ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4,
del decreto legislativo 4 marzo 2015,  n.  22  (Disposizioni  per  il
riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso
di disoccupazione involontaria e  di  ricollocazione  dei  lavoratori
disoccupati, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,  n.  183),
promosso dal Tribunale ordinario di Torino, in  funzione  di  giudice
del  lavoro,  nel  procedimento  vertente  tra  M.  Z.  e  l'Istituto
nazionale della  previdenza  sociale  (INPS),  con  ordinanza  del  6
dicembre 2022, iscritta al n.  131  del  registro  ordinanze  2023  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,  prima
serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 2024 il Giudice relatore
Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Mauro Sferrazza  e  Massimo  Boccia  Neri  per
l'INPS,  nonche'  l'avvocato  dello  Stato  Pietro  Garofoli  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 aprile 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 dicembre 2022 (r. o. n. 131 del 2023), il
Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro,  ha
sollevato, in rifermento agli artt. 3, 4, primo comma, 36 e 41  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,
comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015,  n.  22  (Disposizioni
per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori  sociali
in caso  di  disoccupazione  involontaria  e  di  ricollocazione  dei
lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10  dicembre  2014,
n. 183), nella parte in cui prevede, senza possibilita'  di  valutare
il caso concreto,  l'obbligo  di  restituire  l'intera  anticipazione
della Nuova assicurazione sociale per  l'impiego  (d'ora  in  avanti:
NASpI) se il beneficiario stipuli un contratto di lavoro  subordinato
entro il termine di scadenza del  periodo  per  cui  l'indennita'  e'
riconosciuta. 
    1.1.- In punto di fatto, il rimettente riferisce che,  a  seguito
dell'interruzione del rapporto di lavoro in ragione del licenziamento
per  giustificato  motivo  oggettivo  e  del  conseguente  stato   di
disoccupazione  involontaria,  il  lavoratore  aveva   domandato   la
liquidazione anticipata dell'indennita' NASpI, a lui  spettante  fino
al  28  maggio   2021,   al   fine   di   intraprendere   l'attivita'
imprenditoriale di esercizio commerciale (un bar). La domanda  veniva
accolta, in data 23 settembre 2019,  e  gli  importi,  che  sarebbero
spettati con cadenza mensile,  gli  venivano  versati  in  una  unica
soluzione. 
    Il rimettente riferisce, altresi', che  nel  giudizio  a  quo  il
ricorrente ha prodotto la dichiarazione dei redditi per l'anno 2019 e
per l'anno 2020, e che da quest'ultima era risultata la  mancanza  di
redditi  conseguente  alla   chiusura   del   bar   stabilita   dalla
decretazione d'urgenza a causa della  pandemia  da  COVID-19  esplosa
nell'anno 2020. Per tale ragione il ricorrente aveva  deciso  di  non
proseguire l'attivita' di impresa e iniziato,  in  data  15  febbraio
2021, un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo  indeterminato.
L'azienda  era  stata  ceduta  in  data  30  aprile  2021,   per   un
corrispettivo  molto  inferiore  a  quello  pagato  inizialmente  per
rilevarla (quasi un decimo del prezzo di acquisto). 
    Avendo il lavoratore costituito il rapporto di lavoro subordinato
(il 15 febbraio 2021) prima che spirasse  il  termine  coperto  dalla
NASpI (28 maggio 2021), l'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS), con missiva del 5 ottobre 2021, gli chiedeva la  restituzione
dell'intero importo erogato a titolo di anticipata liquidazione della
NASpI, pari a 19.796,90 euro. 
    Il  lavoratore,  pertanto,  proponeva  opposizione  avverso  tale
richiesta chiedendo l'accertamento della  non  debenza  dell'asserito
indebito, oggetto della ripetizione pretesa dall'Istituto. 
    L'INPS si  costituiva  affermando  che  la  propria  pretesa  era
fondata sull'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015. 
    Su  sollecitazione  della  parte  ricorrente  il  rimettente   ha
sollevato  le  questioni   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione indicata. 
    1.2.- In punto di rilevanza, nell'ordinanza si  da'  atto  che  -
avendo il ricorrente ottenuto l'anticipazione dell'intero trattamento
NASpI, nella sussistenza dei requisiti di legge, quali la  cessazione
involontaria  del  rapporto  di  lavoro  e  la   relativa   pregressa
contribuzione - la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato
durante il periodo al quale si riferisce la NASpI comporta  l'obbligo
restitutorio dell'intera somma percepita in  ragione  della  testuale
applicazione dell'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015. 
    Infatti, l'inizio  del  rapporto  di  lavoro  si  colloca  al  15
febbraio  2021,  ovvero  nel  periodo  coperto   dall'indennita'   di
disoccupazione, la cui spettanza si  sarebbe  protratta  fino  al  28
maggio 2021. 
    Pertanto,   in   caso   di   dichiarazione   di    illegittimita'
costituzionale di tale  disposizione,  verrebbe  meno  il  fondamento
della pretesa restitutoria vantata dall'INPS. Da cio',  la  rilevanza
delle questioni sollevate. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il  rimettente  da'  atto
che questa Corte, con sentenza n. 194 del 2021, ha gia' scrutinato la
disposizione censurata dichiarando non fondata la relativa questione,
che, pero', avrebbe riguardato un caso non assimilabile a  quello  in
esame. 
    In particolare, nel caso  gia'  esaminato,  il  lavoratore  aveva
costituito un rapporto di lavoro subordinato, sia pure per la  durata
di pochi giorni, in  costanza  dello  svolgimento  dell'attivita'  di
impresa. 
    Pertanto,  i  principi  affermati  nella  predetta  sentenza  non
sarebbero applicabili al caso in esame, in quanto  il  ricorrente  ha
effettivamente intrapreso e poi svolto  un'attivita'  imprenditoriale
(un esercizio commerciale di  ristoro),  sopportando  anche  notevoli
costi per rilevare un'azienda, salvo dovervi poi rinunciare di fronte
ad un evento assolutamente imprevedibile quale e'  stata  l'emergenza
pandemica. 
    Ad avviso del rimettente, la disposizione oggetto di  censura  si
porrebbe in contrasto con l'art. 3  Cost.,  sotto  il  profilo  della
violazione del principio di ragionevolezza, per un  duplice  aspetto;
da un lato, nei casi di impossibilita' sopravvenuta dello svolgimento
dell'attivita' di impresa, la disposizione  censurata  evidenzierebbe
una incoerenza tra l'integrale restituzione dell'indennita' percepita
e l'effettivo  svolgimento  dell'attivita'  di  impresa;  ed  analoga
incoerenza sussisterebbe sotto il profilo  della  sproporzione  degli
effetti. 
