LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia in grado di appello iscritta al n. 5985 r.g. dell'anno 1996 tra l'Ufficio del registro atti giudiziari e ammende di Milano, appellante e Mario Fadini, domiciliato in Bollate (Milano), via Cilea, 13, appellato, avente ad oggetto l'appello avverso la decisione della Commissione tributaria di primo grado di Milano, sez. 7, n. 4661, del 19 aprile 1990, depositata il 30 giugno 1990. Visti gli atti del procedimento; Vista in particolare la propria ordinanza 6 marzo 1997; Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 7 del 18 gennaio 1999, depositata il 21 gennaio 1999; Udita in camera di consiglio la relazione del giudice dott. Carlo Adelchi Piria; O s s e r v a &lega-fpp; 1. - La Corte costituzionale, nel dichiarare infondata la questione di legittimita' dell'art. 21 del d.P.R. n. 634/1972 (art. 22 T.U. approvato con d.P.R. n. 131/1986), per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui sottopone ad imposta di registro le disposizioni enunciate negli atti dell'autorita' giudiziaria rileva (par. 4 delle Considerazioni in diritto) che "se l'atto enunciato (e per questo motivo tassato) era soggetto ad imposta in termine fisso, le parti risultano inadempienti ad un loro preciso dovere fiscale", e la tassazione (che non esclude l'utilizzabilita' dell'atto) non viola i diritti di difesa; oppure, se "il provvedimento enunciato e' soggetto a tassazione in caso d'uso, e' proprio la sua allegazione in giudizio che, rappresentandone una forma d'uso, ne legittima la sottoposizione all'imposta di registro". 2. - L'alternativa assoluta nell'ambito della quale la Corte ha risolto la questione di legittimita' (a parte cio' che si dira' piu' innanzi a proposito del caso d'uso) non esaurisce in realta' le fattispecie legali della sottoposizione ad imposta delle enunciazioni, e non le esaurisce proprio con riferimento al caso concreto in cui le ipotesi indicate dal legislatore sono rilevanti per il giudizio sottoposto a questo collegio. Per effetto dell'art. 22 del d.P.R. n. 131/1986 risultano infatti sottoposti a tassazione non solo le enunciazioni di atti soggetti a registrazione in termine fisso o di atti sottoposti a registrazione in caso d'uso, bensi' anche (ed e' sotto questo profilo che la questione e' rilevante in questo giudizio dove si discute dell'enunciazione di un mutuo stipulato verbis) le disposizioni, i contratti e gli atti per i quali non sarebbe mai sorta l'obbligazione tributaria, che viene invece ad esistenza solo in ragione dell'enunciazione (cfr. ultimo comma, art. 3 del d.P.R. n. 131/1986) contenuta in altri atti, tra i quali gli atti dell'autorita' giudiziaria (ed ovviamente con efficacia rilevante ai fini della decisione). 3. - Le considerazioni contenute nel paragrafo che precede e la stessa alternativa posta dalla Corte incoraggiano questo giudice a sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. n. 634/1972 (art. 22 d.P.R. n. 131/1986) nei termini, rilevanti per il presente giudizio, ma esclusi dall'alternativa in cui si e' posta la Corte costituzionale ai fini della risoluzione della questione in precedenza sollevata in termini piu' generali. Il dubbio infatti rimane intatto con riferimento all'art. 22 del d.P.R. n. 131/1986 nella parte in cui sottopone ad imposta di registro le enunciazioni contenute in atti dell'autorita' giudiziaria quando tali enunciazioni hanno ad oggetto disposizioni, atti o contratti per i quali la legge non impone la registrazione in termine fisso e per i quali la produzione in giudizio non costituisce caso d'uso. Con riferimento specifico a tale ultimo aspetto (il caso d'uso), va considerato che, proprio in attuazione della delega legislativa che imponeva la rimozione degli ostacoli fiscali alla difesa in giudizio, il legislatore del 1972, a differenza del precedente, ha considerato caso d'uso (v. ora l'art. 6 T.U. n. 131/1986) la produzione presso le cancellerie giudiziarie per l'esplicazione delle sole attivita' amministrative. La produzione finalizzata ad attivita' giurisdizionali non costituisce mai caso d'uso. Appare pertanto del tutto irrazionale sottoporre a registrazione (e per effetto dell'enunciazione in uno dei provvedimenti contemplati nell'art. 8 della tariffa) un atto per il quale il legislatore stesso ha escluso che la produzione in giudizio costituisca caso d'uso. 4. - Con la precisazione dovuta a proposito del caso d'uso (e che pone ancor piu' in risalto, ad avviso di questo giudice, non solo il contrasto con l'art. 24 ma anche l'irrazionalita' del sistema) si ripropongono, sia pure con riferimento limitato agli atti esclusi dall'obbligazione tributaria nei termini suindicati, tutte le considerazioni di contrasto con l'art. 24 espresse nella precedente ordinanza di rimessione di questo giudice, in quanto tali atti non sono includibili nell'alternativa che sostiene il giudizio di infondatezza espresso dalla Corte costituzionale. Tali atti, contratti e disposizioni, che emergono in giudizio a seguito dell'attivita' probatoria e difensiva delle parti o per effetto di presunzioni e che risultano (con effetto rilevante per la decisione) enunciati nella motivazione, vengono ad essere tassati, solo per effetto dell'enunciazione, anche se per essi non era prevista la tassazione in termine fisso (e pur non costituendo, per espressa disposizione di legge, la produzione in giudizio caso d'uso ai fini della sottoposizione ad imposta). Si ripropone pertanto, ed in maniera piu' evidente, l'ostacolo ed il limite ad una libera esplicazione dell'attivita' difensiva, posto che essa rischia di far venire ad esistenza un debito tributario che mai, e con piena legittimita', sarebbe sorto. Cio' che si tassa in questo caso non e' l'atto in se', ma la sua rappresentazione in un provvedimento dell'autorita' giudiziaria (e, dunque, prima ancora, nelle difese ed allegazioni di parte), mantenendo cosi' surrettiziamente una sorta di "registrazione in caso d'uso in giudizio", che il legislatore delegato del 1972, in conformita' alla delega ha doverosamente escluso. Cio' contrasta, ad avviso di questo giudice, non solo con l'art. 24, ma, ancora, con gli artt. 76 e 77, per la manifesta irrazionalita' di escludere la produzione in giudizio dal caso d'uso e poi tassare le enunciazioni di atti tassabili solo in caso d'uso o non tassabili del tutto (come i contratti verbali diversi da quelli espressamente contemplati nell'art. 3 del T.U.) e con l'art. 53, giacche' non si vede quale manifestazione di capacita' contributiva oggettiva vi sia nell'enunciazione di atti (sia pure non ancora eseguiti in tutto o in parte) quando tali atti, in se' considerati (anche nel momento della loro allegazione o produzione in giudizio) non sono stati assunti dal legislatore come manifestazione di capacita' contributiva tassabile, tenuto anche conto che gli effetti patrimoniali del dispositivo dell'atto o provvedimento dell'autorita' giudiziaria (che e' suscettibile di riprodurre a sua volta il contenuto degli atti e delle disposizioni enunciate e per questo separatamente tassate) e' autonomamente sottoposto ad una tassazione (cfr. art. 8 della tariffa), sulla cui legittimita' non si sollevano dubbi, in questa sede.