IL TRIBUNALE In funzione di giudice del lavoro, in composizione monocratica nella persona del dott. Cosimo Magazzino, nel proc. r.g. n. 11829/1994 promosso da Giorgetto Francesca, con l'avv. A. Lovelli, ricorrente; Contro "I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale", in persona del legale rappresentate pro-tempore, con l'avv. M. Assi, convenuto; nonche' contro Faiano Paola, convenuta, contumace; Sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 15 dicembre 1999; Letti gli atti ed i documenti di causa; Viste le deduzioni e le controdeduzioni delle parti costituite; O s s e r v a Nel presente giudizio viene nuovamente prospettata la questione della illegittimita' costituzionale di un complesso normativo che, nell'individuare i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilita', non contempla il convivente more uxorio del de cuius. Tale questione, gia' sollevata nel corso del presente giudizio e rimessa alla Corte costituzionale con ordinanza del 20 maggio 1997, e' stata dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte con ordinanza n. 104 del 22-30 marzo 1999 unicamente a cagione della mancata notifica dell'ordinanza di rimessione ad una delle parti in causa (precisamente alla convenuta contumace): trattandosi di un vizio meramente procedurale, e' da ritenersi che la predetta dichiarazione di inammissibilita' non dispieghi alcun effetto preclusivo per una nuova rimessione della medesima questione, ovviamente previa eliminazione del vizio relativo alla notifica mediante rinnovazione. Vi e' altresi' da evidenziare, sempre in via preliminare, che, a seguito della restituzione degli atti da parte della Corte, si e' provveduto, su istanza della ricorrente depositata in data 19 maggio 1999, previa riassegnazione della causa a questo giudice (atteso il trasferimento ad altra sede del magistrato originariamente titolare), alla rituale riassunzione del giudizio (con notifica, a cura della parte istante, dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione della nuova udienza, nel termine fissato dal giudice, a tutte le altre parti). Fatte tali precisazioni e venendo, quindi, al merito della causa, deve rilevarsi che, a parere di questo giudice, della questione va nuovamente investita la Corte costituzionale, in quanto la questione stessa e' rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata. Le norme sospettate di illegittimita' sono l'art. 13 del r.d.-l. 14 aprile 1939, n. 636, convertito con modificazioni nella legge 6 luglio 1939, n. 1272 (nella parte in cui esclude il convivente more uxorio dall'elenco dei legittimati ad ottenere la pensione di reversibilita', pur attribuendo il relativo diritto al coniuge superstite) nonche' l'art. 9, secondo e terzo comma, della legge 1o dicembre 1970, n. 898, come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74 (che attribuisce il diritto al trattamento pensionistico di reversibilita' in favore del coniuge divorziato e che, nell'attribuire ai soggetti superstiti succedutisi nel rapporto di coniugio con il de cuius il diritto ad una quota del trattamento pensionistico di reversibilita' commisurata alla durata dei rispettivi rapporti con l'avente diritto, esclude il convivente more uxorio dal novero dei soggetti beneficiari del predetto trattamento). Le norme che si assumono violate sono quelle contenute negli artt. 2 e 3 della costituzione le quali, rispettivamente, tutelano l'individuo in qualunque contesto egli esplichi la propria personalita' (quindi, verosimilmente, anche nell'ambito della famiglia c.d. "di fatto" e sanciscono il principio di uguaglianza tra i cittadini senza distinzione di condizioni sociali e personali. Quanto alle circostanze di fatto prospettate dalla ricorrente, si rileva che la Giorgetto assume di essere stata convivente per circa vent'anni del beneficiario del trattamento pensionistico (Carella Antonio) in virtu' di un legame del tutto analogo, quanto ad intensita' di sentimenti ed a vincolativita' degli impegni "familiari" reciprocamente assunti dalle parti, ad un rapporto legalmente riconosciuto perche' fondato sul matrimonio. Nonostante cio', la ex-moglie del Carella, Faiano Paola, pur se separata da molti anni dal coniuge (ma non divorziata in quanto il relativo giudizio, peraltro intrapreso molti anni dopo l'avvenuta separazione di fatto, e' stato dichiarato estinto per il decesso nel frattempo verificatosi del Carella stesso), si e' vista regolarmente riconoscere il trattamento di reversibilita'. Orbene, in ordine alla rilevanza nel presente giudizio della prospettata questione di legittimita' costituzionale, basti osservare che la disciplina legislativa sopra richiamata costituisce per la ricorrente, quale convivente more uxorio del defunto Carella Antonio, un ostacolo, attualmente invalicabile, al riconoscimento del trattamento pensionistico di riversibilita' (oggetto specifico della proposta domanda). Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, in tal senso depongono una pluralita' di considerazioni. Vero e' che, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, vi e' una netta differenza tra il rapporto more uxorio e quello coniugale, il solo ad essere caratterizzato da stabilita' e certezza, nonche' reciprocita' di diritti e doveri. Ma la stessa Corte costituzionale, se da un lato ha ribadito che l'unico modello familiare indicato dal Costituente e' quello della famiglia fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), dall'altro riconosce pero' che un consolidato rapporto, ancorche' di fatto, non appare costituzionalmente irrilevante alla luce del rilievo offerto alle formazioni sociali dall'art. 2 della Costituzione (Corte costituzione 18 novembre 1986, n. 237). Ricondotto cosi' il me'nage paraconiugale all'ambito della protezione dei diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali, e riconosciuto che la Costituzione ha dato delle due situazioni una valutazione differenziatrice, non si tratta in questa sede di invocare la perfetta equiparabilita' della convivenza di fatto al rapporto di coniugio, ma di controllare la ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione della diversita' di trattamento, nell'aspetto particolare della disciplina che in questo giudizio viene in rilievo, e cio' sulla base dell'analogia delle situazioni comparate, onde evitare eventuali ingiustificate disparita' di trattamento delle condizioni di vita che derivano dalla convivenza e dal coniugio (Corte cost. nn. 559/1989 e 404/1988). Sotto tale aspetto, allora, e considerate le tendenze evolutive in atto da diversi anni, volte a valorizzare il rilievo della convivenza paraconiugale - ad esempio in tema di successione ex lege nella locazione abitativa, di risarcimento del danno da uccisione del convivente, di nozione penalistica della famiglia agli effetti dell'art. 572 c.p. - opportuno si appalesa il controllo di costituzionalita' in questione, soprattutto in considerazione della natura giuridica e della funzione sociale del trattamento pensionistico di reversibilita'. Infatti, se tale funzione consiste essenzialmente nel garantire al nucleo familiare superstite, sprovvisto di autonoma capacita' reddituale, il mantenimento di adeguati livelli di vita in precedenza garantiti dal de cuius, ragionevole pare il dubbio della perpetrata discriminazione in danno del convivente more uxorio che, pur versando in tale situazione, non rivesta lo status di coniuge, soprattutto allorquando, in base ad una valutazione fatta a posteriori (com'e' logico, trattandosi di questione relativa alla riconoscibilita' di un trattamento pensionistico in favore del partner superstite, alla morte dell'altro), si possa eventualmente accertare che il rapporto di fatto abbia rivestito quegli stessi requisiti di stabilita' e certezza tipici del rapporto di coniugio. E cio' tanto piu' in quanto, per la detta ratio normativa della reversibilita', pare a questo giudice che il legislatore abbia inteso tutelare non tanto (rectius: non solo) la famiglia parentale o addirittura nucleare, quanto la convivenza stabile ed il sostentamento dei superstiti che dal reddito del de cuius traevano i mezzi di vita (come si assume nel caso di specie). Appare invero in via di superamento la concezione della famiglia in senso esclusivamente pubblicistico, rilevando anche quale comunita' in funzione delle paritarie esigenze materiali e spirituali di chi vi partecipa, e nella quale trova esplicazione la intera personalita' del soggetto. Tali osservazioni consentono, quindi, di evidenziare come in fattispecie previdenziali come quella in esame possano rilevare diversi modelli familiarita' compreso quello di fatto, essendo tale modello anche teso al soddisfacimento di esigenze socialmente apprezzabili, di tutela della persona in quanto tale, giungendo cosi' ad un rafforzamento di esigenze solidaristiche fortemente sentite anche nell'ambito del nucleo familiare cosi' inteso in senso previdenziale.