IL TRIBUNALE Nell'udienza del 29 novembre 1999 nel procedimento penale n. 75/1999 nei confronti di Rossetti Alberto e Bellitto Giuseppa ha pronunciato la seguente ordinanza sull'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p., per violazione dell'art. 3, primo comma Cost., nella parte in cui non prevede che la causa di non punibilita' ivi prevista sia applicabile anche alla ritrattazione delle dichiarazioni false o reticenti rese alla polizia giudiziaria allorche' questa abbia agito di iniziativa, sollevata dalla difesa dell'imputata Bellitto Giuseppa, sentito il p.m. che si rimette. O s s e r v a Bellitto Giuseppa e' imputata del reato di favoreggiamento personale perche', senza essere concorsa nel delitto di sfruttamento della prostituzione, aiutava Rossetti Alberto ad eludere le investigazioni dell'Autorita' e cio' dichiarando alla p.g. operante, contrariamente al vero, di aver eseguito una prestazione di spogliarello privato al cospetto di Devito Ivan e Diffurville Gianfranco, limitandosi a porre in essere toccamenti lascivi nei confronti dei suddetti, mentre essa Bellitto compiva atti sessuali consistenti in masturbazioni attive e passive, e coito orale. In Pont Canavese il 28 novembre 1998. Infatti in data 28 novembre 1998, in occasione dell'arresto in flagranza del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di Rossetti Alberto e Capello Piero, i militari dei Carabinieri sentivano, a sommarie informazioni testimoniali, tra gli altri, Bellitto Giuseppa, la quale rendeva dichiarazioni contrarie alle risultanze delle indagini, da cui scaturiva l'imputazione del reato di favoreggiamento sopra descritta. All'odierna udienza l'imputata Bellitto Giuseppa rendeva dichiarazioni spontanee contrarie a quelle rese avanti agli ufficiali di p.g. in data 28 novembre 1998, ammettendo cio' che aveva negato e cioe' affermando che aveva avuto un rapporto orale nel se'pare' con uno dei due uomini che erano nel "prive'". Al termine delle dichiarazioni contenenti la ritrattazione, la difesa sollevava l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 376 c.p. nei termini sopra indicati. La questione sollevata e' non manifestamente infondata e rilevante. Sulla non manifesta infondatezza A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 101/1999 che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l'art. 376 c.p. nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilita' per chi - richiesto dalla p.g., delegata dal p.m. a norma dell'art. 370 c.p.p. di fornire informazioni ai fini delle indagini - abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto o in parte reticenti, si e' creato un sistema irrazionale. La disciplina diversa determina, ad avviso del remittente, una nuova disparita' di trattamento che non trova giustiticazione ragionevole. L'irrazionalita' discende dalla considerazione che l'assunzione, ad iniziativa della polizia giudiziaria, di informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art. 351 c.p.p.) e l'assunzione delle medesime su delega del p.m. sottosta' alle stesse regole di documentazione (art. 357 c.p.p.) e la loro utilizzabilita' nel processo e' equiparata (art. 500 c.p.p.). A cio' si aggiunga poi che l'art. 351 c.p.p. espressamente richiama l'applicazione del secodo periodo dell'art. 362 c.p.p. che concerne le norme applicabili all'assunzione di informazioni da parte del p.m. Di fronte ad una disciplina in tema di assunzione di informazioni da parte della poIizia giudiziaria che risulta sorretta da una ratio unitaria sia sotto il profilo della documentazione sia sotto il profilo della valenza processuale, si determina un diverso trattamento della ritrattazione che dipende esclusivamente da un elemento formale esteriore. Infatti, a fronte di condotte sostanzialmente simili quali le dichiarazioni false ovvero reticenti rese alla p.g. che integrano il reato di cui all'art. 378 c.p., l'imputato puo' giovarsi della ritrattazione solo qualora le false o reticenti dichiarazioni siano state rese in precedenza alla polizia giudiziaria su delega del p.m., e