ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito delle sentenze dell'Adunanza plenaria  del  Consiglio
di Stato numeri 17 (R.G. A.P. n. 14/2021) e 18 (R.G. A.P. n. 13/2021)
del 9 novembre 2021, promosso da Riccardo Zucconi, nella qualita'  di
deputato, e altri con ricorso depositato in cancelleria il 25 gennaio
2022, iscritto al n. 3 del registro conflitti tra poteri dello  Stato
2022, fase di ammissibilita'. 
    Udita nella camera di consiglio del 25  maggio  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2022. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 25 gennaio 2022, Riccardo
Zucconi  e  altri  sei  deputati  hanno  sollevato  un  conflitto  di
attribuzioni tra poteri dello Stato contro il Consiglio di Stato,  in
persona del Presidente pro tempore; 
    che i ricorrenti chiedono la  «disapplicazione,  in  tutto  o  in
parte», delle sentenze dell'Adunanza plenaria n. 17 e  n.  18  del  9
novembre 2021, riguardanti la proroga legislativa  delle  concessioni
balneari, per la «lesione [...] della potesta' normativa spettante ai
parlamentari nella  parte  in  cui  enunciano  i  [...]  principi  di
diritto» indicati nel punto 51 di entrambe le pronunce  (e  riportati
nel ricorso),  «nonche'  nella  parte  in  cui  dettano  disposizioni
vincolanti e limitanti per il legislatore con particolare riferimento
ai paragrafi da 47 a 49 delle sentenze» (riportati nel ricorso); 
    che l'Adunanza plenaria ha pronunciato le  due  sentenze  oggetto
del conflitto a seguito del decreto n. 160 del 24  maggio  2021,  con
cui il Presidente del Consiglio di Stato aveva deferito  ad  essa  la
trattazione di due ricorsi in appello, ai sensi dell'art.  99,  comma
2, dell'Allegato 1 (codice del processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), sottoponendole  tre  questioni
di diritto, la prima delle quali relativa alla sussistenza o meno del
dovere  di  disapplicazione  delle  leggi  statali  o  regionali  che
prevedono proroghe  automatiche  e  generalizzate  delle  concessioni
balneari; 
    che il primo principio di diritto fissato dall'Adunanza  plenaria
nelle contestate sentenze riguarda il  dovere  dei  giudici  e  della
pubblica  amministrazione  di  disapplicare  le  «norme   legislative
nazionali che hanno  disposto  (e  che  in  futuro  dovessero  ancora
disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime
per finalita' turistico-ricreative», cioe' l'art. 1, commi 682 e 683,
della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2019-2021), e l'art. 182,  comma  2,  del  decreto-legge  19
maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno  al
lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche   sociali   connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni,  nella  legge  17  luglio  2020,  n.  77,  in   quanto
contrastanti con l'art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130,
che vieta le restrizioni alla liberta' di stabilimento dei  cittadini
di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato  membro,  e  con
l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 12 dicembre 2006,  relativa  ai  servizi  nel  mercato
interno, che richiede una «selezione tra diversi  candidati»  qualora
«il  numero  di  autorizzazioni  disponibili  per   una   determinata
attivita' sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali
o delle capacita' tecniche utilizzabili», e vieta  «la  procedura  di
rinnovo automatico»; 
    che, con il secondo principio di diritto, l'Adunanza plenaria  ha
sancito l'insussistenza di un diritto alla prosecuzione del  rapporto
in capo agli attuali concessionari anche  qualora  siano  intervenuti
atti amministrativi di proroga, senza che rispetto  a  questi  ultimi
sia  necessario  attivare  i  poteri  di  autotutela  della  pubblica
amministrazione,  «in  quanto  l'effetto  di  cui   si   discute   e`
direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i
provvedimenti di  concessione  prorogandone  i  termini  di  durata»,
ragion per cui la  non  applicazione  della  legge  implica  che  gli
