ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 22 ottobre 1997 relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on. Cesare Previti nei confronti di David M. Sassoli, promosso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, sez. 7.a, con ricorso depositato il 16 luglio 1999 ed iscritto al n. 126 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 24 novembre 1999 il giudice relatore Cesare Ruperto. Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale contro il membro del Parlamento Cesare Previti per il reato di diffamazione, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 16 febbraio 1998, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare che non spetta alla Camera dei deputati deliberare la insindacabilita' dei fatti ascritti al Previti stesso, poiche' essi non ricadono nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, in particolare, il parlamentare risulta imputato del delitto previsto e punito dagli artt. 595, primo e terzo comma, cod. pen. e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per avere, a mezzo stampa, offeso la reputazione del giornalista Sassoli David Maria, rilasciando dichiarazioni - destinate ai mezzi d'informazione ed effettivamente riprodotte in un comunicato ANSA del 15 maggio 1995 - nelle quali lo indicava "come partecipe di uno stile giornalistico volutamente mistificatorio e diretto specificamente ad annebbiare anche verita' pacifiche e come giornalista capace di mistificare anche fatti notori per scarsa professionalita' o per opportunita' di disinformazione strumentalizzata ad impegno in campagne politiche"; che - eccepita dalla difesa dell'indagato l'applicabilita' dell'art. 68 della Costituzione e trasmessi gli atti alla Camera dei deputati - questa, in data 22 ottobre 1997, ha deliberato che i fatti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni; che a parere del GIP - anche sulla base della giurisprudenza di questa Corte, ed in particolare delle affermazioni contenute nella sentenza n. 375 del 1997 circa la riferibilita' dell'atto alla funzione parlamentare, la quale puo' si' svolgersi in forma libera ma non puo' coincidere con l'intera attivita' politica, a meno di non trasformare la prerogativa in privilegio personale - la condotta ascritta all'imputato non puo' essere in tal modo qualificata, mancando alcun tipo di connessione tra la funzione parlamentare e "la circostanza strettamente personale da cui sono scaturite le sue dichiarazioni all'ANSA". che questa Corte, con ordinanza n. 261 del 1998 ha dichiarato ammissibile il conflitto; che, successivamente, il ricorso e la citata ordinanza sono stati notificati a cura del ricorrente, alla Camera dei deputati in data 15 luglio 1998, ma gli stessi atti, con la prova dell'avvenuta notificazione, sono stati depositati presso la cancelleria della Corte soltanto il 16 settembre 1998; che, pertanto, con sentenza n. 35 del 1999, questa Corte ha dichiarato improcedibile il conflitto stesso; che il medesimo GIP presso il Tribunale di Roma, con ulteriore ordinanza emessa il 7 luglio 1999, ha nuovamente sollevato il conflitto nei termini sopra descritti, specificando che la situazione processuale e' rimasta immutata. Considerato che in questa fase del giudizio, come gia' rilevato nella predetta ordinanza n. 261 del 1998, la Corte e' chiamata a deliberare senza contraddittorio in ordine all'ammissibilita' del conflitto sotto il profilo dell'esistenza della "materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita', con particolare riguardo alla riproponibilita' del conflitto gia' dichiarato improcedibile; che, in conformita' al principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui i singoli organi giurisdizionali, esplicando le loro funzioni in situazione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato (cfr., da ultimo, sentenza n. 329 del 1999 ed ordinanza n. 399 del 1999), dev'essere riconosciuta la legittimazione del GIP del Tribunale di Roma a sollevare il presente conflitto; che, del pari, la Camera dei deputati e' legittimata ad esserne parte, quale organo competente a dichiarare definitivamente la propria volonta' in ordine alla applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio asseritamente illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere, spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare, di dichiarare la insindacabilita' delle opinioni espresse da quest'ultimo, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost.; che dal ricorso possono ricavarsi le "ragioni del conflitto" e "le norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; che, inoltre, secondo quanto prospettato in ordinanza, non sono intervenute variazioni nella situazione processuale dianzi sintetizzata, per cui permarrebbe l'attualita' dell'interesse a ricorrere.