ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma
1, primo periodo, del  decreto  legislativo  14  marzo  2011,  n.  23
(Disposizioni in materia di  federalismo  Fiscale  Municipale),  come
sostituito dall'art. 1, comma 715, della legge 27 dicembre  2013,  n.
147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)»,  promosso  dalla
Commissione tributaria provinciale di Parma nel procedimento vertente
tra Ghibli srl e l'Agenzia delle entrate - Direzione  provinciale  di
Parma, con ordinanza del 5  maggio  2021,  iscritta  al  n.  165  del
registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 maggio  2022  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 maggio 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 5 maggio 2021 (reg. ord.  n.  165
del  2021),  la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Parma   ha
sollevato, in riferimento all'art. 53 della  Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  1,  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
federalismo Fiscale  Municipale),  nella  parte  in  cui  prevede  la
deducibilita' parziale al venti  per  cento  dell'imposta  municipale
propria  (IMU),  relativa  agli  immobili  strumentali,  dalla   base
imponibile dell'imposta sul reddito delle societa' (IRES); 
    che, in punto di fatto, il rimettente premette che la Ghibli  srl
ha  proposto  ricorso   avverso   il   silenzio   rifiuto   formatosi
sull'istanza di rimborso della «maggiore» IRES «per tutto il triennio
2014/2016» che la societa' riterrebbe di avere versato «a causa della
parziale   indeducibilita'   dell'IMU,   relativa    agli    immobili
strumentali»; 
    che, secondo la CTP rimettente, la rilevanza della  questione  di
legittimita' costituzionale sarebbe «evidente», dal  momento  che  la
decisione  del   giudizio   principale   non   potrebbe   prescindere
dall'applicazione della norma censurata; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza,  il  giudice  a  quo
ritiene che la  norma  censurata  violi  il  principio  di  capacita'
contributiva, atteso che l'IRES finirebbe per gravare non gia' su  un
reddito netto,  «bensi'  su  di  un  reddito  lordo  e  fittiziamente
attribuito[gli]»; 
    che, in particolare, la deducibilita' nella misura del venti  per
cento,  ancorche'  introdotta,  ad  avviso  del  rimettente   -   con
argomentazione che in parte richiama quanto  dallo  stesso  affermato
con precedente ordinanza di rimessione -,  «al  fine  di  evitare  le
censure di  illegittimita'  costituzionale»,  non  sarebbe  idonea  a
superare il cennato vulnus, «"non fondandosi  su  alcun  collegamento
aritmetico o logico, diretto o indiretto, sia pur vago, fra deduzione
forfetaria e deduzione analitica"»; 
    che l'ordinanza richiama due recenti precedenti di  questa  Corte
sull'art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011 e, segnatamente:  a)
la «ordinanza» [recte: sentenza] n. 163 del 2019, emessa a seguito di
un'ordinanza di rimessione proveniente dalla  medesima  CTP,  che  ha
dichiarato inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
sollevata in riferimento all'art. 53 Cost., ritenendo,  tra  l'altro,
insanabile l'omissione relativa alla descrizione della fattispecie da
cui si assumeva scaturita l'istanza di rimborso; b)  la  sentenza  n.