non anche nel caso di informazioni assunte di iniziativa di questa. Di fronte ad una situazione fattuale del tutto estrinseca ed indipendente dalla volonta' del dichiarante, il quale, al limite, non e' neppure tenuto a sapere se la p.g. che conduce le indagini stia agendo su delega o di iniziativa, si determina una disparita' di trattamento che non trova una giustificazione ragionevole nel sistema processuale. Tale disparita' di trattamento non e' direttamente superabile in via interpretativa, attraverso una estensione della nuova disciplina risultante dalla dichiarazione di parziale incostituzionalita' dell'art. 376, comma 1 c.p. a seguito della sentenza n. 101/1999. La Corte costituzionale, infatti, sia nel dispositivo (ove si specifica che la norma e' incostituzionale "nella parte in cui non prevede la ritrattazione come causa di non punibilita' per chi, richiesto dalla p.g. delegata dal p.m. ... di fornire informazioni ... abbia reso dichiarazioni false ..."), sia nella motivazione (ove si sottolinea che la questione sottoposta a giudizio consiste esclusivamente "nella domanda se sia conforme al principio di uguaglianza ... l'esclusione della causa di non punibilita' della ritrattazione nel caso delle false dichiarazioni alla polizia giudiziaria specificante delegata dal p.m. ... mentre tale causa di non punibilita' vale nel caso delle false dichiarazioni rese al p.m. stesso") dimostra di risolvere una questione diversa da quella qui sollevata attraverso l'applicazione di una differente ratio decidendi. Il ragionamento della Corte e' infatti interamente condotto sul piano dell'irrazionalita' nella differenziazione di trattamento fra due ipotesi, quello della ritrattazione di dichiarazioni rese direttamente al p.m. costituente il reato di cui all'art. 37-bis c.p. e quello della ritrattazione di dichiarazioni rese alla p.g. da questi delegata, integranti il reato di cui all'art. 378 c.p., che "costituiscono esclusivamente forme diverse della medesima attivita', facente sostanzialmente capo comunque al p.m. nell'esercizio dei poteri che ad esso spettano quale organo che dirige le indagini preliminari". La questione che qui si solleva e' invece fondata su una diversa irrazionalita', che scaturisce proprio dalla introduzione della nuova ipotesi di non punibilita'. Di fronte a tale situazione questo tribunale non e' in grado, attraverso i propri ordinari strumenti interpretativi, di ricondurre a razionalita' il complesso delle norme riguardanti la ritrattazione. Non puo' infatti inventarsi una nuova causa di non punibilita' (per la ritrattazione di dichiarazioni rese alla p.g. durante indagini condotte di iniziativa) che la legge non prevede e che non puo' essere evinta dal principio - diverso e riguardante diversa fattispecie - stabilito dalla Corte con la sentenza n. 101/1999. Soltanto un nuovo intervento della Corte costituzionale puo' pertanto eliminare l'illegittima disparita' di trattamento che e' stata qui rilevata. Sulla rilevanza La risoluzione della questione di legittimita' costituzionale qui prospettata e', con tutta evidenza, pregiudiziale alla decisione del processo penale a carico di Bellitto Giuseppa. Come si evince dalle premesse in fatto, la predetta, dopo aver reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria in una fase processuale in cui veniva sentita a sommarie informazioni testimoniali su iniziativa della stessa polizia giudiziaria, e dopo che tali dichiarazioni erano contrarie alle risultanze delle indagini, e' stata imputata di favoreggiamento. Ella ha ritrattato le precedenti dichiarazioni, ammettendo cio' che aveva in precedenza negato. Spetta ora al tribunale decidere se l'imputata debba essere condannata per favoreggiamento personale, ovvero se debba essere assolta ai sensi dell'art. 376 c.p., qualora la Corte costituzionale stabilisca, come ritiene il tribunale, per i motivi sopra esposti, che l'inaplicabilita' della causa di non punibilita' nel caso di ritrattazione di dichiarazioni rese alla p.g. che agisce di iniziativa sia costituzionalmente illegittima.