IL TRIBUNALE Sulla eccezione della parte; sentito il p.m.: Osserva L'imputato e' stato rinviato a giudizio dal g.i.p., a seguito di opposizione a decreto penale. Egli eccepisce la nullita' della citazione a giudizio per essere stato omesso l'interrogatorio di garanzia, che avrebbe dovuto precedere l'emissione del provvedimento. In subordine solleva questione di legittimita' costituzionale degli artt. 461, 464 e 555 c.p.p. nella parte in cui non prevedono che il decreto di citazione a giudizio emesso a seguito di opposizione al decreto penale di condanna sia preceduto a pena di nullita' dall'invito rivolto all'imputato a rendere interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3, c.p.p., allo stesso modo di quanto avviene nella ipotesi prevista dall'art. 555 c.p.p. In realta', nessuna norma prevede l'obbligatorieta' dell'invito a rendere interrogatorio prima della citazione a giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale, a differenza di quanto e' invece disposto dall'art. 555, comma 2 c.p.p., per il caso di procedimento ordinario. Pertanto, la questione se tale silenzio sia costituzionalmente legittimo oppure no, e' sicuramente rilevante poiche' la decisione in ordine alla nullita' dell'atto, e conseguentemente quella in ordine alla prosecuzione del processo, non puo' essere assunta se non dopo che la sollevata questione venga risolta. In ordine alla fondatezza della eccezione, v'e' da dire che puo' sembrare che non vi sia alcuna identita' di ratio tra il caso, per cosi' dire, ordinario e quello in cui la citazione a giudizio segue ad una opposizione a decreto penale di condanna. Ma il tema e' piu' complesso. Si pu'o' dire che la necessita' dell'invito a rendere interrogatorio e' stata imposta allo scopo di consentire all'indagato di fornire degli elementi utili, all'ultimo minuto, e cioe' alla fine delle indagini, ad evitare il rinvio a giudizio. E' questo l'unico (o almeno il principale) scopo della norma, e non gia' quello di mettere l'imputato a conoscenza dell'accusa, come parrebbe far pensare il richiamo all'art. 375 c.p.p. Infatti, se questo fosse l'obiettivo, basterebbe limitarsi a prevedere l'obbligo di un avviso di garanzia o di un atto equipollente, ed anzi sarebbe un obiettivo incomprensibile se fosse imposto esattamente prima del decreto di citazione a giudizio che consente comunque all'imputato di conoscere l'accusa rivoltagli. E' evidente che se il legislatore pretende che l'indagato sia messo in condizione di rendere interrogatorio vuol dire che cio' fa allo scopo di consentirgli una difesa che, chiusa la fase della indagine, possa evitargli il dibattimento. E' in base a tale scopo che va valutata la questione di legittimita' costituzionale. Nel caso di opposizione a decreto penale si potrebbe obiettare che: a) l'imputato puo' far valere le sue ragioni ed indicare nuovi elementi a suo favore con l'atto di opposizione; b) il decreto di citazione a giudizio segue necessariamente alla opposizione a decreto penale, senza che possano pesare le ragioni esposte in quest'ultimo atto. La prima delle due osservazioni comporta la constatazione che l'atto di opposizione e' equipollente all'interrogatorio, relativamente allo scopo cui l'interrogatorio tende. In realta', funzione tipica dell'atto di opposizione a decreto penale non e' quella difensiva, come dimostra il fatto che l'imputato non e' tenuto ad esporre i motivi per i quali propone opposizione, in quanto si tratta di un atto che svolge una mera funzione processuale, che e' quella di impedire la definitivita' del decreto e la conseguente instaurazione di un rito (ordinario o speciale). Inoltre, va considerato che un elemento a discarico dell'imputato puo' sempre presentarsi nel momento compreso tra l'opposizione ed il rinvio a giudizio, di modo che anche se l'atto di opposizione fosse un atto difensivo, esso non sarebbe utile ad evitare il dibattimento. La seconda delle due obiezioni e' quindi connessa alla prima, se si ritiene che, ad ogni modo, una volta proposta l'opposizione il g.i.p. debba provvedere ad effettuare il rinvio a giudizio, qualunque fatto sia intervenuto tra l'uno e l'altro momento. In realta', se e' possibile che il g.i.p. provveda ad una assoluzione ex art. 129 c.p.p. quando riceve la richiesta di decreto penale di condanna, che ritiene di non potere accogliere (Cass. sez. un. 25 ottobre 1995, imp. Cardoni), e' altrettanto possibile che egli applichi l'art. 129 per prosciogliere l'imputato, pur dopo l'emissione del decreto penale, se gli risulta una causa di proscioglimento in quella norma indicata. In altri termini, se si nega che il rinvio a giudizio sia un atto obbligato per il g.i.p. quando l'imputato abbia proposto opposizione a decreto penale, e se dunque si ammette che lo stesso g.i.p. puo' procedere al proscioglimento ex art. 129 c.p.p. se, con l'opposizione o dopo di essa, risulta una causa che il proscioglimento consente, allora non si puo' negare l'interesse dell'imputato di addurre elementi a sua discolpa che siano sorti dopo che egli ha proposto opposizione al decreto penale e prima del decreto di citazione a giudizio. Ora, mentre tale interesse e' salvaguardato nel procedimento ordinario imponendo al p.m. di invitare l'imputato a rendere interrogatorio, non altrettanto puo' dirsi nel procedimento che nasce da decreto penale, dove una tale eventualita' non e' prevista. Con la conseguenza che tale omissione diminuisce le possibilita' di difesa di colui che si oppone al decreto penale di condanna, e rende la situazione di costui piu' svantaggiosa rispetto a quella di chi non subisce procedimento per decreto. Lesione che non si giustifica in ragione della minore gravita' dei reati che danno luogo al procedimento per decreto penale, poiche' e' ovvio che il diritto di difesa e la parita' di trattamento dell'imputato non si misurano sulla gravita' del reato commesso. Il procedimento va quindi sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.