262 del 2020 - di cui ripercorre, facendole  proprie,  le  principali
motivazioni - che ha dichiarato fondata, in riferimento agli artt.  3
e  53  Cost.,  «sotto  il  profilo  della  coerenza  e  quindi  della
ragionevolezza», la questione di legittimita' costituzionale avente a
oggetto il citato art. 14, comma 1, nella sua formulazione originaria
(in  vigore  per   il   solo   2012),   che   prevedeva   l'integrale
indeducibilita' dell'IMU dalle imposte erariali sui redditi; 
    che nel rievocare poi in fatto la vicenda  da  cui  e'  scaturito
l'incidente di costituzionalita' deciso con la citata sentenza n. 262
del 2020, il rimettente innanzitutto precisa che in quel caso si  era
trattato  di  una  societa',  operante  nel  settore  immobiliare   e
proprietaria di diversi immobili, che  aveva  richiesto  il  rimborso
dell'IRES sulla base dell'IMU corrisposta «in riferimento a  immobili
strumentali alla societa' stessa»; quindi, afferma che si tratterebbe
di un caso «speculare a quello oggetto  della  odierna  ordinanza  di
rimessione» e che la ratio decidendi della suddetta sentenza  sarebbe
applicabile anche agli anni d'imposta  successivi  a  quello  oggetto
della ricordata pronuncia; 
    che, con atto depositato il 22 novembre 2021, e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata manifestamente infondata; 
    che, ad avviso della  difesa  statale,  l'odierna  questione  non
sarebbe «speculare» a quella da cui e' scaturita la sentenza  n.  262
del 2020, poiche'  le  relative  fattispecie  non  potrebbero  essere
equiparate, riguardando, in un caso,  la  deducibilita'  parziale  e,
nell'altro caso, l'integrale indeducibilita' dell'IMU disposta per il
solo anno 2012; 
    che l'interveniente argomenta la  non  fondatezza  del  lamentato
vulnus ripercorrendo le  modifiche  normative  che  nel  tempo  hanno
progressivamente   condotto   all'attuale   integrale   deducibilita'
dell'IMU  relativa  agli  immobili  strumentali  dalle  imposte   sui
redditi; 
    che  l'Avvocatura  generale  prende  le   mosse   dall'originaria
previsione    di    integrale    indeducibilita'     -     dichiarata
costituzionalmente illegittima con la piu' volte citata  sentenza  n.
262 del 2020 - rimasta in vigore solo per il 2012, per segnalare  che
fin dal 2013, con i commi 715  e  716  dell'art.  1  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2014)», e' stata introdotta, ai fini della determinazione del reddito
di  impresa  e  del  reddito  derivante  dall'esercizio  di  arti   e
professioni,  una  deducibilita'  parziale  dell'IMU  relativa   agli
immobili strumentali, precisamente nella misura del 30 per cento  per
il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e del 20 per  cento
dal 1° gennaio 2014; 
    che la difesa statale da' poi atto delle ulteriori modifiche  con
cui l'art. 1,  comma  12,  della  legge  30  dicembre  2018,  n.  145
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2019  e
bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), ha innalzato  al  40
per cento la percentuale di deducibilita' dell'IMU a decorrere dal 1°
gennaio 2019  (art.  19  della  medesima  legge  n.  145  del  2018);
percentuale in seguito ulteriormente rimodulata con l'art.  3,  comma
1, del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  34  (Misure  urgenti  di
crescita economica e per la risoluzione di specifiche  situazioni  di
crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n.
58, e, infine, con l'art. 1, commi 4,  772  e  773,  della  legge  27
dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio  2020-2022),
che hanno stabilito le percentuali di deducibilita' del: 
    - 50 per cento per il periodo d'imposta successivo  a  quello  in
corso al 31 dicembre 2018; 
    - 60 per cento per il periodo d'imposta successivo  a  quello  in
corso al 31 dicembre 2019; 
    - 60 per cento per il periodo d'imposta successivo  a  quello  in
corso al 31 dicembre 2020; 
    - 100 per cento per i periodi d'imposta successivi  a  quello  in
corso al 31 dicembre 2021; 
    che, secondo la difesa  statale,  proprio  una  tale  modulazione
diacronica delle percentuali di deducibilita' avrebbe  consentito  al
legislatore, da un lato, di assicurare  il  perseguimento  «graduale»
dell'obiettivo dell'integrale deducibilita'  dell'IMU  e,  dall'altro
lato, di rispettare i vincoli di bilancio dello Stato; 
    che  cio'  sarebbe  confermato  -  osserva  ancora   l'Avvocatura
generale - dalla citata sentenza n. 262 del 2020, che avrebbe infatti
ritenuto non sussistenti i presupposti per estendere la  declaratoria
di illegittimita' costituzionale alle annualita' successive al 2012; 
    che, del resto, secondo la difesa statale, questa Corte anche  in
altre pronunce avrebbe piu' volte ribadito, per un verso, «l'esigenza
di un continuo e ragionevole bilanciamento  tra  principi  e  diritti
fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di  essi»,  e,
per altro verso, la necessita'  di  impedire  -  eventualmente  anche
attraverso la  modulazione  nel  tempo  delle  decisioni  -  che  una
dichiarazione di illegittimita' costituzionale determinasse  «effetti
ancor piu' incompatibili con la Costituzione»; 
    che anche la scelta normativa dell'introduzione di percentuali di
deducibilita' dell'IMU in progressivo aumento fino alla sua integrale
deducibilita' dalle imposte sul reddito risponderebbe  alla  medesima
ratio, in quanto  essa  sarebbe  il  risultato  di  un  bilanciamento
finalizzato a evitare  il  rischio  della  violazione  del  principio
dell'equilibrio di bilancio; 
    che, secondo l'interveniente, queste considerazioni  deporrebbero
nel senso della insussistenza del denunciato vulnus; 
    che, secondo la difesa  statale,  la  questione  prospettata  dal
rimettente  sarebbe  non   fondata   anche   in   quanto   atterrebbe
«sostanzialmente al quantum della deduzione», ovverosia a un  aspetto
della disciplina riservato alla scelta discrezionale del legislatore,
risolvendosi - in pratica - in una riduzione  di  aliquota,  «che  e'
compito esclusivo dello stesso  legislatore  valutare  e  fissare  in
relazione ai diversi obiettivi della politica economica e fiscale»; 
    che l'Unione nazionale delle camere degli  avvocati  tributaristi
(UNCAT) e la Fondazione Telos, Centro studi dell'Ordine  dei  dottori
commercialisti e degli esperti contabili  di  Roma  hanno  depositato
opinioni,  in  qualita'   di   amici   curiae,   in   adesione   alla
prospettazione del rimettente; 
    che, con decreto del Presidente di  questa  Corte  del  25  marzo
2022, le opinioni sono state ammesse nel giudizio; 
    che, in data 12 aprile 2022, l'Avvocatura generale ha  depositato
memoria ribadendo quanto gia' argomentato nell'atto di intervento. 
    Considerato che, con ordinanza del 5 maggio 2021  (reg.  ord.  n.
165 del 2021), la Commissione  tributaria  provinciale  di  Parma  ha
sollevato, in riferimento all'art. 53 della  Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  1,  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
federalismo Fiscale  Municipale),  nella  parte  in  cui  prevede  la
deducibilita' parziale al venti  per  cento  dell'imposta  municipale
propria  (IMU),  relativa  agli  immobili  strumentali,  dalla   base
imponibile dell'imposta sul reddito delle societa' (IRES); 
    che, secondo il rimettente,  la  norma  censurata  violerebbe  il
principio di capacita' contributiva, atteso che,  in  conseguenza  di
tale parziale deducibilita', l'IRES finirebbe per gravare non gia' su
un reddito netto, «bensi' su di  un  reddito  lordo  e  fittiziamente
attribuito[gli]»; 
    che,  in  particolare,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  -  con
argomentazione che in parte richiama quanto  dallo  stesso  affermato
con precedente ordinanza di rimessione -, la deduzione  nella  misura
del venti per cento, ancorche' introdotta  «al  fine  di  evitare  le
censure di  illegittimita'  costituzionale»,  non  sarebbe  idonea  a
superare il cennato vulnus, «"non fondandosi  su  alcun  collegamento
aritmetico o logico, diretto o indiretto, sia pur vago, fra deduzione
forfetaria e deduzione analitica"»; 
    che il rimettente riferisce che la Ghibli srl ha proposto ricorso
avverso il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso  della
«maggiore» IRES «per tutto il triennio  2014/2016»  che  la  societa'
riterrebbe di avere versato «a causa della  parziale  indeducibilita'
dell'IMU relativa agli immobili strumentali»; 
    che,  benche'  il  giudice  a  quo   non   lo   abbia   precisato
esplicitamente, dal riferimento testuale operato alla  «deducibilita'
parziale del 20%», si puo' desumere che la sollevata questione ha  ad
oggetto, precipuamente, il primo periodo del comma 1,  dell'art.  14,
del d.lgs. n. 23 del 2011, come sostituito dall'art.  1,  comma  715,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2014)»; 
    che  se,  dunque,  pur  nella  sua  stringatezza,  la   questione
sollevata, valutata alla luce dell'intera ordinanza di rimessione, e'
espressa  in  modo  sufficiente  a  consentire  a  questa  Corte   di
individuare   il   thema   decidendum,   essa   risulta,    tuttavia,
irrimediabilmente viziata  da  una  insufficiente  motivazione  sulla
rilevanza; 
    che, secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la
motivazione sulla rilevanza «e' da intendersi correttamente formulata
quando illustra le  ragioni  che  giustificano  l'applicazione  della
disposizione  censurata  e  determinano  la  pregiudizialita'   della
questione  sollevata  rispetto   alla   definizione»   del   processo
principale (sentenza n. 160 del 2019; nello stesso senso, sentenza n.
