ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a seguito della delibera del 24 febbraio 1999 della Camera dei
deputati  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse
dall'on. Vittorio  Sgarbi  nei confronti della dottoressa Anna Fasan,
promosso   dal  Tribunale  di  Treviso,  con  ricorso  depositato  il
23 giugno  1999  ed  iscritto  al  n. 122 del registro ammissibilita'
conflitti.
    Udito  nella  camera di consiglio del 10 novembre 1999 il giudice
relatore Massimo Vari.
    Ritenuto  che,  con ordinanza del 16 aprile 1999, il Tribunale di
Treviso ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato
nei confronti della Camera dei deputati in ordine alla deliberazione,
adottata  il  24 febbraio  1999,  con  la  quale  la stessa Camera ha
approvato  la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere
di  dichiarare  che  i fatti per cui e' in corso procedimento penale,
davanti  al medesimo Tribunale di Treviso, nei confronti del deputato
Vittorio   Sgarbi,   riguardano  opinioni  espresse  da  quest'ultimo
nell'esercizio delle sue funzioni, a norma dell'art. 68, primo comma,
della Costituzione;
        che,  come  espone  l'atto che promuove il conflitto, i fatti
per  cui  si  procede penalmente contro il deputato Sgarbi - imputato
del  reato  di diffamazione a mezzo stampa, continuata ed aggravata -
si  concretano  in  talune  dichiarazioni,  dal medesimo espresse nel
corso   di  trasmissioni  televisive,  ritenute  lesive,  secondo  la
prospettazione  accusatoria,  della reputazione della dottoressa Anna
Fasan,   giudice   per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Pordenone;
        che  il ricorrente Tribunale, argomentando circa la "mancanza
assoluta",  nella fattispecie, di nesso tra le predette dichiarazioni
e la funzione parlamentare rivestita dal deputato Sgarbi, ritiene che
la  deliberazione di insindacabilita' assunta dalla Camera vulneri la
propria   sfera  di  attribuzione  costituzionalmente  garantita,  in
considerazione  "dell'esercizio, ritenuto palesemente illegittimo per
erroneita'  dei  presupposti  relativi,  del  potere  spettante  alla
Camera"   stessa,   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione.
    Considerato  che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte e'
chiamata,  a  norma  dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge
11 marzo  1953,  n. 87,  a  deliberare,  senza contraddittorio, se il
ricorso  sia ammissibile in quanto vi sia la "materia di un conflitto
la  cui  risoluzione  spetti  alla  sua  competenza", sussistendone i
requisiti  soggettivi  ed  oggettivi  e  restando impregiudicata ogni
ulteriore questione, anche in punto di ammissibilita';
        che,   sotto   il   profilo   dei  requisiti  soggettivi,  va
riconosciuta  la  legittimazione del Tribunale di Treviso a sollevare
conflitto,   in   quanto  organo  giurisdizionale,  in  posizione  di
indipendenza  costituzionalmente  garantita,  competente a dichiarare
definitivamente  la volonta' del potere cui appartiene nell'esercizio
delle  funzioni  attribuitegli (ex plurimis sentenza n. 289 del 1998;
ordinanze nn. 471, 254 e 177 del 1998);
        che,  parimenti,  deve  essere riconosciuta la legittimazione
della  Camera  dei  deputati  ad essere parte del presente conflitto,
quale  organo  competente  a dichiarare in modo definitivo la propria
volonta'  in  ordine  all'applicabilita'  dell'art. 68,  primo comma,
della Costituzione (tra le altre, sentenza n. 379 del 1996);
        che,  per  quanto  attiene al profilo oggettivo, il Tribunale
ricorrente  lamenta  la  lesione della propria sfera di attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo,  per  inesistenza  dei  relativi presupposti, del potere
spettante  alla Camera di appartenenza del parlamentare di dichiarare
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da quest'ultimo ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che dal ricorso e' dato ricavare "le ragioni del conflitto" e
"le  norme  costituzionali  che regolano la materia", alla stregua di
quanto  richiesto  dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.