ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt.  163, secondo comma, (recte: terzo comma), n. 2), e 164,
 secondo comma, del codice di procedura civile - nel  testo  anteriore
 alle  modifiche  introdotte  dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 - e
 dell'art. 359 stesso codice,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  2
 ottobre 1998 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile
 vertente  tra  Ministero  delle  finanze  e Pazzini Palmira ed altre,
 iscritta al n. 852 del registro ordinanze  1998  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  47, prima serie speciale,
 dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  27  ottobre  1999  il  giudice
 relatore Fernanda Contri;
   Ritenuto che la Corte d'appello di Firenze, con ordinanza emessa il
 2 ottobre 1998, ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della
  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del combinato
 disposto degli artt. 163, secondo comma (recte: terzo comma), n.  2),
 164,  secondo  comma,  nel  testo  anteriore  alla riforma, e 359 del
 codice di procedura civile;
     che, come precisa in fatto la Corte rimettente,  il  giudizio  di
 impugnazione  a  quo  e'  stato  instaurato nei confronti della parte
 deceduta  dopo  l'udienza  di  discussione   e   nelle   more   della
 pubblicazione   della   sentenza   di   primo   grado,  con  notifica
 all'appellato nel domicilio eletto per il giudizio presso  lo  studio
 del procuratore;
     che  nel  corso  del  giudizio  di  appello si sono costituiti in
 cancelleria gli eredi dell'appellato, eccependo l'inammissibilita' e,
 comunque, la nullita' dell'appello, in quanto proposto nei  confronti
 della  parte  deceduta, anziche' nei confronti degli eredi di questa,
 ed in quanto notificato al domicilio eletto, anziche' a quello  reale
 degli eredi;
     che   la   Corte   rimettente,   dichiarando  di  uniformarsi  al
 consolidato orientamento della giurisprudenza ed in particolare  alla
 pronuncia  della  Cassazione-sezioni  unite  del 19 dicembre 1996, n.
 11394, esclude la  possibilita'  che  maturi  il  termine  breve  per
 l'impugnazione,  allorche' la sentenza sia notificata dal procuratore
 della parte deceduta, senza la  specificazione  che  la  notifica  e'
 eseguita  ad istanza degli eredi e senza l'indicazione dei nominativi
 degli stessi, come si e' verificato nella fattispecie;
     che il giudice a quo dopo aver precisato  che  nella  fattispecie
 trovano  applicazione  gli  artt.  163  e 164 del codice di procedura
 civile nel testo anteriore alla riforma, trattandosi di giudizio gia'
 pendente alla data del 30 aprile 1995, osserva che in forza  di  tali
 norme la eventuale rinnovazione della citazione d'appello, affetta da
 vizio  attinente  alla individuazione dei soggetti dell'impugnazione,
 non potrebbe far salvi gli effetti sostanziali  e  processuali  della
 citazione medesima, in quanto la costituzione in giudizio degli eredi
 e'  idonea  a sanare la nullita' della citazione soltanto con effetto
 ex nunc;
     che, nella specie,  poiche'  gli  eredi  si  sono  costituiti  in
 giudizio   quando   era   gia'   decorso   il   termine  annuale  per
 l'impugnazione, la predetta sanatoria, producendo  effetto  ex  nunc,
 non  potrebbe  impedire  il  passaggio  in  giudicato  della sentenza
 impugnata;
     che pertanto, ad avviso della Corte rimettente, le  citate  norme
 si  porrebbero in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, poiche'
 non consentono rimedio all'errore incolpevole dell'appellante, che ha
 ritenuto  ancora  in  vita  l'appellato  al  momento  della  notifica
 dell'impugnazione,  ed in quanto non prevedono che la costituzione in
 giudizio degli eredi determini la sanatoria ex tunc  della  citazione
 in appello;
     che  ha  spiegato  intervento  il  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
 concludendo  per  l'inammissibilita'  o  comunque  per l'infondatezza
 della questione;
   Considerato   che  il  giudice  a  quo  prospetta  l'illegittimita'
 costituzionale del combinato disposto degli artt. 163,  terzo  comma,
 numero  2), 164, secondo comma, e 359 del codice di procedura civile,
 per violazione dell'art. 24 della Costituzione, richiamando e facendo
 proprie le argomentazioni esposte dalla Corte di cassazione - sezioni
 unite nella sentenza n. 11394 del 1996;
     che con l'anzidetta pronuncia la Cassazione, nel  riesaminare  la
 questione  relativa  alle  conseguenze  del  decesso di una parte sul
 giudizio   di   impugnazione,   ha   dubitato   della    legittimita'
 costituzionale dell'art. 164 cod. proc. civ. nel testo anteriore alla
 riforma,  per  la mancata previsione di un rimedio di restituzione in
 termini  in  materia  ove  sussistono  ampi  margini   di   possibile
 incolpevolezza   dell'errore,  senza  poter  promuovere  il  relativo
 giudizio di legittimita'  costituzionale  per  difetto  di  rilevanza
 nella fattispecie sottoposta al suo esame;
     che  la  Corte d'appello rimettente, pur ponendo a sostegno della
 dedotta incostituzionalita' della normativa  processuale  la  mancata
 previsione   di   un   rimedio  restitutorio  all'errore  incolpevole
 dell'appellante, sollecita poi una pronuncia con la quale si dichiari
 l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto delle indicate
 norme processuali nella parte in cui non prevede che la  costituzione
 in  giudizio  degli  eredi  determini  la  sanatoria  ex  tunc  della
 citazione d'appello;
     che dalla stessa diversita' di soluzioni prospettate nella  parte
 motiva  ed  in quella dispositiva dell'ordinanza di rimessione appare
 evidente come non sia possibile nella specie operare la  reductio  ad
 legitimitatem   delle   norme   impugnate   in   termini   univoci  e
 costituzionalmente  obbligati,  essendo  astrattamente  configurabili
 piu'  itinera  -  la  cui  scelta  spetta  al  legislatore  -,  tutti
 ugualmente idonei a porre rimedio alla dedotta incostituzionalita';
     che, per contro,  e'  compito  precipuo  del  giudice  rimettente
 adottare   un'interpretazione   della   norma   che  sia  conforme  a
 Costituzione  e  che,  in  quanto  tale,  impedisca  il   verificarsi
 dell'effetto  lesivo  dei  diritti  della  parte  incorsa  in  errore
 incolpevole;
     che nell'ampia giurisprudenza formatasi in materia si  rinvengono
 numerosi  precedenti  nei  quali  si  e'  ritenuta  pienamente valida
 l'impugnazione proposta nei confronti della parte non piu' esistente,
 allorche' la controparte abbia senza colpa ignorato l'evento,  ovvero
 nei quali si e' fatto ricorso all'art. 291 cod. proc. civ.;
     che,  pertanto,  anche  sotto tale profilo, stante la presenza di
 piu' interpretazioni  conformi  a  Costituzione,  la  questione  deve
 essere dichiarata manifestamente inammissibile;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.