). Dal canto proprio, l'art. 16 prevede che la struttura
provinciale competente  per  le  risorse  idriche  distribuisca  alle
amministrazioni  interessate  la  domanda  di   provvedimento   unico
dell'assegnatario,  affinche'  ciascuna   di   tali   amministrazioni
provveda  ad  istruire  il  procedimento  per  le  parti  di  propria
competenza. Lo stesso comma chiama la medesima struttura a  convocare
una conferenza dei servizi per il rilascio dei titoli abilitativi. 
    Dunque, secondo l'Avvocatura generale, la disciplina recata dalla
normativa provinciale impugnata non rispetterebbe  il  principio  del
procedimento unico invece prescritto dalla norma statale  interposta,
e contrasterebbe piu' in generale  con  l'assetto  regolatorio  delle
grandi derivazioni idroelettriche. Di qui  il  prospettato  "eccesso"
rispetto alle competenze attribuite dall'art.  13  dello  statuto  di
autonomia e l'asserito  contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., risultando violata la competenza statale esclusiva
in materia di tutela della concorrenza. 
    1.4.- Infine, l'art. 10 della legge prov. Trento n. 9 del 2020 e'
censurato per avere inserito nella legge prov. Trento n. 4  del  1998
un nuovo articolo 1-bis  1.2,  che  specifica  i  requisiti  che  gli
operatori  interessati  al  rilascio  della  concessione  di   grande
derivazione idroelettrica devono possedere. 
    In particolare, nelle lettere comprese tra a) e g), nonche' nella
lettera j) del comma 4 della  nuova  disposizione,  sono  elencati  i
requisiti che l'amministrazione puo'  facoltativamente  inserire  nel
bando, in aggiunta a quelli necessari, indicati nei commi precedenti.
E' posta la sola condizione generale che tali  requisiti  "opzionali"
siano «pertinenti con l'oggetto della concessione». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  la  previsione
introdurrebbe per tal via  criteri  selettivi  incompatibili  con  la
direttiva  2006/123/CE,  in  materia  di  servizi.  Sarebbe   dubbio,
anzitutto, che i  requisiti  indicati  dalla  norma  impugnata  siano
"necessari", cioe' «giustificati da un motivo imperativo di interesse
generale», cosi' come prescritto dall'art. 15, paragrafo  3,  lettera
b), della stessa direttiva. In  ogni  caso,  non  si  tratterebbe  di
condizioni  proporzionate  e  non  sostituibili  mediante   requisiti
altrettanto efficaci, ma meno restrittivi  rispetto  a  quelli  dello
stesso art. 15, paragrafo  3,  lettera  e)  (recte:  lettera  c),  ed
all'art. 10,  paragrafo  2,  lettera  e)  (recte:  lettera  c)  della
direttiva indicata. 
    La  legge  provinciale  impugnata  avrebbe  delineato   requisiti
onerosi, della cui ragionevole necessita' per assicurare al meglio la
produzione dell'energia idroelettrica non vi  sarebbe  dimostrazione.
Dunque, sarebbe violato il principio della liberta' di  stabilimento,
tanto  per  gli  operatori  stranieri  che  per  quelli  del  mercato
nazionale. Ed il contrasto con la "direttiva  servizi"  implicherebbe
la violazione del primo comma dell'art. 117 Cost. 
    2.- Con atto del 1° febbraio 2021, depositato in pari data, si e'
costituita nel giudizio la Provincia autonoma  di  Trento,  chiedendo
sia dichiarata la inammissibilita' o comunque la non fondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale promosse dal Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    2.1.- La Provincia autonoma di  Trento  sviluppa,  anzitutto,  un
argomento   che   dovrebbe    condurre    alla    dichiarazione    di
inammissibilita' delle prime due questioni, cioe' quella  concernente
l'art. 8, comma 9, della legge prov. Trento n. 9 del  2020  e  quella
riguardante il comma 14 dello stesso art. 8 e il comma 3 - cui  viene
aggiunto il comma 4 - dell'art. 1-bis 1.8. della legge  prov.  Trento
n. 4 del 1998, come introdotto dall'impugnato art. 16. 
    Secondo la resistente, lo Stato avrebbe denunciato la  violazione
dell'art. 117 Cost. senza pero' indicare le ragioni per le  quali  la
norma costituzionale appena citata dovrebbe  prevalere  sull'art.  13
dello statuto speciale, la cui prevalenza - prosegue la resistente  -
sarebbe invece stabilita dalla stessa Costituzione,  al  primo  comma
dell'art.  116,  che  attribuisce  (anche)  alla   Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol  forme  e  condizioni  particolari   di
autonomia,  secondo  lo   statuto   speciale   adottato   con   legge
costituzionale. 
    Di conseguenza, il  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sarebbe carente di motivazione in punto di contrasto tra  la
normativa impugnata ed il parametro evocato (e' citata, tra  l'altro,
la sentenza di questa Corte n. 174 del 2020). 
    Con  specifico  riguardo  poi  alla   seconda   delle   questioni
sollevate, la Provincia prospetta  un  vizio  concorrente  di  omessa
motivazione,  poiche'  non  sarebbe  stato  giustificato   l'assunto,
implicitamente proposto, della appartenenza ai «principi fondamentali
dell'ordinamento statale» della prescrizione di un unico procedimento
in materia di concessione di grandi derivazioni.  Prescrizione  posta
alla lettera m) del comma 1-ter dell'art. 12 del  d.lgs.  n.  79  del
1999, ma non per questo cogente, riguardo alla Provincia  resistente,
secondo il disposto dell'art. 13 dello  statuto,  che  condiziona  la
legislazione provinciale nella  materia  de  qua  al  solo  rispetto,
appunto, dei «principi fondamentali dell'ordinamento statale». 
    2.2.- La Provincia assume che  anche  la  terza  delle  questioni
sollevate, relativa al disposto dell'art. 10 della legge prov. Trento
n. 9 del 2020, sarebbe inammissibile per difetto di motivazione. 
    La normativa impugnata, secondo il ricorrente,  sarebbe  afflitta
da «la numerosita', il significativo frazionamento, l'onerosita' e il
tecnicismo» dei requisiti opzionali previsti per i bandi. E  tuttavia
il ricorso avrebbe omesso qualunque valutazione  specifica  su  detti
requisiti, senza coglierne la  funzione  di  adeguamento  ai  profili
concreti  che  ogni  attivita'  produttiva  presenta   in   fase   di
progettazione   e   di   sfruttamento   delle   grandi    derivazioni
idroelettriche. 
    2.3.- Quanto al merito delle questioni  sollevate,  la  Provincia
autonoma di Trento delinea in primo luogo un quadro delle  competenze
nella materia delle grandi derivazioni e delle relative evoluzioni. 
    Ricorda, anzitutto, che l'art. 8, comma  primo,  lettera  e)  del
d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento  alle
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  dei  beni  demaniali  e
patrimoniali dello Stato e della Regione) - come modificata dall'art.
1 del  decreto  legislativo  11  novembre  1999,  n.  463  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale della regione  Trentino-Alto  Adige
in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di
grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e  distribuzione
di energia elettrica) - ha  trasferito  alle  due  Province  autonome
tutti i beni del demanio idrico dello Stato che insistevano nel  loro
territorio, comprese le opere idrauliche. Con l'art. 11 dello  stesso
d.lgs. n. 463 del 1999 (che ha inserito l'art. 1-bis  nel  d.P.R.  n.
235 del  1977),  sono  state  trasferite  alle  Regioni  le  funzioni
concernenti il rilascio  delle  concessioni  di  grandi  derivazioni.
Inoltre nel 2006 (dopo la riforma costituzionale attuata mediante  la
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,  recante  «Modifiche  al
titolo V della parte  seconda  della  Costituzione»),  alle  Province
autonome e'  stata  assegnata  anche  la  competenza  legislativa  in
materia di grandi derivazioni  a  scopo  idroelettrico  (art.  1-bis,
comma 2, del d.P.R. n. 235 del 1977, come novellato dall'art.  1  del
d.lgs. 7 novembre 2006, n.  289,  concernente  «Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale   della   regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol, recanti modifiche al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 marzo 1977, n. 235, in materia di concessioni di grandi
derivazioni d'acqua a scopo  idroelettrico»),  e  di  rilascio  delle
relative concessioni, compresa la determinazione dei canoni (comma 16
dell'art. 1-bis, appena citato). 
    Se e' vero - prosegue la resistente - che con la sentenza  n.  28
del 2014 questa Corte aveva comunque ascritto alla competenza statale
radicata dalla lettera e) del primo  comma  dell'art.  117  Cost.  la
disciplina  delle  procedure  di  gara   nel   settore   dell'energia
idroelettrica, la situazione sarebbe comunque mutata col nuovo  testo
dell'art. 13 dello statuto di autonomia (come novellato dal comma 833
dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205,  recante  «Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2018-2020»). 
    Dunque - anche sul piano del merito - la  Provincia  autonoma  di
Trento assume che nel riparto costituzionale riguardo alla materia de
qua la competenza legislativa sarebbe affidata ad essa  Provincia,  e
non allo Stato. 
    2.3.1.- Sulle premesse fin qui riassunte, la resistente chiede  a
questa Corte di dichiarare non fondata, anzitutto,  la  questione  di
legittimita' costituzionale concernente il comma 9 dell'art. 8  della
legge prov. Trento n. 9 del 2020. 
    La norma imporrebbe una condizione non per la partecipazione alla
gara, ma per l'effettiva assegnazione della concessione al vincitore,
il quale, quand'anche privo di  una  sede  operativa  nel  territorio
provinciale, ben  potrebbe  stabilirne  una  presso  lo  stabilimento
produttivo, o comunque procurarsela con appositi strumenti negoziali,
valendosi dell'ampio termine posto a  disposizione  dalla  legge.  La
stessa   giurisprudenza   amministrativa   avrebbe   sanzionato    di
illegittimita' la clausola in questione solo  quando  prevista  quale
requisito di partecipazione alla gara. E d'altronde la disponibilita'
di una sede operativa  sarebbe  indispensabile  per  l'osservanza  di
tutti  i  doveri  connessi  alla  gestione   della   derivazione   ed
all'attivita' produttiva. 
    Non vi sarebbe dunque violazione dell'art.  49  TFUE,  e  neppure
sarebbe  violato  l'art.  14  della  piu'  volte   citata   direttiva
2006/123/CE, che  attribuisce  carattere  discriminatorio  alla  sola
pretesa che il concorrente stabilisca nel territorio la propria  sede
principale (e' citata Corte di giustizia dell'Unione europea,  quarta
sezione, sentenza 29  luglio  2019,  in  causa  C-209/18,  Repubblica
d'Austria), mentre non e' vietata la prescrizione di  istituire  sedi
operative,  che  sono  anzi  obbligatorie  in  altri  settori   della
legislazione comunitaria (art. 1, paragrafo  5,  del  regolamento  n.
651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014,  che  dichiara  alcune
categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione
degli artt. 107 e 108 del trattato). 
    Di conseguenza, sarebbe non fondata  la  questione  sollevata  in
rapporto all'art. 117, primo comma, Cost. 
    2.3.2.- Analoga conclusione  esprime  la  Provincia  autonoma  di
Trento riguardo alla seconda questione  enucleata  dal  ricorso,  con
riferimento al comma 14 dell'art. 8 e all'art. 16 della  legge  prov.
Trento n. 9 del 2020. 
    Dal punto di vista contenutistico, si tratta, per un primo verso,
delle norme  che  prevedono  l'esame  tecnico  dell'offerta  e,  dopo
l'aggiudicazione  provvisoria,  regolano  la  procedura  utile   alla
presentazione della domanda di provvedimento unico di  aggiudicazione
e abilitazione (commi 5-bis e 5-ter dell'art.  1-bis  1  della  legge
prov. Trento n. 4 del 1998). Per un secondo verso,  si  tratta  delle
norme che ripartiscono tra le amministrazioni interessate il  compito
di  istruire  la  procedura  per  quanto  di  rispettiva  competenza,
prevedendo, infine, la convocazione di  una  conferenza  dei  servizi
partecipata da tutte le amministrazioni interessate al  rilascio  dei
titoli  abilitativi  necessari  per   il   provvedimento   unico   di
assegnazione. 
