IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  del  procedimento  n. 1865/96  r.g. tra Ferrari
  Claudio,  Caputo  Grazia  Maria  e  Credito popolare salentino soc.
  coop. a r.l. avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo;

                            O s s e r v a

    Con  decreto emesso in data 23 maggio 1996 su ricorso del Credito
  popolare salentino soc. coop. a r.l. il presidente del tribunale di
  Lecce  ingiunse  il  pagamento  a  Ferrari  Claudio  della somma di
  L. 1.123.218.428,   a   Caputo   Grazia   Maria   della   somma  di
  L. 102.547.109  (oltre  a  L. 600.000.000 per garanzia fideiussoria
  del  debito  del  Ferrari)  e  ad entrambi in solido della somma di
  L. 266.591.009,  il  tutto  oltre accessori, per causali relative a
  scoperto  di  conto  corrente, protesto di numerosi effetti a firma
  del Ferrari (taluni con avallo della Caputo) e prestito personale.
    Con  citazione  notificata  il  31  luglio 1996 Ferrari Claudio e
  Caputo  Grazia  Maria  hanno  proposto opposizione dinanzi a questo
  Tribunale  contestando,  oltre  alla  validita'  della fideiussione
  prestata, l'an e il quantum della pretesa azionata dall'istituto di
  credito  con  il  procedimento  monitorio  in relazione al tasso di
  interesse   praticato,   con  specifico  riferimento  alla  dedotta
  nullita'  della  clausola  avente  ad  oggetto  la capitalizzazione
  trimestrale  degli  interessi dovuti dal cliente, in assenza di usi
  normativi contrari.
    Costituitosi   in   giudizio,   il   Credito  popolare  salentino
  contestava   specificamente  i  motivi  posti  a  fondamento  della
  spiegata opposizione.
    Concessi  i  termini  di  cui  agli  artt. 183  e  184 c.p.c. per
  deduzioni  di  merito  e  istruttorie,  questo giudice riservava di
  decidere  in  ordine alle richieste istruttorie (consulenza tecnica
  d'ufficio, prova testimoniale) formulate dalle parti.
    Cosi'  conclusivamente  definiti  i  termini del giudizio, appare
  opportuno,  in  considerazione dei contrasti esistenti tra le parti
  in  ordine  al computo degli interessi, disporre in via preliminare
  consulenza  tecnica  d'ufficio al fine di determinare l'entita' del
  credito vantato dall'istituto opposto.
    Siffatto  accertamento  tecnico-contabile  postula l'applicazione
  dell'art. 25 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, entrato in vigore il
  successivo  15  ottobre,  disposizione che, dopo aver modificato la
  rubrica  dell'art. 120  t.u.  delle  leggi  in  materia  bancaria e
  creditizia  (d.lgs.  n. 385/1993), che ora recita "Decorrenza delle
  valute  e  modalita'  di  calcolo  degli interessi", ed aggiunto al
  comma  1 del citato articolo il seguente comma: "Il CICR stabilisce
  modalita'  e criteri per la produzione di interessi sugli interessi
  maturati   nelle   operazioni   poste   in   essere  nell'esercizio
  dell'attivita'   bancaria,   prevedendo  in  ogni  caso  che  nelle
  operazioni  in  conto  corrente  sia assicurata nei confronti della
  clientela  la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia
  debitori  sia  creditori",  al  terzo  comma  recita:  "Le clausole
  relative  alla  produzione  di  interessi sugli interessi maturati,
  contenute  nei  contratti  stipulati  anteriormente  alla  data  di
  entrata  in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed
  efficaci  fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate
  al  disposto  della menzionata delibera, che stabilira' altresi' le
  modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le
  clausole  divengono  inefficaci  e  l'inefficacia puo' essere fatta
  valere solo dal cliente".
    E'   di   tutta  evidenza  che  con  la  norma  surrichiamata  il
  legislatore    delegato   ha   inteso   disciplinare   la   materia
  dell'anatocismo  bancario,  dopo  che  il  tradizionale consolidato
  orientamento  giurisprudenziale  favorevole alla legittimita' della
  capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dalla clientela
  era  stato  di  recente  oggetto  di  un clamoroso revirement della
  Cassazione  che  con due pronunce, emesse a brevissima distanza (16
  marzo  1999,  n. 2374  e  30  marzo 1999 n. 3096), aveva escluso la
  ricorrenza  di  un  uso  normativo  che  consentisse la deroga alla
  regola  racchiusa  nell'art. 1283  c.c.,  con  conseguente nullita'
  delle clausole dei contratti di conto corrente aventi ad oggetto la
  capitalizzazione trimestrale.