effetti da essa prodotti sulle concessioni  gia'  rilasciate  debbano
parimenti ritenersi tamquam non essent; 
    che, con il terzo principio di diritto,  l'Adunanza  plenaria  ha
statuito quanto segue: «[a]l fine di evitare il significativo impatto
socio-economico  che  deriverebbe  da  una  decadenza   immediata   e
generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener  conto  dei
tempi tecnici perche' le amministrazioni predispongano  le  procedure
di gara richieste  e,  altresi',  nell'auspicio  che  il  legislatore
intervenga a riordinare la materia  in  conformita'  ai  principi  di
derivazione  europea,  le   concessioni   demaniali   per   finalita'
turistico-ricreative gia' in essere  continuano  ad  essere  efficaci
sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data,  anche
in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre
effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa
che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe  considerata
senza effetto perche' in  contrasto  con  le  norme  dell'ordinamento
dell'U.E.»; 
    che, nei paragrafi 47-48 delle sentenze, a loro volta  contestati
con il ricorso, l'Adunanza plenaria illustra le ragioni per le quali,
«a fronte di un quadro di incertezza normativa»,  ritiene  necessario
«modulare gli effetti temporali della propria decisione»,  osservando
che «[l]a deroga alla retroattivita' trova fondamento  nel  principio
di certezza del diritto»; 
    che,  nel  paragrafo  49,  l'Adunanza  plenaria  si  esprime  sui
«principi che dovranno ispirare  lo  svolgimento  delle  gare,  ferma
restando  la  discrezionalita'  del  legislatore  nell'approntare  la
normativa di riordino del settore»; 
    che i ricorrenti riepilogano il quadro normativo vigente in  tema
di     concessioni     demaniali     marittime     con      finalita'
turistico-ricreative,  ricordando  le  precedenti  leggi  statali  di
proroga,  e  richiamano  la  sentenza  della   Corte   di   giustizia
dell'Unione europea 14 luglio 2016,  in  cause  C-458/14  e  C-67/15,
Promoimpresa, e la citata legge n. 145 del 2018, che ha  disposto  la
proroga delle concessioni demaniali marittime per ulteriori 15  anni,
cioe' fino al 2033 (art. 1, commi 682 e 683); 
    che,  nel  punto  1  del  ricorso,  i  sette   deputati,   quanto
all'ammissibilita' dello stesso, argomentano a  sostegno  della  loro
legittimazione,  dichiarando  di  essere  tutti  membri  del   gruppo
parlamentare di  Fratelli  d'Italia  e  di  agire  «congiuntamente  e
disgiuntamente nella loro qualita' di parlamentari». In tale veste  e
quali rappresentanti  della  Nazione  ai  sensi  dell'art.  67  della
Costituzione,  essi  affermano  il  loro  diritto  di   «attuare   il
procedimento legislativo [...] sia  attraverso  la  presentazione  di
progetti di legge ed emendamenti (art. 71 Cost.) sia mediante l'esame
dei progetti di legge presentati nelle commissioni e in aula (art. 72
Cost.)»; 
    che, secondo i ricorrenti,  la  lesione  delle  loro  prerogative
deriverebbe: a) dall'«individuazione del termine di  validita'  delle
concessioni in essere»; b) dalla «delimitazione  delle  [...]  regole
per le future procedure  di  gara  cui  assoggettare  le  concessioni
demaniali  marittime»;  c)  dall'«impedimento   al   legislatore   di
legiferare in modo difforme dal sentenziato», nonostante  «gli  spazi
di  operativita'  che  [...]  anche  il  legislatore  comunitario  ha
doverosamente inteso lasciare al Parlamento italiano»; 
    che i ricorrenti riferiscono di aver presentato  un  progetto  di
legge  in  materia  di  concessioni  demaniali  marittime  (n.   652,
depositato presso la Camera il 22 maggio 2018) e  osservano  che,  se
esso  venisse  approvato,  sarebbe  «automaticamente  destinato  alla
disapplicazione  in   quanto   difforme   rispetto   agli   indirizzi
interpretativi del Consiglio di Stato»; 
    che, nel punto 2 del ricorso,  si  lamenta  la  violazione  degli
artt. 101, 103 e 111, settimo e ottavo comma, Cost. (e l'«eccesso  di
potere  nell'esercizio  delle  competenze  ex  art.  99  D.  Lgs.  n.