    In particolare, il rimettente evidenzia che nella fattispecie  il
ricorrente ha acquistato l'attivita' commerciale da un terzo  per  un
costo pari a quarantacinquemila  euro,  somma  superiore  all'importo
anticipato dall'INPS; l'attivita', poi, e' stata esercitata per oltre
un anno tra  il  2019  e  il  2021,  ma  la  pandemia  per  COVID-19,
manifestatasi all'inizio del  2020,  ha  inciso  negativamente  sulla
redditivita' degli esercizi  pubblici;  cio'  era  dimostrato,  nella
specie, dalla mancanza di reddito  per  l'anno  2020  (essendo  stato
documentato che i ricavi sono stati  pari  a  4.414  euro,  e  dunque
superati  dai  costi).  La  costituzione  del  rapporto   di   lavoro
subordinato tre mesi prima della scadenza del  periodo  di  NASpI  si
giustificava con l'esigenza del ricorrente di procurarsi  un  reddito
per elementari esigenze di sussistenza. 
    Osserva    il    rimettente    che    l'integrale    restituzione
dell'indennita'    percepita    non    puo'    trovare    ragionevole
giustificazione nella finalita' antielusiva  quando  sia  dimostrato,
come nel caso di specie, che  l'attivita'  imprenditoriale  e'  stata
iniziata e proseguita anche con l'impiego di capitali rilevanti,  per
poi interrompersi a seguito di un evento imprevedibile, nella  specie
la pandemia legata alla diffusione del COVID-19, che ha  obbligato  i
titolari di esercizi  commerciali  alla  chiusura  degli  stessi  per
periodi non trascurabili. 
    Quanto   all'assenza   di   proporzionalita'    della    reazione
legislativa, il rimettente evidenzia che nella sentenza  n.  194  del
2021 questa Corte ha si' evidenziato come la scelta  del  legislatore
«fosse stata esercitata in modo  non  manifestamente  irragionevole»,
precisando  altresi'  che  «sarebbe  possibile   ipotizzare   criteri
alternativi, connotati, da una qualche flessibilita'». 
    In definitiva - secondo  il  giudice  a  quo  -  la  restituzione
integrale dell'anticipata liquidazione della  NASpI  rappresenterebbe
una conseguenza irragionevole nella sua rigidita', che non lascia ne'
all'INPS ne' al giudice alcun margine di valutazione in relazione  al
caso concreto. 
    Con  specifico  riferimento  alla  fattispecie   in   esame,   il
rimettente afferma  che  la  disposizione  censurata,  nel  prevedere
l'integrale restituzione  della  somma  anticipata  sarebbe  comunque
irragionevole, in quanto l'importo anticipato  e'  stato  interamente
utilizzato al  fine  di  acquistare  l'attivita'  economica,  con  la
conseguenza che la restituzione integrale risulterebbe eccessivamente
gravosa, anche alla luce delle perdite gia' subite dal ricorrente, il
quale ha venduto l'attivita' per un prezzo molto inferiore  a  quello
di  acquisto.  Inoltre,  la  sproporzione  emergerebbe  anche   dalla
considerazione della brevita' del  periodo  del  rapporto  di  lavoro
subordinato, ricadente in quello della NASpI (soli tre mesi dalla sua
scadenza). 
    Sussisterebbe anche  la  violazione  dell'art.  4,  primo  comma,
Cost., che tutela il diritto al  lavoro  nelle  sue  declinazioni  di
lavoro dipendente (art. 36 Cost.)  e  di  lavoro  autonomo  (art.  41
Cost.). 
    Al riguardo, il rimettente osserva che la disposizione  censurata
impedisce   per   i   percettori   dell'indennita'   anticipata,   la
costituzione di un  rapporto  di  lavoro  subordinato  per  tutto  il
periodo in cui viene corrisposta la NASpI, a pena della  restituzione
integrale dell'importo ricevuto. Si tratta, a suo  giudizio,  di  una
inammissibile deroga all'art. 4, primo comma, Cost. che riconosce  in
generale il diritto al lavoro. 
    Sussisterebbe, altresi', il contrasto con  l'art.  36  Cost.,  in
quanto  per  effetto  della  disposizione  in  esame,   il   soggetto
percettore dell'indennita'  anticipata  si  troverebbe  davanti  alla
scelta di rinunciare allo svolgimento di attivita' retribuita al fine
di evitare di restituire l'importo ricevuto, privandosi  del  reddito
necessario per la sua sussistenza. 
    Infine, vi sarebbe il contrasto con l'art. 41 Cost., in relazione
al principio della  libera  imprenditorialita'  che  va  riconosciuta
anche ai soggetti percettori della NASpI anticipata. 
    In  conclusione,  secondo  il   rimettente,   l'incidenza   della
emergenza  pandemica  sulla  concreta  possibilita'   di   proseguire
l'attivita' imprenditoriale costituisce un argomento che richiede  un
nuovo intervento di questa Corte sulla disposizione censurata,  nella
parte in cui prevede l'obbligo di integrale restituzione dell'importo
anticipato, senza criteri di flessibilita' che permettano di adeguare
la decisione al caso concreto. 
    2.- Con atto depositato il 30 ottobre  2023,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate. 
    2.1.- L'Avvocatura, in primo luogo, eccepisce  l'inammissibilita'
delle questioni di legittimita' costituzionale, in quanto l'ordinanza
di rimessione mirerebbe a introdurre un precetto vago, non  connotato
da precisione e tassativita', che imporrebbe all'INPS una valutazione
estremamente discrezionale  circa  la  dimostrazione,  da  parte  del
beneficiario  della  prestazione,  tanto  della  reale  iniziativa  e
prosecuzione dell'attivita' economica, quanto dei motivi che  abbiano
eventualmente condotto alla chiusura dell'esercizio. 
    In particolare, la difesa statale evidenzia che la  decisione  in
ordine all'an e  al  quantum  della  restituzione  dell'anticipazione
erogata sarebbe subordinata  al  riscontro  di  fattori  eccezionali,
identificati dalle nozioni di impossibilita' sopravvenuta e di evento
imprevedibile, cosi' come indicato nell'ordinanza di rimessione. 
