ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 13, comma 8,
 della legge 27 marzo 1992, n. 257  (Norme  relative  alla  cessazione
 dell'impiego  dell'amianto), come modificato dal d.-l. 5 giugno 1993,
 n.  169  (Disposizioni  urgenti  per   i   lavoratori   del   settore
 dell'amianto),  convertito,  con  modificazioni, nella legge 4 agosto
 1993, n. 271, promossi con ordinanza emessa il  30  aprile  1998  dal
 Tribunale  di  Ravenna  nei  procedimenti civili riuniti vertenti tra
 l'ENICHEM S.p.A.  ed altri e Billi Giacomo ed altri, iscritta  al  n.
 501 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1998, nonche'
 con  ordinanza emessa il 24 settembre 1998 dal pretore di Vicenza nel
 procedimento civile vertente tra Mazzonetto  Cesare  ed  altro  e  la
 FERVET  S.p.A.    ed altro, iscritta al n. 873 del registro ordinanze
 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  50,
 prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'ENICHEM  S.p.A.,  di Billi
 Giacomo ed  altri,  dell'INAIL  e  dell'INPS,  nonche'  gli  atti  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi gli avvocati Luciano Spagnuolo Vigorita per l'ENICHEM S.p.A.,
 Michele  Miscione  per  Billi  Giacomo ed altri, Antonino Catania per
 l'INAIL, Carlo  De  Angelis  per  l'INPS  e  l'Avvocato  dello  Stato
 Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  Tribunale  di  Ravenna, con ordinanza del 30 aprile 1998
 (r.o. n. 501 del 1998) emessa quale giudice di  gravame  nella  causa
 fra gli appellanti ENICHEM S.p.A., INPS e INAIL e gli appellati Billi
 Giacomo  ed  altri,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 81,
 quarto  comma,  della    Costituzione,  questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n.
 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto),  come
 modificato  dall'art.    1,  comma 1, del d.-l. 5 giugno 1993, n. 169
 (Disposizioni urgenti per i  lavoratori  del  settore  dell'amianto),
 convertito,  con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271. La
 disposizione prevede, "per  i  lavoratori  che  siano  stati  esposti
 all'amianto  per  un  periodo  superiore a dieci anni", che "l'intero
 periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro  le
 malattie   professionali   derivanti   dall'esposizione  all'amianto,
 gestita dall'INAIL", sia "moltiplicato,  ai  fini  delle  prestazioni
 pensionistiche,  per il coefficiente di 1,5".  Il giudice a quo muove
 dalla premessa che "l'unica  interpretazione  tecnicamente  corretta"
 della   disposizione   denunciata  sia  quella  "che  attribuisce  il
 beneficio a tutti i  lavoratori  dei  quali  sia  stata  provata  una
 qualunque  esposizione  ultradecennale all'amianto, a prescindere dal
 grado  di  essa".  Interpretazione  ricostruibile,  ad   avviso   del
 rimettente, oltre che dal tenore letterale della norma e dal contesto
 nel  quale  essa  si  inserisce (sistema misto di assicurazione delle
 malattie professionali), anche in virtu' di quanto e' dato  desumere,
 da  un lato, dai lavori preparatori della legge n. 271 del 1993, che,
 nel convertire il d.-l. n. 169 del 1993, individuo', per l'appunto, i
 beneficiari semplicemente nei "lavoratori  che  siano  stati  esposti
 all'amianto  per  un  periodo  superiore  a  dieci anni", in tal modo
 escludendo "che il beneficio potesse accordarsi a speciali  categorie
 di  lavoratori";  dall'altro, in forza dei "tentativi", posti in atto
 da un successivo disegno di legge (n. 2553 del 25 giugno  1997),  "di
 apportare modifiche alla norma per introdurre delle limitazioni nella
 platea   dei   potenziali   destinatari".     Sicche',  la  censurata
 disposizione  e'  da  reputarsi  "svincolata  nei  suoi   presupposti
 applicativi  da  qualunque  parametro predeterminato", potendo essere
 "applicata o disapplicata sulla base di un solo dato -  l'esposizione
 ultradecennale  all'amianto  -  che  senza alcun'altra specificazione
 tecnica puo' essere, in sede  giudiziaria,  affidata  a  valutazioni,
 sensibilita',  risultati  probatori, del tutto liberi da standards di
 riferimento, tali da consentire uguali decisioni per casi di  diversa
 pericolosita',  o decisioni diverse per casi sostanzialmente uguali";
 donde il  suo  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione.    Nel
 rilevare, altresi', che la denunciata norma affida la sua esecuzione,
 in  sede  amministrativa,  "alla mera discrezionalita' della pubblica
 amministrazione,   con   potenziale   lesione   del   principio    di
 imparzialita'",   il   rimettente   osserva  che  l'assenza  di  ogni
 riferimento a categorie di lavorazioni e di ogni specificazione circa
 il tipo di contatto con le fibre (per inalazione  o  per  ingestione)
 allarga   a  dismisura  la  platea  degli  interessati,  secondo  una
 casistica  che  puo'  divenire  infinita.      Pertanto,   "a   causa
 dell'indeterminabilita'   di   tutti   i  possibili  destinatari  del
 beneficio", verrebbe meno, ad avviso  del  giudice  a  quo  il  quale
 richiama  in  proposito  le  valutazioni  ed  i  calcoli  dell'INPS e
 dell'INAIL riportati nella relazione al gia'  menzionato  disegno  di
 legge,  "la  possibilita' stessa di indicare la copertura finanziaria
 della legge", con conseguente violazione anche dell'art.  81,  quarto
 comma,  della  Costituzione.    1.1.  -  Si e' costituita in giudizio
 l'ENICHEM S.p.a.  -  appellante  nel  giudizio  a  quo  -  la  quale,
 all'esito  di  ampie e circostanziate argomentazioni, ha concluso per