104/2010»), in quanto l'Adunanza plenaria sarebbe andata  al  di  la'
delle proprie funzioni  di  nomofilachia,  introducendo  nuove  norme
sostitutive della legislazione vigente; 
    che, nel punto 3 del ricorso, si lamenta la violazione dell'«art.
71 Cost. in  rapporto  all'art.  117  Cost.  -  Eccesso  di  potere»,
poiche', nonostante  quanto  ritenuto  dal  Consiglio  di  Stato,  il
legislatore avrebbe rispettato il diritto europeo,  «che  riserva  al
legislatore  nazionale  la  possibilita'  di  modulare   le   proprie
normative per garantire  le  esigenze  nazionali  da  un  lato  e  il
bilanciamento degli assetti di interessi dall'altro»; 
    che, nel punto 4 del ricorso,  si  lamenta  la  violazione  degli
«artt. 67 e 71 Cost. - esercizio di  prerogative  di  competenza  dei
membri del Parlamento», in relazione alle affermazioni  dell'Adunanza
plenaria riguardanti la diretta  applicabilita'  dell'art.  12  della
direttiva  2006/123/CE,  il  concetto  di  «scarsita'  delle  risorse
naturali» di cui al citato art.  12,  paragrafo  1,  il  concetto  di
«interesse transfrontaliero certo» rilevante  ai  fini  dell'art.  49
TFUE e il legittimo affidamento dei concessionari uscenti; 
    che, infine, nel punto 5 del ricorso  si  lamenta  la  violazione
dell'«art. 11 Cost. con riferimento agli artt. 101 e 111 Cost. e alle
competenze ex art. 99  D.  Lgs.  n.  104/2010»,  ritenendosi  che  il
Consiglio di Stato abbia introdotto «regole piu' stringenti  rispetto
a quelle [...] previste dallo stesso ordinamento comunitario». 
    Considerato che Riccardo  Zucconi  e  altri  sei  deputati  hanno
sollevato un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato  contro
il Consiglio di Stato, in persona del Presidente pro tempore; 
    che i ricorrenti chiedono la  «disapplicazione,  in  tutto  o  in
parte», delle sentenze dell'Adunanza plenaria n. 17 e  n.  18  del  9
novembre 2021, riguardanti la proroga legislativa  delle  concessioni
balneari, per la «lesione [...] della potesta' normativa spettante ai
parlamentari nella  parte  in  cui  enunciano  i  [...]  principi  di
diritto» indicati nel punto 51 di entrambe le pronunce  (e  riportati
nel ricorso),  «nonche'  nella  parte  in  cui  dettano  disposizioni
vincolanti e limitanti per il legislatore con particolare riferimento
ai paragrafi da 47 a 49 delle sentenze» (riportati nel ricorso); 
    che, in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'  chiamata  a
deliberare, in camera di consiglio  e  senza  contraddittorio,  sulla
sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall'art.