    A tal riguardo, richiamando la citata sentenza n. 194  del  2021,
la difesa statale afferma che il temporaneo vincolo  in  costanza  di
svolgimento dell'attivita' imprenditoriale, per  la  quale  e'  stata
corrisposta  l'anticipazione,  non  impedirebbe  al   lavoratore   di
svolgere anche altre attivita' di lavoro autonomo. 
    Nel  merito,  l'Avvocatura  afferma  che,  in  riferimento   alla
violazione del parametro costituzionale di cui all'art. 3  Cost.,  la
questione  e'  gia'  stata  ritenuta  non  fondata  nella  richiamata
sentenza n. 194 del 2021. 
    Nello specifico, deduce che  l'eventuale  necessitata  cessazione
dell'attivita'  imprenditoriale  rientra  nell'ambito   del   normale
rischio di impresa che grava su ogni imprenditore. 
    La difesa  statale  osserva  poi  che,  proprio  per  far  fronte
all'emergenza pandemica, il legislatore ha previsto misure a sostegno
di tutti i lavoratori danneggiati da tale  evento  eccezionale  e  in
situazione di debolezza economica, come  tali  meritevoli  di  tutela
(lavoratori  autonomi,  collaboratori  coordinati   e   continuativi,
artigiani, commercianti e professionisti). 
    Si tratta degli interventi di cui agli artt. 27, 28, 44 e  44-bis
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di  potenziamento  del
Servizio sanitario nazionale e di sostegno  economico  per  famiglie,
lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020,
n. 27; agli artt. 78 e 84 del decreto-legge 19  maggio  2020,  n.  34
(Misure  urgenti  in  materia  di  salute,  sostegno  al   lavoro   e
all'economia, nonche' di  politiche  sociali  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 17 luglio 2020, n. 77; e, inoltre, di cui agli artt. 9 e 13 del
decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Misure urgenti per il  sostegno
e il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, in legge
13 ottobre 2020, n. 126, e di cui all'art. 15  del  decreto-legge  28
ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia  di  tutela
della salute, sostegno ai lavoratori  e  alle  imprese,  giustizia  e
sicurezza,  connesse  all'emergenza  epidemiologica   da   COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176. 
    Con  specifico  riferimento   alle   attivita'   imprenditoriali,
rilevano, poi, i contributi a fondo perduto previsti dall'art. 25 del
d.l. n. 34 del 2020, come convertito, e dall'art. 1 del d.l.  n.  137
del 2020, come convertito. 
    Ad avviso della difesa statale,  gli  effetti  negativi  derivati
dalla pandemia non possono configurarsi come eventi di forza maggiore
idonei a liberare i soggetti dalle  obbligazioni  restitutorie  sorte
nell'ambito di rapporti giuridici ordinari. 
    Infine, l'Avvocatura evidenzia  la  non  fondatezza  anche  delle
censure riferite alla violazione dell'art. 4, primo comma, Cost.,  in
quanto la norma non prevede alcun divieto di assumere un rapporto  di
lavoro  subordinato,  ma  prevede  solo   l'obbligo   di   restituire
l'incentivo erogato per intraprendere l'attivita' di lavoro autonomo. 
    La disposizione censurata sarebbe coerente anche con gli artt. 36
e 41 Cost., dal momento che la ratio ad essa sottesa e' conforme alle
politiche  di  contrasto  della  disoccupazione   e   di   incremento
dell'occupazione, come affermato nella sentenza n. 194 del 2021. 
    3.- Con  atto  depositato  il  27  ottobre  2023,  l'INPS  si  e'
costituito   in   giudizio    deducendo,    in    via    preliminare,
l'inammissibilita' delle questioni. 
    L'Istituto osserva che l'ordinanza di rimessione non contiene  la
formulazione di un petitum specifico e determinato, non indicando  il
verso della addizione richiesta. 
    Nel merito, la difesa dell'Istituto sostiene  la  non  fondatezza
delle questioni per le ragioni indicate nella  sentenza  n.  194  del
2021. 
    Non  e'  decisivo  che  l'attivita'  imprenditoriale  sia   stata
effettivamente iniziata e svolta per circa un anno, in  quanto,  come
stabilito   nella   richiamata   sentenza,   cio'   che   rileva   e'
l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato nel  periodo  in
cui sarebbe stata erogata la prestazione periodica. 
    Secondo  l'INPS,  poi,  non  sarebbe  pertinente   l'osservazione
secondo cui la pandemia abbia colpito in  modo  severo  le  attivita'
imprenditoriali e, in particolare, i pubblici esercizi ed in specie i
"bar". In  tutti  i  casi  di  intrapresa  attivita'  commerciale  e'
consustanziale  un  accettato  rischio  imprenditoriale  connesso  al
modificarsi delle condizioni fattuali ed economiche dell'attivita'. 
    Inoltre, l'Istituto ha richiamato i provvedimenti a sostegno  del
reddito per i  lavoratori  autonomi  e  imprenditori  in  periodo  di
pandemia da COVID-19. 
    Quanto all'ulteriore profilo di censura, ovvero alla mancanza  di
proporzionalita' insita nell'obbligo  della  integrale  restituzione,
l'INPS richiama l'affermazione contenuta nella sentenza  n.  194  del
2021, secondo cui tale obbligo non e' una sanzione. 
    Ne' potrebbe assumere rilievo, trattandosi di un inconveniente di
fatto, il dato dell'aver venduto l'attivita' ad  un  prezzo  ridotto,
tanto piu' a fronte del rimedio dell'azione generale  di  rescissione
ex art. 1448 del codice civile, alla quale  sarebbe  stato  possibile
fare ricorso per recuperare l'evidente  sproporzione  tra  il  valore
dell'attivita' commerciale e il prezzo pagato dal terzo compratore. 
    Priva di  fondamento  risulterebbe  anche  l'asserita  violazione
dell'art. 4, primo comma, Cost., in quanto la disposizione  censurata
non impedisce affatto la  costituzione  di  un  rapporto  di  lavoro,
atteso che la restituzione dell'anticipata liquidazione  della  NASpI
risponde ad un criterio di autoresponsabilita' del suo percettore. 
    La finalita' dell'incentivo alla autoimprenditorialita'  risponde
allo scopo di indirizzare il lavoratore disoccupato  verso  attivita'
autonome per ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato. 