 sentir   dichiarare    l'incostituzionalita'    della    disposizione
 denunciata,  "ove  la norma stessa non possa essere interpretata" nel
 senso che "per titolari del beneficio contributivo devono  intendersi
 ... i lavoratori per i quali l'azienda ha versato all'INAIL il premio
 supplementare  per  asbestosi,  o  per  i quali sussistono comunque i
 presupposti per il versamento", valendo  al  riguardo  il  "principio
 razionalizzatore"  della  "graduazione  del rischio effettivo, che ha
 ispirato l'intera  vicenda  normativa".    Sicche',  in  assenza  del
 requisito  del  "rischio"  (con  riferimento "ad un periodo decennale
 continuativo ... e collocato in immediata connessione  temporale  con
 la  domanda  di  riconoscimento"  del  beneficio),  la  parte privata
 sostiene che il censurato art. 13, comma 8,  arreca  un  vulnus  agli
 artt.  3  e 41, primo comma, della  Costituzione, in virtu' della sua
 irrazionalita' e  della  grave  incidenza  "sullo  svolgimento  della
 privata  iniziativa  economica ... e sulla finanza pubblica".  Quanto
 poi alla violazione dell'art. 81, quarto comma, della   Costituzione,
 la  memoria  osserva  che  "la  norma,  irrazionalmente  formulata in
 termini assolutamente generici e totalmente priva di criteri  per  il
 governo  del  suo  processo interpretativo/applicativo", non consente
 "di determinare la provvista dei mezzi finanziari per far fronte agli
 enormemente rilevanti oneri a carico dello Stato".    1.2.  -  Si  e'
 costituito   in  giudizio  anche  l'INAIL,  appellante  nel  giudizio
 principale, il quale - pur affermando la propria assoluta estraneita'
 ai giudizi promossi dai lavoratori interessati (stante  il  rivestito
 ruolo  che "e' unicamente quello certificatorio") - ha, in ogni caso,
 concluso per la "declaratoria di fondatezza  della  questione".    Al
 riguardo,  l'Istituto  - eccependo, in via preliminare, il difetto di
 rilevanza    della   questione   poiche'   "tutti   gli   interessati
 risulterebbero ancora lavoratori dipendenti e quindi non in posizione
 tale da  poter  far  valere  diritti  pensionistici"  -  osserva  che
 l'interpretazione data alla norma dal rimettente (interpretazione che
 l'Istituto,  peraltro,  contesta) verrebbe, come tale, "palesemente a
 confliggere con i parametri di cui agli artt. 3 e 81,  quarto  comma,
 della  Costituzione".  1.3. - L'INPS ha depositato, fuori termine (in
 data 15 dicembre 1998), una memoria di costituzione.  1.4. - Si  sono
 costituiti,  altresi', Billi Giacomo ed altri, appellati nel giudizio
 principale e gia' ricorrenti in primo grado,  per  sentir  dichiarare
 l'inammissibilita'  e,  comunque, l'infondatezza della questione.  Le
 parti  private  sostengono,  in  primo  luogo,  che  i   profili   di
 incostituzionalita'   prospettati   dal  giudice  a  quo    risultano
 contraddittori fra loro e "finiscono per  eliminarsi  a  vicenda".  E
 cio'   in   quanto,   il   rimettente,   muovendo   dalla  denunciata
 "indeterminatezza" della norma, da un lato, desume "una  possibilita'
 di  selezione  eccessiva", che creerebbe il rischio di "esclusioni di
 casi di pericolosita' non  inferiore  ad  altri  ammessi"  (donde  la
 dedotta  violazione  dell'art.  3  della Costituzione) e, dall'altro,
 "ipotizza tutto il contrario e cioe' che mancherebbe la  selezione  e
 tutti potrebbero conseguire i benefici, con la conseguenza di rendere
 impossibile  una previsione di spesa e la copertura finanziaria".  Ad
 avviso delle medesime parti private,  l'indicazione  da  parte  della
 legge   "di   un   unico   requisito   preciso  e  rigoroso,  qual'e'
 l'esposizione ultradecennale all'amianto,  garantisce,  non  solo  la
 "determinatezza" della norma, ma anche una grande selezione", nonche'
 una  uniformita'  di  trattamento, tanto da far cadere le prospettate
 violazioni degli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione.   In
 realta'  -  argomentano ancora le parti costituite - "il Tribunale di
 Ravenna  cade  nell'errore  di  confondere  la  genericita'  con   la
 determinabilita'  della  norma",  che  rappresenta  il portato di una
 tecnica legislativa molto  diffusa,  sia  in  ambito  penale  che  di
 lavoro.  Oltretutto, si osserva ancora nella memoria, "per i benefici
 dell'amianto,   la   legge   non  si  limita  a  dettare  criteri  di
 determinabilita', ma  indica  direttamente  requisiti  immodificabili
 (esposizione   ultradecennale)".     Quanto,  infine,  all'ipotizzata
 violazione dell'art. 81 della   Costituzione, la difesa  delle  parti
 private  eccepisce il difetto di rilevanza della questione, in quanto
 non risulterebbe dimostrata la carenza di copertura finanziaria  "per
 il caso sottoposto" al giudizio del rimettente; elemento, questo, che
 potrebbe  emergere  "solo in una fase di esecuzione della sentenza di
 condanna, se a quel punto l'Istituto previdenziale avesse  dimostrato
 di  non  avere  la copertura di bilancio". E questo a tacer del fatto
 che, ad avviso delle medesime parti costituite, in sede di vaglio  di
 costituzionalita', l'art. 81, quarto comma, della  Costituzione, puo'
 venire  in  rilievo  unicamente  "per  la copertura delle spese dello
 Stato".  1.5. - E' intervenuto anche il Presidente del Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, il quale, "riservando ogni piu' ampia difesa", ha chiesto  che
 la  sollevata  questione  "venga  dichiarata inammissibile e comunque
 manifestamente infondata".  1.6. - In  prossimita'  dell'udienza,  le
 parti private costituite hanno depositato memorie illustrative.  1.7.
