IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva; Premesso in fatto che nel corso del giudizio civile promosso da La Rosa Paolo, in qualita' di procuratore generale della sig.ra Kwon Hyok Joo, nei confronti di Locci Giorgio (contumace) e del notaio Angelini Rota Serra Carlo per risarcimento danni, il c.t.u., nominato per eseguire la valutazione di un compendio immobiliare, la cui divisione si assume essere stata effettuata in pregiudizio della erede, attuale parte attrice, ha reso noto che una parte degli immobili e, in particolare, quelli siti in Spoleto, e' stata nelle more alienata a terzi, nelle persone dei dott.ri Arpea Massimo e Arpea Fabrizio, entrambi residenti in Roma; che questi ultimi, invitati dallo stesso c.t.u. a mostrare l'interno del fabbricato (ai fini della migliore valutazione delle caratteristiche, nonche' dello stato di conservazione), non hanno aderito, impedendogli, di fatto, l'espletamento dell'incarico affidatogli; che identico risultato ha avuto il formale invito rivolto agli stessi dall'istruttore a sensi dell'art. 118 c.p.c.. Considerato in diritto che nella situazione sopra descritta, il giudicante dovrebbe limitarsi ad applicare a detti terzi, a norma dell'art 118, ult. cpv. c.p.c., una modestissima pena pecunaria (non superiore a L. 10.000, sanzione, peraltro, che, per il principio di specialita' di cui all'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, renderebbe inoperante la piu' gravosa sanzione penale, conseguente all'ipotizzabile reato di cui all'art. 650 c.p.), senza poter ricorrere ad elementari strumenti legali, idonei al superamento della stasi nella attivita' istruttoria; e cio' malgrado che i terzi non abbiano neppure dedotto alcune della circostanze esimenti previste dal primo comma dell'art. 118 c.p.c.; che un tale contesto normativo appare, in primo luogo, lesivo dei principi di cui all'art. 24, primo e secondo comma della Costituzione, precludendo ad una parte l'effettivo esercizio del diritto di agire e di difendersi in giudizio; che appare, inoltre, lesivo dei doveri di solidarieta' sociale, sanciti dall'art. 2 della Costituzione, laddove consente al terzo di impedire, per mero capriccio, un accertamento istruttorio indispensabile per la parte che ha ragione; che appare, infine, in contrasto con le esigenze di razionalita' e di eguaglianza di trattamento normativo (art. 3 della Costituzione), se solo si tenga presente il fatto che il terzo testimone reticente puo' essere accompagnato dalla forza pubblica e, quindi, essere sottoposto ad una limitazione, sia pure temporanea, della liberta' personale, mentre il terzo al quale si chiede di consentire soltanto l'ispezione della cosa in suo possesso non va, nella sostanza, incontro a conseguenze di sorta; il che risulta tanto piu' contraddittorio ove si pensi che il terzo detentore e' normalmente svincolato da qualsiasi onere e spesa, potendo limitarsi a mettere a disposizione la cosa, mentre la funzione di testimone richiede una partecipazione attiva e comporta, spesso, disagi personali; che la questione e' rilevante, non potendo prescindersi, nel decidere la causa dall'accertamento peritale dell'effettivo valore dell'intero compendio.