    Quanto alla pretesa violazione  dell'art.  36  Cost.,  l'Istituto
deduce che ogni indebito oggettivo previdenziale comporta,  ai  sensi
dell'art. 2033 cod. civ., la necessaria  restituzione  integrale,  in
ipotesi secondo un piano di rateizzazione, cosi' come previsto  dalla
normativa interna del medesimo Istituto. 
    Rimarrebbe esclusa anche la violazione  dell'art.  41  Cost.,  in
quanto la restituzione dell'incentivo  risponde  ad  un  criterio  di
autoresponsabilita' del percettore. In ogni caso  si  verserebbe  nel
campo delle scelte discrezionali del legislatore. 
    3.1.- Con memoria depositata in data 16  marzo  2024,  l'INPS  ha
ribadito le proprie argomentazioni in punto di manifesta infondatezza
delle questioni di legittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 dicembre 2022 (r. o. n. 131 del 2023), il
Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato,
in rifermento agli artt. 3, 4, primo comma, 36 e 41 Cost.,  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22
del 2015, nella parte in cui prevede, senza  alcuna  possibilita'  di
valutare  il  caso  concreto,  l'obbligo   di   restituire   l'intera
anticipazione della NASpI se il beneficiario stipuli un contratto  di
lavoro subordinato entro il termine di scadenza del periodo  per  cui
l'indennita' e' riconosciuta. 
    2.- Il rimettente riferisce di essere investito di un giudizio di
opposizione avverso la richiesta dell'INPS di restituzione  integrale
dell'anticipazione della NASpI,  erogata  al  lavoratore  ricorrente,
quale   incentivo   all'autoimprenditorialita'   per    intraprendere
l'attivita' di esercizio commerciale di ristoro (un bar). 
    Dopo  aver  chiarito  che  nel  caso  in  esame   l'anticipazione
dell'indennita'  era  stata  corrisposta  in  un'unica  soluzione  in
relazione ad importi spettanti fino al 28 maggio 2021, il  giudice  a
quo  da'  atto   che   il   ricorrente   ha   dimostrato,   allegando
documentazione,  di  non  aver  conseguito  alcun  reddito  a   causa
dell'interruzione dell'esercizio dell'attivita' commerciale, avvenuta
in conformita' alla decretazione d'urgenza adottata nel  corso  della
pandemia esplosa nel marzo del 2020; per tale ragione  il  ricorrente
aveva accettato,  in  data  15  febbraio  2021,  un  lavoro  a  tempo
determinato. 
    Fondando la propria pretesa sull'art. 8, comma 4, del  d.lgs.  n.
22 del 2015, l'INPS ha domandato la restituzione dell'intero  importo
erogato  a  titolo  di  NASpI,  pari  a  19.796,90  euro,  per  avere
l'opponente intrapreso il rapporto di lavoro subordinato nel  periodo
coperto dall'indennita'. 
    Cio'  precisato,  il  rimettente  sostiene  che  la  disposizione
indicata e' affetta da illegittimita' costituzionale nella  parte  in
cui prevede l'obbligo della restituzione integrale dell'anticipazione
NASpI, nel caso in cui il beneficiario abbia stipulato  un  contratto
di lavoro subordinato entro il termine di scadenza  del  periodo  per
cui l'indennita' e' riconosciuta,  senza  consentire  al  giudice  di
adeguare la decisione sull'obbligo restitutorio al caso concreto  nel
quale l'attivita' imprenditoriale sia divenuta impossibile per  cause
sopravvenute, come accaduto nella specie, per effetto  dell'emergenza
pandemica. 
    Ad avviso del rimettente, sussisterebbe il contrasto con l'art. 3
Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza e  al  principio
di  proporzionalita',  in   quanto   l'integrale   restituzione   non
troverebbe alcuna giustificazione rivelandosi eccessivamente gravosa,
la'    dove    l'interruzione     dell'attivita'     imprenditoriale,
effettivamente avviata, sia dovuta ad impossibilita' sopravvenuta. 
    Sarebbero violati anche gli artt. 4, 36 e 41  Cost.,  perche'  la
previsione della restituzione dell'intero ammontare  della  NASpI  si
porrebbe in contrasto con il precetto costituzionale che riconosce il
diritto al lavoro, nella duplice declinazione di lavoro dipendente  e
di lavoro autonomo. 
    Il rimettente sottolinea, infatti, che la disposizione censurata,
da un lato, impedisce ai  percettori  dell'indennita'  anticipata  la
costituzione di un  rapporto  di  lavoro  subordinato  per  tutto  il
periodo in cui sarebbe dovuta la NASpI,  a  meno  di  non  subire  la
restituzione integrale dell'indennita', salvo intraprendere la strada
del lavoro autonomo; scelta non esigibile a causa della situazione di
crisi economica determinata dalla pandemia; dall'altro,  finisce  con
l'incidere  negativamente  anche  sulla  liberta'  di  svolgere   una
attivita' imprenditoriale, poiche' i  percettori  della  liquidazione
anticipata della NASpI si troverebbero obbligati a proseguire in ogni
caso un'attivita' imprenditoriale fino al termine del periodo coperto
dalla misura. 
    3.- In primo luogo, quanto al profilo  dell'ammissibilita'  delle
questioni, occorre esaminare le eccezioni dell'INPS e del  Presidente
del Consiglio dei ministri, che muovono, sostanzialmente, da medesime
considerazioni. 
    Sia la difesa  statale  che  quella  dell'Istituto  assumono  che
l'ordinanza  di  rimessione  difetti  di  un  petitum   specifico   e
determinato,  poiche'  non  indicherebbe  il  verso  della  addizione
richiesta per la reductio ad legitimitatem,  prospettando,  altresi',
meri inconvenienti di fatto. 
    Piu'   specificamente,   l'Avvocatura    dello    Stato    deduce
l'inammissibilita' delle questioni perche' l'ordinanza  mirerebbe  ad
introdurre  un  precetto  vago,  non  connotato   da   precisione   e
tassativita',  che  imporrebbe  all'INPS  una  valutazione  altamente
discrezionale sia ai fini della dimostrazione dell'effettivo inizio e
prosecuzione  dell'attivita'  economica  e  dei  motivi  che  abbiano
determinato la mancata prosecuzione, sia quanto ai criteri  oggettivi
per  la  quantificazione  delle  perdite  e  dei  guadagni   connessi
all'attivita'  imprenditoriale  e  alla   non   volontarieta'   della
cessazione dell'attivita'. 
