ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2751, n. 4, e 2778, n. 17, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1998 dal Tribunale di Ferrara nel procedimento civile vertente tra Novelli Marinella e il Fallimento FEPA di Tartoni Marco & C. s.a.s. e dei soci Tartoni Marco e Tartoni Mauro, iscritta al n. 861 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di una procedura fallimentare dinanzi al Tribunale di Ferrara veniva proposta da parte dell'ex coniuge del fallito domanda di ammissione al passivo in via privilegiata del credito maturato per il mancato pagamento di numerose mensilita' dell'assegno di mantenimento disposto in sede di separazione personale. Il curatore, pur non opponendosi all'ammissione del credito, ne contestava la natura privilegiata per difetto di una espressa previsione legale della causa di prelazione. Instaurato il giudizio, il Tribunale, con ordinanza emessa il 23 giugno 1998, sollevava, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli 2751, n. 4, e 2778, n. 17, del codice civile, "nella parte in cui non prevedono tra i crediti aventi privilegio generale sui mobili del debitore il credito del coniuge, separato o divorziato, al mantenimento". 1.1. - Ad avviso del giudice a quo, il credito azionato non potrebbe ricomprendersi, in via interpretativa, nella previsione dell'art. 2751, n. 3 (recte: n. 4), cod. civ., riguardante "i crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge", stante la sicura distinzione tra alimenti e mantenimento e tenuto conto della tassativita' dei privilegi e del conseguente divieto di applicazione analogica della citata norma ad ipotesi dalla stessa non espressamente previste. Ritiene, in particolare, il rimettente che l'obbligo alimentare, di cui all'art. 433 e segg. cod. civ., risponda all'esigenza di garantire quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale, allorche' egli versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Mentre l'obbligo di mantenimento che, nella disciplina della separazione o del divorzio, la legge pone a carico di uno dei coniugi, troverebbe il suo presupposto non nello stato di bisogno, bensi' nella mancanza, in capo all'altro coniuge, di adeguati redditi propri. L'ammontare del relativo assegno, d'altro canto, dovrebbe essere determinato non solo in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato (art. 156 cod. civ.), ma anche tenendo conto, in sede di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, della condizione dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, della durata del matrimonio, secondo quanto previsto dall'art. 5 della legge 1o dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) e successive modificazioni. La funzione dell'assegno di mantenimento sarebbe in definitiva quella di garantire all'avente diritto - come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita' - un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. 1.2. - I due crediti, pur operando in ambiti distinti, sarebbero tuttavia - ad avviso dello stesso rimettente - tra loro omogenei, avendo entrambi natura, in senso lato, alimentare. La previsione del privilegio a favore del credito di alimenti e non anche a favore di quello di mantenimento comporterebbe, dunque, una ingiustificata disparita' di trattamento e sarebbe lesiva del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 1.3. - Il giudice rimettente dichiara di essere consapevole che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lo strumento del giudizio di legittimita' costituzionale non puo' essere utilizzato per introdurre, sia pure in considerazione del rilievo di un determinato credito, una causa di prelazione ulteriore rispetto a quelle gia' codificate. Ritiene peraltro che nella specie si tratti piuttosto di sindacare sotto il profilo della ragionevolezza - come gia' in altre occasioni la Corte ha fatto - la mancata inclusione, all'interno di una specifica norma attributiva di un privilegio (quella, appunto, di cui all'art. 2751, n. 4, cod. civ.), di una fattispecie omogenea a quella cui la causa di prelazione e' riferita. 2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata. E cio' in quanto il diritto al mantenimento avrebbe un contenuto molto piu' ampio del diritto agli alimenti, che varrebbe a giustificare la minore rilevanza del credito e, quindi, il mancato riconoscimento del privilegio. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Ferrara dubita, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 2751, n. 4, e 2778, n. 17, del codice civile, nella parte in cui non riconoscono - secondo l'interpretazione dello stesso rimettente - il privilegio generale sui mobili del debitore anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato. 2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito indicati. Contrariamente all'assunto da cui muove il rimettente, il privilegio di cui alla norma denunciata, pur testualmente riferito ai crediti di alimenti, deve ritenersi estensibile sul piano interpretativo anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato, superandosi in tal modo la disparita' di trattamento che altrimenti conseguirebbe ad una diversa ed opposta lettura della norma. In proposito, uno speciale rilievo va riconosciuto alla causa del credito che, com'e' stato osservato in dottrina, rappresenta la ratio giustificativa e, al tempo stesso, il criterio di interpretazione del privilegio, valendo a determinarne l'ambito oggettivo e soggettivo. Se, pertanto, si prescinde da considerazioni puramente nominalistiche per guardare al suo profilo funzionale, risulta chiaro come il credito di alimenti, di cui all'art. 2751, n. 4, cod. civ., sia diretto a soddisfare, in conformita' al significato comune dell'espressione, le necessita' di vita dell'alimentando anche se in misura quantitativamente diversa a seconda delle circostanze e dei soggetti che vengono di volta in volta in considerazione. Ed e' indubbio che la funzione sopra specificata e' propria, nella sua ampiezza, anche del credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato. Una conferma, sia pure indiretta, dell'esattezza di tale opinione si desume dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione che, qualificando la domanda relativa agli alimenti un minus necessariamente compreso in quella di mantenimento, muove evidentemente dalla identita' di causa petendi delle domande e, quindi, sul piano sostanziale, dall'unitaria funzione di sostentamento che caratterizza i relativi crediti. Lo stesso credito di alimenti di cui all'art. 433 del codice civile puo' assumere, d'altro canto, una diversa misura quantitativa in ragione della particolare natura del rapporto da cui l'obbligazione alimentare puo' derivare: mentre, ad esempio, il donatario non e' tenuto a prestare gli alimenti oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio (art. 438, terzo comma, cod. civ.), tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario (art. 439, primo comma, cod. civ.). E se e' pacifico come, in tali casi, la misura piu' ridotta degli alimenti non faccia venir meno l'identita' funzionale del credito, la stessa conclusione non puo' non valere per l'ipotesi in cui il credito, essendo parametrato al pregresso tenore di vita dell'alimentando, abbia un contenuto piu' esteso anziche' piu' ridotto di quello stricto sensu alimentare. 3. - In base alle considerazioni che precedono risulterebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, comportando una irragionevole disparita' di trattamento, una interpretazione che escludesse dall'ambito della norma denunciata il credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato. Avuto riguardo al fondamentale canone ermeneutico che, nel concorso tra piu' possibili interpretazioni, impone di preferire quella conforme a Costituzione, deve, pertanto, affermarsi - come del resto gia' osservato, sia pure incidentalmente, da questa Corte (sentenza n. 84 del 1992) - l'estensione del privilegio di cui alla norma denunciata anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato e, conseguentemente, l'infondatezza della questione sollevata dal giudice rimettente.