105 del 2018); 
    che, nella  specie,  a  fronte  dell'assertiva  affermazione  del
rimettente per cui la rilevanza  sarebbe  «evidente»,  in  quanto  la
decisione  del   giudizio   principale   non   potrebbe   prescindere
dall'applicazione della norma censurata, manca una  valutazione,  sia
pure solo sommaria, di tale profilo da parte del giudice a quo; 
    che, in particolare, risulta del tutto omesso un vaglio circa  il
rapporto  tra  l'oggetto  sociale  della  ricorrente   nel   giudizio
principale,  che   non   viene   mai   esplicitato,   e   l'effettiva
strumentalita' degli immobili all'attivita' da quella esercitata; 
    che, peraltro, tale omissione risulta nella  specie  ancora  piu'
singolare se solo si considera che lo stesso giudice  a  quo,  da  un
lato, si sofferma nel richiamare le ragioni che hanno condotto questa
Corte,   nella   sentenza   n.   163   del   2019,    a    dichiarare
l'inammissibilita'   di    analoga    questione    di    legittimita'
costituzionale anche per profili attinenti alla «carenza descrittiva»
della  fattispecie;  dall'altro  lato,  richiama  specificamente  gli
elementi  posti  a  fondamento  della   rilevanza   (in   particolare
relativamente al settore di attivita' della societa'  ricorrente,  al
rapporto proprietario e alla  natura  strumentale  dei  beni  cui  e'
riferibile l'IRES oggetto di rimborso) della questione decisa con  la
sentenza n. 262 del 2020 di questa Corte; 
    che,  a  questo  riguardo,  va  rilevato  che,  a   ben   vedere,
l'affermazione del giudice  a  quo  secondo  cui  «il  caso  [oggetto
dell'odierno incidente] appare  speculare»  a  quello  relativo  alla
sentenza da ultimo citata non consente  di  superare  le  evidenziate
omissioni in ordine alla rilevanza, ma anzi le aggrava; 
    che, infatti, a volere intendere la  "specularita'"  evocata  dal
rimettente quale implicita motivazione sulla rilevanza,  si  dovrebbe
concludere che anche in questo caso (come in  quello  deciso  con  la
citata sentenza n. 262 del 2020) la societa' ricorrente nel  giudizio
principale operi nel settore immobiliare; 
    che proprio questa evenienza avrebbe richiesto al giudice  a  quo
di accertare, ai fini dell'applicabilita' della norma  censurata,  la
effettiva strumentalita'  degli  immobili  in  relazione  all'oggetto
sociale; 
    che  tale  precisazione  sarebbe  stata  ancora  piu'  necessaria
laddove  si  consideri  che  l'art.  2,  comma  2,  lettera  a),  del
decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 (Disposizioni urgenti in materia
di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno  alle  politiche
abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni
e di trattamenti pensionistici), convertito, con modificazioni, nella
legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha sostituito il comma 9-bis dell'art.
13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n.  214,
prevedendo che  «[a]  decorrere  dal  1°  gennaio  2014  sono  esenti
dall'imposta municipale propria i fabbricati  costruiti  e  destinati
dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto  che  permanga  tale
destinazione e non siano in ogni caso locati»; 
    che, dunque, in particolare dal 2014, la verifica  dell'effettiva
strumentalita' dei beni assume specifico  rilievo  sia  agli  effetti
dell'applicazione dell'IMU, sia  a  quelli  della  sua  deducibilita'
parziale dall'IRES; 
    che le descritte carenze in punto di motivazione sulla  rilevanza
determinano, secondo la costante giurisprudenza di questa  Corte,  la
manifesta inammissibilita' delle questioni (ex plurimis, ordinanza n.
76 del 2022); 
    che,  pertanto,  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 14, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 23 del 2011, come
sostituito dall'art. 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013,  deve
essere dichiarata manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale, vigente ratione temporis.