    Secondo la difesa  dell'INPS,  poi,  non  sarebbe  chiaro  se  il
rimettente intenda richiedere l'integrale caducazione della  norma  o
un intervento manipolativo, peraltro non consentito, versandosi in un
settore  cui  spetta  al  legislatore  la  risoluzione   di   aspetti
problematici di politiche del lavoro. 
    3.1.- Le eccezioni non sono fondate. 
    Al riguardo, va sottolineato che questa Corte, nella sentenza  n.
194   del   2021,   concernente   una   questione   di   legittimita'
costituzionale  avente  ad  oggetto  la  medesima  disposizione  oggi
censurata (infra, punti 5 e 5.1.), ha disatteso una analoga eccezione
di inammissibilita', affermando  che  «in  generale,  l'ordinanza  di
rimessione  delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale   non
necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante  altresi'
un petitum, essendo sufficiente  che  dal  tenore  complessivo  della
motivazione emerga con chiarezza  il  contenuto  ed  il  verso  delle
censure (sentenza n. 175 del 2018), spettando  a  questa  Corte,  ove
ritenuto  sussistente   il   denunciato   vizio   di   illegittimita'
costituzionale, individuare il dispositivo piu'  idoneo  a  rimuovere
tale vizio». 
    Nella medesima sentenza si e' anche precisato che nei casi in cui
il petitum sia di carattere additivo, «la questione e'  inammissibile
solo se l'ordinanza di  rimessione  omette  di  indicare  in  maniera
sufficientemente circostanziata il verso della addizione che  sarebbe
necessaria per la reductio ad  legitimitatem  (sentenza  n.  175  del
2018)». 
    Spetta infatti a questa Corte, ove ritenga fondate le  questioni,
«di  individuare  la  pronuncia  piu'   idonea   alla   reductio   ad
legitimitatem della disposizione  censurata,  non  essendo  vincolata
alla  formulazione  del  petitum  dell'ordinanza  di  rimessione  nel
rispetto dei  parametri  evocati,  stante  anche  che  "l'assenza  di
soluzioni    costituzionalmente    vincolate"     non     compromette
l'ammissibilita' delle questioni stesse (ex plurimis, sentenza n.  59
del 2021)  quando  sia  rinvenibile  nell'ordinamento  una  soluzione
adeguata al parametro di riferimento» (sentenza n. 221 del 2023). 
    Le eccezioni dell'Avvocatura dello Stato e della difesa dell'INPS
non sono dunque fondate, atteso che il giudice a quo indica, in  modo
sufficientemente compiuto,  il  contenuto  della  pronuncia  additiva
auspicata, laddove dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015, nella  parte  in  cui  prevede
l'obbligo della restituzione integrale dell'anticipazione NASpI senza
possibilita' di adeguare tale obbligo  restitutorio  nell'ipotesi  in
cui   la   prosecuzione    dell'attivita'    sia    stata    impedita
dall'impossibilita'    sopravvenuta    di    svolgere     l'attivita'
imprenditoriale e il beneficiario abbia  stipulato  un  contratto  di
lavoro subordinato entro il termine di scadenza del periodo  per  cui
l'indennita' e' riconosciuta. 
    4.- Prima di esaminare il merito delle censure, va innanzi  tutto
richiamata, in sintesi, la ricostruzione dell'evoluzione  del  quadro
legislativo di  riferimento,  gia'  operata  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 194 del 2021. 
    In  particolare,  ed  ai  fini  che  qui  interessano,  e'  stato
evidenziato  che  la  disposizione   censurata,   per   favorire   la
ricollocazione del lavoratore, involontariamente  inoccupato,  al  di
fuori del mercato del lavoro subordinato, consente all'avente diritto
al trattamento NASpI di ottenerne la  corresponsione  anticipata  per
poter  avviare  un'attivita'  autonoma,  di  impresa   o   in   forma
cooperativa. 
    Piu'  specificamente,  l'art.  8  del  d.lgs.  n.  22  del   2015
stabilisce al comma  1  che  «[i]l  lavoratore  avente  diritto  alla
corresponsione  della   NASpI   puo'   richiedere   la   liquidazione
anticipata,  in  unica  soluzione,   dell'importo   complessivo   del
trattamento che gli spetta e che non gli e' stato ancora  erogato,  a
titolo di incentivo all'avvio di un'attivita' lavorativa  autonoma  o
di impresa individuale o  per  la  sottoscrizione  di  una  quota  di
capitale  sociale  di  una  cooperativa  nella  quale   il   rapporto
mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attivita' lavorative  da
parte del socio». 
    Qualora, pero', il lavoratore  instauri  un  rapporto  di  lavoro
subordinato prima della scadenza del periodo per cui e'  riconosciuta
la liquidazione anticipata della  NASpI,  la  disposizione  censurata
stabilisce  che  egli   e'   tenuto   a   restituire   «per   intero»
l'anticipazione ottenuta, eccettuando  la  sola  ipotesi  in  cui  il
rapporto di lavoro subordinato  sia  instaurato  con  la  cooperativa
della quale il lavoratore  ha  sottoscritto  una  quota  di  capitale
sociale. 
    Nella  citata  sentenza  n.  194  del  2021,  questa   Corte   ha
sottolineato come il presupposto dell'incentivo in esame - al pari di
quelli che ne costituiscono i precedenti,  ovvero  la  corresponsione
anticipata dell'Assicurazione sociale per l'impiego  (ASpI),  di  cui
all'art. 2, comma 19, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni
in materia di riforma del mercato del lavoro in  una  prospettiva  di
crescita) e,  in  un  contesto  normativo  diverso,  l'indennita'  di
mobilita' erogata in via anticipata ex art. 7, comma 5,  della  legge
23 luglio 1991, n. 223  (Norme  in  materia  di  cassa  integrazione,
mobilita', trattamenti di  disoccupazione,  attuazione  di  direttive
della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed  altre  disposizioni
in materia di  mercato  del  lavoro)  -  consista  nell'agevolare  il
lavoratore  nell'intraprendere  un'attivita'   autonoma   o   avviare
un'impresa  al  fine  «di  favorire  il  reimpiego   del   lavoratore
"disoccupato"  in  un'attivita'   diversa   da   quella   di   lavoro
subordinato,  allo  scopo  di  ridurre  la  pressione  sul   relativo
mercato». 
