IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3185/1999 R.G. proposto da Fazi Maria Gabriella, rappresentata e difesa dall'avv. N. D'Alessandro, presso lo studio del quale e' elettivamente domiciliato in Catania, p.zza Lanza n. 18\A; Contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, legale domiciliataria, per l'annullamento della nota prot. 9042\ap\736 datata 21 maggio 1999, con la quale il Ministero di grazia e giustizia, Direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali - ufficio I -, comunicava il non accoglimento dell'istanza presentata dall'odierna ricorrente in data 11 maggio 1999 e volta ad ottenere i benefici di cui all'art. 2 legge n. 133/1998, e per l'accertamento del diritto della ricorrente alla corresponsione dell'indennita' ed al riconoscimento dei benefici di cui alla legge n. 133\1998, con conseguente condanna del Ministero di grazia e giustizia al pagamento delle somme dovute a favore della istante medesima, con rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al soddisfo; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 10 settembre 1999 il referendario dott. Davide Ponte; Uditi altresi' per il ricorrente l'avv. N. D'Alessandro e per il Ministero resistente l'avvocato dello stato M. V. Lunetti; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Con il gravame introduttivo del giudizio l'odierna ricorrente, magistrato di tribunale in servizio dal 17 novembre 1993 alla Procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Enna con funzioni di sostituto procuratore, esponeva di aver ottenuto, in seguito alla presentazione di specifica domanda, il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta con le medesime funzioni. Con istanza datata 11 maggio 1999 parte attrice formulava istanza diretta ad ottenere i benefici di cui all'art. 2 legge n. 133/1988, atteso che la nuova sede di servizio risultava inclusa fra quelle c.d. "disagiate". Con il provvedimento di cui in epigrafe l'amministrazione intimata rigettava l'istanza in quanto la Fazi risultava "destinata alla Procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Enna in epoca anteriore al 1o gennaio 1996 e quindi non si applica nel suo caso la norma prevista dall'art. 8 legge n. 133/1998. All'atto impugnato si muovevano pertanto le seguenti censure: illegittimita' costituzionale dell'art 2, legge n. 133/1998 ed eccesso di potere sotto il profilo dell'incongruenza della motivazione in quanto, mentre l'amministrazione intimata risultava aver frainteso l'istanza proposta dall'odierna ricorrente laddove facendo riferimento all'art. 8, legge 133 citata aveva respinto la domanda per carenza del requisito temporale, la normativa in esame sarebbe affetta da illegittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione; in particolare, alla luce della ratio sottesa alla normativa in oggetto, l'erogazione dei benefici dalla stessa previsti parrebbe connessa al duplice dato della prestazione del servizio in una data sede e del carattere disagiato di quest'ultima, dovendo considerarsi invece illegittimo ed irragionevole distinguere al riguardo i magistrati trasferiti a domanda da quelli trasferiti d'ufficio, previa eventuale manifestazione della disponibilita'. In considerazione della eccepita illegittimita' del diniego opposto, parte ricorrente concludeva per il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell'indennita' ed al riconoscimento dei benefici di cui alla legge n. 133/1998, con conseguente condanna del Ministero di grazia e giustizia al pagamento delle somme dovute. Il Ministero di grazia e giustizia, costituitosi in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, chiedeva il rigetto del gravame in considerazione della legittimita' degli atti oggetto di impugnazione. Alla camera di consiglio del 10 settembre 1999 la causa passava in decisione. D i r i t t o Con la proposizione dell'azione di cui trattasi l'odierna ricorrente propone, quale pubblica dipendente rientrante nell'ambito di una delle categorie (magistrati ordinari) escluse dalla c.d. privatizzazione ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 29/1993, azione di accertamento di un diritto patrimoniale nell'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva; a tal fine risulta aver altresi' impugnato il diniego manifestato dall'amministrazione intimata. La domanda in esame