    Osserva  la  resistente  che  la  nuova   disciplina   accede   a
disposizioni  preesistenti,  mai  impugnate  dallo  Stato,  che  gia'
affidavano la valutazione delle offerte ad  una  commissione  tecnica
indipendente (comma 5 dell'art. 1-bis 1 della legge prov. Trento n. 4
del 1998).  D'altro  canto,  esercitando  la  competenza  legislativa
conferita dall'art.  13  dello  statuto,  la  Provincia  autonoma  ha
comunque scorporato, anteponendola all'avvio della procedura di gara,
la valutazione di impatto ambientale concernente la derivazione (art.
1-bis, commi 1.1 e seguenti, e comma  2,  della  citata  legge  prov.
Trento n. 4 del 1998). Anche questa opzione non e'  stata  contestata
dallo Stato. 
    Piu'  in  generale,  sarebbe  non  fondata  la  pretesa  che   la
legislazione  provinciale  debba  conformarsi  alla   direttiva   del
procedimento unico, come fissata all'art. 12,  comma  1-ter,  lettera
m), del d.lgs. n. 79 del 1999. Tale direttiva,  come  gia'  sostenuto
sul terreno della dedotta inammissibilita', non potrebbe, secondo  la
Provincia,  considerarsi  «principio  fondamentale   dell'ordinamento
statale», come tale condizionante per la legislazione provinciale, ma
costituirebbe una mera disposizione di dettaglio. 
    Un  principio  fondamentale,  semmai,  andrebbe  delineato  nella
direzione opposta, laddove si prescrive che  la  valutazione  tecnica
nelle procedure di appalto o  concessione  sia  comunque  affidata  a
commissioni formate da esperti della materia (sono citati i commi 1 e
4 dell'art. 77 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante
«Codice  dei  contratti  pubblici»).  Altro  principio   fondamentale
concernerebbe la tutela dell'ambiente (art. 4, comma  1,  del  citato
d.lgs. n. 50 del  2016),  assicurata  nella  massima  misura  da  una
procedura preventiva di valutazione  d'impatto  ambientale,  conforme
anche  al  disposto  dell'art.  16,  paragrafo  1,  della   direttiva
2006/123/UE. 
    Oltretutto - aggiunge  la  Provincia  autonoma  di  Trento  -  il
ricorso propone una interpretazione opinabile della norma  elevata  a
parametro   interposto,   che   potrebbe   anche   intendersi   quale
prescrizione  di  una  procedura  unica  per  la  sola   fase   della
instaurazione del rapporto concessorio, e non per quella  antecedente
di selezione delle offerte. 
    In  ogni  caso,  le  amministrazioni  diverse  e  portatrici   di
competenze   proprie   sarebbero   tutte   coinvolte   nel   processo
decisionale, e la struttura  tecnica  della  Provincia  avrebbe  solo
funzioni di coordinamento. La procedura  culminerebbe  effettivamente
in un provvedimento unico della Giunta provinciale, sebbene preparato
dall'apporto   trasparente   e   indipendente   di   ciascuna   delle
amministrazioni coinvolte. 
    2.3.3.-  La  Provincia  autonoma  di  Trento  chiede  infine  sia
dichiarata  non  fondata  anche  la  terza  questione  sollevata  dal
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  relativamente  all'art.  10
della legge prov. Trento n. 9  del  2020,  e  dunque  in  materia  di
requisiti opzionali per il bando concernente la concessione di grandi
derivazioni. 
    I requisiti  obbligatori  sarebbero  stati  fissati  dalla  legge
provinciale,  sottraendoli   alla   discrezionalita'   della   Giunta
provinciale, al fine di garantire che concorrano per  la  concessione
solo soggetti che siano in grado - sul  piano  operativo,  tecnico  e
finanziario - di gestire in sicurezza gli impianti e di assicurare la
continuita' delle forniture di energia. 
    I requisiti "opzionali", che  potrebbero  essere  inseriti  anche
solo parzialmente nel bando, varrebbero  ad  affinare  i  criteri  di
selezione in rapporto alle concrete caratteristiche della derivazione
da gestire,  in  modo  che  possano  accedere  alla  procedura  anche
soggetti che abbiano fatto esperienza solo con impianti di  esercizio
o  di  complessita'  inferiore,  ma  senza  alcun   pregiudizio   per
l'affidabilita' dell'operatore, da garantire anche in  rapporto  alle
specifiche caratteristiche orografiche del territorio trentino. 
    La resistente considera partitamente i  requisiti  censurati  nel
ricorso, al fine di dimostrare come ciascuno tra essi sia  funzionale
all'indicato  bilanciamento,   e   fornisce   dati   quantitativi   e
qualitativi concernenti il numero delle derivazioni,  delle  dighe  e
degli impianti che la  legge  provinciale  impugnata  e'  chiamata  a
disciplinare. 
    Dunque,  non  sussisterebbe  alcuna  violazione  dei  criteri  di
oggettivita', necessita'  e  proporzionalita'  espressi  dalle  norme
dell'Unione europea in materia, a maggior ragione  considerando  che,
al fianco dei parametri indicati  dal  ricorrente,  dovrebbe  tenersi
conto di quanto stabilito all'art.  12,  paragrafo  3,  della  stessa
direttiva  2006/123/CE:  cioe'  che   le   procedure   di   selezione
attribuiscano rilievo a motivi imperativi di carattere generale,  tra
i quali la pubblica sicurezza, che comprende l'incolumita' pubblica. 
    Ne conseguirebbe,  al  fine,  che  la  disciplina  impugnata  non
contrasta ne' con il primo comma dell'art. 117 Cost., ne' con  l'art.
13 dello statuto di autonomia speciale. 
    3.- In data 9 febbraio 2021 e' stata depositata, in  applicazione
degli artt. 4-ter e 23 delle Norme integrative per i giudizi  davanti
alla Corte costituzionale, una opinione scritta nell'interesse  della
Associazione elettricita' futura - Unione  delle  imprese  elettriche
italiane (d'ora in poi: Elettricita' futura), che ha  inteso  operare
come amicus curiae. L'opinione  e'  stata  ammessa  con  decreto  del
Presidente della Corte costituzionale in data 17 febbraio 2022. 
    Elettricita'  futura  considera  fondate  le  prime  due  tra  le
questioni  sollevate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
poiche' le norme impugnate violerebbero, rispettivamente, il primo ed
il  secondo  comma  dell'art.  117  Cost.  Sarebbe  invece  priva  di
fondamento la terza questione, concernente  i  requisiti  "opzionali"
per i bandi, poiche' le misure adottabili dalla Giunta regionale  per
la  selezione  tra   gli   aspiranti   alla   concessione   sarebbero
proporzionate  ed  adeguate  allo  scopo   di   garantire   capacita'
operative, tecniche e finanziarie dei gestori di  grandi  derivazioni
idroelettriche. 
    Dopo aver tracciato  le  linee  fondamentali  di  evoluzione  del
quadro normativo concernente le  grandi  derivazioni  idroelettriche,
Elettricita' futura assume la pertinenza delle relative  disposizioni
alla materia «tutela  della  concorrenza»,  di  esclusiva  competenza
statale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 38 del  2013,  n.
452 del 2007, n. 80 del 2006, n. 175 del 2005, n. 272  e  n.  14  del
2004). Una tutela da assicurare - si aggiunge -  con  una  disciplina
unitaria  per  tutto  il  territorio  nazionale,  che  non  determini
discriminazioni tra  gli  operatori.  I  connessi  principi  generali
sarebbero  validi  anche  per  le  Province   autonome,   come   gia'
riconosciuto da questa stessa Corte (e' citata la sentenza n. 64  del
2012). 
    Dette  Province,  e  le  stesse  Regioni  a   statuto   speciale,
dovrebbero quindi conformarsi ai "criteri-quadro" delineati nell'art.
11-quater del d.lgs. n. 79 del 2009, cosi' come tra  l'altro  avrebbe
suggerito l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato  (AGCM)
con la propria segnalazione AS 1697 del 3 settembre 2020. Oltretutto,
le difformita' della disciplina  delle  grandi  derivazioni  su  base
territoriale ostacolerebbero le imprese di produzione energetica, dal
punto di vista finanziario,  organizzativo  ed  operativo,  in  danno
degli «interessi unitari alla produzione e gestione  di  una  risorsa
energetica qual e' l'energia idroelettrica» (sono citate le  sentenze
di questa Corte n. 1 del 2008, n. 383 e n. 231 del 2005). 
    4.- In data 9  febbraio  2021  e'  stata  depositata,  ancora  in
applicazione degli artt. 4-ter e 23 delle citate  Norme  integrative,
una opinione scritta nell'interesse  della  Associazione  Utilitalia.
Anche questa opinione e' stata ammessa  con  decreto  del  Presidente
della Corte costituzionale del 17 febbraio 2022. 
    Premesso come a suo avviso sussistano profili di contrasto con la
Costituzione delle stesse norme statali interposte, ed in particolare
dell'art. 12 del d.lgs. n. 79  del  1999,  l'amicus  curiae  sostiene
anzitutto la fondatezza della prima tra le  questioni  sollevate  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, relativamente alla  prescritta
costituzione di una sede  operativa,  da  parte  del  concessionario,
nell'ambito del territorio provinciale. 
    La formula normativa non chiarirebbe  se  la  sede  in  questione
possa coincidere con lo stabilimento di  produzione  o  debba  essere
diversa ed autonoma. Se interpretata in quest'ultimo senso, la  legge
provinciale contrasterebbe effettivamente con il diritto dell'Unione,
ed in particolare con gli artt. 49 e 56 TFUE. 
    E' vero - prosegue Utilitalia - che  la  libera  prestazione  dei
servizi ed il diritto di stabilimento possono trovare limiti (art. 52
dello stesso TFUE) fondati su «motivi di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza  e  di  sanita'  pubblica».  Nondimeno,  la  giurisprudenza
comunitaria  avrebbe  da  tempo  indicato   con   chiarezza   quattro
condizioni per la legittimita' di quei limiti: applicazione  in  modo
non discriminatorio, esistenza  di  motivi  imperativi  di  interesse
pubblico, idoneita' a raggiungere lo scopo perseguito, non  eccedenza
rispetto alla stretta necessita' per  la  realizzazione  dello  scopo
medesimo. 
    Principi analoghi sarebbero stati espressi  anche  con  specifico
riferimento alla prescrizione di una sede  stabilita  nel  territorio
nazionale, ammissibile solo quando la stessa sia  indispensabile  per
assicurare lo scopo perseguito. E la giurisprudenza avrebbe  chiarito
che  la  garanzia  si  estende  indiscriminatamente  agli   operatori
stabiliti  in  un  diverso  Stato  dell'Unione  europea  e  a  quelli
nazionali. Secondo Utilitalia, anzi, la  Corte  EDU  avrebbe  sancito
addirittura la necessaria eliminazione di tutti i requisiti  indicati
all'art. 14 della cosiddetta direttiva servizi (e' citata la sentenza
della grande sezione della Corte di giustizia del 16 giugno 2015,  in
causa C-593/13, Presidente del Consiglio dei ministri e altri). 
    Dunque, la normativa impugnata, in parte qua, sarebbe  certamente
in contrasto con il primo comma dell'art. 117 Cost. 
    Dovrebbe poi essere accolta  anche  la  seconda  delle  questioni
sollevate, relativamente alla violazione del principio  di  procedura
unica stabilito  dal  d.lgs.  n.  79  del  1999.  Infatti,  le  norme
censurate non assicurerebbero la contestualita' di tutte le verifiche
demandate alle amministrazioni statali,  il  che  risulterebbe  tanto
piu' pregiudizievole per gli interessi generali presidiati da  quelle
amministrazioni, considerando anche che la legge provinciale (comma 1
dell'art.  1-bis  1.4  della  legge  n.  4  del   1998)   attribuisce
«prevalenza agli aspetti di  carattere  economico»  della  operazione
concessoria. 