 -  L'ENICHEM S.p.A., nel ribadire le conclusioni rassegnate nell'atto
 di costituzione,  rileva  che  le  istanze  presentate  ai  fini  del
 riconoscimento  dei  benefici  di  cui  trattasi sono, nel frattempo,
 ulteriormente lievitate, risultando cosi' confermata la  mancanza  di
 una  seria  copertura  degli  oneri  finanziari.    Quanto, poi, alla
 violazione dell'art. 3  della    Costituzione,  si  sostiene  che  la
 dedotta   irrazionalita'  dell'art.  13,  comma  8,  trova  ulteriore
 argomento rafforzativo "con riferimento all'intervento legislativo in
 punto di ''lavori usuranti''", previsto dall'art.  1, comma 35, della
 legge 8 agosto 1995, n. 335, il quale non solo richiede il  requisito
 della  "maggiore  penosita'  nel  lavoro,  in  termini  di  rilevante
 esposizione al rischio e diminuzione delle aspettative di  vita",  ma
 e'  anche "rigorosamente parametrato sull'arco temporale di effettivo
 svolgimento  dell'attivita'  lavorativa  particolarmente   usurante".
 Detto ultimo requisito emerge ancor piu' chiaramente dall'art.  2 del
 decreto  ministeriale  19  maggio  1999,  "in  cui  sono  considerate
 ''particolarmente usuranti'' non tutte le attivita'  di  asportazione
 dell'amianto,   ma   solo  quelle  svolte  continuativamente,  e  con
 carattere di prevalenza nei confronti di altre mansioni".  1.8. -  Le
 altre  parti  private  costituite (e cioe' gli appellati nel giudizio
 principale) insistono, invece, perche' la sollevata  questione  venga
 dichiarata  inammissibile  o, comunque, infondata.   Sotto il profilo
 dell'ipotizzata  violazione  dell'art.  3  della    Costituzione,  si
 sostiene  l'inammissibilita'  della questione, attenendo essa "non al
 contenuto della legge ordinaria in discussione, ma alla sua eventuale
 e  futura  applicazione".   Peraltro,   non   essendo   espressamente
 denunciata   dal   rimettente  alcuna  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento, ovvero una ingiustificata  parificazione  di  situazioni
 diverse,  l'ordinanza  "si  espone  altresi' alla censura di assoluta
 genericita'".  Invero, conclude al riguardo la memoria, piu' che alla
 violazione dell'art. 3 della  Costituzione, il giudice a  quo  sembra
 "alludere  ad  una  pretesa di rigorosi obblighi di tassativita' e di
 necessaria determinatezza", i quali assumono rilievo  in  riferimento
 alle  sole  norme penali (art. 25 della Costituzione).  In ogni caso,
 le parti private - nel ribadire le ragioni gia' illustrate  nell'atto
 di  costituzione  - escludono "che il legislatore fosse vincolato sul
 piano  della  razionalita'  normativa  a  fare  riferimento  ad   una
 ristretta  ''categoria  di  lavorazioni''  o  di lavoratori", con una
 delimitazione  che,  peraltro,  avrebbe  significato   "ignorare   il
 problema  dell'impiego  dell'amianto  su larga scala ed in molteplici
 attivita' lavorative".  Le medesime parti  sostengono,  inoltre,  che
 "non  esistono  limiti  al  di  sotto  dei  quali  possono escludersi
 patologie  da  asbesto",  sicche'  e'  da  negare,  anche,  che   "il
 legislatore    fosse   vincolato   sul   piano   della   legittimita'
 costituzionale a delimitare l'area dei  destinatari  in  funzione  di
 valori  limite".   Pertanto, aver ancorato l'erogazione del beneficio
 al solo fatto dell'esposizione  ultradecennale  all'amianto  "risulta
 essere   stata   una  chiara  e  meditata  scelta  discrezionale  del
 legislatore", non sindacabile se non viene  indicato  "quale  sia  il
 parametro   logico,  tecnico,  scientifico,  normativo  (di  coerenza
 interna o esterna) che il legislatore avrebbe violato andando oltre i
 limiti della sua discrezionalita'".   Quanto all'asserita  violazione
 dell'art.  81,  quarto  comma, della Costituzione, la memoria insiste
 sulla "carenza di rilevanza ed inammissibilita '  per  genericita'  e
 contraddittorieta'  della  questione  prospettata",  avanzando "molte
 perplessita'"  in  ordine  alle   previsioni   di   spesa   formulate
 dall'ordinanza  di  rimessione,  sulla  base  di  dati "sprovvisti di
 qualsiasi riscontro"  e  di  contraddittorie  valutazioni  dell'onere
 finanziario  medio  pro capite.  Le parti private rammentano, infine,
 sia la procedura da attivarsi allorche' si  verifichino  "scostamenti
 rispetto  alle  previsioni  di  spesa",  anche  nel caso di "sentenze
 definitive di organi giurisdizionali  e  della  Corte  costituzionale
 recanti  interpretazioni  della  normativa  vigente  suscettibili  di
 determinare maggiori oneri", sia l'orientamento della  giurisprudenza
 costituzionale  (sentenze n. 384 del 1991, n.  12 del 1987 e n. 1 del
 1966) in punto di copertura di una spesa "futura", secondo cui non e'
 richiesta una rigorosa puntualita' di indicazione, tanto piu'  se  la
 spesa,  per  sua  natura,  "a  priori  e' solo determinabile e solo a
 posteriori determinata nella sua esatta entita'".