si fonda sulla circostanza che l'odierna ricorrente, precedentemente in servizio alla Procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Enna, in seguito alla formulazione di espressa istanza di trasferimento veniva assegnata, sempre con funzioni di sostituto procuratore, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta; Conseguentemente, risultando l'ufficio di destinazione inserito nell'elenco delle sedi c.d. disagiate, individuate dal Consiglio Superiore della Magistratura ai sensi della 1egge 4 maggio 1998 n. 133, la Fazi chiedeva la corresponsione delle indennita' previste dalla medesima normativa. Peraltro, gli artt. 1 e 2 legge 133 citata limitano il diritto a tali benefici economici a favore di coloro che risultano trasferiti d'ufficio, provenienti altresi' da un'altra regione e da una distanza, eccezion fatta per la Sardegna, superiore ai 150 Km. Il collegio, dinanzi ai dubbi di legittimita' costituzionale sollevati, non puo' esaminare ed apprezzare adeguatamente le ragioni prospettate dall'odierna ricorrente se non previa declaratoria di incostituzionalita' delle citate norme, in via preliminare accertando la sussistenza dei presupposti necessari alla proposizione del giudizio costituzionale in via incidentale (rilevanza e non manifesta infondatezza della questione). L'oggetto della presente controversia, alla luce delle risultanze di cui sopra, concerne l'asserita incostituzionalita' delle norme di cui agli artt. 1 e 2 legge 133 citata, le quali verrebbero ad operare una irragionevole discriminazione nei confronti di magistrati che, pur prestando la medesima attivita' nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario, risultano ivi trasferiti a domanda nonche' provenienti da sedi poste nelle vicinanze. A quest'ultimo riguardo, nel caso di specie l'analisi della rilevanza non puo' prescindere dalla ulteriore valutazione, rispetto alla questione cosi' come prospettata dalla difesa della ricorrente, delle limitazioni spaziali dettate dalla normativa in esame per l'attribuzione degli incentivi, atteso che la Fazi risulta provenire da un ufficio situato nella stessa regione e ad una distanza inferiore ai 150 Km. La questione appare di decisiva rilevanza ai fini della risoluzione della presente controversia, atteso che solo l'eventuale ed invocata declaratoria di incostituzionalita' delle norme predette, con una sentenza che dichiari l'illegittimita' delle indicate limitazioni, determinerebbe un esito del giudizio favorevole per l'odierna ricorrente, con il riconoscimento del diritto all'attribuzione dei benefici economici di cui alla legislazione richiamata. Accertata positivamente la sussistenza del presupposto della rilevanza ed ammissibilita' della proponenda eccezione di illegittimita' costituzionale, occorre procedere a verificarne il carattere di non manifesta infondatezza. Al riguardo, osserva il collegio, non pare potersi considerare prima facie infondata la dedotta questione, sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' delle norme richiamate agli artt. 3 e 36 della Costituzione, nonche' ai principi di ragionevolezza e buona amministrazione, nella misura in cui le stesse non prevedono anche in favore dei dipendenti, che d'iniziativa chiedano di essere trasferiti a prestare servizio presso sedi individuate come disagiate, il medesimo trattamento destinato a coloro che vi siano trasferiti d'ufficio, a prescindere inoltre dalla piu' o meno distante collocazione dell'ufficio di provenienza. A nulla rileva che nella presente fattispecie l'amministrazione intimata abbia a suo tempo travisato l'istanza, considerandola fondata sull'art. 8 legge n. 133, in quanto in tale sede il giudice amministrativo deve valutare non solo e non tanto la legittimita' dei provvedimenti eventualmente impugnati, quanto in particolare accertare la legittimita' della pretesa avanzata e la sussistenza del diritto vantato dalla ricorrente. La normativa dettata dalla legge n.133\1998 citata risulta diretta, fondamentalmente, a favorire la copertura di una serie di sedi giudiziarie particolarmente disagiate, annualmente individuate dal Consiglio Superiore della Magistratura, sulla base di una serie di indicazioni presenti nella legge stessa, dietro proposta del Ministro di grazia e giustizia. L'indicata finalita' viene perseguita attraverso il riconoscimento di