    Il ricorso dovrebbe infine essere respinto, sempre  a  parere  di
Utilitalia, quanto alla  terza  questione  sollevata,  riguardante  i
requisiti "opzionali" a disposizione per i bandi. Non si  tratterebbe
di requisiti arbitrari ed eccessivamente  restrittivi,  essendo  anzi
indispensabili ad assicurare competenza e capacita'  operativa  delle
imprese chiamate a produrre l'energia elettrica, e per qualche verso,
addirittura, sarebbero requisiti non sufficientemente rigorosi. 
    5.- In data 9 febbraio  2021  e'  stato  depositato  un  atto  di
intervento (parzialmente) ad adiuvandum ad opera della societa'  Enel
Green Power Italia. 
    6.- In data  1°  marzo  2022  e'  stata  depositata  una  memoria
nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine  di
replicare  alle  richieste  ed   agli   argomenti   della   Provincia
resistente. 
    6.1.-  Sarebbero  non  fondate,  anzitutto,   le   eccezioni   di
inammissibilita' prospettate per le prime due questioni. In  coerenza
con la delibera  di  impugnazione  del  Consiglio  dei  ministri,  il
ricorso avrebbe prospettato con chiarezza una violazione  concorrente
dell'art.  13  dello  statuto   speciale   della   Regione   autonoma
Trentino-Alto   Adige/Südtirol,   di   talche'   sarebbe   priva   di
giustificazione l'accusa di non aver dato «conto della ragione per la
quale non troverebbe applicazione  l'articolo  13  dello  Statuto  di
autonomia». Inoltre,  con  riguardo  alla  prima  questione,  sarebbe
palese l'evocazione dell'art. 49 TFUE come  parametro  sovranazionale
rilevante per il riferimento d'apertura allo  stesso  art.  13  dello
Statuto. Analogamente, vi sarebbe stata  puntuale  indicazione  della
norma   statale   espressiva    di    un    principio    fondamentale
dell'ordinamento interno (l'art. 12,  comma  1-ter,  lettera  m,  del
d.lgs. n. 79 del 1999). 
    Le pretese ragioni di  inammissibilita'  della  terza  questione,
poi, sarebbero state espresse con argomenti (oltre che  generici)  in
realta' attinenti al merito,  cosi'  che  anche  esse  sarebbero  non
fondate. 
    6.2.- Quanto appunto al merito delle questioni, ed in particolare
della prima, sostiene l'Avvocatura  generale  che  la  Provincia  non
avrebbe avuto competenza ad  introdurre  per  legge  una  "condizione
sospensiva" per l'assegnazione della concessione o  per  l'esecuzione
del  contratto,  non  rientrando  una  clausola  del   genere   nelle
previsioni  che  regolano,  appunto,  le  competenze  provinciali  in
materia grandi derivazioni  idroelettriche.  La  normativa  impugnata
confliggerebbe, poi, con le indicazioni provenienti dalla  AGCM,  che
nella deliberazione  del  3  settembre  2020  avrebbe  sollecitato  i
legislatori regionali e provinciali a non introdurre clausole onerose
non necessarie o sproporzionate per  l'accesso  alle  concessioni  di
grandi derivazioni. 
    La Provincia autonoma di Trento, sempre  secondo  il  parere  del
ricorrente, non avrebbe dimostrato la  indispensabilita'  della  sede
operativa locale per il concessionario (e' richiamata la sentenza  di
questa Corte n. 83 del 2018), dal che dovrebbe dedursi la  violazione
del «divieto per i legislatori regionali  di  frapporre  barriere  di
carattere  protezionistico  alla  prestazione,  nel  proprio   ambito
territoriale, di servizi di carattere  imprenditoriale  da  parte  di
soggetti  ubicati  in  qualsiasi  parte  del   territorio   nazionale
(nonche',  in  base  ai  principi  comunitari   sulla   liberta'   di
prestazione dei servizi, in  qualsiasi  paese  dell'Unione  europea)»
(sentenza n. 207 del 2001). 
    Sarebbe    eccessivamente    riduttiva,    per    altro    verso,
l'interpretazione  proposta  circa  l'art.  14  della  direttiva   n.
2006/123/CE, che non contempla la sola imposizione dello  spostamento
della sede principale dell'impresa nel territorio  di  interesse,  ma
vieterebbe piu' largamente anche  restrizioni  meno  pregnanti  della
liberta' di  stabilimento,  attuate  mediante  condizionamenti  della
liberta' di organizzazione dell'operatore interessato. 
    6.3.- Riguardo alla seconda questione,  lo  Stato  nega  che  sia
incompleta la censura mossa in punto  di  adozione  del  procedimento
unico, posto che la violazione e'  ipotizzata  proprio  con  riguardo
alle competenze valutative attribuite  alla  commissione  provinciale
mediante il comma 14 dell'art. 8 della legge prov. Trento  n.  9  del
2020. In esito alla valutazione tecnica espressa  dalla  commissione,
non residuerebbero infatti margini di  apprezzamento  nel  successivo
procedimento  unico,  il  quale,  invece,  dovrebbe  consentire   «la
contestuale acquisizione  dei  pareri  di  tutte  le  Amministrazioni
coinvolte, in cambio della immediata acquisizione di tutti  gli  atti
di assenso, concessione,  permesso,  licenza  o  autorizzazione,  che
altrimenti dovrebbero scontare le lungaggini di procedimenti autonomi
e separati». 
    Sarebbe per altro verso inaccettabile  la  tesi  provinciale  che
nega la qualita' di principio fondamentale alla norma statale di  cui
all'art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999: una qualita'  che  secondo  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sarebbe  invece  evidente,
trattandosi tra l'altro di garantire il vaglio del progetto  mediante
il contributo contestuale di soggetti portatori di interessi affidati
completamente allo Stato (ambiente) e non potendosi  quindi  definire
norma di dettaglio la prescrizione del procedimento unico. 
    Neppure potrebbe accogliersi il rilievo che il procedimento unico
sarebbe  prescritto  per  la  valutazione  del  progetto   presentato
dall'assegnatario,  e  non  per  la  selezione  delle  richieste   di
assegnazione: una  ricostruzione  illogica  ed  incoerente  col  dato
testuale,  che  invece  comprenderebbe   l'attivita'   selettiva   in
questione. 
    Infine, viene ribadita la tesi della illegittimita'  dello  «art.
16 comma 3» della legge prov. Trento n. 9  del  2020,  in  quanto  la
struttura provinciale competente, nel  promuovere  la  conferenza  di
servizi tra tutte le amministrazioni interessate, interverrebbe in un
momento successivo all'aggiudicazione provvisoria della concessione. 
    6.4.-  Con  riferimento  alla  terza  questione  di  legittimita'
costituzionale, riguardante l'art. 10 della legge prov. Trento  n.  9
del 2020, lo Stato ribadisce che i  requisiti  previsti  dalla  norma
costituirebbero «nel loro  complesso»  una  barriera  all'accesso  di
nuovi operatori economici nel mercato  delle  concessioni  di  grandi
derivazioni, non necessaria e non proporzionata, come anche  la  AGCM
avrebbe ritenuto nella gia'  citata  deliberazione  del  3  settembre
2020.  L'Avvocatura  generale  sviluppa,  a  questo  proposito,   con
riguardo alla gran parte dei  requisiti  "opzionali",  considerazioni
tecniche, anche dettagliate, che  dovrebbero  appunto  dimostrare  la
finalita' esclusivamente ostruzionistica della previsione censurata. 
    7.- Nella stessa data del  1°  marzo  2022  e'  stata  depositata
memoria anche nell'interesse della resistente Provincia  autonoma  di
Trento, che ha insistito per una dichiarazione di inammissibilita'  e
comunque  di  non  fondatezza   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    7.1.- Ribadite le proprie tesi sulle carenze di  motivazione  del
ricorso, la resistente nega nuovamente che la norma in tema di  "sede
operativa" determini una discriminazione in danno degli operatori non
stabiliti in Italia o nel  territorio  provinciale.  E'  citata,  per
argomentare a contrario, la sentenza di questa Corte n. 98 del  2020,
che ha rilevato l'illegittimita' costituzionale di  una  disposizione
regionale che - ben diversamente da quella qui impugnata -  istituiva
appunto  una  riserva  di  partecipazione  alle  gare  in  favore  di
operatori locali. 
    Nella stessa logica, la Provincia richiama la sentenza di  questa
Corte n. 28 del 2013,  concernente  una  norma  regionale  che  aveva
stabilito, per il caso di parita'  nei  punteggi,  la  prevalenza  di
operatori radicati nel territorio di competenza. Anche  questo  vizio
non  sarebbe  proprio  della  normativa  qui  censurata,  poiche'  la
richiesta di una sede operativa non influisce  in  alcun  modo  sulla
graduatoria degli aspiranti concessionari. 
    Non conferente sarebbe, infine, il riferimento della  controparte
alla sentenza di questa Corte n.  83  del  2018,  con  cui  e'  stata
dichiarata costituzionalmente illegittima una disposizione che  aveva
discriminato, nell'accesso a  garanzie  assicurative  per  i  crediti
vantati  da  imprese  esterne,  gli  operatori  privi  di  una  «sede
operativa» nella regione interessata. 
    In realta' il concessionario designato assumerebbe, nei confronti
dell'amministrazione provinciale  concedente  e  della  comunita'  di
riferimento,  un  impegno  gravido  di  vincoli  tecnici  e  cautele,
proporzionato alla  rilevanza  sociale  ed  economica  dell'attivita'
oggetto di concessione,  per  l'adempimento  del  quale  non  sarebbe
ragionevole,  da  parte   dell'amministrazione   pubblica,   ritenere
sufficiente la sola garanzia di corretta esecuzione. 
    Infine, la  normativa  di  matrice  europea  non  vieterebbe,  in
generale, agli Stati membri di richiedere  agli  operatori  economici
che esercitano la liberta' di  prestazione  dei  servizi  all'interno
dell'Unione europea, riconosciuta dall'art. 56 TFUE, il requisito del
possesso di uno stabilimento in sede locale, limitandosi piuttosto  a
precludere la  condizione  dell'insediamento  della  sede  principale
dell'impresa nel  territorio  interessato  dalla  concessione  o  dal
contratto. Addirittura, l'art. l, paragrafo  5,  del  regolamento  n.
651/2014/UE prevede che l'autorita' che concede  un  aiuto  di  Stato
possa richiedere che l'impresa beneficiaria  abbia  almeno  un'unita'
operativa sul territorio al momento della  liquidazione  o  pagamento
dell'aiuto. La materia qui in  discussione  -  secondo  la  Provincia
resistente - sarebbe affine. 
    7.2.-  Si  definisce   nuovamente   inammissibile   per   mancata
evocazione del parametro statutario, e comunque non fondata, anche la
seconda delle questioni sollevate dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    In ragione dell'art. 13 dello statuto regionale di autonomia,  la
Provincia autonoma di  Trento  incontrerebbe  nella  legislazione  in
materia di grandi derivazioni il solo limite del «rispetto [...]  dei
principi fondamentali dell'ordinamento statale»: non dunque di  norme
di dettaglio, quale sarebbe  quella  indicata  dal  ricorrente  quale
parametro interposto. 
    Funzione della norma statale sarebbe in effetti  solo  quella  di
stabilire un criterio direttivo per le Regioni a  statuto  ordinario,
in una materia ritenuta di competenza legislativa  esclusiva  statale
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tanto questo
e' vero - osserva la Provincia resistente - che lo stesso art. 12 del
d.lgs. n. 79 del 1999 contiene una previsione  espressa  di  richiamo
all'osservanza delle disposizioni in esso  contenute,  non  essendosi
evidentemente  ritenuto  sufficiente  il  riferimento  generale  alla
necessaria conformita' delle norme regionali ai principi fondamentali
dell'ordinamento statale. 
