ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per  l'abrogazione  del decreto legislativo del
 Capo  provvisorio  dello  Stato  29  luglio  1947,  n.  804,  recante
 "Riconoscimento giuridico degli Istituti di patronato e di assistenza
 sociale", e successive modificazioni; giudizio iscritto al n. 124 del
 registro referendum.
   Vista  l'ordinanza  del  7-13  dicembre 1999 con la quale l'Ufficio
 centrale per  il  referendum    presso  la  Corte  di  cassazione  ha
 dichiarato conforme a legge la richiesta;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 18 gennaio 2000 il giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Uditi  l'avvocato  Nicolo'  Zanon  per   i   presentatori   Daniele
 Capezzone,  Mariano  Giustino  e Michele De Lucia e gli avvocati Amos
 Andreoni e Vittorio Angiolini per la Federazione dei Verdi ed  altri,
 Comitato  per  le  liberta'  e  i  diritti  sociali  e  Partito della
 rifondazione comunista.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  L'Ufficio centrale per il  referendum  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352, e successive modifiche e integrazioni, esaminata la richiesta di
 referendum popolare presentata in data 28 settembre 1999  da  Daniele
 Capezzone  e  altri  quattro cittadini elettori sul seguente quesito:
 "Volete  voi  che  sia  abrogato  il  decreto  legislativo  del  Capo
 provvisorio   dello   Stato   29   luglio   1947,   n.  804,  recante
 "Riconoscimento giuridico degli Istituti di patronato e di assistenza
 sociale",  e  successive  modificazioni?",  con  ordinanza  del  7-13
 dicembre  1999  ha  dichiarato  la  richiesta  stessa  conforme  alle
 disposizioni della legge n. 352 del 1970,  stabilendone  altresi'  la
 seguente  denominazione:  "Istituti  di  patronato  e  di  assistenza
 sociale: abolizione della disciplina  speciale  e  del  finanziamento
 pubblico".
   2. - Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa
 Corte  ha  fissato  il  giorno  13  gennaio  2000  per la conseguente
 deliberazione in camera di consiglio, dandone comunicazione, a  norma
 dell'art.    33,  secondo  comma,  della  legge  n.  352 del 1970, ai
 presentatori della  richiesta  di  referendum  e  al  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
   3.  -  I  presentatori  del  referendum  hanno depositato in data 5
 gennaio 2000 una memoria, sostenendo le  ragioni  dell'ammissibilita'
 della  richiesta referendaria sotto i profili dell'omogeneita', della
 chiarezza  e  dell'univocita'  del  quesito,  e  della  mancanza   di
 preclusioni  che  in  tal  senso possano farsi derivare dall'art. 75,
 secondo comma, della Costituzione.
   4. - In data 10 gennaio  2000  hanno  depositato  tre  memorie,  di
 contenuto sostanzialmente identico: a) il "Comitato per le liberta' e
 i  diritti sociali", costituitosi al fine di contrastare l'iniziativa
 referendaria; b) il "Partito della rifondazione comunista", e  c)  la
 "Federazione  dei  Verdi", unitamente all'"Associazione nazionale per
 la Sinistra" e ad Alfiero Grandi quale responsabile lavoro dei "DS  -
 Democratici  di  sinistra".  Nelle  tre memorie, previa illustrazione
 delle ragioni del "contraddittorio"  cosi'  esercitato,  si  sostiene
 l'inammissibilita',   tra  altre,  della  richiesta  referendaria  in
 argomento.
   5. - In data 12 gennaio 2000 i presentatori  del  referendum  hanno
 depositato   ulteriore   memoria,   con   la   quale  hanno  eccepito
 l'irricevibilita'  o  inammissibilita'  degli  atti  "di  intervento,
 memorie e contributo istruttorio" depositati dai soggetti indicati al
 punto precedente.
   6. - La discussione, gia' fissata per la camera di consiglio del 13
 gennaio 2000, e' stata in tale data rinviata alla camera di consiglio
 del  successivo 18 gennaio, previa comunicazione ai presentatori e al
 Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' ai soggetti che  hanno
 depositato  memorie; questi ultimi hanno depositato ulteriore atto in
 data 17 gennaio 2000.
   7. - Nella camera di consiglio  del  18  gennaio  2000  sono  stati
 ascoltati:    in  rappresentanza dei presentatori, l'avvocato Nicolo'
 Zanon e, in rappresentanza dei soggetti  indicati  al  punto  4,  gli
 avvocati    Amos   Andreoni   e   Vittorio   Angiolini,   che   hanno
 rispettivamente illustrato e ribadito le argomentazioni svolte  negli
 atti depositati in precedenza.
