IL TRIBUNALE Sulle richieste di ammissione della prova formulate dal pubblico ministero e dai difensori degli imputati; Sulle mozioni difensive di inutilizzabilita' e, gradatamente, di nullita' delle intercettazioni di conversazioni telefoniche tra presenti, eseguite nel corso delle indagini; Sentite le parti; Premesso che l'avv. Fioresta, difensore dell'imputata De Palma Savina, ha eccepito la inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite, sotto il profilo della violazione dell'art. 268, comma 3, in relazione all'art. 271, comma 1, c.p.p., deducendo che le operazioni erano state espletate presso impianti della Polizia giudiziaria senza che ricorressero le condizioni legittimanti la deroga; Rilevato che i decreti che hanno disposto le intercettazioni in questione fanno mero riferimento alla "indisponibilita' di linee" presso l'impianto installato nell'ufficio di procura; Considerato che l'art. 268, comma 3, c.p.p. consente la deroga a condizione del concorso dell'ulteriore circostanza che sussistano "eccezionali ragioni d'urgenza"; Rilevato che difetta il concorso di tale ulteriore condizione richiesta dalla legge, non solo alla stregua della considerazione che i provvedimenti dispositivi non contengono nessuna enunciazione della urgenza, ma, soprattutto, in virtu' del decisivo rilievo che nella specie ogni urgenza era sicuramente esclusa, dappoiche' le operazioni di intercettazione ebbero inizio dopo oltre una settimana dalla emissione del decreto che le dispose; Considerato che pertanto l'esecuzione delle operazioni di intercettazione senza l'osservanza del disposto dell'art. 268, comma 3, c.p.p., non ricorrendo la condizione per la deroga prevista, comporta, ai termini dell'art. 271, comma 1, c.p.p., la inutilizzabilita' delle intercettazioni stesse; Considerato, tuttavia, che questo collegio ha motivo di sospettare della illegittimita' costituzionale della citata norma sanzionatrice di cui all'art. 271, comma 1, c.p.p., per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della assoluta irragionevolezza della disposizione, che riserva identico trattamento a situazioni affatto differenti e non assimilabili; Considerata la rilevanza della questione, concernendo la norma del codice di rito teste' citata, che questo tribunale e' chiamato ad applicare, per le considerazioni in precedenza esposte, nel presente giudizio; Considerato, in punto di non manifesta infondatezza, che la sanzione massima e radicale della inutilizzabilita' viene dal legislatore comminata per la inosservanza di modalita' esecutiva delle intercettazioni, invero, non essenziale e, peraltro, derogabile in dipendenza di condizioni estrinseche afferenti all'urgenza e alla insufficienza o inidoneita' degli impianti installati presso l'ufficio di procura, senza che, peraltro, le intercettazioni eseguite mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria si differenzino, sul piano intrinseco e della tecnica esecuzione, da quella eseguita presso gli impianti del pubblico ministero e senza che, in relazione alla diversa localizzazione, il legislatore abbia ritenuto necessario prescrivere qualsivoglia cautela in costanza delle operazioni stesse; Considerato che, pertanto, appare irrazionale l'adozione del medesimo trattamento sanzionatorio per l'inosservanza delle disposizioni in questione e per l'ipotesi di intercettazioni eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o con forme o modalita' che ne compromettano la genuinita', cosi' equiparandosi situazioni affatto diverse e non assimilabili tra loro; Premesso che il citato difensore avv. Fioresta ha eccepito la inutilizzabilita' delle eseguite intercettazioni di conversazioni tra presenti, sotto plurimi profili e, precisamente, assumendo che, trattandosi di intercettazioni eseguite nell'abitazione di uno degli imputati, non ricorreva la condizione di cui all'ultimo inciso del secondo comma dell'art. 266 c.p.p., e, ancora riproponendo l'eccezione di inutilizzabilita' per violazione dell'art 268, comma 3, in relazione all'art. 271, comma l c.p.p. nei medesimi termini enunciati per le intercettazioni telefoniche; Considerato che la prima eccezione e' infondata per l'assorbente considerazione che, vertendosi in materia di giudizio per reato associativo a termini dell'art. 74 t.u. 9 ottobre 1990, n. 309, ricorre l'ipotesi di deroga di cui all'art. 13 del d.-l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, che amplia la possibilita' delle intercettazioni tra presenti al di la' dei limiti fissati dall'art. 266 c.p.p.; Considerato che l'ulteriore eccezione e' parimenti infondata in quanto la giurisprudenza di legittimita' ha ripetutamente affermato il principio di diritto, cui questo tribunale si uniforma, che il disposto del comma 3 dell'art. 268 c.p.p. non trova applicazione per le intercettazioni di conversazioni tra presenti; Considerato tuttavia che questo collegio ha motivo di sospettare della illegittimita' costituzionale dell'art. 266, comma 2, c.p.p., nella parte in cui consente la intercettazione di conversazioni tra presenti che si svolgono all'interno di un domicilio, per violazione dell'art. 14 della Costituzione; Considerato che la questione e' rilevante, in quanto questo tribunale deve deliberare sulla ammissione di intercettazioni di conversazioni tra presenti che hanno avuto luogo nel domicilio di uno degli imputati; Considerato, in punto di non manifesta infondatezza della questione, sulla premessa che le intercettazioni di conversazioni tra presenti all'interno di un domicilio comportano la preventiva, clandestina intrusione nel domicilio stesso degli agenti operanti per la collocazione di microspie e/o, comunque di apparati di captazione e/o di trasmissione di suoni e/o immagini, tutto cio' premesso, considerato che l'art. 14 della Costituzione sancisce l'inviolabilita' del domicilio, consentendo, in deroga al principio, esclusivamente la esecuzione di ispezioni, di perquisizioni, di sequestri, di polizia giudiziaria o di giustizia e di accertamenti e ispezioni per motivi di sanita', di incolumita' pubblica o a fini economici o fiscali; Considerato che la intercettazione di conversazioni tra presenti che si svolgono all'interno di un domicilio incide non solo sulla liberta' e sulla segretezza delle comunicazioni, ma anche, per le ragioni esposte, sul valore costituzionalmente protetto della inviolabilita' del domicilio, laddove, peraltro, il legislatore, nella norma sospettata di incostituzionalita' ha sintomaticamente ritenuto di dover fissare un piu' rigoroso regime per le intercettazioni di comunicazioni tra presenti all'interno di un domicilio; Considerato che, laddove il disposto del comma 2 dell'art. 15 della Costituzione legittima senz'altro, in relazione alle intercettazioni di conversazioni tra presenti, che avvengano fuori di un domicilio, la limitazione della segretezza delle comunicazioni, analoga deroga non e' dato rinvenire in relazione al precetto costituzionale della inviolabilita' del domicilio, che nel caso appunto delle intercettazioni di conversazioni tra persone presenti in detto luogo, trova concorrente applicazione.