    D'altronde - prosegue la resistente - un  principio  fondamentale
nell'ambito della legislazione statale di riferimento  consisterebbe,
semmai, nella garanzia di trasparenza e imparzialita' della selezione
affidata ad esperti tecnici, che non devono e non possono partecipare
a fasi diverse dello stesso procedimento  (art.  77,  commi  1  e  4,
d.lgs. n. 50 del 2016). 
    Non sarebbe poi vero che la norma statale  asseritamente  violata
prescriva  la   «unicita'   onnicomprensiva   del   procedimento   di
assegnazione  della  concessione».  Infatti,  la  lettera  m)   della
previsione riguarda l'apprezzamento «dei progetti presentati in esito
alle procedure di assegnazione», e dunque potrebbe essere  letta  nel
senso che il  procedimento  unico  debba  avviarsi  «dopo  l'avvenuto
svolgimento  della  procedura   selettiva   di   assegnazione   della
concessione, di modo che  la  selezione  delle  proposte  progettuali
sembrerebbe   concernere   i   progetti   presentati   dall'operatore
selezionato in via provvisoria». 
    La Provincia ribadisce come l'art. l-bis l, comma 5, della  legge
prov. Trento n. 4 del  1998  gia'  prevedesse  una  competenza  della
commissione  tecnica  ai  fini  della   valutazione   delle   offerte
presentate dai concorrenti. 
    Si aggiunge poi che, quand'anche l'interpretazione corretta fosse
quella proposta dallo Stato, la normativa  provinciale  assicurerebbe
l'osservanza   sostanziale   del   principio,   poiche'   tutte    le
amministrazioni centrali coinvolte  sarebbero  comunque  chiamate  ad
intervenire «prima dell'aggiudicazione  definitiva»  (art.  l-bis  l,
comma 6, della legge prov. Trento n. 4 del 1998). 
    7.3.- Riguardo alla terza questione sollevata dal Presidente  del
Consiglio dei ministri, la Provincia autonoma di Trento  segnala  che
nelle more del giudizio in via principale la norma impugnata  avrebbe
subito una significativa modifica, attuata mediante l'art.  13  della
legge della Provincia autonoma  di  Trento  23  aprile  2021,  n.  6,
recante «Misure di semplificazione e razionalizzazione in materia  di
territorio, ambiente e contratti pubblici: modificazioni della  legge
provinciale sulla valutazione d'impatto ambientale  2013,  del  testo
unico provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti 1987,
della legge provinciale  sulle  acque  pubbliche  1976,  della  legge
provinciale 6 marzo 1998, n. 4 (Disposizioni  in  materia  di  grandi
derivazioni a scopo idroelettrico  e  altre  disposizioni  connesse),
della legge provinciale sulle foreste e sulla protezione della natura
2007, dell'articolo 40  (Catasto  dei  fabbricati  e  nuova  anagrafe
immobiliare   integrata   catasto-libro   fondiario)   della    legge
provinciale 27 dicembre  2010,  n.  27,  della  legge  provinciale  7
gennaio 1991, n. l (Eliminazione delle  barriere  architettoniche  in
provincia di Trento), nonche' della legge provinciale 9  marzo  2016,
n. 2, e della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2,  in  materia  di
contratti pubblici», non impugnata da parte del Governo. 
    Premesso che, nella  versione  antecedente  alla  novella  appena
indicata, la disposizione di cui all'art. l-bis 1.2 della legge prov.
Trento n. 4 del  1998  non  avrebbe  avuto  alcuna  applicazione,  la
Provincia resistente chiede che venga dichiarata la cessazione  della
materia del contendere, posto che nei giudizi in via di azione lo ius
superveniens comporta appunto, in difetto di applicazioni  intermedie
della normativa impugnata,  che  non  vi  sia  ragione  di  ulteriore
contenzioso. 
    Ove la questione fosse ugualmente esaminata, si  ribadisce  dalla
resistente la richiesta di dichiararla inammissibile, per  l'asserita
genericita' dei rilievi concernenti i vari requisiti descritti  nella
normativa censurata, dei quali non sarebbero argomentati il carattere
inutilmente gravoso o il difetto di proporzionalita'.  Ne'  il  vizio
potrebbe  considerarsi  superato  da  spiegazioni   integrative   del
ricorso,  attuate   mediante   memorie   di   udienza,   poiche'   la
giurisprudenza  costituzionale  avrebbe  escluso  la   rilevanza   di
integrazioni siffatte. 
    Nel merito, la Provincia autonoma di Trento ribadisce, non  senza
dettagli tecnici, che i  requisiti  opzionali  previsti  dalla  legge
devono essere adottati, congiuntamente  o  parzialmente,  secondo  le
caratteristiche  del  singolo  rapporto  concessorio,  e   mirano   a
presidiare l'interesse generale  al  sicuro,  efficiente  e  continuo
funzionamento del servizio di produzione di energia idroelettrica. 
    8.- Infine, va dato atto che, sempre  nella  data  del  1°  marzo
2022, e' stata depositata una memoria anche  nell'interesse  di  Enel
Green Power Italia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 24 dicembre 2020 (reg. ric. n.  104
del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  impugnato  alcune
disposizioni della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  21
ottobre 2020, n. 9, recante «Modificazioni della legge provinciale  6
marzo 1998, n. 4  (Disposizioni  per  l'attuazione  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  26  marzo  1977,  n.  235.  Istituzione
dell'azienda   speciale   provinciale   per   l'energia,   disciplina
dell'utilizzo dell'energia  elettrica  spettante  alla  Provincia  ai
sensi dell'articolo 13 dello Statuto speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige, criteri per la  redazione  del  piano  della  distribuzione  e
modificazioni alle leggi provinciali 15 dicembre 1980,  n.  38  e  13
luglio 1995, n. 7), della legge provinciale sull'energia 2012,  della
legge  provinciale  sulle  acque  pubbliche  1976   e   della   legge
provinciale sull'agricoltura 2003». 
    Il ricorrente impugna, in primo luogo, l'art. 8, comma  9,  della
legge provinciale citata - che ha sostituito  l'art.  1-bis  1  della
legge della Provincia autonoma di Trento 6 marzo 1998, n. 4,  recante
«Disposizioni in materia di grandi derivazioni a scopo  idroelettrico
e altre disposizioni connesse» (titolo cosi' modificato  dall'art.  1
della stessa legge prov. Trento n. 9 del 2020) - nella parte  in  cui
dispone (in particolare al novellato comma 2,  lettera  s,  dell'art.
1-bis 1 della legge prov. Trento n. 4 del 1998) che il bando  per  la
concessione di una grande derivazione idroelettrica prescriva che  il
concessionario, entro 180 giorni dalla aggiudicazione,  «si  doti  di
una sede operativa nel territorio  provinciale  avente  in  dotazione
risorse umane e strumentali idonee in relazione alle  caratteristiche
della concessione oggetto della procedura di gara». 
    Sarebbe in tal modo violato l'art. 13 dello statuto speciale  per
il Trentino-Alto Adige, di cui all'art. unico del  d.P.R.  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige),  nonche'
l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 49
del Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE),  come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla  legge  2  agosto  2008,  n.  130,  e  all'art.  14,
paragrafo  unico,  numero  3),  della   direttiva   2006/123/CE   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai
servizi nel mercato interno. 
    In secondo luogo, sono impugnati l'art. 8, comma 14, della  legge
della Provincia autonoma di Trento n. 9 del  2020,  che  introduce  i
commi 5-bis e 5-ter dopo il comma 5 dell'art.  1-bis  1  della  legge
prov. Trento n. 4 del 1998, e l'art. 16, comma 3,  (recte:  art.  16)
della stessa legge prov. Trento n. 9 del 2020, che  introduce  l'art.
1-bis 1.8, comma 3, dopo l'art. 1-bis 1.7 della legge prov. Trento n.
4 del 1998. In  base  al  tenore  del  ricorso,  l'impugnazione  deve
tuttavia intendersi estesa anche  al  successivo  comma  4  dell'art.
1-bis 1.8. 
    Il ricorrente si duole, in particolare, della previsione per cui,
in applicazione di tali disposizioni, le offerte degli aspiranti alla
concessione di grande derivazione  idroelettrica  sono  valutate  dal
punto di vista tecnico ed economico da  una  commissione  tecnica,  e
dopo l'aggiudicazione provvisoria, verificata l'assenza di motivi  di
esclusione ed il possesso dei  requisiti  richiesti,  l'operatore  e'
invitato  dalla  struttura  provinciale  competente  per  le  risorse
idriche a presentare una domanda di provvedimento unico (commi  5-bis
e 5-ter del novellato art. 1-bis  1).  La  censura  si  estende  alla
previsione per cui la menzionata struttura provinciale trasmette tale
domanda alle amministrazioni interessate, che compiono  l'istruttoria
per i profili di rispettiva competenza secondo quanto previsto  dalla
normativa di settore (comma 3 del nuovo art. 1-bis  1.8  della  legge
prov. Trento n. 4 del 1998). 
    In tal modo, sarebbe nuovamente violato l'art. 13  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto  Adige,  e  vi  sarebbe  lesione  anche
dell'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., che attribuisce alla
competenza esclusiva statale la disciplina in tema di  «tutela  della
concorrenza». Soprattutto, la procedura delineata dalle  disposizioni
provinciali impugnate sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  12,  comma
1-ter, lettera m), del decreto  legislativo  16  marzo  1999,  n.  79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica) - come  modificato  dall'art.
11-quater del decreto-legge 14 dicembre 2018,  n.  135  (Disposizioni
urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per
la pubblica amministrazione), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 febbraio 2019, n. 12 - ove e' prescritto che la selezione  e
la  valutazione  dei  progetti  presentati  con   le   richieste   di
concessione siano comprese in un unico procedimento: cio' che  invece
non accadrebbe secondo le disposizioni impugnate. 
    In terzo ed ultimo luogo, il ricorrente impugna l'art.  10  della
legge prov. Trento n. 9 del 2020, che introduce un nuovo  art.  1-bis
1.2 nella legge prov. Trento n. 4 del 1998, ove si  dispone  che  nei
bandi per la concessione di grandi derivazioni idroelettriche possono
essere inseriti una serie di requisiti  "opzionali",  indicati  nelle
lettere da a) a g) e nella lettera j) del comma 4 dello  stesso  art.
1-bis 1.2. 
    Cosi' facendo,  la  disposizione  violerebbe  l'art.  117,  primo
comma, Cost., in relazione agli artt. 15,  paragrafo  3,  lettera  e)
(recte: lettera c), e 10, paragrafo 2, lettera e) (recte: lettera c),
della direttiva 2006/123/CE,  da  cui  discenderebbe  il  divieto  di
imporre,  a  carico  degli  operatori,  requisiti  sproporzionati  ed
inutilmente  onerosi  di  partecipazione  alle   procedure   per   il
conferimento delle concessioni. Secondo il ricorrente, il difetto  di
proporzionalita'  emergerebbe  alla  luce  de  «la  numerosita',   il
significativo  frazionamento,  l'onerosita'  e  il  tecnicismo»   dei
requisiti. 
    2.- Preliminarmente,  deve  essere  richiamata  la  dichiarazione
d'inammissibilita' dell'intervento spiegato dalla societa' Enel Green
Power Italia, per le ragioni esposte nell'ordinanza letta all'udienza
pubblica del 22 marzo 2022, allegata alla presente sentenza. 
    3.- Venendo all'esame delle questioni, la Provincia  autonoma  di
Trento ha sostenuto in via preliminare l'inammissibilita' della prima
questione, relativa alla previsione contenuta nell'art. 8,  comma  9,
della legge prov. Trento n. 9 del 2020,  per  cui  il  bando  per  la
concessione di una grande derivazione idroelettrica deve  prescrivere
che il concessionario, entro 180 giorni dalla aggiudicazione, si doti
di una sede operativa nel territorio provinciale. 