   2. - Con ordinanza in data 24  settembre  1998  (r.o.  n.  873  del
 1998),  anche  il  pretore  di  Vicenza,  in  funzione di giudice del
 lavoro, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della   Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  del  menzionato art. 13,
 comma 8, "nella parte in cui non indicando un limite  quantitativo  o
 qualitativo della esposizione all'amianto consente l'applicazione del
 beneficio  previdenziale ad una serie indeterminata di  destinatari".
 Quanto  alla  rilevanza  della  sollevata  questione,  il  rimettente
 osserva  che i ricorrenti nel giudizio principale "sono dipendenti di
 datore di lavoro privato assicurato presso  l'INAIL;  che  l'INAIL  e
 l'INPS  hanno  riconosciuto  l'esposizione  a  rischio sino al 1985",
 mentre gli interessati ne chiedono l'accertamento sino al 1998.    In
 punto  di  non  manifesta  infondatezza, il giudice a quo osserva che
 l'interpretazione  letterale  della  disposizione   censurata   "puo'
 portare   a   ritenere   che   qualsiasi   esposizione   all'amianto,
 prescindendo da  limiti  quantitativi  e  qualitativi,  e  dunque  da
 qualsiasi  parametro  di  potenziale  rischio di malattia (possibile,
 probabile o effettivo), sia in se' e per se' sufficiente  per  godere
 del   beneficio  previdenziale,  purche'  ultradecennale".    Ma  una
 siffatta esegesi della norma - osserva l'ordinanza  di  rimessione  -
 "in  sostanza  equipara,  sotto il profilo del godimento dei benefici
 previdenziali, situazioni di fatto assolutamente  non  omogenee  ...,
 atteso  che  consente  il  godimento  del pensionamento anticipato in
 presenza tanto di situazioni  di  possibile  rischio  da  esposizione
 all'amianto,  quanto  di  situazioni di probabile o di sicuro rischio
 dall'esposizione   alle   stesse    sostanze    morbigene,    purche'
 ultradecennale".    Donde la prospettata violazione dell'art. 3 della
 Costituzione, "in forza del quale, se da un lato non  possono  essere
 trattate  diversamente  situazioni  identiche,  non  possono  nemmeno
 essere trattate ugualmente situazioni obiettivamente diverse".   2.1.
 - Si e' costituito in giudizio l'INPS rilevando, preliminarmente, che
 non    puo'   essere   ritenuta   sufficiente,   per   il   godimento
 dell'eccezionale beneficio  previsto  dalla  norma,  una  teorica,  o
 presunta,  o  pura  e  semplice  esposizione  all'amianto, risultando
 necessaria una esposizione tale da  comportare  effettivo  rischio  e
 pericolo   per  la  salute  del  singolo  lavoratore.  Tuttavia,  nel
 richiamare  la  diversa  interpretazione  accolta   dal   rimettente,
 l'Istituto  ha  concluso "per la fondatezza della questione".  2.2. -
 E'  intervenuto   il   Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per
 sentir  dichiarare   "inammissibile"   la   proposta   questione   di
 costituzionalita'.    In  proposito  la  difesa erariale ha eccepito,
 anzitutto, "il difetto di congrua motivazione sulla  rilevanza  della
 questione",  assumendo  che, prima di sollevarla, "il pretore avrebbe
 dovuto verificare se la domanda dei ricorrenti fosse o  meno  coperta
 da  giudicato  che  stabiliva il loro diritto solo nei periodi in cui
 era stata superata la soglia minima determinata a norma  del  decreto
 legislativo n. 277 del 1991".  Evidenzia, inoltre, l'Avvocatura dello
 Stato,  relativamente  alla situazione creatasi a seguito della legge
 n. 271 del 1993, che "l'onere globale dell'applicazione del  comma  8
 in  questione,  non  e'  evidentemente sorretto da adeguata copertura
 finanziaria", tanto che l'impossibilita' di contenere il  numero  dei
 beneficiari in sede amministrativa ha determinato la predisposizione,
 "fin  dal  23 maggio 1996", di una norma di interpretazione dell'art.