37, primo comma, della legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a
decidere se il conflitto insorga tra organi competenti  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere  cui  appartengono  e  per  la
delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri
da norme costituzionali; 
    che  questa  Corte,  con  l'ordinanza  n.   17   del   2019,   ha
riconosciuto, quanto al profilo soggettivo, l'esistenza di una  sfera
di prerogative del singolo parlamentare, diverse e distinte da quelle
che spettano all'assemblea di cui fa parte - prerogative che, qualora
risultino lese da altri organi parlamentari,  possono  essere  difese
con lo strumento del ricorso per conflitto di attribuzioni fra poteri
dello  Stato  -  e  ha  precisato,  altresi',  che  si  tratta  delle
«attribuzioni inerenti al diritto di parola, di proposta e  di  voto,
[...] da esercitare in modo autonomo e indipendente, non  rimuovibili
ne' modificabili a iniziativa di altro organo parlamentare»; 
    che,  invece,  per  la  tutela  delle  prerogative  che  spettano
all'assemblea nel suo complesso  la  legittimazione  a  sollevare  un
conflitto compete a ciascuna Camera (ordinanze n. 188 e  n.  186  del
2021, n. 129 del 2020 e n. 17 del 2019); 
    che, in base all'art. 70 Cost.,  «[l]a  funzione  legislativa  e'
esercitata  collettivamente  dalle   due   Camere»,   unici   «organi
competenti a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartengono» (art. 37 della legge n.  87  del  1953),  essendo  ogni
Camera,  e  solo  ogni  Camera,  idonea  a  dire  "l'ultima   parola"
nell'esercizio della funzione legislativa; 
    che,  dunque,  nella  sua  parte  principale  -  che  censura  il
carattere "legislativo" delle sentenze dell'Adunanza  plenaria  e  il
loro effetto condizionante la  futura  attivita'  parlamentare  -  il
ricorso e' inammissibile perche'  con  esso  i  singoli  parlamentari
fanno valere una prerogativa che spetta, in realta', alla  Camera  di
appartenenza; 
    che in piu' casi questa Corte ha dichiarato l'inammissibilita' di
conflitti sollevati da  singoli  parlamentari,  escludendo  che  essi
potessero rappresentare l'intero organo di appartenenza (ordinanze n.
80 del 2022  e  n.  277  del  2017)  o  osservando  che  la  funzione
rivendicata spettava alla Camera o al Senato (ordinanze n. 255, n. 67
e n. 66 del 2021, n. 129 del 2020 e n. 163 del 2018); 
    che, in tre passaggi del ricorso, i sette deputati  lamentano  la
menomazione delle loro prerogative in  quanto  singoli  parlamentari,
affermando, in primo luogo, che ad essi  sarebbe  preclusa  qualsiasi
iniziativa che  possa  condurre  ad  una  regolazione  della  materia
diversa da quella imposta dall'Adunanza plenaria, richiamando poi  le
prerogative previste dagli artt. 67, 71  e  72  Cost.  e  osservando,
infine, che, se  venisse  approvato  il  disegno  di  legge  n.  652,
depositato dagli stessi ricorrenti presso  la  Camera  il  22  maggio
2018, sarebbe  «automaticamente  destinato  alla  disapplicazione  in
quanto difforme rispetto agli indirizzi interpretativi del  Consiglio
di Stato»; 
    che, in realta', anche in  tali  punti  il  ricorso  denuncia  il
condizionamento che  deriverebbe  dalle  due  sentenze  contestate  a
carico della funzione legislativa delle Camere, e non di  prerogative
del tipo di quelle che questa Corte ritiene segnatamente riconosciute
ai  singoli  parlamentari,  con  conseguente  inammissibilita'  delle
censure, per quanto sopra gia' osservato; 
    che, comunque, se  anche  si  volessero  ritenere  effettivamente
invocate  prerogative  spettanti  ai   parlamentari   individualmente
considerati, il ricorso sarebbe inammissibile perche' non  da'  conto
di alcun ostacolo all'esercizio del diritto  di  parola,  proposta  e
voto dei  deputati,  attestando,  anzi,  l'avvenuto  deposito  di  un
disegno  di  legge  e  prospettando   la   possibilita'   della   sua
approvazione,  sicche'  non  risulta  allegata  ne'  comprovata  «una
sostanziale  negazione  o   un'evidente   menomazione»   delle   loro
prerogative costituzionali (ordinanze n. 193, n. 67 e n. 66 del 2021,
n. 60 del 2020, n. 275, n. 274 e n. 17 del 2019); 
    che, per tali ragioni, il ricorso per conflitto  di  attribuzioni
va dichiarato inammissibile.