    L'impugnativa statale avrebbe infatti  attribuito  prevalenza  al
disposto dell'art. 117, primo e secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,
senza  pero'  illustrare  le   ragioni   per   cui   tali   parametri
costituzionali dovrebbero vanificare il chiaro disposto dell'art.  13
dello statuto di autonomia speciale, che attribuisce  alla  Provincia
competenza  legislativa  primaria  quanto  alle  modalita'   e   alle
procedure di assegnazione delle concessioni  per  grandi  derivazioni
d'acqua. Nel ricorso, anzi, la disposizione  statutaria  risulterebbe
solo genericamente evocata. 
    Ricorrerebbero dunque le  condizioni  per  una  dichiarazione  di
inammissibilita', poiche' la  giurisprudenza  costituzionale,  specie
quando si tratta di  giudizi  in  via  principale,  richiede  che  il
ricorso contenga una chiara indicazione dei  parametri  asseritamente
violati e delle ragioni  del  denunciato  conflitto  tra  essi  e  le
disposizioni impugnate. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    E' pur  vero  che  il  parametro  statutario,  contemplato  nella
delibera del Consiglio dei ministri che ha originato  l'impugnazione,
e' citato, per tutte e tre le questioni promosse, solo  nell'epigrafe
dell'atto di impugnazione e nelle sue conclusioni. Tuttavia, in  piu'
punti del ricorso, si afferma  che  la  normativa  impugnata  «eccede
dalle competenze riconosciute alla Provincia autonoma di Trento dallo
Statuto speciale di autonomia». 
    E' altresi' vero che il ricorso non approfondisce il rapporto tra
lo stesso art. 13 dello statuto  speciale  e  gli  evocati  parametri
"interni"  alla  Costituzione.  Pure,  il  nucleo  del   ragionamento
condotto dal ricorrente emerge con sufficiente nettezza. Posto che il
diritto europeo prevede limiti alla normazione in materie concernenti
la  concorrenza,  e  che  questi  limiti  si  affiancano   a   quelli
direttamente ricavabili dalla Costituzione, ad entrambi questi limiti
farebbe riferimento il primo periodo del comma 1 dell'art.  13  dello
statuto di autonomia («[n]el  rispetto  dell'ordinamento  dell'Unione
europea  e  degli  accordi  internazionali,  nonche'   dei   principi
fondamentali dell'ordinamento statale, le province  disciplinano  con
legge  provinciale  [...]»).  Non  essendo  la   Provincia   autonoma
autorizzata a superare tutti tali limiti - questa  la  conclusione  -
essa avrebbe dovuto attenersi al disposto del  primo  e  del  secondo
comma, lettera e), dell'art. 117 Cost. 
    Cio'  risulta  sufficiente  per  consentire  a  questa  Corte  di
svolgere lo scrutinio di merito. 
    3.1.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    Secondo   l'Avvocatura   generale,   la   pretesa   che,    oltre
all'infrastruttura necessaria per lo sfruttamento della  concessione,
gli operatori  non  stabiliti  in  Italia  (e,  per  estensione,  gli
operatori italiani non stabiliti in Trentino) debbano  essere  muniti
di una "sede operativa" nel  territorio  provinciale,  contrasterebbe
con l'art. 49 TFUE, discriminando di fatto tali operatori. 
    Il riferimento del ricorrente e' al  secondo  periodo  del  primo
paragrafo della disposizione appena citata, secondo cui il divieto di
porre restrizioni alla liberta' di stabilimento si «estende  altresi'
alle restrizioni  relative  all'apertura  di  agenzie,  succursali  o
filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro sul territorio di
un altro Stato membro». 
    Per le stesse ragioni, la norma impugnata violerebbe il  disposto
dell'art.  14,  paragrafo   unico,   numero   3),   della   direttiva
2006/123/CE,  che  fa  divieto  agli  Stati  membri   di   apprestare
«restrizioni della liberta', per  il  prestatore,  di  scegliere  tra
essere stabilito a titolo principale  o  secondario,  in  particolare
l'obbligo per il prestatore, di avere lo stabilimento principale  sul
loro territorio o restrizioni alla liberta' di scegliere  tra  essere
stabilito in forma di rappresentanza, succursale o filiale».  Secondo
il ricorrente,  la  previsione  impugnata  comprimerebbe  proprio  la
liberta'  degli  operatori  economici  di   «scegliere   tra   essere
stabilit[i] a titolo principale o secondario». 
    Come visto, a causa di queste violazioni del diritto dell'Unione,
la norma  impugnata  risulterebbe  inoltre  eccedente  rispetto  alle
competenze statutarie della Provincia autonoma di Trento. 
    In  realta',   la   previsione   per   cui   entro   180   giorni
dall'aggiudicazione  il  concessionario  deve  dotarsi  di  una  sede
operativa nel territorio provinciale non e'  una  condizione  imposta
per  la  partecipazione  alla  gara  (nel  senso  dell'illegittimita'
costituzionale di discipline che, invece,  prevedono  limitazioni  di
accesso alla procedura in base alla sede dell'impresa questa Corte si
e' pronunciata, di recente, con la sentenza n. 98 del 2020), e non si
presenta nemmeno come fattore di attribuzione di punteggi  aggiuntivi
per la formazione della graduatoria (cio' che  avrebbe  reso,  a  sua
volta, costituzionalmente illegittima la previsione: sentenza  n.  28
del 2013), ne' quale requisito per l'accesso a condizioni  di  favore
per la prestazione delle garanzie  necessarie  in  vista  della  gara
medesima (in proposito, sentenza n. 83 del 2018). 
    La richiesta di dotarsi di una sede operativa non riguarda  tutti
gli  aspiranti  alla   concessione,   ma   e'   riferita   unicamente
all'aggiudicatario  della   concessione.   Essa   non   puo'   quindi
esercitare, almeno  non  in  via  diretta,  in  capo  agli  aspiranti
concessionari, un effetto di dissuasione, conseguente  a  valutazioni
negative quanto al rapporto tra costi da  sostenere  per  partecipare
alla gara e probabilita' di conseguire l'utilita' attesa. 
    Da questo punto di vista, la disciplina impugnata appare coerente
con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. 
    Quest'ultima distingue con chiarezza tra previsioni che impongono
all'operatore di disporre di una sede o di un altro stabilimento  sul
territorio  dello  Stato,  ancor  prima  che  gli  sia  affidata   la
concessione - pretesa che da'  vita  ad  una  disciplina  dissuasiva,
incompatibile con la liberta' di stabilimento - e previsioni  di  «un
requisito  di  stabilimento  [...]  quando  si   applichi   dopo   la
concessione   dell'autorizzazione    d'esercizio    e    prima    che
l'imprenditore avvii l'esercizio» dell'attivita' cui si riferisce  il
provvedimento concessorio (Corte di  giustizia  dell'Unione  europea,
terza sezione, sentenza 22 dicembre 2010, in causa  C-338/09,  Yellow
Cab Verkehrsbetriebs  GmbH;  nello  stesso  senso,  seconda  sezione,
sentenza 27 febbraio 2019,  in  causa  C-563/17,  Associação  Peço  a
Palavra ed altri). 
    Piu'  in  generale,  questa   stessa   giurisprudenza   considera
legittimo richiedere che l'operatore possieda requisiti che indichino
(o favoriscano) la sussistenza di una qualche sua  relazione  con  il
territorio, a condizione che essi siano proporzionati e necessari per
il conseguimento dello  scopo  perseguito  mediante  l'organizzazione
della gara, cosi' da perdere ogni ingiustificato  carattere  di  mera
discriminazione e di compressione della liberta' di stabilimento  (in
questo senso, la gia' citata sentenza della CGUE, Associação  Peço  a
Palavra). 
    Come  si  e'  visto,  la  norma  provinciale   impugnata   impone
l'istituzione di una sede operativa non all'imprenditore  che  voglia
partecipare alla gara per la  concessione,  ma  solo  a  quello  che,
avendo conseguito il risultato, puo' affrontare  il  compito  con  la
ragionevole aspettativa di conseguire  le  utilita'  in  vista  delle
quali ha stabilito di concorrere alla gara stessa. 
    Una  "sede  operativa"  consiste,  inoltre,  in  un   luogo   ove
installare  le  sole  risorse  umane  e  materiali   necessarie   per
l'assolvimento in sicurezza dei compiti di gestione della derivazione
e  dell'impianto  idroelettrico.  Non  deve  trattarsi   della   sede
principale e neppure di una filiale o  di  uno  stabilimento,  inteso
come unita' produttiva autosufficiente. 
    La formula testuale utilizzata, inoltre,  non  prescrive  affatto
che la sede in questione debba essere autonoma e creata ex novo e, in
particolare, non impedisce che essa coincida con lo  stabilimento  di
produzione. 
    D'altra parte, riesce difficile immaginare che un  operatore,  il
quale  assuma  la  responsabilita'  della  gestione  di  una   grande
derivazione e di un impianto di produzione dell'energia  elettrica  -
cioe' di strutture tendenzialmente  imponenti,  gia'  necessariamente
dotate di locali tecnici -  possa  provvedere  al  compito,  in  modo
compatibile con la sicurezza pubblica  e  con  gli  obiettivi  propri
della produzione energetica, senza disporre in loco di attrezzature e
di tecnici adeguati. Senza dimenticare che  la  disciplina  censurata
non impone al concessionario  specifiche  forme  per  l'approntamento
della sede e per la sua gestione. 
    In definitiva, la richiesta all'operatore di approntare una  sede
"operativa" in prossimita' con l'impianto  da  gestire,  o  anche  in
coincidenza con esso, e' misura necessaria per la tutela di  evidenti
esigenze  di  sicurezza  pubblica,  idonea  a  raggiungere  il   fine
perseguito,  e,  infine,   proporzionata,   tanto   in   termini   di
bilanciamento tra vantaggi e  costi  per  l'imprenditore,  quanto  in
riferimento al rapporto tra obbiettivi assicurati e possibili effetti
sulla concorrenza. 
    4.- La Provincia autonoma  di  Trento  eccepisce  preliminarmente
l'inammissibilita' anche della  seconda  questione  promossa  con  il
ricorso statale, relativa alle disposizioni provinciali - in  specie:
gli artt. 8, comma 14, e 16 della legge prov. Trento n. 9 del 2020  -
che  non  assicurerebbero,  nella  procedura  di  assegnazione  delle
concessioni in esame, il  rispetto  del  principio  del  procedimento
unico, asseritamente prescritto, secondo il ricorrente, dall'art. 12,
comma 1-ter, lettera m), del d.lgs. n. 79 del 1999,  come  modificato
dall'art. 11-quater del d.l. n. 135 del 2018, come convertito. 
    Gli argomenti a sostegno di questa  seconda  eccezione  sono  gli
stessi posti a base della prima, sicche',  per  le  medesime  ragioni
prima indicate (punto 2), anch'essa deve essere rigettata. 
    Ben vero che il ricorrente, anche in riferimento a  tale  seconda
questione, non approfondisce il rapporto tra l'art. 13 dello  statuto
speciale e gli altri  parametri  costituzionali  indicati:  ma,  come
subito si dira', appartiene allo scrutinio di merito stabilire se  il
principio del procedimento unico, asseritamente ricavabile dal citato
art. 12, comma 1-ter, lettera m),  del  d.lgs.  n.  79  del  1999,  e
invocato  dal  ricorrente  quale  norma  interposta,  appartenga   ai
«principi fondamentali dell'ordinamento statale», di  cui  lo  stesso
art. 13 dello statuto speciale impone il rispetto  alla  legislazione
provinciale. 
    5.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    Le ragioni della dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale
emergono da uno scrutinio  da  articolarsi  secondo  cinque  distinti
passaggi. 
    E' necessario,  in  primo  luogo,  richiamare  sinteticamente  la
disciplina normativa  precedente  alla  riforma  dell'art.  13  dello
statuto speciale di autonomia e l'assetto delle rispettive competenze
legislative, provinciali e statali,  in  materia  di  concessioni  di
grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico. 