    La  disposizione  di  cui  all'art. 25 del d.lgs. n. 342/99 muove
  dalla riconosciuta necessita' di stabilire la medesima periodicita'
  nel  conteggio  degli interessi attivi e passivi maturati nel corso
  delle   operazioni   bancarie   -  non  trovando  alcuna  valida  e
  ragionevole  giustificazione  la previsione di una capitalizzazione
  trimestrale  degli  interessi  debitori del cliente a fronte di una
  capitalizzazione  annuale  degli  interessi creditori nei confronti
  della  banca  - demandando la specifica disciplina della materia ad
  un  successivo  provvedimento del Comitato interministeriale per il
  credito  e  il  risparmio da emanarsi entro centoventi giorni dalla
  data di entrata in vigore del decreto.
    Per  i  contratti  stipulati  prima  di tale data, il legislatore
  delegato  ha,  invece,  stabilito  la  piena validita' ed efficacia
  delle clausole che prevedono l'anatocismo.
    Tale ultima previsione, avente efficacia retroattiva in deroga al
  disposto  dell'art. 11  delle disposizioni sulla legge in generale,
  appare  inequivocabilmente  volta  ad  operare  una sanatoria delle
  situazioni  pregresse,  risolvendo  in  radice  il  contenzioso tra
  banche  e utenti in ordine alla validita' delle clausole in tema di
  capitalizzazione  trimestrale,  vorticosamente cresciuto in seguito
  al richiamato recente orientamento della Suprema Corte.
    Non  v'e'  dubbio,  quindi,  che  la  normativa  in  parola trovi
  immediata applicazione nel giudizio in corso ed assuma rilevanza ai
  fini  dell'indagine tecnico-contabile da esperire e, in definitiva,
  in ordine alla decisione della causa.
    Sussistono   consistenti   dubbi   in  merito  alla  legittimita'
  costituzionale   del   menzionato   art. 25,  comma 3,  del  d.lgs.
  n. 342/1999  in  relazione  all'art. 76 della Costituzione sotto il
  profilo dell'eccesso di delega.
    Detto   decreto   legislativo  e'  stato  emanato  in  attuazione
  dell'art.1,  comma 5  della  legge  24 aprile  1998,  n. 128 (legge
  comunitaria  1995-1997)  con  il  quale  si  delegava il Governo ad
  emanare   "disposizioni   integrative   e  correttive  del  decreto
  legislativo  1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni,
  nel  rispetto  dei  principi e criteri direttivi e con l'osservanza
  della procedura indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,
  n. 142".
    Tale  ultima norma, la cui rubrica recita: "accesso all'attivita'
  degli  enti  creditizi  ed  esercizio  della  medesima:  criteri di
  delega",  prevedeva  due  distinte  deleghe:  l'una  (comma 1)  per
  l'attuazione  dei  principi  contenuti  nella direttiva 89/646/CEE,
  l'altra  (comma 2)  volta  alla emanazione di "un testo unico delle
  disposizioni  adottate  ai  sensi del comma 1, coordinato con altre
  disposizioni   vigenti   nella   stessa  materia,  apportandovi  le
  modifiche necessarie a tal fine".
    La prima delega e' stata realizzata con il d.lgs. n. 481/1992, la
  seconda  a  seguito della emanazione del t.u. in materia bancaria e
  creditizia (d.lgs. n. 385/1993).
    Conformemente    all'assenza    di    qualsivoglia    riferimento
  all'anatocismo    bancario    nei   principi   direttivi   scolpiti
  nell'art. 25,  legge  n. 142/1992  e alla inesistenza di specifiche
  disposizioni  al riguardo (atteso il carattere di fonte non scritta
  dell'uso  normativo relativo alla capitalizzazione trimestrale), il
  testo  unico  anzidetto non contiene alcuna disposizione in tema di
  anatocismo.
    Dall'esame  delle  fonti  innanzi menzionate emerge quindi che la
  materia  della  produzione  di  interessi  sugli interessi maturati
  nelle  operazioni  bancarie  non  trova  riscontro  nei  criteri  e
  principi direttivi di cui all'art. 25, legge n. 142/1992 richiamati
  dal  legislatore  delegante  e  neppure nello stesso testo unico in
  materia  bancaria  e  creditizia, ove le disposizioni introdotte in
  attuazione  di  detti  criteri  e  principi  sono  state recepite e
  armonizzate con le altre disposizioni del settore, dando vita cosi'
  ad una compiuta disciplina della materia bancaria e creditizia.
