ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art.  2,  primo  comma,
 della  legge  costituzionale  11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
 referendum popolare per  l'abrogazione  del  decreto  del  Presidente
 della  Repubblica  29  settembre  1973, n. 600, recante "Disposizioni
 comuni in materia  di  accertamento  delle  imposte  sui  redditi"  e
 successive modificazioni, limitatamente a:
     Articolo 23;
     Articolo  25,  comma  1:  "I  soggetti  indicati  nel primo comma
 dell'art.  23, che corrispondono a soggetti residenti nel  territorio
 dello  Stato  compensi  comunque  denominati,  anche  sotto  forma di
 partecipazione  agli  utili,  per  prestazioni  di  lavoro  autonomo,
 ancorche'  non  esercitate  abitualmente  ovvero siano rese a terzi o
 nell'interesse di terzi, devono operare all'atto  del  pagamento  una
 ritenuta  del  20  per  cento  a  titolo  di acconto dell'imposta sul
 reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti,  con  l'obbligo
 di  rivalsa.  La predetta ritenuta deve essere operata dal condominio
 quale   sostituto   d'imposta   anche    sui    compensi    percepiti
 dall'amministratore  di  condominio.  La  stessa ritenuta deve essere
 operata sulla parte imponibile delle somme di cui alla lettera  b)  e
 sull'intero  ammontare  delle  somme  di cui alle lettere a) e c) del
 terzo comma dell'art. 49 del d.P.R. 29 settembre  1973,  n.  597.  La
 ritenuta  e'  elevata  al  20 per cento per le indennita' di cui alle
 lettere f) e g) dell'art. 12 del decreto stesso. La ritenuta non deve
 essere  operata  per  le  prestazioni  effettuate  nell'esercizio  di
 imprese";
   Nonche'  la  legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per la
 stabilizzazione della finanza pubblica" e  successive  modificazioni,
 limitatamente  all'articolo  21, comma 15, limitatamente alle parole:
 "Le disposizioni in materia  di  ritenute  alla  fonte  previste  nel
 titolo  III  del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonche'," giudizio iscritto
 al n. 133 del registro referendum.
   Vista  l'ordinanza  del  7  dicembre  1999  con  la quale l'Ufficio
 centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione   ha
 dichiarato conforme a legge la richiesta;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 18 gennaio 2000 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Udito l'avvocato  Giulio  Tremonti  per  i  presentatori  Capezzone
 Daniele, Giustino Mariano e De Lucia Michele.
                           Ritenuto in fatto
   1. - L'Ufficio centrale per il referendum istituito presso la Corte
 di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e
 successive modificazioni, ha esaminato  la  richiesta  di  referendum
 popolare sul seguente quesito: Volete voi che sia abrogato il decreto
 del  Presidente  della  Repubblica  29 settembre 1973, n. 600 recante
 "Disposizioni comuni in materia di  accertamento  delle  imposte  sui
 redditi"  e  successive  modificazioni,  limitatamente  all'art. 23 e
 all'art. 25,  primo  comma  (I  soggetti  indicati  nel  primo  comma
 dell'art.   23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio
 dello Stato  compensi  comunque  denominati,  anche  sotto  forma  di
 partecipazione  agli  utili,  per  prestazioni  di  lavoro  autonomo,
 ancorche' non esercitate abitualmente ovvero siano  rese  a  terzi  o
 nell'interesse  di  terzi,  devono operare all'atto del pagamento una
 ritenuta del venti per cento a titolo  di  acconto  dell'imposta  sul
 reddito  delle  persone fisiche dovuta dai percepienti, con l'obbligo
 di rivalsa. La stessa ritenuta deve  essere  operata  dal  condominio
 quale   sostituto   di   imposta   anche   sui   compensi   percepiti
 dall'amministratore di condominio. La  stessa  ritenuta  deve  essere
 operata  sulla  parte imponibile delle somme di cui alla lettera b) e
 sull'intero ammontare delle somme di cui alle lettere  a)  e  c)  del
 terzo  comma  dell'art.  49 del d.P.R.  29 settembre 1973, n. 597. La
 ritenuta e' elevata al venti per cento per le indennita' di cui  alle
 lettere f) e g) dell'art. 12 del decreto stesso. La ritenuta non deve
 essere  operata  per  le  prestazioni  effettuate  nell'esercizio  di
 imprese)?; nonche' la legge 27 dicembre 1997, n.449, recante  "Misure
 per   la   stabilizzazione   della  finanza  pubblica"  e  successive
 modificazioni, limitatamente all'art. 21,  comma  15,  (limitatamente
 alle  parole:  "Le  disposizioni  in  materia  di ritenute alla fonte
 previste nel titolo III del decreto del Presidente  della  Repubblica
 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonche')?".
   2.   -   L'Ufficio  centrale,  verificata  con  esito  positivo  la
 regolarita'  della  richiesta  e  la  persistente  vigenza  dell'atto
 normativo cui si riferisce, l'ha dichiarata legittima.
   Ricevuta  comunicazione  dell'ordinanza,  il  Presidente  di questa
 Corte ha fissato  il  giorno  13  gennaio  2000  per  la  conseguente
 deliberazione, dandone regolare comunicazione. Con successivo decreto
 la data di deliberazione e' stata rinviata al 18 gennaio.
   3.  -  In  prossimita'  della  camera di consiglio hanno presentato
 memoria i promotori del referendum insistendo per la declaratoria  di
 ammissibilita' della richiesta.