                         Considerato in diritto
   1. -  Preliminarmente, a scioglimento della riserva formulata nella
 camera di consiglio, relativamente alla possibilita' di dare ingresso
 nel presente procedimento alle memorie presentate da soggetti diversi
 da  quelli  - delegati o presentatori della richiesta di referendum e
 Presidente del Consiglio dei Ministri - ai  quali  tale  facolta'  e'
 espressamente  riconosciuta  dall'art. 33 della legge 25 maggio 1970,
 n. 352, e di consentirne l'illustrazione in camera  di  consiglio  da
 parte  dei  rispettivi  rappresentanti,  questa  Corte  non  puo' che
 richiamare  quanto  osservato  e  stabilito  al  riguardo  in   senso
 affermativo nella sentenza n. 31 del 2000 di pari data.
   2.  -  La  richiesta  di  referendum abrogativo in esame e' diretta
 all'abrogazione del decreto legislativo del  Capo  provvisorio  dello
 Stato  29  luglio 1947, n. 804 (oggetto di "ratifica" con la legge 17
 aprile 1956, n. 561), il quale detta la disciplina degli Istituti  di
 patronato e di assistenza sociale.
   3. - Tale richiesta non e' ammissibile.
   3.1. - Agli Istituti di patronato e di assistenza sociale - enti di
 diritto  privato, secondo l'art. 1 della legge 27 marzo 1980, n.  112
 - costituiti e gestiti da associazioni nazionali  di  lavoratori  che
 annoverino  nei  propri statuti finalita' assistenziali e diano prova
 di potervi provvedere con mezzi adeguati (art. 2,  primo  comma,  del
 decreto  n. 804 del 1947), spetta l'esercizio dell'assistenza e della
 tutela dei lavoratori e dei loro aventi causa per il conseguimento in
 sede amministrativa delle prestazioni di qualsiasi genere previste da
 leggi, statuti e contratti regolanti la previdenza e  la  quiescenza,
 nonche'  la  rappresentanza  dei  lavoratori  davanti  agli organi di
 liquidazione di dette prestazioni o a collegi di conciliazione  (art.
 1, primo comma). In sede giurisdizionale, gli Istituti di patronato e
 di  assistenza  sociale  possono inoltre, a richiesta dell'assistito,
 rendere informazioni  e  osservazioni  orali  nelle  controversie  in
 materia  previdenziale e assistenziale (art. 446 cod. proc. civ., non
 compreso nel quesito referendario).
   Il  fatto  di  essere oggi emanazioni di associazioni di lavoratori
 non impedisce, come  generalmente  ritenuto,  che  in  tali  Istituti
 continui  a  essere presente una connotazione pubblicistica, connessa
 alla natura dei compiti, connotazione  che  in  passato  spiegava  la
 possibilita'  che  la  loro  fondazione  fosse  promossa da province,
 comuni o altri enti morali (secondo l'espressione dell'art.  119  del
 regolamento  per  l'esecuzione  del  decreto-legge  23 agosto1917, n.
 1450, approvato con decreto  luogotenenziale  21  novembre  1918,  n.
 1889). Manifestazione evidente e, al tempo stesso, riprova di cio' e'
 l'art.  3,  secondo  comma,  del  decreto  n.  804,  di cui si chiede
 l'abrogazione referendaria, il quale  impone  che  lo  statuto  degli
 Istituti  di  patronato  deve  espressamente  stabilire  che  la loro
 attivita'  "e'  svolta  gratuitamente  nei  confronti  di   tutti   i
 lavoratori, senza alcuna limitazione". Questa disposizione, chiave di
 volta  dell'intera  disciplina legislativa, e' quella che, collocando
 gli  Istituti  al  di  la'  dell'ambito  di  attivita'  riconducibili
 esclusivamente  all'autonomia  dei lavoratori e inserendoli in quello
 della cura di interessi generali, giustifica il sistema pubblico  del
 loro  finanziamento  (artt.  4  e  5),  la sottoposizione a vigilanza
 ministeriale  (artt.   6   e   7),   nonche'   l'equiparazione   alle
 Amministrazioni dello Stato ai fini tributari (art. 8).
   3.2.  -  Secondo la Costituzione, i diritti di natura previdenziale
 dei lavoratori la  cui  difesa  nei  procedimenti  amministrativi  (e
 giurisdizionali)   costituisce   la   finalita'   degli  Istituti  di
 patronato, sono garantiti dall'art. 38, secondo comma: "I  lavoratori
 hanno  diritto  che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle
 loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita'  e
 vecchiaia,  disoccupazione  involontaria" e la garanzia, non solo per
 ragioni di logica costituzionale dei diritti  ma  anche  per  ragioni
 testuali   ("preveduti   e  assicurati"),  presenta  necessariamente,
 accanto all'aspetto sostanziale,  anche  un  aspetto  procedimentale,
 tanto  piu'  rilevante  in  quanto  si  tratta di diritti previsti in
 relazione a condizioni di difficolta', e  quindi  di  debolezza,  che
 possono realizzarsi nella vita dei lavoratori, la cui effettivita' si
 scontra  con  la  farraginosa  complessita' del sistema previdenziale
 attuale.