    Piu' di recente, poi, nella sentenza n. 38  del  2024  -  che  ha
scrutinato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 41,
primo comma, Cost., l'art. 7, comma 5, della legge n. 223  del  1991,
nella parte in cui «nell'interpretazione datane dal  diritto  vivente
della  Corte  di  cassazione»,  esclude   la   compatibilita'   della
indennita' di mobilita' ricevuta ratealmente e periodicamente con  lo
svolgimento  di  un'attivita'  lavorativa  autonoma,   imponendo   al
lavoratore autonomo la necessita' della richiesta  di  corresponsione
anticipata, pena la perdita del diritto - questa Corte ha evidenziato
che anche tale modalita' di  erogazione  costituisce  «una  sorta  di
finanziamento destinato a  uno  scopo,  quello  dell'investimento  in
un'attivita' autonoma  o  di  impresa,  per  far  fronte  alle  spese
iniziali dell'attivita' che il lavoratore in mobilita'  svolgera'  in
proprio, cosi' fuoriuscendo dal mercato del lavoro dipendente». 
    L'erogazione della NASpI,  in  via  anticipata  e  in  una  unica
soluzione,  costituisce  dunque,  per  la   finalita'   che   intende
perseguire, una modalita' di corresponsione del beneficio  del  tutto
peculiare  rispetto  alla   erogazione   "ordinaria"   della   stessa
indennita'; se il lavoratore inoccupato non intende avvalersi di tale
incentivo all'autoimprenditorialita', la NASpI  segue  la  disciplina
prevista, in particolare, dagli artt. 5 e 7  del  d.lgs.  n.  22  del
2015. 
    Al di fuori dell'opzione per  l'erogazione  anticipata,  infatti,
l'art. 5 del d. lgs. n. 22 del 2015 stabilisce  che  «[l]a  NASpI  e'
corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari  alla  meta'
delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni.  Ai  fini
del calcolo della durata non sono computati  i  periodi  contributivi
che  hanno  gia'  dato  luogo  ad  erogazione  delle  prestazioni  di
disoccupazione [...]». 
    Quanto alle condizionalita' dell'indennita', l'art. 7 del  d.lgs.
n. 22 del 2015 prescrive, al comma 1, che «[l']erogazione della NASpI
e' condizionata  alla  regolare  partecipazione  alle  iniziative  di
attivazione  lavorativa  nonche'  ai  percorsi  di   riqualificazione
professionale proposti dai Servizi competenti ai sensi  dell'articolo
1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21  aprile  2000,  n.
181, e successive modificazioni», prevedendosi, altresi', al comma 2,
«ulteriori misure volte a condizionare la fruizione della NASpI  alla
ricerca attiva di  un'occupazione  e  al  reinserimento  nel  tessuto
produttivo», nonche' al comma 3, «le condizioni e  le  modalita'  per
l'attuazione  della   presente   disposizione   nonche'   le   misure
conseguenti all'inottemperanza agli obblighi di  partecipazione  alle
azioni di politica attiva di cui al comma 1», da adottare con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali  «entro  90  giorni
dalla data di entrata in vigore  del  presente  decreto,  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano». 
    5.- Cio' premesso, la questione di  legittimita'  costituzionale,
sollevata in riferimento all'art. 3  Cost.  sotto  il  profilo  della
violazione dei principi  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza,  e'
fondata. 
    5.1.- Deve innanzi tutto evidenziarsi che questa  Corte,  con  la
sentenza n. 194 del 2021, ha  gia'  valutato  la  disciplina  oggetto
dell'odierna  censura  con  riferimento  alla  fattispecie  generale:
quella  dell'insorgenza  dell'obbligo   di   restituzione   integrale
dell'anticipazione della NASpI quando il lavoratore, pur  continuando
ad  esercitare  l'attivita'  per  la  quale  e'   stato   corrisposto
l'incentivo all'autoimprenditorialita' ai sensi del comma 4 dell'art.
8 del d.lgs. n. 22 del 2015, abbia costituito, seppur per un  periodo
limitato, un rapporto di lavoro subordinato, percependo  la  relativa
retribuzione. E' l'ipotesi  di  un'attivita'  di  lavoro  subordinato
svolta contemporaneamente a quella imprenditoriale, per la quale  sia
stata erogata l'anticipazione della NASpI. 
    Questa   Corte   ha   inoltre   rimarcato   che   l'anticipazione
dell'incentivo all'imprenditorialita' ha la finalita' di «favorire il
reimpiego del lavoratore "disoccupato"  in  un'attivita'  diversa  da
quella di lavoro subordinato, allo scopo di ridurre la pressione  sul
relativo mercato» ed ha aggiunto che «[s]i tratta,  in  sostanza,  di
forme tipiche di  legislazione  promozionale,  volte  ad  incentivare
l'iniziativa  autonoma  individuale,  quale  forma   di   occupazione
"alternativa"  rispetto  al  lavoro  dipendente,   "convertendo"   in
lavoratori  autonomi  o  imprenditori  i  lavoratori  in   cerca   di
occupazione, con l'ulteriore possibile effetto indotto, per lo stesso
mercato del lavoro, della eventuale insorgenza di nuove occasioni  di
lavoro nel medio-lungo periodo». 
    Si giustifica, quindi, la previsione della restituzione integrale
dell'importo  dell'incentivo  avendo  questa  Corte  ricondotto  tale
obbligo alla «specifica finalita' di contrasto del possibile abuso da
parte  di  chi  chiede  il  beneficio  senza  poi  intraprendere,  in
concreto, un'attivita' di lavoro autonomo o di  impresa»,  in  quanto
«[l']eventuale instaurazione di un rapporto  di  lavoro  subordinato,
proprio nel periodo in  cui  spetterebbe  altrimenti  la  prestazione
periodica, e' un indice rivelatore della mancanza di  effettivita'  e
di autenticita' dell'attivita' di lavoro autonomo o di  impresa,  che
giustifica la liquidazione anticipata della  prestazione,  altrimenti
spettante con cadenza periodica». 
    Nel riconoscere che il contrasto dell'elusione  e'  al  fondo  di
tale disciplina, sempre la sentenza n. 194 del 2021 ha  chiarito  che
«l'obbligo  restitutorio  e'  coerente   con   l'indicata   finalita'
antielusiva della disposizione censurata, che e'  quella  di  evitare
che il trattamento corrisposto in via anticipata  non  sia  realmente
utilizzato per intraprendere e poi proseguire un'attivita' di  lavoro
autonomo, di impresa o in forma cooperativa» e, ancora, che «la ratio
dell'obbligo restitutorio, previsto dalla disposizione censurata,  e'
costituita da una piu' specifica finalita' di contrasto del possibile
abuso da parte di chi chiede il beneficio senza poi intraprendere, in
concreto, un'attivita' di lavoro autonomo o di impresa». 