    In secondo luogo, va  chiarita  la  portata  dell'art.  13  dello
statuto speciale di autonomia cosi' come risultante  dalle  rilevanti
modifiche introdotte nel 2017.  Infatti,  all'esito  della  procedura
semplificata e negoziata dettata all'art. 104 dello  statuto  stesso,
il comma 833 dell'art.  1  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio  2018-2020),  ha  modificato  la
disposizione statutaria in parola, attribuendo alle Province autonome
una peculiare competenza legislativa in materia  di  concessioni  per
grandi derivazioni d'acqua a  scopo  idroelettrico.  Tale  competenza
risulta ora assoggettata ad una serie di limiti  che,  dal  punto  di
vista testuale, non coincidono del tutto con  quelli  indicati  nelle
altre norme dello statuto che delineano, elencandone  gli  ambiti  di
intervento, la potesta' legislativa primaria della  Regione  e  delle
Province (artt. 4 e 8). 
    In terzo  luogo,  va  illustrato  il  contenuto  del  piu'  volte
ricordato art. 12 comma, 1-ter, lettera m),  del  d.lgs.  n.  79  del
1999, verificando se tale  disposizione  prescriva  un  riconoscibile
principio procedimentale, riferibile alla selezione, da  un  lato,  e
alla valutazione, dall'altro,  dei  progetti  presentati  nell'ambito
della gara per l'assegnazione delle concessioni in esame: si  tratta,
in particolare, di stabilire se la norma statale evocata a  parametro
interposto prescriva che tutte le amministrazioni interessate debbano
essere coinvolte, non  solo  nella  valutazione  dell'unico  progetto
pre-selezionato, ma anche nella  precedente  fase  di  selezione  tra
tutti i partecipanti alla gara. 
    In quarto luogo, va verificato se, una volta  identificato,  tale
principio costituisca limite alla competenza legislativa  provinciale
sulle modalita' e sulle procedure di assegnazione di concessioni  per
grandi derivazioni idroelettriche, alla luce della formula utilizzata
dal nuovo testo dell'art. 13 dello statuto. 
    Infine,  si  tratta  di  accertare  se,  e  in  che  termini,  la
disciplina provinciale impugnata si conformi  o  si  allontani  dalla
procedura delineata dalla normativa statale e dal principio da questa
ricavabile. 
    6.-  L'art.  9  dello  statuto,  annoverando,  al  punto  9),  la
«utilizzazione delle acque pubbliche» tra le materie  assegnate  alla
potesta'   legislativa   concorrente    delle    Province,    esclude
espressamente, con formula tuttora vigente, «le grandi derivazioni  a
scopo  idroelettrico».  Allo  stesso  tempo,  gli  artt.  12   e   13
(quest'ultimo nella versione originaria) dello statuto dettavano  per
questa materia una peculiare disciplina, in  cui  alle  Province  era
riservato, da un lato, un  ruolo  di  partecipazione  alle  decisioni
assunte in sede  statale  (art.  12,  nel  testo  tutt'ora  vigente),
dall'altro, in particolare, la competenza a  stabilire  con  legge  i
criteri per la  determinazione  del  prezzo  dell'energia  e  per  le
tariffe d'utenza (art. 13, nella versione vigente  al  momento  della
novella di cui al comma 833 dell'art. 1 della legge n. 205 del 2017). 
    Nel  corso  del  tempo,  tuttavia,  il  quadro  normativo   delle
competenze  provinciali  in  materia   e'   mutato.   Limitandosi   a
ripercorrere le tappe fondamentali di tale evoluzione, e  per  quanto
qui soprattutto rileva, la riforma operata con  legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione),  ha  introdotto  la  competenza  concorrente  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia»,  in  tal  modo  attribuendo  alle  Regioni  a  statuto
ordinario una competenza di cui le Province autonome, all'epoca,  non
disponevano. Tale competenza concorrente, tuttavia, doveva intendersi
estesa anche alle citate autonomie speciali, in forza della  clausola
di maggior favore di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del  2001
(sentenze n. 64 del 2014 e n. 383 del 2005). 
    In seguito, l'art. 1 del d.lgs. n. 289 del  2006  e'  intervenuto
sull'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977 (Norme di attuazione dello
statuto speciale della regione  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
energia). In particolare, il novellato  comma  2  dello  stesso  art.
1-bis aveva stabilito che le grandi derivazioni di acque pubbliche  a
scopo idroelettrico fossero disciplinate con legge  provinciale  «nel
rispetto degli  obblighi  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
degli accordi internazionali, dell'articolo 117, secondo comma, della
Costituzione, nonche' dei principi  fondamentali  delle  leggi  dello
Stato». Il successivo comma 16, inoltre, sostanzialmente "duplicando"
la previsione del precedente comma 2 e calibrandola sui provvedimenti
concessori e  sui  relativi  canoni  demaniali,  aveva  stabilito  (e
tuttora stabilisce) che «[l]e concessioni  di  grande  derivazione  a
scopo idroelettrico, ivi compresi i canoni demaniali di  concessione,
sono disciplinati con legge provinciale  nel  rispetto  dell'articolo
117,  secondo  comma,  della  Costituzione,  nonche'   dei   principi
fondamentali delle leggi dello Stato e degli obblighi comunitari». 
    In tale complessivo  contesto,  questa  Corte  ha  affermato  che
spettava, dunque, «allo Stato  intervenire  in  via  esclusiva  sugli
aspetti riconducibili agli ambiti di cui all'art. 117, secondo comma,
Cost. (come per le procedure di assegnazione delle  concessioni,  che
rientrano nella tutela della concorrenza: sentenza n.  1  del  2008),
nonche' stabilire i principi fondamentali (come per la produzione, il
trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia: sentenza 383 del
2005); dall'altro [...] alle Province  autonome  regolare  tutti  gli
altri profili, quali, ad esempio, l'uso delle acque,  la  trasparenza
delle concessioni e  la  disciplina  delle  funzioni  amministrative»
(sentenza n. 28 del 2014). 
    Come si e' anticipato, la materia e' stata oggetto, nel 2017,  di
un singolare intervento riformatore, volto a modificare incisivamente
il testo dell'art. 13 dello statuto. Il gia' richiamato art. 1, comma
833, della legge n. 205 del 2017 ha infatti innovato la  disposizione
statutaria, estendendo la  competenza  legislativa  provinciale  alle
modalita' e alle procedure  di  assegnazione  delle  concessioni  per
grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico,  e  precisando  che
tale   competenza   deve   essere    esercitata    «[n]el    rispetto
dell'ordinamento dell'Unione europea e degli accordi  internazionali,
nonche'  dei   principi   fondamentali   dell'ordinamento   statale».
Contestualmente, il successivo comma 834 della legge n. 205 del  2017
ha abrogato il (solo) comma 2 dell'art. 1-bis del d.P.R. n.  235  del
1977. 
    Le parti del giudizio sembrano entrambe  convenire  nel  ritenere
che quella disegnata dal nuovo testo dell'art. 13 dello  statuto  non
sia una competenza  legislativa  concorrente.  Lo  stesso  ricorrente
ammette, anzi, trattarsi di  «competenza  legislativa  primaria»,  da
esercitarsi  tuttavia,  precisa,  nei  limiti  dettati  dalla  stessa
disposizione statutaria, dalle norme attuative dello statuto e  dalle
norme statali riconducibili, per l'appunto, ai principi  fondamentali
dell'ordinamento statale. Per parte sua, la resistente ragiona di uno
«specifico  ambito  di  competenza  legislativa»,  delineata  tramite
ricorso ad una espressione che si differenzia da  quelle  utilizzate,
tanto dall'art. 4, quanto dall'art. 5  dello  statuto  per  definire,
rispettivamente, i vincoli  alla  autonomia  legislativa  primaria  e
secondaria. 
    In effetti, la formulazione dell'attuale testo dell'art. 13, come
detto, e' parzialmente diversa da quella utilizzata nell'art.  4  del
medesimo statuto, il  quale,  nel  conferire  alla  Regione  autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol   la   «potesta'   di   emanare   norme
legislative» in determinate materie,  stabilisce  che  tale  potesta'
debba esercitarsi «[i]n armonia con  la  Costituzione  e  i  principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il  rispetto  degli
obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali  e'
compreso quello della tutela delle minoranze  linguistiche  locali  -
nonche' delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali
della Repubblica». Il successivo  art.  8  conferisce  alle  Province
autonome di  Trento  e  di  Bolzano  la  potesta'  di  emanare  norme
legislative  entro  gli  stessi  limiti  indicati  nell'art.  4,  con
riferimento ad un elenco di materie in cui, come si e'  sottolineato,
non compare quella delle «modalita' e procedure di assegnazione delle
concessioni per grandi derivazioni d'acqua  a  scopo  idroelettrico»,
distintamente disciplinata all'art. 13. 
    E'  evidente  che  la  formulazione  utilizzata  da  quest'ultimo
articolo non equivale a quella utilizzata nell'art. 4 dello  statuto:
in  particolare,  mentre  quest'ultimo  si  riferisce  ai   «principi
dell'ordinamento  giuridico   della   Repubblica»   e   alle   «norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  della   Repubblica»,
l'art.   13   menziona   espressamente   i   «principi   fondamentali
dell'ordinamento statale».  Quest'ultima  espressione  non  solo  non
equivale all'ulteriore e  ben  nota  formula  riferita  ai  "principi
fondamentali" di  una  specifica  materia,  ma  non  puo'  averne  il
significato. Nella specie, dunque, non  si  e'  al  cospetto  di  una
competenza legislativa concorrente di cui all'art. 5  dello  statuto,
senza contare che l'art. 9, numero 9), dello statuto,  relativo  alle
materie di competenza concorrente, continua oggi ad escludere che  le
Province  possano  legiferare  sulle  grandi  derivazioni   a   scopo
idroelettrico utilizzando questo genere di  competenza.  Attualmente,
la precisazione va interpretata in armonia  con  il  nuovo  art.  13,
dovendosi cioe' intendere che la Provincia, che sulle concessioni per
grandi derivazioni non legifera in regime di competenza  concorrente,
puo' invece intervenire tramite  la  competenza  particolare  di  cui
all'art. 13. 
    In ogni caso, attribuire all'espressione  in  esame,  rispetto  a
quella utilizzata dagli artt. 4  e  8  dello  statuto,  una  decisiva
funzione distintiva, avrebbe una conseguenza sistematica di  notevole
momento:  significherebbe,  cioe',  conferire  alle  Province,  nella
materia  delle  concessioni  per  grandi  derivazioni  d'acqua,   una
autonomia piu' accentuata rispetto a quella di  cui  esse  godono  in
ogni altra materia assegnata loro in competenza primaria. 
    Proprio ragioni di ordine sistematico e,  come  si  dira',  anche
testuale, non consentono tuttavia di pervenire a simili conclusioni. 
    Come si e' detto, l'art. 8 dello statuto stabilisce espressamente
che «i limiti indicati dall'art. 4» valgono  anche  per  le  Province
autonome, in relazione all'ampio elenco di  materie  attribuite  alla
competenza legislativa primaria. Ben vero che  l'art.  13  disciplina
distintamente, rispetto all'elenco contenuto nell'art. 8, la  materia
delle grandi derivazioni, ma il dato non appare affatto decisivo. 
    Come  si  e'  visto,  gia'  prima   della   ricordata   revisione
statutaria, la materia era distintamente collocata nell'art. 13,  con
una disciplina di minore ampiezza, relativa  alla  individuazione  di
servizi ed utenti destinatari della fornitura e  ai  criteri  per  la
determinazione del prezzo e delle  tariffe.  Inoltre,  nel  2017,  in
occasione della riforma del testo dello  statuto  relativamente  alla
materia delle grandi derivazioni, un intervento mirato  sull'art.  13
e' risultato necessitato in virtu' della stessa  procedura  prescelta
per la  revisione  statutaria,  cioe'  la  procedura  semplificata  e
negoziata di cui all'art. 104, ai cui sensi «[f]ermo quanto  disposto
dall'articolo 103 le norme  del  titolo  VI  e  quelle  dell'art.  13
possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde
richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva  competenza,  della
regione o delle due province». 