   Sempre  secondo  la  Costituzione  (art.  38,  quarto  comma),   la
 protezione   di   tali   diritti,   poi,   non  e'  rimessa  soltanto
 all'eventuale e sempre possibile libera  iniziativa  dei  lavoratori,
 singoli   o   associati,   ma   rientra   tra  i  fini  e  i  compiti
 costituzionalmente assegnati allo Stato - fini  e  compiti  ai  quali
 "provvedono  organi  ed istituti predisposti o integrati dallo Stato"
 medesimo  (ai  quali  ultimi,  oltre  agli  Istituti  preposti   alla
 erogazione  delle  prestazioni  previdenziali, sono riconducibili gli
 Istituti in questione). I fini previdenziali, infatti,  corrispondono
 a  un  interesse  pubblico  direttamente  riconducibile  all'art.  3,
 secondo comma, della Costituzione il quale stabilisce  ancora  essere
 "compito  della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico
 e sociale che, limitando di fatto la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei
 cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo  della  persona  umana e
 l'effettiva partecipazione di tutti i  lavoratori  all'organizzazione
 politica, economica e sociale del Paese".
   Dalla   connotazione  pubblicistica  dell'interesse  previdenziale,
 quale definito dalla Costituzione, deriva poi, in via  conseguenziale
 diretta e necessaria, che le prestazioni alle quali devono provvedere
 gli  organi  e  gli  istituti predisposti o integrati dallo Stato (a)
 sono  sottratte all'ambito delle attivita' lucrative, pur non dovendo
 necessariamente essere gratuite; e che (b) devono essere  fornite  in
 posizione  di  uguaglianza  a tutti i lavoratori, non assumendo alcun
 rilievo la circostanza che si tratti di  lavoratori  iscritti  o  non
 iscritti  al  sindacato,  iscritti  a  questo  o  quel  sindacato. Il
 carattere non di lucro  dell'attivita'  e  l'indirizzo  generalizzato
 delle  prestazioni  sono,  in sostanza, il connotato essenziale della
 previdenza pubblica prevista dalla  Costituzione.  Al  contrario,  lo
 scopo di profitto e la possibilita' di selezione tra le richieste dei
 lavoratori   rientra   in  un  quadro  di  attivita'  assicurative  e
 assistenziali ulteriori e  accessorie  che,  pur  non  vietate  dalla
 Costituzione,  non  entrano a comporre il quadro della protezione dei
 diritti dei lavoratori che deve essere predisposto tramite gli organi
 e gli istituti di cui parla l'art. 38 della  Costituzione.
   3.3. - La  Costituzione, dunque, esige che  vi  sia  una  specifica
 organizzazione  per  le  prestazioni  previdenziali  -  sostanziali e
 strumentali - cioe' gli "organi ed istituti predisposti  o  integrati
 dallo  Stato" di cui all'art. 38 e che le prestazioni offerte da tali
 strutture  non  siano  oggetto  di  attivita'   lucrativa   e   siano
 disponibili  dalla  generalita'  dei  lavoratori. Questo e' il nucleo
 costituzionale irrinunciabile, un nucleo che lascia largo spazio alla
 discrezionalita'  legislativa,   nella   disciplina   degli   aspetti
 organizzativi,  finanziari  e  funzionali  della  materia. Di contro,
 l'abrogazione referendaria del decreto n. 804  del  1947  contraddice
 puntualmente  questo  nucleo, eliminando strutture operanti nel campo
 previdenziale direttamente riconducibili a quelle previste  dall'art.
 38, quarto comma, della Costituzione e finendo per trasferire le loro
 attivita',  oggi  non  lucrative e garantite a tutti i lavoratori, al
 campo dell'autonomia privata, cioe' delle libere scelte  individuali.
 E',   in   proposito,   rivelatrice   la   richiesta  di  abrogazione
 referendaria dell'art. 3, secondo comma, gia' ricordato  come  quello
 che,  dal  punto di vista dei caratteri delle prestazioni, rispecchia
 direttamente  e  senza  possibilita'  di  opzioni  diverse   per   il
 legislatore  -  quanto alla natura non di lucro dell'attivita' e alla
 generalita' delle prestazioni - il senso della garanzia previdenziale
 voluta dalla Costituzione.
   4. - Deve dunque trovare applicazione, nella specie, il criterio di
 giudizio,  consolidato  nella  giurisprudenza  di  questa  Corte  (ad
 esempio,  sentenze nn. 26 del 1981, 17 e 35 del 1997, che precisano e
 applicano il principio per la prima volta esplicitato nella  sentenza
 n.  16  del  1978),  il quale esclude l'ammissibilita' del referendum
 abrogativo di disposizioni che non possono essere soppresse senza con
 cio' ledere principi costituzionali.