 13, comma 8.
                         Considerato in diritto
   1.  -    Le  ordinanze  in  epigrafe  dubitano  della  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n.
 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto),  come
 modificato  dall'art.    1,  comma 1, del d.-l. 5 giugno 1993, n. 169
 (Disposizioni urgenti per i  lavoratori  del  settore  dell'amianto),
 convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271.
   La  disposizione denunciata concede, ai "lavoratori che siano stati
 esposti all'amianto per  un  periodo  superiore  a  dieci  anni",  il
 beneficio,  da far valere "ai fini delle prestazioni pensionistiche",
 di una rivalutazione dei periodi assicurativi e  cio'  attraverso  il
 meccanismo  della  moltiplicazione,  "per  il  coefficiente  di 1,5",
 dell'"intero   periodo    lavorativo    soggetto    all'assicurazione
 obbligatoria    contro    le    malattie    professionali   derivanti
 dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL".
   1.1. - Il Tribunale di Ravenna (r.o. n. 501  del  1998),  reputando
 che  "l'unica  interpretazione  tecnicamente  corretta" del censurato
 art. 13, comma 8, sia quella che "attribuisce il beneficio a tutti  i
 lavoratori  dei  quali  sia  stata  provata una qualunque esposizione
 ultradecennale  all'amianto,  a  prescindere  dal  grado  di   essa",
 denuncia,  anzitutto,  il  contrasto della disposizione in parola con
 l'art. 3 della   Costituzione, giacche',  in  assenza  di  "qualunque
 parametro   predeterminato",   di   "specificazioni  tecniche"  e  di
 "standards di riferimento", la stessa  risulterebbe  applicabile,  in
 sede giudiziaria, in termini "tali da consentire uguali decisioni per
 casi   di   diversa   pericolosita'  o  decisioni  diverse  per  casi
 sostanzialmente uguali".   Cio',  peraltro,  non  senza  rilevare  la
 "potenziale  lesione  del principio di imparzialita'" derivante dalla
 circostanza  che  l'esecuzione  della  menzionata   norma   in   sede
 amministrativa e' affidata "alla mera discrezionalita' della pubblica
 amministrazione".
   Inoltre,  secondo  il giudice a quo, il censurato art. 13, comma 8,
 pretermettendo ogni riferimento "a categorie di  lavorazioni"  e  "al
 tipo  di  contatto  con  le fibre", allarga "a dismisura la possibile
 platea   degli    interessati":    sicche',    proprio    "a    causa
 dell'indeterminabilita'"   di  tutti  i  potenziali  destinatari  del
 beneficio, verrebbe meno  "la  possibilita'  stessa  di  indicare  la
 copertura  finanziaria della legge", con conseguente violazione anche
 dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
   1.2. - Dal suo canto, il pretore di Vicenza (r.o. n. 873 del 1998),
 muovendo    dall'"interpretazione    letterale   della   disposizione
 denunciata", reputa che sia sufficiente, per l'accesso  al  beneficio
 della  rivalutazione dei periodi assicurativi, "qualsiasi esposizione
 all'amianto", a prescindere da ogni "parametro di potenziale  rischio
 di  malattia";  in  tal modo, l'art. 13, comma 8, "nella parte in cui
 non indicando un limite quantitativo o qualitativo della  esposizione
 all'amianto    consente   l'applicazione   del   predetto   beneficio
 previdenziale ad una serie indeterminata di destinatari", verrebbe  a
 provocare - ad avviso del rimettente - un possibile vulnus all'art. 3
 della    Costituzione,  a  causa  dell'irragionevole equiparazione di
 "situazioni di fatto assolutamente non omogenee" e cioe'  quelle  "di
 possibile  rischio da esposizione all'amianto" e quelle "di probabile
 o di sicuro rischio" di esposizione alla stessa  sostanza  morbigena,
 purche' ultradecennale.
   2.  -  I  giudizi,  avendo  ad  oggetto  la  medesima disposizione,
 rispetto alla quale vengono formulate censure  in  parte  analoghe  o
 comunque  connesse,  vanno  riuniti  per  essere  decisi con un'unica
 sentenza.
   3. - Preliminarmente  deve  essere  rilevata  la  tardivita'  della
 costituzione   dell'INPS   nel   giudizio  di  cui  all'ordinanza  di
 rimessione del Tribunale di Ravenna (r.o. n. 501 del 1998, pubblicata
 in Gazzetta Ufficiale n. 28, prima  serie  speciale,  del  15  luglio
 1998),  effettuata  con memoria depositata oltre il termine stabilito
 dagli artt. 25, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, e 3  delle
 norme  integrative  per  i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
 onde l'inammissibilita' della costituzione stessa.
   4. -  Ancora  in  via  preliminare,  va  esaminata  l'eccezione  di
 inammissibilita'  che  l'INAIL  ha  formulato  avverso  la  questione
 proposta dal menzionato Tribunale, evidenziando, in particolare,  che
 "tutti  gli interessati risulterebbero ancora lavoratori dipendenti e
 quindi  non  in  posizione  tale  da   poter   far   valere   diritti
 pensionistici",  con conseguente difetto di rilevanza della questione
 nel processo pendente dinanzi al rimettente.