    In ogni caso, quel che soprattutto conta, allo stato attuale,  e'
che la collocazione  separata  non  potrebbe  di  per  se'  valere  a
sottrarre la  legislazione  in  materia  di  grandi  derivazioni  dal
rispetto dei limiti validi  per  la  disciplina  di  tutte  le  altre
materie.  Ne',  in  disparte  questo  aspetto  formale,  si  scorgono
giustificazioni sostanziali a sostegno di un  differente  trattamento
da conferire, in ipotesi, alla materia delle concessioni  per  grandi
derivazioni d'acqua, rispetto a tutte  le  altre  materie  attribuite
alla Provincia in competenza legislativa primaria. 
    Del resto, conducendo all'estremo il significato distintivo della
formula utilizzata per l'art. 13, si  giungerebbe  al  paradosso  per
cui, nella materia  in  esame,  si  dovrebbe  ritenere  esonerata  la
Provincia dal rispetto della stessa Costituzione - che l'art. 13  non
menziona, a differenza dell'art. 4 - o delle norme fondamentali delle
riforme  economico-sociali  della   Repubblica   -   ugualmente   non
menzionate in termini formali e purtuttavia rilevanti  anche  in  tal
caso, come si dira'. 
    In definitiva, l'art. 13 dello statuto  non  autorizza  in  alcun
modo le Province autonome a superare i limiti fissati dall'art. 4 del
medesimo  statuto  per  l'esercizio  di  una  competenza  legislativa
primaria. 
    7.- Dettando norme per l'attuazione della direttiva 96/92/CE  del
Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente
norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, il d.lgs.
n. 79 del 1999 prevede che  le  Regioni  disciplinino  con  legge  le
procedure di assegnazione delle  concessioni  di  grandi  derivazioni
d'acqua a scopo idroelettrico. Il comma 1-ter, lettera m),  dell'art.
12, in particolare, prescrive che la  legislazione  regionale  regoli
«le  modalita'  di   valutazione,   da   parte   dell'amministrazione
competente, dei  progetti  presentati  in  esito  alle  procedure  di
assegnazione, che avviene nell'ambito di  un  procedimento  unico  ai
fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene
luogo della verifica  o  valutazione  di  impatto  ambientale,  della
valutazione  di  incidenza  nei  confronti  dei  siti  di  importanza
comunitaria interessati e dell'autorizzazione paesaggistica,  nonche'
di ogni altro atto  di  assenso,  concessione,  permesso,  licenza  o
autorizzazione,  comunque  denominato,   previsto   dalla   normativa
statale, regionale o locale;  a  tal  fine,  alla  valutazione  delle
proposte  progettuali  partecipano,  ove  necessario,  il   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il  Ministero
dello sviluppo economico, il Ministero per  i  beni  e  le  attivita'
culturali e gli enti gestori delle aree naturali protette [...];  per
gli  aspetti  connessi  alla  sicurezza  degli  invasi  di   cui   al
decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, e all'articolo 6,  comma  4-bis,
della legge 1°  agosto  2002,  n.  166,  al  procedimento  valutativo
partecipa il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti». 
    Come si vede, la disposizione statale menziona, sia la selezione,
sia la  valutazione  delle  proposte  progettuali.  Essa,  per  vero,
esordisce con un riferimento ai «progetti presentati  in  esito  alle
procedure di assegnazione», riferimento che parrebbe alludere  ad  un
segmento procedurale antecedente, distinto da quello  successivamente
disciplinato: cio' che escluderebbe in radice, osserva tra l'altro la
Provincia resistente, la possibilita' di ricavare dalla  disposizione
il principio del procedimento unico invocato dal ricorrente. 
    Tuttavia,  l'assegnazione  non  puo'  logicamente  precedere   la
valutazione dei progetti e il soggetto collegato al verbo  "avvenire"
(«che avviene nell'ambito») non puo'  che  essere  «la  valutazione».
Quindi, la prima parte della lettera m) del comma 1-ter dell'art.  12
va intesa nel senso che le  Regioni  devono  prevedere  modalita'  di
valutazione finale dei progetti presentati, da svolgersi  nell'ambito
di  un  procedimento  unitario,  da  avviare   prima   della   stessa
valutazione delle proposte e di designazione del concessionario. 
    Inoltre, nel prosieguo, la disposizione  statale  stabilisce  con
chiarezza che il procedimento unico deve comprendere anche la fase di
selezione delle offerte («ai fini della selezione  delle  proposte»).
In tal modo, la  disposizione  non  prescrive  affatto,  come  invece
sostiene la Provincia resistente, che  un  procedimento  unitario  si
attivi solo nel momento in cui deve essere valutata un'unica offerta,
proveniente da un soggetto gia' precedentemente selezionato. Ben vero
che  la  partecipazione  delle  istituzioni  statali  chiamate  «alla
valutazione delle proposte» e' prevista «ove  necessario».  Tuttavia,
questa condizione e' riferita  alle  caratteristiche  concrete  della
concessione, e alle necessita' specifiche che nascono per l'esercizio
dell'impianto, non risultando plausibile la lettura  alternativa  per
cui  la  partecipazione  degli  enti   statali   e'   facoltativa   o
discrezionale, in base ad una necessita' non meglio  definita,  anche
riguardo al soggetto che dovrebbe valutarla. 
    In definitiva, la portata della prescrizione statale  e'  chiara.
Essa non contiene una disposizione di mero dettaglio, ma  afferma  il
principio del procedimento unico, che  deve  ricomprendere  anche  la
fase della selezione delle offerte. 
    La ragione che sostiene  un  simile  principio  e'  a  sua  volta
evidente:  e'  necessario  che  gli  interessi  rappresentati   dalle
amministrazioni (locali e statali) vengano in rilievo gia' in fase di
selezione delle offerte, cosi'  che  le  valutazioni  finali  possano
giovarsi anche di considerazioni comparative, e sia comunque ampio il
controllo pubblico e istituzionale in materie, come quella in  esame,
segnate da interessi rilevantissimi. Cio' e' tanto piu' vero  quando,
come  nella  specie,  queste  amministrazioni  non  provinciali   non
controllano  l'avvio  stesso  della  procedura,  deciso  dalla   sola
Provincia. 
    8.- Tutto cio' posto, si tratta di  accertare  quale  vincolo  un
tale  principio  comporti  a  carico  della  competenza   legislativa
assegnata alla Provincia dall'art. 13 dello statuto. 
    Al di la' della  formula  testuale  utilizzata  dall'articolo  in
esame, la materia in parola e', per sua natura, strategica sul  piano
nazionale ed internazionale. Proprio  perche'  tale,  essa  e'  stata
oggetto,  nel  tempo,  di  "grandi  riforme",   talvolta   di   segno
contrapposto, essendosi passati da una  situazione  di  accentramento
nella mano  pubblica  ad  una  condizione  di  contendibilita'  delle
concessioni. 
    Da ultimo, la materia e'  stata  inoltre  segnata  dalla  scelta,
operata, come visto, dal d.l. n. 135 del 2018,  come  convertito,  in
favore della regionalizzazione della proprieta' delle opere  e  delle
regole procedimentali per l'assegnazione delle concessioni. 
    Tuttavia, anche al cospetto delle autonomie speciali,  permangono
inalterate, almeno a livello di principio, le ragioni  in  favore  di
una regolazione uniforme degli aspetti piu' rilevanti della  materia.
Esse riguardano, certamente, il rispetto dei vincoli  europei  quanto
all'affidamento (anche) a privati di beni e servizi pubblici, perche'
la tutela effettiva della concorrenza e della trasparenza rappresenta
un interesse primario  dell'Unione  europea,  come  dimostrato  dalla
specifica legislazione comunitaria nella materia della produzione  di
energia elettrica. 
    Ma le esigenze di regolazione uniforme vanno anche al di  la'  di
cio', poiche' nella materia delle grandi  derivazioni  idroelettriche
non sono in gioco solo interessi economici di  forte  rilevanza.  Tra
l'altro, le attivita' produttive che in essa si svolgono sono gravide
di rischi per la sicurezza pubblica (basti  pensare  al  pericolo  di
inondazioni o di crolli degli sbarramenti), e determinano un notevole
impatto sull'ambiente, sull'ecosistema, sul paesaggio. 
    Sotto questi specifici profili, sussiste  la  necessita'  di  una
uniforme e adeguata  regolazione,  anche  al  fine  di  garantire  la
continuita' e  la  produttivita'  nello  sfruttamento  della  risorsa
idrica. Accanto ai  vantaggi  immediati  per  le  popolazioni  locali
(conseguiti  attraverso  il  pagamento  dei  canoni  e  la  fornitura
gratuita di quote di energia elettrica agli enti locali),  vanno  del
resto considerate la necessita' di assicurare, a  livello  nazionale,
il maggior equilibrio possibile tra fonti  energetiche  e  quella  di
disporre dell'energia necessaria per le attivita' produttive e per le
stesse esigenze di vita dei consociati. 
    Si e' gia' detto  che,  sul  piano  testuale  e  sistematico,  la
formulazione della norma statutaria non esime  la  legge  provinciale
dal rispetto di tutti i limiti previsti agli artt. 4 e 8 dello stesso
statuto, e fra essi, in particolare, quello delle norme qualificabili
come  «norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica». 
    D'altro  canto,  la  giurisprudenza  costante  di  questa   Corte
stabilisce che tali norme costituiscono  limite  anche  all'esercizio
delle competenze legislative primarie  o  esclusive  delle  autonomie
speciali (ex multis, da ultimo, sentenze n. 70 del 2022,  n.  16  del
2020, nonche' sentenze in queste richiamate). 
    Il   principio   del   procedimento   unico   costituisce   norma
fondamentale  di  riforma  nella  materia  delle  grandi  derivazioni
idroelettriche. Lo e', in particolare, per le ragioni  descritte,  la
previsione in forza della quale tutte le amministrazioni interessate,
comprese  quelle  statali,  devono   poter   esprimere   le   proprie
valutazioni,  collegate   alla   tutela   di   interessi   essenziali
dell'ordinamento costituzionale, fin dalla fase della  selezione  dei
diversi progetti  presentati  dai  concorrenti  nella  procedura.  La
legislazione provinciale in materia, pertanto, deve adeguarsi a  tale
norma fondamentale. 
    9.- La disciplina provinciale impugnata, viceversa,  si  discosta
dal principio del procedimento unico, poiche' disegna  una  serie  di
passaggi procedurali con esso non compatibili, come si  evince  dalla
sintetica ricostruzione che segue. 
    Per la parte qui rilevante della procedura  di  assegnazione,  la
novella recata dalla legge prov. Trento n. 9 del 2020 stabilisce che,
per la valutazione delle richieste di partecipazione  alla  gara,  la
Provincia si avvalga di apposita commissione  tecnica  costituita  da
almeno tre  esperti,  nominati  dalla  Giunta  provinciale  (comma  5
dell'art. 1-bis 1 della legge  prov.  Trento  n.  4  del  1998,  come
novellato). 
    In particolare, a norma del nuovo comma 5-bis dell'art.  1-bis  1
della legge prov. Trento n.  4  del  1998,  la  «commissione  tecnica
valuta le offerte dal punto di vista tecnico ed economico,  ai  sensi
dell'articolo  1-bis  1.4,  valuta  la  loro  congruita'   ai   sensi
dell'articolo 1-bis 1.5 e redige la graduatoria». 
    Nel passaggio successivo  (comma  5-ter),  la  legge  provinciale
presuppone significativamente che sia avvenuta una «aggiudicazione in
via provvisoria della concessione». Quest'ultima,  dunque,  si  fonda
sulla posizione in graduatoria del candidato concessionario: a questo
punto  della  procedura,  e'  verificata  l'assenza  dei  motivi   di
esclusione, nonche' il possesso dei requisiti  di  partecipazione  in
capo all'aggiudicatario, e la  struttura  provinciale  competente  in
materia di  risorse  idriche  invita  quest'ultimo  a  presentare  la
domanda di provvedimento unico prevista dall'art.  1-bis  1.8.  della
stessa legge n. 4 del 1998, inserito dall'art. 16 della  legge  prov.