   Premette  la difesa che la ratio dell'art. 75, secondo comma, della
 Costituzione non sarebbe quella di introdurre un limite assoluto alla
 sovranita'  popolare  in  materia  tributaria,  ma  solo  quella   di
 contrastare  possibili  forme  di  demagogia  fiscale  che potrebbero
 privare  lo  Stato  dei  mezzi  finanziari per effetto del referendum
 abrogativo.   Da cio'  discenderebbe  che  non  tutte  le  leggi  che
 disciplinano  il  rapporto  Fisco-contribuente  rientrano  nel  campo
 d'applicazione dell'art.  75 della  Costituzione, ma solo  quelle  di
 imposizione  del tributo, la cui rimozione unilaterale altererebbe la
 struttura del bilancio; con la conseguenza che le leggi strumentali o
 complementari che disciplinano solo una modalita' di riscossione  del
 tributo,   quali   sono   quelle  oggetto  della  presente  richiesta
 referendaria, andrebbero ritenute estranee al  divieto  di  cui  alla
 norma citata.
   4.  - Nella camera di consiglio del 18 gennaio 2000 e' stato udito,
 per i promotori del referendum l'avvocato Giulio Tremonti.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La   richiesta   di   referendum   abrogativo,   sulla   cui
 ammissibilita'  la  Corte  e' chiamata a pronunciarsi a seguito della
 ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte  di
 cassazione,  investe  il  d.P.R.  29  settembre  1973, n. 600 recante
 "Disposizioni comuni in materia di  accertamento  delle  imposte  sui
 redditi"  e  successive  modificazioni, limitatamente agli artt. 23 e
 25, primo comma, nonche' l'art. 2l, comma 15, della legge 27 dicembre
 1997, n. 449 recante "Misure per  la  stabilizzazione  della  finanza
 pubblica".
   Le prime di tali disposizioni prevedono che i soggetti indicati nel
 primo  comma  dell'art 23, che corrispondono a soggetti residenti nel
 territorio dello Stato compensi comunque denominati, per  prestazioni
 sia  di  lavoro  dipendente  sia  di  lavoro  autonomo, ancorche' non
 esercitate abitualmente, ovvero rese a terzi o  nell'interesse  degli
 stessi  (art  25, primo comma), devono operare all'atto del pagamento
 una ritenuta a titolo  di  acconto  dell'imposta  sul  reddito  delle
 persone fisiche dovuta dai percipienti.
   L'art. 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997 estende la portata
 delle  precedenti  disposizioni  al  caso  in  cui  il  pagamento sia
 eseguito  mediante  pignoramento  anche  presso  terzi,  in  base  ad
 ordinanza  di  assegnazione,  qualora il credito sia riferito a somme
 per le quali, ai  sensi  delle  predette  disposizioni,  deve  essere
 operata una ritenuta alla fonte.
   2.  - La richiesta referendaria sottoposta al presente giudizio non
 e' ammissibile.
   Deve essere anzitutto osservato che le sentenze di questa Corte  n.
 37  del  1997  e  n. 11 del 1995, hanno gia' dichiarato inammissibili
 analoghe richieste referendarie.
   Nel confermare le motivazioni di quelle decisioni, ritiene la Corte
 che con la dizione "leggi tributarie" contenuta nell'art. 75, secondo
 comma, della  Costituzione, il legislatore  costituente  abbia  fatto
 riferimento  a tutte quelle disposizioni che disciplinano il rapporto
 tributario nel suo insieme. In essa rientrano, pertanto, sia le norme
 che riguardano il momento costitutivo dell'imposizione sia quelle che
 disciplinano gli aspetti  dinamici  del  rapporto,  e  cioe'  il  suo
 svolgimento  nell'accertamento e nell'applicazione del tributo con la
 riscossione dello  stesso.  Orbene,  le  disposizioni  oggetto  della
 presente richiesta referendaria attengono e al momento accertativo ed
 a quello attuativo della fattispecie impositrice.
   Giova  ribadire  in proposito che gli strumenti di attuazione della
 pretesa fiscale possono ritenersi parte  integrante  della  normativa
 tributaria  sol  che  si  consideri che la mancanza di una disciplina
 idonea a garantire l'applicazione del prelievo renderebbe  inefficace
 il mero apprestamento della norma sostanziale del tributo. Per quanto
 riguarda  il  sistema  del prelievo alla fonte, la sussistenza di uno
 stretto legame tra tale disciplina e la  concreta  realizzazione  del
 tributo  non  puo'  essere messa in dubbio, in quanto la effettivita'
 dell'imposizione  sul  reddito  dipende   in   modo   rilevante   dai
 particolari  meccanismi previsti, non tanto per la conoscibilita' dei
 soggetti percettori di reddito, quanto per la  riscossione  materiale
 dei tributi.
   Va  pertanto  confermato  che il sistema della ritenuta alla fonte,
 come ritenuto piu' volte da questa Corte (sentenze nn. 364 del  1987,
 128  del  1986  e  92  del 1972), risponde vuoi all'interesse fiscale
 della immediata percezione delle somme, vuoi  a  criteri  di  tecnica
 tributaria  che ne agevolano il prelievo; e nessun pregio puo' avere,
 al riguardo, il fatto che possano utilizzarsi anche  altri  strumenti
 di  accertamento  e  documentazione  diversi  da  quello  scelto  dal
 legislatore e che si intende abrogare con la consultazione popolare.