    Posto, poi, che la restituzione integrale dell'anticipazione  non
ha  natura  "sanzionatoria",  questa  Corte  ha  evidenziato  che  il
rapporto di lavoro subordinato instaurato nel  periodo  di  spettanza
della NASpI assurge a «elemento fattuale indicativo della mancanza  o
insufficienza  del  presupposto  stesso   del   beneficio   -   ossia
dell'inizio, e poi prosecuzione,  di  un'impresa  individuale  (o  in
cooperativa) ovvero di un'attivita' di lavoro autonomo». 
    Pur riconducendo tale disciplina,  di  particolare  rigore,  alla
discrezionalita'   del   legislatore,   esercitata   in   modo    non
manifestamente irragionevole, questa Corte, con la medesima sentenza,
ha  comunque  evidenziato  la  possibilita'  di  «ipotizzare  criteri
alternativi, connotati da una qualche flessibilita',  non  dissimili,
ad esempio, da quello che prevede la compatibilita' della prestazione
di  lavoro  subordinato  di  modesta   entita'   con   la   spettanza
dell'erogazione periodica - non gia' anticipata - della NASpI (art. 9
del d.lgs. n. 22 del 2015)». 
    5.2.- I principi  enunciati  dalla  sentenza  n.  194  del  2021,
successivamente confermati dalla  sentenza  n.  38  del  2024,  vanno
ulteriormente  ribaditi  anche   con   riferimento   all'ipotesi   di
promozione  di  un'attivita'  imprenditoriale  che  in  concreto  non
consegua   i   risultati   sperati   dal    lavoratore,    percettore
dell'anticipazione della NASpI. Quest'ultimo infatti  -  beneficiando
dell'erogazione  integrale,  senza  essere  tenuto  a  rispettare  le
condizionalita' di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 22 del 2015, quali la
regolare partecipazione alle iniziative  di  attivazione  lavorativa,
nonche' ai percorsi di riqualificazione  professionale  proposti  dai
servizi competenti, e l'onere di ricerca attiva di un'occupazione per
il reinserimento nel tessuto produttivo - accetta di sperimentare  il
percorso  alternativo  di  promuovere  un'attivita'  imprenditoriale,
assumendo anche il relativo rischio d'impresa che ne costituisce  una
componente intrinseca. 
    Il  rischio  di  impresa  e'  insito   nella   finalita'   stessa
dell'incentivo all'autoimprenditorialita', stante che  al  lavoratore
e' lasciata la scelta di beneficiare dell'indennita' della NASpI,  in
un'unica soluzione e nell'importo complessivo del trattamento che gli
spetta,   in   luogo   dell'erogazione   periodica   soggetta    alle
condizionalita' di  cui  all'art.  7  del  d.lgs.  n.  22  del  2015,
all'inottemperanza delle  quali  conseguirebbe  l'interruzione  della
percezione della prestazione. 
    Se il lavoratore opta per l'incentivo all'autoimprenditorialita',
percependo subito e integralmente, senza le condizionalita' dell'art.
7  citato,  quanto  altrimenti  conseguirebbe  periodicamente  e  sub
condicione, e' ben evidente che deve "mettere in conto" il  possibile
esito negativo dell'attivita' di impresa, essendo  esso  compreso  in
tale calcolo di convenienza. 
    5.3.- Diversa e', invece, la fattispecie,  oggetto  del  giudizio
principale, che concerne l'ipotesi particolare in cui  il  percettore
dell'anticipazione dell'indennita', dopo aver intrapreso e svolto per
un significativo periodo di tempo  l'attivita'  imprenditoriale,  non
possa proseguirla per cause sopravvenute e imprevedibili, a  lui  non
imputabili, e costituisca un rapporto  di  lavoro  subordinato  prima
della scadenza del periodo della NASpI. Anche per questa  fattispecie
particolare  la  disposizione  censurata  impone  che  il  percettore
dell'anticipazione dell'indennita', se instaura un rapporto di lavoro
subordinato prima della scadenza del periodo per cui e'  riconosciuta
la liquidazione anticipata della NASpI, sia tenuto a restituire  «per
intero» l'anticipazione ottenuta, benche' l'attivita' imprenditoriale
non sia proseguita  a  causa  di  una  condizione  di  impossibilita'
sopravvenuta o di insuperabile oggettiva difficolta'. 
    In tale evenienza,  pero',  emerge  per  un  verso  che,  qualora
l'attivita'  imprenditoriale  sia  stata  effettivamente  iniziata  e
proseguita per un apprezzabile periodo di tempo, grazie  all'utilizzo
dell'incentivo all'autoimprenditorialita', la  finalita'  antielusiva
risulta esaurita, in quanto pienamente realizzata, e  quindi  non  si
verte  in  una  situazione  in  cui  possa   esserci   «mancanza   di
effettivita' e di autenticita' dell'attivita' di lavoro autonomo o di
impresa» (sentenza n. 194 del 2021). 
    Per  altro  verso,  non  puo'  essere  priva  di   rilevanza   la
circostanza che il percettore dell'anticipazione si sia trovato nella
situazione di non poter proseguire  l'attivita'  imprenditoriale  per
causa a lui non imputabile. 
    A  fronte   di   un   accadimento   imprevisto   puo'   insorgere
l'impossibilita'  o  la  oggettiva  insuperabile  difficolta'   della
prosecuzione dell'attivita' di impresa, in concreto avviata e fino ad
allora   esercitata;   cio'   che   fa    diventare    sproporzionata
l'integralita'  dell'obbligo   restitutorio,   rendendo   lo   stesso
inesigibile secondo i canoni di correttezza  e  buona  fede,  che  in
generale integrano il rapporto obbligatorio. Ed infatti, la  clausola
generale di cui all'art. 1175 cod. civ., che impone  alle  parti  del
rapporto obbligatorio di comportarsi secondo correttezza, «vincola il
creditore a esercitare la sua pretesa in maniera da tenere in  debita
considerazione, in rapporto alle circostanze concrete,  la  sfera  di
interessi che fa riferimento al debitore» (sentenza n. 8 del 2023). 