   Tale  eccezione  non  puo'  essere  accolta,  essendo   sufficiente
 rilevare che - come emerge dall'ordinanza di rimessione - il giudizio
 a  quo  ha  per  oggetto  una  domanda di accertamento del diritto al
 beneficio previdenziale contemplato dalla denunciata disposizione, il
 cui eventuale riconoscimento verrebbe ad incidere  attualmente  sulla
 posizione  pensionistica  degli  interessati,  in guisa di incremento
 della  contribuzione  utile  ai  fini  di   un   futuro   trattamento
 pensionistico.
   5. - Occorre, infine, delibare, sempre preliminarmente, l'eccezione
 di   inammissibilita'   avanzata   dall'intervenuto   Presidente  del
 Consiglio dei Ministri avverso l'ordinanza di rimessione del  pretore
 di  Vicenza (r.o. n. 873 del 1998), in ordine alla quale si assume la
 carenza  di  congrua  motivazione  sulla  rilevanza  della   proposta
 questione,  per  non  aver il giudice a quo verificato "se la domanda
 dei ricorrenti fosse o meno coperta da  giudicato  che  stabiliva  il
 loro  diritto  solo  nei  periodi in cui era stata superata la soglia
 minima determinata a norma del decreto legislativo n. 277 del 1991".
   Anche a prescindere dal fatto che la difesa erariale non  chiarisce
 quale  sia  il  giudicato  che, nel pendente giudizio di primo grado,
 ostacola  l'eventuale  riconoscimento   del   diritto   vantato   dai
 ricorrenti, l'eccezione non puo' trovare, in ogni caso, accoglimento,
 dovendosi  a  tal fine rilevare, in modo assorbente, che il giudice a
 quo - alla stregua di quanto e' dato evincere dalla stessa  ordinanza
 di rimessione - ha adeguatamente esplicitato i fatti e le ragioni del
 contendere,  che  fanno  leva  sulla  necessaria  applicazione  della
 disposizione censurata, e cio' tramite una plausibile motivazione che
 consente  di  apprezzare   la   sussistenza   del   requisito   della
 pregiudizialita'   tra  incidente  di  costituzionalita'  e  giudizio
 principale.
   6. - Nel merito le questioni non sono fondate.
   Onde valutarne  compiutamente  la  portata,  conviene  muovere  dal
 contesto  normativo  in cui esse si collocano, e cioe' dalla legge 27
 marzo  1992,  n.  257,  la  quale,  preceduta   da   una   disciplina
 comunitaria,   gia'   da   tempo,  consapevole  della  necessita'  di
 protezione contro i rischi connessi all'esposizione  ad  amianto  sul
 luogo  di lavoro (direttiva del Consiglio n. 477 del 1983, modificata
 dalla direttiva n. 382 del 1991), ha  dettato  "norme  relative  alla
 cessazione  dell'impiego"  di  tale  sostanza,  esplicitando,  tra le
 proprie finalita', quelle della dismissione dalla  produzione  e  dal
 commercio  dell'amianto  medesimo  e  dei  relativi prodotti, nonche'
 della decontaminazione e della bonifica (art. 1).
   Il medesimo provvedimento legislativo ha individuato,  altresi',  i
 "valori limite" di concentrazione di fibre di amianto respirabili nei
 luoghi di lavoro, rinviando a tal fine a quelli fissati dall'art.  31
 del  decreto  legislativo  15  agosto 1991, n. 277, che ha provveduto
 essa stessa a modificare tramite l'art.  3,  comma  4,  a  sua  volta
 recentemente  sostituito  dall'art. 16 della legge 24 aprile 1998, n.
 128.
   Nella stessa legge n. 257 del 1992 si rinvengono,  inoltre,  talune
 "misure  di sostegno per i lavoratori" (capo IV, art. 13), costituite
 da una diversificata gamma di benefici  previdenziali,  tra  i  quali
 sono da rammentare, segnatamente, quelli:
     1)  dell'accesso,  per  i  lavoratori  occupati  in  imprese  che
 utilizzano  o  estraggono   amianto,   impegnate   in   processi   di
 ristrutturazione   e   riconversione   produttiva,  al  pensionamento
 anticipato  in  costanza  di  determinati   requisiti   contributivi,
 beneficiando  di  una  maggiorazione  dell'anzianita'  assicurativa e
 contributiva (comma 2);
     2)  della  rivalutazione,  ai  fini   del   conseguimento   delle
 prestazioni  pensionistiche  da  parte dei lavoratori delle miniere e
 cave di amianto, del numero di  settimane  coperto  da  contribuzione
 obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa (comma 6);
     3) di analoga rivalutazione per il periodo di provata esposizione
 all'amianto  in  favore dei lavoratori che abbiano contratto, a causa
 di detta esposizione, malattie professionali  documentate  dall'INAIL
 (comma 7);
     4)  della  rivalutazione,  altresi',  dei periodi assicurativi in
 favore dei lavoratori che siano  stati  esposti  all'amianto  per  un
 periodo superiore a 10 anni (comma 8).