incentivi economici a favore dei magistrati trasferiti presso tali sedi, consistenti nell'attribuzione per quattro anni di un'indennita' mensile, determinata in base al doppio dell'importo previsto quale diaria giornaliera per il trattamento di missione, e nella corresponsione dell'aumento previsto dall'art. 12, comma 2, legge n. 417\1978, relativo all'indennita' di prima sistemazione in caso di trasferimento, in misura pari a nove volte la mensilita' dell'indennita' integrativa speciale in godimento. La ratio sottesa alla normativa in esame, come sopra individuata, emerge altresi' dai parametri forniti dalla legge stessa per l'individuazione delle sedi disagiate; al riguardo, va fatto riferimento a vacanze di organico superiori al quindici per cento, all'elevato numero di affari penali con particolare attenzione ai procedimenti in materia di criminalita' organizzata ed all'elevato numero di affari civili, in rapporto agli organici disponibili ed alla media degli altri uffici giudiziari. Tutti questi elementi pongono in evidenza come l'attribuzione degli incentivi indicati derivi dalla sussistenza di particolari difficolta' nello svolgimento della ordinaria attivita' giudiziaria, imputabile alla elevata quantita' ed alla particolare difficolta' degli affari trattati. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, appare del tutto privo di ragionevole giustificazione il diverso trattamento previsto per coloro che, pur svolgendo la medesima attivita' nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario, non possono beneficiare degli incentivi economici previsti per colleghi trasferiti d'ufficio. A quest'ultimo riguardo, va ricordato come nell'attuale ordinamento giudiziario il trasferimento d'ufficio di un magistrato, vigente il principio di cui all'art. 107 della Costituzione, presupponga generalmente la previa manifestazione del consenso dello stesso interessato, oltre alle ipotesi "patologiche" derivanti, ad esempio, dall'accertamento di una situazione di incompatibilita' ambientale. Prima di individuare piu' specificatamete i parametri costituzionali presuntivamente violati, occorre altresi' verificare la natura dei benefici economici sopra richiamati; al riguardo, il riferimento ad indennita' di missione, di trasferimento e prima sistemazione risulta unicamente diretto alla commisurazione degli incentivi dovuti, senza alcun preciso riferimento anche alla natura posta a base della somma cosi' determinata. Infatti, se da un lato l'indennita' di missione riguarda incarichi di servizio temporanei, conseguenti ad esigenze transitorie dell'organizzazione amministrativa, dall'altro lato le indennita' di trasferimento e prima sistemazione sono generalmente dirette a far fronte ad immediate esigenze del dipendente al fine di sopperire, nell'immediatezza, al disagio derivante dalla necessita' di collocarsi logisticamente nella nuova realta' locale; da cio' pare evidentemente derivare la natura risarcitoria delle somme conseguentemente corrisposte. Diversamente, nel caso di specie la corresponsione degli incentivi ed il conseguente diritto del magistrato paiono attribuiti con i caratteri della costanza nel tempo, relativamente non solo e non tanto alla necessita' di sopperire alle urgenti esigenze di sistemazione od alla transitorieta' del servizio, ricollegandosi altresi' alla prestazione di un'attivita' maggiormente disagevole in considerazione proprio delle caratteristiche della sede di servizio, poste a base dell'inserimento nell'elenco di quelle definite disagiate. Da cio' pare derivare la natura retributiva degli incentivi corrisposti ai sensi della normativa in questione la quale, lungi dal venir meno alla luce del riferimento all'indennita' di missione e di prima sistemazione (limitato alla commisurazione e determinazione degli incentivi stessi), risulta confermata dalla ratio sottesa alla legge n. 133\1998, cioe' ottenere una copertura non solo transitoria delle sedi disagiate, assicurandosi cosi' la permanenza nel tempo di personale adeguato sotto un profilo quantitativo, oltre che qualitativo. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, il diverso trattamento previsto dalla normativa in questione appare ancor piu' irragionevole sotto vari profili. Innanzitutto, per cio' che concerne la presunta violazione dei principi di ragionevolezza e di cui all'art. .3 della Costituzione, pare assumere rilievo la previsione di un diverso trattamento per situazioni analoghe, facenti capo a magistrati che vengono a prestare identico servizio presso le sedi c.d. disagiate in seguito ad un trasferimento disposto, in un caso a domanda, nell'altro d'ufficio; al riguardo, inoltre, pare priva di sostegno anche la limitazione degli incentivi a favore di coloro che risultano provenire da un'altra regione o da sedi distanti oltre 150 Km, atteso che tali circostanze non fanno venir meno le caratteristiche del servizio prestato nel tempo, al pari degli altri colleghi, presso le sedi in oggetto. Al riguardo, se da un lato va ricordato come il principio di uguaglianza esprima un giudizio di relazione che impone il trattamento, identico di situazioni uguali e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non del tutto corrispondenti (cfr. ad es. Corte costituzionale numeri 89/1996 e 183/1997), dall'altro lato appare emergere nella disciplina in oggetto la operata disparita' di trattamento fra soggetti appartenenti allo stesso ruolo di magistrati ordinari ed incaricati, in quanto assegnati al medesimo ufficio, di espletare identiche funzioni. La presunta violazione dei principi costituzionali di cui sopra, appare altresi' fondata sotto un ulteriore profilo, derivante dal diverso trattamento previsto pe il personale dipendente del Ministero degli esteri destinato alle c.d. residenze disagiate ai sensi dell'art. 144 d.P.R. n. 18/1967; orbene, in tale ipotesi il legislatore, al fine di riconoscere il diritto ai conseguenti benefici economici, non risulta aver posto alcuna discriminazione fra coloro che risultano trasferiti o meno d'ufficio o con riferimento alla maggiore o minore distanza rispetto alla sede di provenienza. Le differenze retributive che le norme in oggetto paiono comportare, fra dipendenti appartenenti al medesimo ruolo ed incaricati di identiche, funzioni, rendono rilevante la dedotta violazione anche sotto il profilo dell'art. 36 della Costituzione in quanto le conseguenze derivanti dall'applicazione degli artt. 1, e 2, legge n. 133/1998, come sopra individuate, si appalesano in contrasto con il principio di proporzionalita' ed adeguatezza retributiva ivi statuito. A tale proposito, va ricordato che l'art. 36 citato attiene alla retribuzione considerata nel suo complesso e non alle singole componenti od alle prestazioni accessorie (cfr. ad es. Corte costituzionale numeri 314/1987 e 1/1986). Nel caso di specie, peraltro, l'individuata natura retributiva dei benefici economici in discussione comporta che gli stessi debbano essere presi in considerazione al fine di determinare la retribuzione, adeguata e proporzionata ai sensi dell'art. 36 della Costituzione, cosicche' il diverso trattamento finale fra soggetti che svolgono identiche funzioni appare suscettibile di conseguenze evidentemente contrarie, anche sotto tale profilo, alla normativa cotituzionale. Infine, le denunciate norme come sopra individuate paiono porsi altresi' in palese violazione del principio di buon andamento, della pubblica amministrazione, esposto e disciplinato dall'art. 97 della Costituzione, come costantemente interpretato dalla Corte costituzionale e, cioe', come un criterio di congruenza e non arbitrarieta' della disciplina posta in essere in relazione al fine che si vuole perseguire (cfr. ad es. Corte costituzionale numeri 331/1988 e 10/1980). Nel caso di specie appare incongruo predisporre, da un lato, una normativa diretta ad ottenere la copertura di sedi giudiziarie, individuate come particolarmente disagiate, attraverso il riconoscimento di benefici economici a favore di coloro che vi si trasferiscono e contemporaneamente, dall'altro lato, escludere dalla fruizione di tali incentivi proprio coloro che espressamente chiedono di esservi destinati, assicurando oltretutto un periodo superiore di permanenza rispetto a coloro che risultano trasferiti d'ufficio. Per quanto sin qui esposto, il collegio considera non manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalita' delle disposizioni di legge sin qui richiamate artt. 1 e 2, legge n. 133/1998) e, conseguentemente, ritiene che la indicata questione, nei termini e nei limiti cosi' come sopra delineati, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione debba essere rimessa all'esame della stessa Corte.