ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 408, comma 3,
del  codice  di  procedura  penale,  promosso con ordinanza emessa il
30 novembre   1998  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  del
tribunale  di  Torino  nel  procedimento  penale  a  carico di C. L.,
iscritta  al  n. 62  del  registro  ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 7,  prima  serie speciale,
dell'anno 1999.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 27 ottobre 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del tribunale
di  Torino  ha  sollevato, in riferimento all'art. 24, secondo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 408,  comma  3, del codice di procedura penale, nella parte
in  cui  non  prevede  che  la  persona  offesa  abbia la facolta' di
estrarre copia degli atti di cui puo' prendere visione;
        che  il  rimettente premette: che il pubblico ministero aveva
formulato  richiesta  di  archiviazione,  avverso la quale la persona
offesa   aveva  presentato  opposizione,  indicando  l'oggetto  della
investigazione  suppletiva  e  i  relativi  elementi di prova; che il
pubblico   ministero,   espletate   le  indagini  disposte  ai  sensi
dell'art. 409, comma 4, cod. proc. pen., aveva reiterato la richiesta
di  archiviazione  e  che, a seguito della notificazione del relativo
avviso,  il  difensore della persona offesa aveva chiesto copia degli
atti  dell'indagine  suppletiva, rilevando - ad avviso del rimettente
"non  senza  ragione"  - essere "del tutto illogico ed assurdo che un
difensore,  al  fine  di  fare fino in fondo il proprio dovere, debba
essere costretto ad opera di amanuense ...", ma il pubblico ministero
aveva   respinto   l'istanza,   in   base  al  rilievo  che  a  norma
dell'art. 408  cod. proc. pen. al difensore spetta solo il diritto di
"prendere visione del fascicolo";
        che la persona offesa aveva nuovamente presentato opposizione
alla  richiesta  di  archiviazione,  eccependo, in via principale, la
nullita'   del   procedimento   "per  inosservanza  delle  norme  che
consentono al difensore di estrarre copia degli atti del procedimento
una volta che allo stesso sia consentito prenderne visione";
        che  il rimettente osserva che nel caso in esame "non sarebbe
sorto alcun problema se il p.m. si fosse adeguato alla sentenza delle
S.U.   della   S.C.  3/2-14/4/1995,  ric.  Sciancalepore,  ed  avesse
acconsentito  all'estrazione di copia informale" degli atti quando il
difensore ne aveva fatto richiesta;
        che,    invece,    il    diritto    di   difesa   era   stato
"ingiustificatamente    ostacolato    e   compromesso   dal   mancato
riconoscimento  della  facolta' del difensore di estrarre copia degli
atti  dell'indagine  suppletiva,  tenuto  conto  del breve margine di
tempo  per  proporre  opposizione  e  della  intuibile difficolta' di
stabilire  un  tempestivo  contatto da parte del difensore (presso il
cui  studio  sono,  ex art. 33 disp. att. cod. proc. pen., depositati
gli avvisi) con il suo cliente";
        che,  a sostegno di tali argomentazioni, il rimettente rinvia
a  quanto  affermato  in relazione ad un caso analogo da questa Corte
nella  sentenza  n. 192  del  1997, menzionando, in particolare, quel
passaggio   della   decisione   ove,   con   riferimento  alla  ratio
dell'istituto, la Corte aveva rilevato che "il deposito degli atti in
cancelleria  a  disposizione  delle parti deve, di regola, comportare
necessariamente, insieme al diritto di prenderne visione, la facolta'
di estrarne copia".

    Considerato che il giudice rimettente, da un lato rileva che "non
sarebbe  sorto  alcun  problema"  se il pubblico ministero, a seguito
della richiesta del difensore della persona offesa, si fosse adeguato
ad   uno   specifico   precedente   delle  Sezioni  Unite  ed  avesse
acconsentito al rilascio di copia informale degli atti, dall'altro, e
soprattutto,  coglie  la forza espansiva delle argomentazioni poste a
fondamento  della sentenza di questa Corte n. 192 del 1997, mostrando
di  non  condividere l'interpretazione della norma denunciata che sta
alla base del provvedimento reiettivo del pubblico ministero;
        che   nel   caso   di   specie   il   rimettente,  avendo  la
disponibilita' degli atti trasmessi dal pubblico ministero unitamente
alla  richiesta di archiviazione a norma dell'art. 408, comma 1, cod.
proc.  pen.,  avrebbe  quindi  potuto rilasciare egli stesso le copie
richieste alla luce della sentenza n. 192 del 1997;
        che,  ove  la  norma  consenta una interpretazione conforme a
Costituzione, il giudice e' tenuto a farla propria, dovendo sollevare
questione  di legittimita' costituzionale solo se risulta impossibile
darne   una  interpretazione  costituzionalmente  corretta  (cfr.  in
particolare la sentenza n. 356 del 1996);
        che l'ordinanza di rimessione prospetta, invece, il dubbio di
costituzionalita'   riferendosi  alla  interpretazione  del  pubblico
ministero  senza  condividerla ed e' del tutto carente di motivazione
in  ordine  alle  ragioni  per  cui  il  giudice  non  ha ritenuto di
applicare  la  norma denunciata alla stregua dell'interpretazione, da
lui stesso propugnata, conforme a Costituzione;
        che,  pertanto,  la  questione di legittimita' costituzionale
deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.