   Proprio  in  riferimento  a  quest'ultimo  beneficio  va, peraltro,
 segnalato che la norma che lo contemplava  - prevedendo che "ai  fini
 del  conseguimento  delle  prestazioni  pensionistiche  i  periodi di
 lavoro soggetti all'assicurazione  obbligatoria  contro  le  malattie
 professionali    derivanti   dall'esposizione   all'amianto   gestita
 dall'INAIL",  quando  superavano i 10 anni, fossero "moltiplicati per
 il  coefficiente  di  1,5"  -  aveva   dato   luogo   ad   incertezze
 interpretative in ordine all'entita' delle agevolazioni accordate dal
 legislatore;   incertezze   risolte   attraverso   una  disposizione,
 contenuta nell'art. 1, comma 1, del d.-l. 5 giugno 1993, n.  169,  la
 quale,  in sostituzione del comma 8 dell'art. 13 della legge 27 marzo
 1992, n. 257,  stabiliva  che  "per  i  lavoratori  dipendenti  dalle
 imprese  che  estraggono  amianto  o  utilizzano amianto come materia
 prima, anche se in corso di  dismissione  o  sottoposte  a  procedure
 fallimentari   o   fallite   o  dismesse,  che  siano  stati  esposti
 all'amianto per un periodo superiore a dieci anni,  l'intero  periodo
 lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
 professionali   derivanti   dall'esposizione   all'amianto,   gestita
 dall'INAIL,   e'   moltiplicato,   ai    fini    delle    prestazioni
 pensionistiche, per il  coefficiente 1,5".
   In  sede  di  conversione  del predetto provvedimento d'urgenza, la
 legge 4 agosto 1993, n. 271, ha soppresso  la  locuzione  "dipendenti
 dalle  imprese  che  estraggono  amianto  o  utilizzano  amianto come
 materia prima, anche se  in  corso  di  dismissione  o  sottoposte  a
 procedure  fallimentari  o  fallite  o  dismesse",  cosi'  intendendo
 soddisfare - secondo  quanto  si  evince  dai  lavori  preparatori  -
 l'esigenza  di  attribuire centralita', ai fini dell'applicazione del
 beneficio   previdenziale,   all'assoggettamento    dei    lavoratori
 all'assicurazione   obbligatoria  contro  le  malattie  professionali
 derivanti dall'amianto, escludendo, al tempo stesso,  ogni  selezione
 che  potesse  derivare  dal riferimento alla tipologia dell'attivita'
 produttiva del datore di lavoro.
   Ne e' derivata la disposizione oggetto del  presente  scrutinio  di
 costituzionalita',   alla   quale  fa  riscontro,  sotto  il  profilo
 finanziario (comma 2 del gia' menzionato art. 1 del d.-l. n. 169  del
 1993,  nel  testo  risultante  dalle  modifiche  adottate  in sede di
 conversione), uno specifico stanziamento di lire 35 miliardi  per  il
 1994  e  di  lire 37 miliardi per il 1995, aggiuntivo di quello a suo
 tempo previsto dal comma 12 dell'originario art. 13  della  legge  n.
 257 del 1992 (6 miliardi di lire per il 1992, 60 miliardi di lire per
 il 1993 e 44 miliardi di lire per il 1994).
   7.  -  Cosi'  ricostruite le vicende legislative che sono alla base
 della denunciata disposizione, va rilevato che i  rimettenti  muovono
 entrambi  dall'assunto che il censurato art. 13, comma 8, delinei una
 fattispecie legale attributiva  di  un  beneficio  previdenziale,  la
 quale, concentrandosi sull'unico dato dell'esposizione ultradecennale
 all'amianto,  sarebbe  di  per  se'  insufficiente  per  una  congrua
 selezione degli aventi diritto. Donde il denunciato  contrasto  della
 disposizione stessa con l'art. 3 della Costituzione.
   Secondo  il  Tribunale di Ravenna, a causa della indeterminabilita'
 di  tutti  i  potenziali  destinatari  della   norma,   risulterebbe,
 altresi',  violato  l'art.  81,  quarto  comma, della   Costituzione,
 mancando "la possibilita' stessa di indicare la copertura finanziaria
 della legge".
   8. - In relazione al primo  degli  accennati  profili  di  censura,
 occorre rilevare che, trattandosi di stabilire se la disposizione sia
 tale  da determinare la irragionevole equiparazione di situazioni non
 tutte meritevoli di eguale tutela, il giudizio richiesto  alla  Corte
 si  incentra,  cosi' come altra volta rilevato (vedi, in particolare,
 sentenza  n.  89  del 1996), sul "perche'" una determinata disciplina
 operi, all'interno del tessuto egualitario  dell'ordinamento,  quella
 specifica equiparazione (oppure, a seconda dei casi, quella specifica
 distinzione),  traendone,  quindi,  le debite conclusioni in punto di
 corretto uso del potere normativo. Solo nel caso in cui una  siffatta
 verifica  dovesse  evidenziare  una  carenza di causa o ragione della
 disciplina  introdotta  potra'   dirsi   realizzato   un   vizio   di
 legittimita'  costituzionale  della  norma,  proprio  perche' fondato
 sulla irragionevole omologazione di situazioni diverse. Va da se', al
 tempo  stesso,  che,  non  essendo   consentito   al   controllo   di
 costituzionalita'  di travalicare in apprezzamenti che sconfinino nel
 merito delle opzioni  legislative,  non  puo'  ovviamente  venire  in
 considerazione,  agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone
 dell'eguaglianza,     qualsiasi     incoerenza,     disarmonia      o
 contraddittorieta'  che  una  determinata previsione normativa possa,
 sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire.