Trento n. 9 del 2020. 
    Quest'ultima disposizione illustra i contenuti e la funzione  del
provvedimento  unico,  che  comprende  la   concessione   di   grande
derivazione  a  scopo  idroelettrico  e  tutti  i  provvedimenti,  le
autorizzazioni,  i  nulla  osta,  i  pareri,   comunque   denominati,
necessari per l'esercizio  degli  impianti,  recandone  l'indicazione
esplicita.  Devono   essere   successivamente   acquisiti   anche   i
provvedimenti, le autorizzazioni, i nulla osta,  i  pareri,  comunque
denominati necessari per la realizzazione degli  interventi  e  degli
investimenti  presentati  ai  fini  della  valutazione   dell'offerta
migliore, secondo i criteri indicati nell'art. 1-bis 1.4  della  piu'
volte citata legge n. 4 del 1998, come introdotto ex art.  12,  comma
1, della pure citata legge prov. Trento n. 9 del 2020. 
    La  domanda  dell'aggiudicatario  e'  presentata  alla  struttura
provinciale competente in materia di risorse idriche. Solo  a  questo
momento  della  procedura,  la  struttura  la   trasmette,   con   la
documentazione correlata, a tutte le altre amministrazioni, anche non
provinciali, interessate, che svolgono l'istruttoria per i profili di
rispettiva competenza (art. 1-bis 1.8, comma  3,  della  legge  prov.
Trento n. 4 del 1998). 
    Di seguito,  e'  previsto  (art.  1-bis  1.8,  comma  4)  che  la
struttura provinciale competente convochi una conferenza di  servizi,
da svolgersi in forma simultanea, alla quale infine partecipano tutte
le strutture e amministrazioni interessate per il rilascio dei titoli
abilitativi compresi nel provvedimento unico. 
    Merita sottolineare che, nell'ambito della conferenza di servizi,
le amministrazioni partecipanti, ciascuna per quanto  di  competenza,
possono  evidentemente  valutare  solo  la  domanda  pre-selezionata,
indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie  ai  fini
dell'assenso. 
    All'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre  il  termine
di centoventi giorni, la struttura provinciale provvede alla  stesura
di un rapporto istruttorio, sulla  base  delle  posizioni  prevalenti
espresse  dalle  strutture  e   amministrazioni   partecipanti   alla
conferenza tramite i rispettivi rappresentanti, dando conto di  tutte
le posizioni emerse (art. 1-bis 1.8, comma 8). 
    In base al comma 6 dell'art. 1-bis 1, «sulla  base  del  rapporto
istruttorio», ora indicato, la Giunta provinciale  aggiudica  in  via
definitiva la concessione e rilascia il relativo provvedimento unico. 
    Come  e'  evidente,  nella  procedura   disegnata   dalla   legge
provinciale la fase della selezione delle offerte non vede affatto la
partecipazione di tutte le amministrazioni,  anche  non  provinciali,
interessate, secondo la  logica  invece  accolta  dal  principio  del
procedimento unico: la graduatoria  e'  infatti  redatta  dalla  sola
commissione  tecnica,  indipendente   ma   di   nomina   provinciale;
l'assegnazione  provvisoria  dipende  dalla  posizione  che  un  dato
offerente ha assunto nella graduatoria; la procedura di  valutazione,
peraltro ulteriormente frammentata in istruttorie separate, si attiva
unicamente riguardo alla offerta pre-selezionata  con  l'assegnazione
provvisoria. 
    Ne discende che le amministrazioni non provinciali preposte  alla
tutela degli interessi di  primaria  rilevanza  costituzionale  sopra
richiamati  (ambiente,  paesaggio,  territorio,  sicurezza)   restano
escluse  dalla  possibilita'  di  apprezzare  e  comparare   proposte
alternative  a  quella  prescelta  dalla  Provincia  stessa,  potendo
soltanto indicare ragioni di  dissenso  rispetto  all'unico  progetto
portato alla loro attenzione. Cio' non e' conforme al  principio  del
procedimento unico, per come  configurato  dal  legislatore  statale,
inteso quale norma fondamentale di riforma nella materia in esame. 
    Devono percio' essere dichiarati  costituzionalmente  illegittimi
l'art. 8, comma 14, della legge prov.  Trento  n.  9  del  2020,  che
introduce i commi 5-bis e 5-ter dopo il comma  5  dell'art.  1-bis  1
della legge prov. Trento n. 4 del 1998,  e  l'art.  16  della  stessa
legge prov. Trento n. 9 del 2020, nella parte in cui introduce l'art.
1-bis 1.8, commi 3 e 4, dopo  l'art.  1-bis  1.7  della  legge  prov.
Trento  n.  4  del   1998.   La   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale deve necessariamente estendersi ai successivi commi 5,
6, 7, 8 e 9 dell'art.  1-bis  1.8,  contenendo  essi  una  disciplina
avvinta da una stretta ed esclusiva dipendenza  con  quella  prevista
dai commi espressamente impugnati (sentenze n. 68 del 2022, n. 77 del
2021, n. 245 e 36 del 2017), e a sua volta percio' in  contrasto  con
il principio del procedimento unico. 
    La  rilevata  illegittimita'   costituzionale   della   normativa
provinciale non determina  alcun  vuoto  normativo,  potendo  trovare
immediata applicazione, in sostituzione delle disposizioni  caducate,
sia la stessa disciplina statale richiamata a  parametro  interposto,
recata dall'art. 12, comma 1-ter, lettera m), del d.lgs.  n.  79  del
1999, nel testo modificato dall'art. 11-quater del d.l.  n.  135  del
2018, come convertito (per analoga soluzione si veda la  sentenza  n.
114 del 2011; si vedano, anche, le sentenze n. 166 del 2019 e n.  263
del 2016), sia, ove necessario, la pertinente  normativa  statale  in
tema di garanzia partecipativa delle amministrazioni interessate. 
    Nell'esercizio della  propria  competenza,  e  nel  rispetto  del
descritto  principio   del   procedimento   unico,   il   legislatore
provinciale  potra'  ovviamente  intervenire,  anche   al   fine   di
correggere eventuali e residuali disarmonie procedimentali. 
    10.- Il ricorso statale promuove, infine, una terza questione  di
legittimita' costituzionale, riferita all'art. 10 della  legge  prov.
Trento n. 9 del 2020, nella parte in  cui  introduce  un  nuovo  art.
1-bis 1.2 nella legge prov. Trento n. 4 del 1998. In  tale  norma  si
prevede, tra l'altro, che nei bandi  per  la  concessione  di  grandi
derivazioni  idroelettriche   possono   essere   inseriti   requisiti
"opzionali", tra i quali il ricorrente ha selezionato quelli indicati
nelle lettere da a) a g) e nella lettera j) del comma 4 dello  stesso
art. 1-bis 1.2. 
    In queste disposizioni sono indicate esperienze pregresse, che  i
bandi dell'amministrazione provinciale possono valorizzare, in quanto
«pertinenti  con  l'oggetto  della  concessione»,   allo   scopo   di
consentire  che  la  selezione  dei   concorrenti   evidenzi   quelli
maggiormente adatti alla gestione della derivazione di volta in volta
considerata, avuto riguardo alle sue concrete caratteristiche e  alle
competenze   tecniche,   operative   e   finanziarie   specificamente
richieste.  Questi  requisiti  vanno  distinti  dai   «requisiti   di
capacita' tecnica e organizzativa»  e  dai  «requisiti  di  carattere
patrimoniale  e  finanziario»  che,  invece,  devono  necessariamente
essere indicati nel bando e di cui gli operatori economici  aspiranti
concessionari devono essere in possesso. La disciplina di queste  due
ultime categorie di  requisiti  e'  contenuta,  rispettivamente,  nei
commi 2 e 3 dell'art. 1-bis 1.2, non impugnati, ed  e'  stata  incisa
dall'art. 13, comma 3, lettere b) e c), della legge  della  Provincia
autonoma  di  Trento  23  aprile  2021,  n.  6,  recante  «Misure  di
semplificazione  e  razionalizzazione  in  materia   di   territorio,
ambiente e contratti pubblici: modificazioni della legge  provinciale
sulla  valutazione  d'impatto  ambientale  2013,  del   testo   unico
provinciale sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti 1987, della
legge provinciale sulle acque pubbliche 1976, della legge provinciale
6 marzo 1998, n. 4 (Disposizioni in materia di grandi  derivazioni  a
scopo idroelettrico  e  altre  disposizioni  connesse),  della  legge
provinciale sulle foreste  e  sulla  protezione  della  natura  2007,
dell'articolo 40 (Catasto dei fabbricati e nuova anagrafe immobiliare
integrata  catasto-libro  fondiario)  della  legge   provinciale   27
dicembre 2010, n. 27, della legge provinciale 7 gennaio  1991,  n.  l
(Eliminazione delle barriere architettoniche in provincia di Trento),
nonche' della legge provinciale 9 marzo 2016, n.  2,  e  della  legge
provinciale 23 marzo 2020, n. 2, in materia di  contratti  pubblici»,
che  non  rileva  nell'attuale  giudizio,  come  invece  sostiene  la
ricorrente, proprio perche' non concerne i requisiti "opzionali". 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  la  previsione
impugnata introduce criteri selettivi incompatibili con la  direttiva
2006/123/CE, essendo  dubbio  che  i  requisiti  in  questione  siano
"necessari", cioe' «giustificati da un motivo imperativo di interesse
generale», cosi' come prescritto dall'art. 15, paragrafo  3,  lettera
b), della stessa direttiva. In  ogni  caso,  non  si  tratterebbe  di
condizioni  proporzionate  e  non  sostituibili  mediante   requisiti
altrettanto efficaci ma meno restrittivi. 
    Come correttamente eccepisce la resistente, tuttavia, il  ricorso
si appalesa, per questa parte, inammissibile, poiche' si riferisce in
termini omnicomprensivi e generici  alle  numerose  e  assai  diverse
previsioni,   censurandone    complessivamente    il    difetto    di
proporzionalita'  in  forza  de  «la  numerosita',  il  significativo
frazionamento, l'onerosita' e il tecnicismo». In tal modo, il ricorso
si limita a richiamare una  serie  di  disposizioni,  giustificandone
l'impugnazione  sul  solo  assunto  che  sarebbero  troppe  e  troppo
tecniche per escludere una loro  funzione  ostruzionistica:  con  una
motivazione,  dunque,  apodittica  ed  arbitraria,   non   idonea   a
illustrare in modo effettivo e puntuale le ragioni di  contrasto  tra
le singole norme ed i parametri costituzionali di riferimento. 
    La giurisprudenza di questa Corte afferma costantemente  che  nei
giudizi  proposti  in  via  principale  l'esigenza   di   un'adeguata
motivazione  a  fondamento  dell'impugnazione  si  pone  in   termini
particolarmente rigorosi, avendo il ricorrente l'onere  non  soltanto
di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali
di cui denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni  del
dedotto contrasto con una  argomentazione  non  meramente  assertiva,
sufficientemente chiara e completa (ex multis,  sentenza  n.  86  del
2022). 
    Solo con la memoria depositata in vista dell'udienza l'Avvocatura
generale ha preso in specifica  considerazione  i  singoli  requisiti
opzionali, illustrando partitamente le ragioni del  ritenuto  difetto
di  necessita'  e  proporzionalita':  ma,  sempre  secondo   costante
giurisprudenza di questa Corte, il vizio genetico di un  ricorso  non
motivato  non  puo'  essere  sanato   attraverso   una   integrazione
successiva (ex plurimis, tra le piu'  recenti,  sentenze  n.  56  del
2020, n. 114 del 2017 e n. 202 del 2016).