    In   questa   particolare   contingenza   la   previsione   della
restituzione integrale, per il caso in cui il  lavoratore  non  abbia
altra scelta che procurarsi un reddito mediante l'instaurazione di un
rapporto di lavoro subordinato nel periodo coperto dalla  indennita',
stante l'impossibilita' di proseguire l'attivita'  autonoma,  risulta
affetta  da  un  rigore  eccessivo,  che  si  traduce  in  intrinseca
irragionevolezza e mancanza di proporzionalita', di tal  che  non  si
giustifica    piu'    l'integralita'    dell'obbligo     restitutorio
dell'anticipazione in luogo della sua parametrazione alla durata  del
rapporto stesso. 
    Il rigore della regola, che impone la restituzione integrale  con
riferimento alla fattispecie generale, non puo' andare  disgiunto  da
una  clausola  di  flessibilita'  che  tenga  conto   delle   ipotesi
particolari. Nella  specie,  laddove  per  cause  indipendenti  dalla
volonta' del percettore l'attivita'  imprenditoriale,  per  la  quale
l'anticipata  liquidazione   della   NASpI   risulti   essere   stata
effettivamente  utilizzata,   non   possa   essere   proseguita,   la
integralita' della restituzione difetta di proporzionalita',  dovendo
la   stessa   essere   invece   riparametrata   affinche'   l'obbligo
restitutorio risulti commisurato al periodo di  mancata  prosecuzione
dell'attivita' d'impresa. 
    Se, dunque, il rischio di impresa - come gia' rilevato - comporta
la non irragionevolezza  dell'obbligo  della  restituzione  integrale
quando   l'attivita'   imprenditoriale   risulti   improduttiva,   in
conseguenza  di  scelte   legate   alla   conduzione   dell'attivita'
aziendale, che abbiano portato all'insuccesso della stessa, cio'  non
puo' predicarsi  ove  la  prosecuzione  dell'attivita'  sia  divenuta
impossibile o di oggettiva insuperabile  difficolta',  per  un  fatto
sopravvenuto non imputabile al lavoratore, il quale infine rinunci  a
continuarla. 
    E'  quanto  accade,  in  particolare,  se   l'impossibilita'   di
proseguire  l'attivita'  d'impresa  derivi  da  condizioni  di  forza
maggiore, come nella specie per  il  factum  principis  rappresentato
dalle misure di contrasto della pandemia da COVID-19 e dalle relative
chiusure o restrizioni per gli esercizi pubblici, solo  alleviate  da
sostegni e provvidenze, o derivi da altre circostanze similari, quali
eventi naturali o  fenomeni  atmosferici  estremi  o  finanche  fatti
dell'uomo (come  in  caso  di  devastazione  dolosa  ad  opera  della
criminalita'), ma tutti non imputabili al percettore dell'incentivo. 
    6.-   In   definitiva,   senza   la   necessaria   parametrazione
dell'obbligo restitutorio nelle indicate  evenienze  particolari,  la
disposizione censurata  viola  i  principi  di  ragionevolezza  e  di
proporzionalita', di cui all'art. 3 Cost. 
    7.- La questione di legittimita' costituzionale e' fondata  anche
in riferimento alla dedotta  violazione  dell'art.  4,  primo  comma,
Cost. 
    La disposizione censurata, nel prevedere  l'obbligo  restitutorio
integrale dell'anticipazione quando la prosecuzione dell'attivita' di
impresa  sia  divenuta  impossibile  o  di   oggettiva   insuperabile
difficolta', per causa sopravvenuta  non  imputabile  al  lavoratore,
finisce con il violare anche il diritto al lavoro, dal momento che ai
percettori  dell'indennita'  anticipata,  che  senza  colpa   abbiano
rinunciato   a    proseguire    l'attivita'    imprenditoriale,    e'
sostanzialmente  preclusa  la  possibilita'  di  costituzione  di  un
rapporto di lavoro subordinato per tutto il successivo periodo in cui
sarebbe dovuta la NASpI. 
    Salvo occasioni di lavoro autonomo, il lavoratore, per non essere
obbligato  a  restituire  integralmente   l'anticipazione,   dovrebbe
rimanere inattivo e attendere - senza lavorare, appunto - la scadenza
del periodo per il quale e' stata concessa l'anticipazione; cio'  che
potrebbe finanche privarlo dei mezzi di sussistenza. 
    E' configurabile, pertanto, la violazione  altresi'  dell'art.  4
Cost., il quale e'  declinato  finanche  come  «dovere  di  svolgere,
secondo le proprie possibilita' e la propria scelta,  un'attivita'  o
una funzione che concorra al progresso materiale o  spirituale  della
societa'». 
    8.- Resta assorbito ogni ulteriore profilo di censura. 
    9.- Cosi' accertata la violazione  dei  parametri  costituzionali
evocati dal  rimettente,  si  tratta  ora  di  stabilire  un  rimedio
appropriato a tale violazione. 
    Il giudice a quo aspira a una pronuncia che sostituisca l'attuale
obbligo restitutorio  integrale  con  la  previsione  di  criteri  di
flessibilita'  che  permettano  di  adeguare  la  decisione  al  caso
concreto, laddove il lavoratore, percettore dell'anticipazione  della
NASpI, non abbia  potuto  continuare  l'attivita'  imprenditoriale  a
cagione di una situazione di forza maggiore  o  di  una  sopravvenuta
causa a lui non imputabile. 
    Ritiene  questa  Corte  che  i  vizi  denunciati  possano  essere
rimediati  proporzionando  l'obbligo  restitutorio  alla  durata  del
rapporto  di  lavoro  subordinato  instaurato  nel  periodo   coperto
dall'indennita' della NASpI. Con riferimento a tale periodo la  NASpI
risulta, in parte  qua,  priva  di  causa  e  quindi  indebita;  alla
estensione  di  tale  periodo,  pertanto,  va  commisurato  l'obbligo
restitutorio come soluzione adeguata ad assicurare  il  rispetto  dei
sopra richiamati parametri di legittimita' costituzionale. 
    10.-  Va,  quindi,  dichiarata  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 2015, nella parte  in  cui
non limita  l'obbligo  restitutorio  dell'anticipazione  della  NASpI
nella  misura  corrispondente  alla  durata  del  periodo  di  lavoro
subordinato, quando il lavoratore non  possa  proseguire,  per  causa
sopravvenuta a lui non imputabile,  l'attivita'  di  impresa  per  la
quale l'anticipazione gli e' stata erogata.