   9. - Cio' posto, e' da escludere che la disposizione denunciata  si
 configuri,  contrariamente  a quanto ritengono i giudici a quibus, in
 guisa tale da inibire, in virtu' della latitudine  del  suo  dettato,
 ogni possibilita' di sua ragionevole interpretazione ed applicazione,
 si'  da  risultare  portatrice  di una ingiustificata omologazione di
 situazioni tra loro diverse.
   E' da ritenere infatti che il censurato art.  13,  comma  8,  possa
 trovare, attraverso la convergenza degli ordinari criteri ermeneutici
 (letterale, sistematico e teleologico), congrua definizione nella sua
 portata, in vista della sua piana e puntuale applicazione.
   Lo  scopo  della  disposizione  censurata, secondo quanto si evince
 dalla accennata ricostruzione della relativa  vicenda  normativa,  va
 rinvenuto   nella   finalita'   di  offrire,  ai  lavoratori  esposti
 all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un
 beneficio  correlato  alla   possibile   incidenza   invalidante   di
 lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialita' morbigene.
 Il   criterio  dell'esposizione  decennale  costituisce  un  dato  di
 riferimento tutt'altro che indeterminato, specie se si  considera  il
 suo  collegamento,  contemplato  dallo  stesso  art.  13, comma 8, al
 sistema generale di assicurazione  obbligatoria  contro  le  malattie
 professionali derivanti dall'amianto, gestita dall'INAIL.
   Nell'ambito  di  tale  correlazione,  il  concetto  di  esposizione
 ultradecennale,  coniugando  l'elemento  temporale  con   quello   di
 attivita'   lavorativa  soggetta  al  richiamato  sistema  di  tutela
 previdenziale (artt. 1 e 3 del d.P.R. n. 1124  del  1965),  viene  ad
 implicare,  necessariamente,  quello di rischio e, piu' precisamente,
 di rischio morbigeno rispetto alle patologie, quali esse  siano,  che
 l'amianto  e' capace di generare per la sua presenza nell'ambiente di
 lavoro;  evenienza,  questa,  tanto  pregiudizievole  da  indurre  il
 legislatore,  sia  pure  a  fini  di prevenzione, a fissare il valore
 massimo di concentrazione di amianto  nell'ambiente  lavorativo,  che
 segna   la   soglia   limite  del  rischio  di  esposizione  (decreto
 legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive modifiche).
   La disposizione denunciata poggia, quindi, su un sicuro fondamento,
 rappresentato sia dal dato di riferimento  temporale  sia  da  quella
 nozione  di  rischio che, come e' noto, caratterizza il sistema delle
 assicurazioni sociali.
   Ne consegue che la norma censurata, esprimendo, nella sua effettiva
 portata,   un   precetto   adeguatamente   definito   negli  elementi
 costitutivi della  fattispecie  che  ne  e'  oggetto  e  congruamente
 correlato  allo scopo che il legislatore si e' prefisso, non vulnera,
 in conclusione, il parametro dell'art. 3 della  Costituzione  evocato
 da entrambi i rimettenti.
   10.  -  Anche  l'ulteriore  doglianza,  avanzata  dal  Tribunale di
 Ravenna, facendo leva sulla pretesa violazione dell'art.  81,  quarto
 comma, della  Costituzione, non merita accoglimento.
   Una  volta  accertata l'infondatezza della prima censura esaminata,
 non  possono  non   cadere   automaticamente   anche   le   ulteriori
 implicazioni  che  detto  Tribunale  tende  a trarne, sul piano della
 supposta  indeterminabilita'  dei  destinatari  e  della  conseguente
 impossibilita' di stabilire l'entita' degli oneri finanziari connessi
 alla  norma  denunciata. E questo a tacer del fatto che la censura di
 mancato rispetto dell'art. 81, quarto comma, della  Costituzione,  si
 richiama  a dati privi di adeguato riscontro (in quanto desunti dalla
 relazione ad un disegno di legge di gran lunga  successivo  all'epoca
 di  emanazione  della  disposizione censurata, il quale, a sua volta,
 attinge ad ulteriori fonti). Si tratta percio' di elementi non  utili
 per  quel  giudizio di attendibilita' che, in tema di copertura degli
 oneri finanziari pluriennali, questa Corte e' chiamata qui a svolgere
 (vedi, tra le altre, sentenze n.  25 del 1993 e  n.  384  del  1991);
 giudizio  in  vista  del  quale,  stando ai termini in cui la censura
 viene prospettata, si e' portati piuttosto a considerare, a  smentita
 dell'assunto  del  rimettente, sia il fatto che non manca nella legge
 una specifica  disposizione  di  copertura  finanziaria  delle  spese
 derivanti  dal  denunciato  art.  13,  comma  8,  sia, infine, che la
 copertura stessa e' stata a suo tempo ritenuta adeguata  anche  dalla
 Corte   dei   conti,   nell'esercizio   della   funzione  di  referto
 quadrimestrale al Parlamento sulle leggi di spesa (vedi  delibera  n.
 6/REF/1993, del 5 novembre 1993).