    Ne'  a  diverse  conclusioni  e'  dato pervenire sulla base degli
  ulteriori   criteri   e   principi   direttivi  generali  contenuti
  nell'art. 2  della  legge n. 128/1998, non essendo mutato il quadro
  di  riferimento  per l'intervento di alcuna direttiva nella materia
  in questione e non potendosi in alcun modo considerare l'intervento
  del  legislatore  delegato  imposto  dalla  necessita'  di  evitare
  disarmonie con la normativa vigente.
    I  dubbi  di  legittimita'  costituzionale prospettati, peraltro,
  resistono  alla  possibile  obiezione che il legislatore delegante,
  attribuendo   al   Governo  il  potere  di  adottare  "disposizioni
  integrative e correttive" del t.u. bancario, abbia voluto conferire
  una  delega  cosi' ampia da consentire anche l'adozione della norma
  in discussione.
    A  parte  ogni considerazione in merito agli aspetti problematici
  che una simile impostazione comporterebbe in termini di sufficiente
  determinazione  dell'oggetto  della  delega,  e'  da  rilevare  che
  l'attuazione  di una delega legislativa, per quanto ampia, comporta
  sempre   che   la  norma  adottata  dal  legislatore  delegato  sia
  concretamente   riconducibile   ai  principi  e  criteri  direttivi
  fissati, laddove, come si e' in precedenza evidenziato, nella legge
  di  delega  in  questione non e' dato ravvisare alcun parametro che
  legittimi la disciplina dell'anatocismo.
    Ne'  puo'  ritenersi  che  il  legislatore delegante abbia voluto
  attribuire   alla   competenza  del  potere  esecutivo  il  settore
  dell'attivita'  bancaria  e  creditizia,  atteso  che  la delega di
  riforma  della intera materia e' stata di recente realizzata con il
  t.u.  n. 385/1993  e  tenuto altresi' conto del carattere meramente
  integrativo  e  correttivo dell'intervento demandato al legislatore
  delegato.
    Che  la  disciplina  dell'anatocismo  sia al di fuori dell'ambito
  della  materia  oggetto  di  delega  appare confermato da ulteriori
  considerazioni.
    Lo  schema  di  decreto  legislativo  trasmesso  dal Governo alle
  Camere  per  il  prescritto parere delle commissioni competenti non
  conteneva alcuna norma in materia di anatocismo.
    L'originario  articolato  predisposto dal legislatore delegante -
  in  ossequio  ai  limiti  fissati  dal  Parlamento  con la legge di
  delegazione  -  non prevedeva alcunche' al riguardo per la semplice
  ragione che non ve ne era la necessita', dato che allorquando venne
  approntato lo schema di decreto l'orientamento giurisprudenziale in
  tema  di  capitalizzazione  trimestrale  era  consolidato nel senso
  della legittimita' di tale sistema di calcolo degli interessi.
    Soltanto   nella   stesura   definitiva  del  testo  del  decreto
  legislativo  compare  la  disposizione  di  cui  all'art. 25 che, a
  seguito   del   mutato   orientamento  in  subiecta  materia  della
  Cassazione,  recependo  il  principio  della  pari periodicita' nel
  conteggio  degli  interessi debitori, fa tuttavia salve le clausole
  relative  alla  capitalizzazione  trimestrale  per  i  contratti in
  precedenza stipulati.
    Risulta  quindi di tutta evidenza come la menzionata disposizione
  di  cui  all'art. 25  del  d.lgs.  n. 342/1999  si  risolva,  nella
  sostanza,  in  una  precisa  presa  di  posizione  del  legislatore
  delegato   a   fronte   del   recente  revirement  del  giudice  di
  legittimita',  attuata,  pero', mediante lo strumento improprio del
  decreto  legislativo  reso  in  esecuzione di delega attribuita per
  finalita' diverse.
    In  conclusione,  l'art. 25,  comma 3,  del d.lgs. 4 agosto 1999,
  n. 342 appare in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, avendo
  il  legislatore  delegato  disciplinato  la materia dell'anatocismo
  bancario,   non   ricompresa   nell'oggetto  della  delega  di  cui
  all'art. 1, comma 5, legge 24 aprile 1998, n. 128.
    Attesa  la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione
  di  legittimita'  costituzionale  della norma suddetta, il presente
  procedimento,  ai sensi dell'art. 23, legge costituzionale 11 marzo
  1958, n. 87, deve essere sospeso e gli atti di causa trasmessi, una
  volta  espletati  gli  adempimenti di rito indicati in dispositivo,
  alla Corte costituzionale.